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Su Emanuela Orlandi - di Pino Nicotri

Ultimo Aggiornamento: 14/01/2023 18:36
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26/06/2008 13:20

SPIE, DEPISTAGGI E RICATTI
– UN EX DELLA STASI (I SERVIZI SEGRETI DDR): LO SCAMBIO ORLANDI-AGCA? INVENTATO DA NOI PER “PROTEGGERE” I BULGARI
– IL TENTATIVO DI DE PEDIS DI RICATTARE MARTINAZZOLI…




1 - LO SCAMBIO ORLANDI-ALI AGCA FU UN’INVENZIONE DI NOI DELLA STASI…
Marco Ansaldo per “la Repubblica”




«Le missive inviate in Italia sul caso di Emanuela Orlandi? Le conosco. È roba che usciva dal mio ufficio. Le facevamo scrivere in turco. Oppure in un italiano approssimativo. Poi venivano inviate al ministero della Giustizia, ad alcuni magistrati, o all´agenzia di stampa Ansa. Chiedevamo la liberazione di Ali Agca, e uno scambio con la ragazza. Ma era un trucco per distogliere l´attenzione dai bulgari, in quel periodo sotto tiro. Ce lo aveva chiesto non solo Sofia, ma direttamente Mosca. E, su direttiva del Kgb, la Stasi aveva fabbricato quei messaggi».

Al ristorante italiano di Berlino "La buca di Bacco" si mangia bene e si fanno un sacco di incontri interessanti. Solo un paio di anni fa, prima di morire, questo era uno dei ritrovi preferiti di Markus Wolf, il mitico "uomo senza volto", la grande spia della Germania Est, qui solito conversare con gli amici. Oggi, a un tavolo dove viene servito un cocktail con spremuta d´arancia e bitter, siede il suo vice, l´ex colonnello Guenter Bohnsack.

Alto quasi un metro e novanta, fisico massiccio, a 69 anni Herr Bohnsack ricorda perfettamente il caso Orlandi e la "Operation Papst", l´azione di contenimento fatta dalla Ddr per arginare l´ondata di accuse contro la Bulgaria, nella bufera per l´attentato a Papa Wojtyla. Perché Guenter Bohnsack era il capo della Abteilung X, la Decima Divisione, addetta alla disinformazione nella Stasi, i famigerati servizi di sicurezza tedesco orientali.


L'ex colonnello Guenter Bohnsack


Dottor Bohnsack, che cosa ricorda della vicenda Orlandi?
«Davvero quella ragazza non è mai stata trovata? Al nostro Dipartimento ci eravamo occupati di quel caso solo in modo tangenziale. Eravamo impegnati nell´"Operation Papst"».

In che cosa consisteva?
«La mia sezione doveva aiutare i bulgari a fronteggiare e respingere le accuse che li volevano coinvolti nell´attentato a piazza San Pietro».

E i bulgari erano davvero coinvolti?
«Per quel che ne sapevamo, no. Del resto, non avevamo prove, né informazioni, in un senso o nell´altro. Il nostro compito era, comunque, di farli uscire dal pantano».

Chi lo aveva chiesto?
«Naturalmente Mosca. Così ci mettemmo d´accordo con il Kgb per cercare di depistare le accuse».

Che cosa faceste?
«Producemmo una serie di carte per sviare l´attenzione dai bulgari».



E con la Orlandi?
«Una procedura simile, ma concentrando l´attenzione sui Lupi grigi. Ci mettemmo a tavolino, e scrivemmo alcune lettere a Roma».

A chi furono inviate?
«A diversi enti. Al ministero della Giustizia. Oppure alle agenzie di stampa, mi ricordo l´Ansa. O ai magistrati che si occupavano del caso».

Quali?
«Il giudice Ilario Martella».

In che lingua erano state redatte?
«In turco. A volte in un italiano approssimativo».

Perché? Quale era il loro contenuto?
«Il senso era questo. Chiedevamo la liberazione di Ali Agca, l´attentatore del Papa. E uno scambio con la ragazza. Volevamo far credere di essere dei nazionalisti turchi, interessati alla sorte del loro compagno. Ma lo scopo vero era naturalmente quello di stornare l´attenzione dalla Bulgaria».


