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Il seno in cattedra
Mandato da Giovanni Maria Mercoledì, 26 gennaio 2005, 06:37.
Maledette malelingue, maledetti bigotti. Una prof di Cantù viene messa alla berlina per l'abbigliamento poco castigato e per una spallina galeotta platealmente 'aggiustata', così pare, durante una lezione di musica. Note paradisiache?
Qualche collega si indispone, i genitori si adombrano, gli studenti non sanno che dire: forse gradiscono, forse coltivano pensieri pruriginosi, forse se ne fregano. Per adesso c'è solo un richiamo scritto dal preside, ma intanto si è mossa la macchina delle indagini del provveditorato di Como. Il luogo del delitto sarebbe la mitica II^ B (chi non ricorda 'Lisa dagli occhi blu'?) di una scuola media della capitale mobiliera d'Italia, ergo avremmo tutti i presupposti per gonfiare la vicenda fino a farle assumere i contorni di un caso di adescamento di minori, se non proprio di pedofilia alla Cohn Bendit in versione femminile.
Ma questo, naturalmente, se non dovessimo rispettare il senso delle proporzioni e quello del ridicolo, nonché la nostra personale convinzione che, cavalcando con troppa leggerezza quei risvolti grotteschi, prim'ancora che boccacceschi, tanto cari ai cronisti di provincia, magari cresciuti nel culto onanistico delle pellicole scollacciate degli anni Settanta, peraltro rivalutate da quel critico cinematografico sopraffino di Uòlter Veltroni, rischieremmo davvero di trasformarci nei complici per nulla innocenti di un'eventuale congiura di maligni perditempo per rovinare l'esistenza di una persona probabilmente finita nel mirino dell'eterno moralismo autoreferenziale a causa di un'immagine fuori dagli schemi.
Non vorremmo cadere nel moralismo di segno opposto, rammentando sommessamente che ben altre dovrebbero essere le preoccupazioni nell'attuale clima di scuola allo sbando, ma correremmo volentieri tale rischio, se ciò significasse distogliere l'altrui sguardo da un seno degno di ammirazione ('honni soit qui mal y pense') per evitare che la proprietaria del medesimo abbia a subire conseguenze letali per la sua professione. Pur non mancandoci la materia prima, non disdegneremmo di valutare 'de visu' l'impatto di siffatto corpo docente, se fossimo certi della vittoria del buon senso in una questione pigliata, ne siamo sicuri, troppo di petto per colpa di una masnada di invidiosi. Le poppe come strumento didattico? La tentazione di imbastire una tesa accademia, avvalendosi di così sodi argomenti, è piuttosto forte in chi, come noi, ha imparato la distinzione fra cateti e ipotenusa, tenendo lo sguardo fisso sulle immacolate facciole dei buoni Fratelli delle Scuole Cristiane, ma dev'essere rigettata con estrema serietà, a fronte della coscienza che potremmo assistere all'ennesima gogna da infliggere a chi, pur sapendo svolgere il proprio mestiere, non ha forse saputo filarsi i santi giusti in quel paradiso di marchettari che è oggi la scuola. Prova ne è che financo i sindacalisti interpellati dalla sfortunata protagonista nicchiano sull'assunzione della sua difesa.
Di siffatta storiella si può anche ridere, a patto di ricomporsi immediatamente su quel caposaldo irrinunziabile della nostra civiltà giuridica che è la presunzione di innocenza. E' sempre il caso di drizzare le antenne quando un insegnante viene contestato, non perché incapace di insegnare, bensì per motivi esulanti dal suo valore in cattedra. Di là che sfoderare un seno nudo a una platea di ragazzotti in piena tempesta ormonale non sia gesto commendevole (ma, in tal caso, ci troveremmo davanti a un caso clinico - e, nella fattispecie, le testimonianze raccolte fin qui appaiono alquanto contraddittorie), ci sono esibizionismi intellettuali ben più nefasti, tali da suscitare turbamenti assai più durevoli nelle giovani menti che li subiscono. E non ci sembra che questi siano mai stati sanzionati, anzi, all'opposto, vengono quotidianamente apprezzati da certi dirigenti scolastici in fregola. E tutto in nome della libertà di insegnamento, dimenticando quell'altra libertà a essa speculare, vale a dire quella di apprendimento. Il che è brutto e istruttivo.
Fino a prova contraria, noi crederemo alle proteste di innocenza della prof di musica, persuasi di non trovarci davanti a un'emula di Edvige Fenech, con l'avvertenza che un barlume di tetta non ha mai ucciso nessuno (suggeriamo, anzi, che di tale scritta vengano obbligati a fregiarsi, alla moda sirchiaponesca, tutti i davanzali più prominenti secondo i parametri mastriccionici). E magari sarebbe il caso di riservare agli accusatori della signora quel repertorio di rumori per i quali è entrato nella leggenda l'eterno Pierino di quei film, ossia Alvaro Vitali.
Ezechiele Lupo
Vivì