La pista turca sul caso Orlandi, dunque, era un´invenzione?
«Era stata creata ad arte. Così ci era stato chiesto di fare».



2 – “VOLEVANO RICATTARE MARTINAZZOLI, MA LA TRAPPOLA FALLI'…
Marino Bisso per “la Repubblica” -

Dalle nuove indagini sul caso Orlandi emerge anche il piano di ricattare Mino Martinazzoli, esponente della sinistra democristiana, nell´83 ministro della Giustizia.
La trappola era stata ideata da Renatino De Pedis: la Minardi avrebbe dovuto sedurre il leader politico.


Per l´occasione Renatino aveva costretto la sua amante a farsi bionda, addirittura a sottoporsi a interventi di chirurgia plastica. Renatino voleva che fosse bellissima per fare colpo su Martinazzoli. Poi il politico sarebbe stato invitato ad accompagnarla in un appartamento che Renatino aveva preparato da tempo: la camera da letto era stata rivestita da specchi dietro ai quali erano state sistemate telecamere per riprendere l´incontro e ricattare Martinazzoli. Ma il piano non funzionò perché l´appuntamento con la Minardi saltò all´ultimo momento.

26 Giugno 2008
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26/06/2008 20:25

NON È UN FILM
– “L’AMERIKANO” CHE TELEFONAVA A CASA ORLANDI SFUGGÌ ALLA POLIZIA PER 30 SECONDI
– IL KILLER DI DE PEDIS MORTO IN KENYA (E CREMATO IN 3 ORE)
– LA SCIENTIFICA CERCA TRACCE COL GEORADAR…




1 - CASO ORLANDI, IN CORSO PERQUISIZIONE AL QUARTIERE GIANICOLENSE…
(Adnkronos) -
Agenti della Squadra Mobile e della Polizia Scientifica stanno perquisendo un appartamento nel quartiere Gianicolense, in via Pignatelli in cui, secondo le indicazioni rese dalla teste Sabrina Minardi, sarebbe stata tenuta prigioniera Emanuela Orlandi. Le perquisizioni sono state disposte per ordine dei magistrati Italo Ormanni, Simona Maisto e Andrea De Gasperis ai quali e’ affidata l’indagine sui nuovi risvolti della vicenda Orlandi rivelati dalla nuova testimone.

All’ispezione che avviene in un appartamento e nello scantinato di via Pignatelli nei pressi di piazza San Giovanni di Dio partecipano il procuratore aggiunto Italo Ormanni, che ha assunto la direzione del caso, e il sostituto Andrea De Gasperis, che in passato si e’ occupato delle varie inchieste sulla banda della Magliana e percio’ collabora ora a questi nuovi accertamenti.

2 - ESPERTI POLIZIA SCIENTIFICA EFFETTUANO RILIEVI CON GEORADAR…
(Adnkronos) -
Prosegue la perquisizione nell’appartamento di via Antonio Pignatelli
, nel quartiere Gianicolense di Roma, in cui, secondo le indicazioni rese dalla teste Sabrina Minardi, sarebbe stata tenuta prigioniera Emanuela Orlandi.
Gli Esperti Ricerca Tracce, un nucleo specializzato della Polizia Scientifica, stanno utilizzando un geo-radar per verificare se al di sotto del manto stradale, nella zona di via Pignatelli, ci siano cavita’. Gli agenti hanno effettuato delle verifiche in via Giovanni De Romanis, una strada che fa angolo con via Pignatelli, e nel giardino della scuola materna distante circa 20 metri dalla palazzina ispezionata.


3 – PER TRENTA SECONDI “L’AMERIKANO” SFUGGÌ ALLA TRAPPOLA…
Enrico Gregori per “Il Messaggero”


Il giallo Orlandi ha inevitabilmente riportato alla luce anche il mistero di Mirella Gregori
e, soprattutto, le ipotesi di un collegamento tra i due casi. Ci sono coincidenze ma anche (secondo gli investigatori) verità accertate. Il che, però, lascia comunque aperta la pista di un colossale depistaggio. Ma veniamo ai fatti e consideriamo la figura del cosiddetto ”amerikano”, il telefonista del caso Orlandi. Ebbene, lo stesso misterioso personaggio telefonò almeno una volta anche a casa Gregori, descrivendo esattamente come era vestita Mirella al momento della sua scomparsa. L’abbigliamento della giovane fu confermato dalle persone che per ultime videro Mirella.

È poco? Forse. Ma all’epoca dei fatti c’era un uomo della sicurezza vaticana sotto intercettazione da parte degli investigatori. Le sue conversazioni vertevano sul caso Orlandi. «È quantomeno singolare - dicono gli inquirenti - che questo personaggio abitasse nel palazzo adiacente il bar della famiglia Gregori».

Eppure la verità sarebbe stata a portata di mano, se la fortuna avesse assistito gli investigatori. Perché a un certo punto l’amerikano fu a un passo dal cadere in trappola. Era stata infatti individuata la zona Appio-Claudio come quella dalla quale partivano quasi tutte le sue telefonate. I mezzi tecnologici dell’epoca non erano sofisticati come quelli odierni e quindi furono messe fuori uso circa trecento cabine telefoniche per costringere l’amerikano a chiamare da una delle circa 250 rimaste in funzione.

Alle 22.30 di un giorno d’inverno, lui chiamò il legale della famiglia Orlandi proprio da uno di quei telefoni pubblici. Il pool investigativo coordinato da Nicola Cavaliere aveva dislocato nelle strade dell’Appio-Claudio trenta volanti pronte a rintracciare il telefonista. La centrale d’ascolto segnalò la cabina ”buona” e due pattuglie si precipitarono. Ma arrivarono con trenta secondi in ritardo. I poliziotti fecero solo in tempo a vedere la schiena dell’amerikano e a notare che aveva un berretto calcato sulla testa. Lo videro fuggire a gambe levate per i vicoli del quartiere.


Il cadavere di Enrico De Pedis, detto 'Renatino'

Oggi, ma non solo, si ipotizza che l’amerikano fosse monsignor Marcinkus.

«Fantasie - dicono gli investigatori - l’amerikano per noi era certamente qualcuno che apparteneva ufficialmente o no ai servizi segreti. Buoni o deviati non si sa, ma da lì veniva. Marcinkus che va a spasso per l’Appio-Claudio in cerca di cabine telefoniche è fantascienza».

Inoltre la famiglia Orlandi e quella Gregori avevano lo stesso avvocato, ossia Gennaro Egidio. E fu proprio lui a essere contattato dall’amerikano. La comunicazione fu questa: «Mirella Gregori...non abbiamo nulla da fare. Prepara i genitori a questo...non esiste più nessuna possibilità. Questo io ti dico». Sibillino, ma fino a un certo punto. Mirella, insomma, era morta.

Ma perché gli Orlandi e i Gregori avevano lo stesso legale? Per rispondere a questo bisogna tornare a un’altra singolare coincidenza, ossia la pista turca. In un comunicato del ”Fronte liberazione Turkesh” del 4 agosto 1983 comparve una frase esplicativa: "Mirella Gregori? Vogliamo informazioni. A queste condizioni la libereremo".

E poi c’è la questione degli identikit. Le due “facce” che pedinarono Emanuela assomigliavano molto, secondo i familiari di Mirella, a quelle viste parecchio tempo prima nei dintorni del bar. E qui la cronaca cede di nuovo il passo alle ipotesi. Mirella Gregori scomparve il 7 maggio del 1983, ossia 46 giorni prima di Emanuela Orlandi.



Una teoria investigativa fu che il sequestro di Mirella dovesse essere una ”esercitazione” per il futuro rapimento di Emanuela Orlandi. Un macabro esperimento, insomma, per verificare come e con quali tempi si sarebbero mossi gli investigatori. Del resto, si pensò all’epoca, sequestrare Emanuela Orlandi avrebbe avuto un senso essendo la ragazza figlia di una persona che lavorava presso la Santa Sede.

Mentre Mirella Gregori era figlia di onesti lavoratori e brava gente ma certamente non in vista. Quale forza poteva avere un’estorsione basata sull’eventuale rilascio della ragazza? Non fu quindi fuori dal mondo ipotizzare una connessione e che la stessa ”mente” avesse progettato i due sequestri.

Anche il giudice Imposimato sostenne che le due vicende erano collegate. Il fine era ottenere la grazia di Ali Agca per intercessione del pontefice Giovanni Paolo II (nel caso Orlandi) e del presidente Sandro Pertini (nel caso Gregori). Ma in questo caso si riaffaccerebbe l’ombra dei ”lupi grigi” e, forse, il colossale depistaggio.

4 – UNO DEI KILLER DI RENATINO MORTO IN KENYA CON I SUOI SEGRETI…
Cristiana Mangani per “Il Messaggero”



Antonio D'Inzillo

Un altro morto, un altro protagonista di quegli anni neri che non potrà parlare o ricordare. Come Andrea Ghira
, come tanti altri criminali fuggiti per evitare il carcere. Il nuovo mistero riguarda Antonio D’Inzillo, terrorista dei Nar, uno dei killer di Enrico De Pedis, e ancora prima il ragazzo di soli 16 anni che è stato armato di un mitra per uccidere Antonio Leandri, studente-lavoratore scambiato per l’avvocato Giorgio Arcangeli, sospettato di aver tradito e consegnato alla polizia Pierluigi Concutelli.

D’Inzillo è morto come è vissuto, misteriosamente. O almeno questo ritengono gli inquirenti che, comunque, non potranno controllare, visto che il suo cadavere è stato cremato nel giro di tre ore, dopo che, nell’aprile scorso, sarebbe avvenuto il decesso in un ospedale di Nairobi.

Era latitante dal ’93 questo ragazzo di buona famiglia e dal curriculum criminale che lo rendeva uno dei maggiori ricercati d’Italia. Gli uomini dell’Interpol e della Criminalpol sembravano averlo rintracciato in Uganda (fino al ’94 è segnalato in Kenya) dove, con l’ennesima identità falsa, pare si fosse messo in attività con il presidente. Aveva 44 anni e di recente si era sposato con una donna italiana, «una persona perbene», spiegano. Qualcuno azzarda anche che fosse cambiato, fosse diventato meno violento e impulsivo. Di certo di cose ne sapeva parecchie, di segreti ne custodiva molti.

Perché si trovasse in un ospedale di Nairobi non è chiaro. La polizia lo avrebbe individuato a Kampala, in Uganda, dove viveva con la moglie. La morte sarebbe arrivata per una cirrosi epatica, conseguenza di una grave epatite. Aveva una fattoria e sembra che lavorasse per il Governo, anche se per molti anni viene segnalato come mercenario e poi come trafficante di oro, armi e legnami pregiati. La Criminalpol ha tenuto d’occhio i suoi familiari per mesi.

E le segnalazioni sono finite in un fascicolo d’inchiesta che è stato assegnato al pm romano Giuseppe De Falco. È stata tentata la via della rogatoria internazionale, ma senza risultato: nessuno ha risposto. Per gli investigatori c’era un’unica possibilità: aspettare che facesse un passo falso, che venisse in Italia per trovare qualcuno. I parenti della moglie dicono che non sapevano assolutamente che si trattasse di un super latitante: «Per noi era un ragazzo d’oro», spiegano. Hanno saputo del suo passato solo quando la polizia è andata a trovarli.

E di passato ne aveva, Antonio D’Inzillo. La sua vita è stata segnata dal coinvolgimento con i Nar sin da giovanissimo. Per il primo omicidio sconta 16 anni e torna libero nell’85. Sono anni in cui si parla poco di lui, fino agli inizi del ’90 quando si fidanza con Patrizia Spallone, figlia del ginecologo Ilio. Due mesi dopo rientra in carcere perché accusato, questa volta, di aver partecipato all’organizzazione di un tentativo di evasione da Rebibbia: esplosivo nascosto in una torta destinata a Concutelli. Il fidanzamento con la Spallone finisce tragicamente, la ragazza “vola” dall’auto in corsa e lui viene accusato di omicidio volontario.

Nel frattempo D’Inzillo diventa sempre più un bandito comune che sembra godere, però, di particolari protezioni. Nel ’90 l’ultimo atto noto della sua carriera di criminale: è lui a guidare la moto che porta Dante Del Santo in via del Pellegrino, dove verrà ucciso “Renatino” De Pedis. Per quell’omicidio Antonio D’Inzillo viene condannato all’ergastolo, ma ormai ha già fatto perdere le sue tracce.

Ora, dall’ospedale di Nairobi e dai parenti della moglie, arriva la notizia che è morto. Gli inquirenti sembrano nutrire molti dubbi sul decesso, anche se la famiglia dice: «Ce l’aveva chiesto lui di essere cremato». Ma che si tratti del terrorista nero o di una qualsiasi altra persona sarà comunque impossibile stabilirlo.


Cristiana Mangani per “Il Messaggero”, 26 Giugno 2008

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01/07/2008 00:07

ERRORE DI PERSONA?
– NELLO STESSO PALAZZO DI EMANUELA ABITAVA RAFFAELLA GUGEL, FIGLIA DI UN FUNZIONARIO VATICANO
– ESTERMANN, CAPO DELLE GUARDIE SVIZZERE CHE VERRÀ ASSASSINATO, SPIA DELLA STASI…


Rita Di Giovacchino per “Il Messaggero”



C’è una «città sotterranea» dietro l’accesso segreto dell’anonima palazzina di Monteverde.
La scoperta arriva un quarto di secolo dopo
grazie a Sabrina Minardi, testimone vacillante, ma non sul nascondiglio segreto dei boss romani. In questi anni sono stati setacciati alberghi, residence, ville, barche. Ma non era stato scoperto il passaggio segreto alla rete di cunicoli dell’ospedale San Camillo. E’ stata davvero tenuta prigioniera qui Emanuela Orlandi? Per il momento il giallo della ragazzina scomparsa il 22 giugno 1983 ha trovato un punto d’approdo.

Emanuela aveva 15 anni, era nata il 14 gennaio del 1968, quindici giorni prima della rivolta studentesca. Cittadina vaticana, quarta figlia di un commesso della Prefettura della Casa Pontificia, Ercole Orlandi. E questo segnerà il suo destino. Nello stesso palazzo abitava un’altra ragazza, Raffaella Gugel, più o meno la stessa età, la stessa capigliatura bruna. Ai primi di luglio, quando Roma è già invasa dai tremila manifesti con la foto di Emanuela, si scopre che tre donne della famiglia Gugel forse erano state seguite, ma la famiglia Orlandi non lo aveva saputo.


Flavio Carboni (AP)

Angelo Gugel, padre della ragazza, aveva un ruolo più importante rispetto ad Ercole Orlandi, era segretario di Camera di Papa Wojtyla.
Uno scambio di persona?

Una zia della Ragazza, Rita Gugel, era intestataria di società facenti capo a Flavio Carboni, tuttora imputato dell’omicidio Calvi anche se assolto in primo grado. Ma nessuno ha mai collegato questi anelli. «Manca solo che gli addebitino l’attentato alle Torri gemelle», è stato il commento dell’avvocato Renato Borzone

Intrecci trascurati in una prima fase delle indagini
, mentre prendeva corpo la pista dei Lupi Grigi, convalidata dalle dichiarazioni di Ali Agca. Un depistaggio della Stasi, dice ora il colonnello Bohansak, ex capo dei servizi segreti della Ddr. Di sicuro Emanuela quel 22 giugno arrivò a lezione in ritardo alla scuola di musica, dietro la chiesa di Sant’Apollinare. Spiegherà per telefono alla sorella di essere stata abbordata da un rappresentante della Avon, è la sua ultima telefonata.

Quel giorno le telecamere di sorveglianza del Senato non erano in funzione, ma l'appuntato Bruno Bosco e il vigile urbano Alfredo Sambuco, riferirono di averla vista parlare con un uomo che si era poi allontanato con una BMW scura. Una Bmw verde bottiglia, non fabbricata in Italia, la stessa su cui talvolta era stata vista circolare anche Sabrina Minardi. Ne sortì un identikit: quello di un uomo giovane, smilzo, stempiato.

Nei giorni successivi arrivarono in casa Orlandi telefonate sospette fatte da due uomini diversi: uno disse di chiamarsi Pierluigi, l’altro Mario. Mario, secondo il pentito Antonio Mancini, era un killer spietato della Banda della Magliana. Ma lo ha detto 20 anni dopo. Il 5 luglio arriva la prima telefonata in Vaticano. E’ l’Americano, l’uomo dall’accento straniero suggerisce uno scambio tra la ragazza e Alì Agca. Il 6 luglio viene fatta trovare la fotocopia della tessera della scuola di musica. La ragazza era viva, in mano loro. Chi sono loro?

L'Americano fa in tutto 16 telefonate, in prevalenza le chiamate arrivavano da cabine telefoniche dell’Appio Latino. La polizia mise fuori uso molte cabine, disseminò la zona di volanti, si disse che l’uomo sfuggì per un soffio alla cattura. Il direttore del Sisde Vincenzo Parisi fece un'identikit del "Amerikano", tenuto all’epoca nascosto, dove per la prima volta veniva fatto il nome del cardinale Paul Marcinkus, presidente dello IOR. Sembra in realtà si trattasse di un agente segreto poi identificato.

Il processo sul caso Orlandi si chiuse il 19 dicembre 1997. Nessuna prova del complotto terroristico. Eppure il giudice Imposimato aveva indicato due spie della Stasi in servizio al Vaticano: una di queste è Alois Estermann, capo delle guardie svizzere che verrà assassinato con la moglie il 4 maggio 1998.


Rita Di Giovacchino per “Il Messaggero”, 27 Giugno 2008

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01/07/2008 01:32

LA PISTA ORLANDI PORTA A 5 DELITTI IN FOTOCOPIA
- BERTONE "SCANDALO ESTIVO CREATO AD ARTE"
- COSSIGA: DE PEDIS SEPOLTO IN BASILICA? IL SEQUESTRO ORLANDI NON C’ENTRAVA NULLA…





1 - LA VERITÀ DI BERTONE "SCANDALO ESTIVO CREATO AD ARTE" Da “la Repubblica” - «Uno scandalo estivo creato ad arte».

Così il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato vaticano, torna sul caso Orlandi, su Avvenire. Intanto la Procura disporrà la comparazione fonetica tra le voci dei telefonisti che chiamarono casa Orlandi e quelle di alcuni esponenti della Banda della Magliana, a cominciare da un 50enne somigliante a uno degli identikit tracciati nell´83.


2 – COSSIGA: DE PEDIS SEPOLTO IN BASILICA? IL SEQUESTRO ORLANDI NON C’ENTRAVA NULLA
Bruno Volpe per Petrus
[SM=x44467]


www.papanews.it/dettaglio_interviste.asp?IdNews=8250#a

I ‘giallisti’ più incalliti mettono in relazione la sepoltura in una Chiesa di Roma di Renato De Pedis, il capo storico della ‘Banda della Magliana’, con la sparizione della Orlandi. Come se lo spiega?
“Le do’ una risposta precisa. Un alto Prelato di Curia, di cui per ovvii motivi non rivelerò il nome, mi confidò che Renatino De Pedis si era convertito al cattolicesimo in maniera sincera, aveva cambiato vita e donato un’ingente somma alla Chiesa da devolvere in opere di carità. In cambio, sapendo di dover morire a breve, chiese al Cardinale Poletti, che all’epoca era il Vicario del Papa per la Diocesi di Roma, di essere interrato nella Basilica di Santa Apollinare. Poletti avrebbe potuto rifiutarsi, ma con grande leggerezza acconsentì. Ecco come andarono davvero i fatti: il sequestro Orlandi non c’entrava nulla”.


3 - LA PISTA ORLANDI PORTA A 5 DELITTI IN FOTOCOPIA
Gian Marco Chiocci per “Il Giornale”



C’è un filo rosso che lega la scomparsa di Emanuela Orlandi al destino di altre donne uccise a Roma nello stesso periodo.

Un filo sottilissimo che ha ripreso corpo con le dichiarazioni dell’amante del boss Enrico De Pedis convergenti con le risultanze trovate dal giudice del processo alla Magliana, Otello Lupacchini, nel libro Dodici donne, un solo assassino redatto insieme allo scrittore Max Parisi. Le scoperte sono ora al vaglio degli inquirenti del caso Orlandi perché i riscontri cominciano a essere troppi. A cominciare da Mario Ilario Ponzi che rivendicò il sequestro di Emanuela chiedendo la liberazione di Ali Agca. Arrestato nel 1982 per una rapina che attirò l’attenzione del Papa, Ponzi venne rinchiuso nella cella proprio accanto a quella di Agca.

Scarcerato sei mesi prima della sparizione di Emanuela, venne riarrestato nel 1985 perché considerato l’autore dei messaggi depistanti siglati «Turkesh». Fu giudicato un mitomane, anche se quei comunicati contenevano riferimenti che solo gli autori del sequestro (compreso il misterioso telefonista Mario) potevano sapere. A cominciare dai capelli di Emanuela, tagliati corti, dettaglio ribadito dalla superteste Sabrina Minardi. E dal collegamento con un’altra ragazza scomparsa nel nulla, Mirella Gregori, adescata con lo stesso trucco usato per la Orlandi (profumi Avon, sfilata con le Sorelle Fontana) visto che anche lei si occupava dei medesimi prodotti cosmetici.

Questo personaggio risulta irreperibile ma vive a Londra, dove frequenta l’ambasciata italiana e un alto prelato cresciuto all’ombra di Marcinkus che lo avrebbe aiutato nella latitanza. Quando si trovava a Roma, Ponzi viveva in piazza Vescovio, dirimpetto il garage frequentato da illustri personaggi del processo alla Magliana e del delitto Calvi, garage nel quale il funzionario del Sisde, Giulio Gangi, rintracciò l’auto del sequestro descritta dal vigile urbano Sambuco, l’ultimo a vedere viva Emanuela.




Lo 007 trovò anche la donna che aveva portato l’auto in officina: albergava presso il residence «Mallia» dove troverà la morte (con un colpo di pistola alla testa) anche la segretaria del criminologo Aldo Semerari, perito di fiducia della Magliana. L’incontro non andò bene, Gangi fu messo bruscamente alla porta e quando tornò in ufficio venne esautorato dalle indagini. Lo 007 non esclude che quella signora bionda fosse proprio la superteste Sabrina Minardi, amante di De Pedis e moglie del calciatore Bruno Giordano, compagno di squadra dello stopper Arcadio Spinozzi citato a chissà quale titolo in uno criptico scritto del «Turkesh».

Secondo questa nuova pista, Emanuela non sarebbe stata uccisa da «Renatino» De Pedis bensì da uno o più serial killer collegati indirettamente alla Magliana che in quegli anni fecero fuori, con il medesimo modus operandi, almeno altre 11 ragazze.

La Bandaccia probabilmente subentrò in seconda battuta nel sequestro.
Sfruttò il clamore del caso accentuato dai ripetuti appelli del Papa per rientrare, attraverso lo Ior, dei 24 miliardi dati a Calvi (trovato impiccato a Londra): lo fece minacciando il Vaticano.
Entrò nel rapimento Orlandi attraverso un noto faccendiere, amico di Diotallevi, proprietario di un negozio vicino al luogo in cui Emanuela fu vista l’ultima volta e del garage dove finì la Bmw Touring utilizzata per il rapimento. La ragazza, dunque, sarebbe stata assassinata da un uomo (o più di uno) che prima di lei aveva ucciso già un’altra ragazza e dopo ne eliminò altre dieci.

La tredicesima vittima predestinata, oggi noto avvocato romano, sorella di un famosissimo attore, conferma d’esser stata attirata in una trappola uguale a quella tesa a Emanuela ed altre ragazze e scoperta dallo 007 del Sisde che ne ebbe conferma direttamente dalla casa di moda: «È vero - risposero negli uffici delle Sorelle Fontana - altre ragazze sono venute qui chiedendo spiegazioni su queste sfilate con profumi Avon.

Ma nessuna sfilata c’è mai stata». Di lì a poco capitò che il Sisde convinse una giovane, contattata con le solite modalità, a reggere il gioco nell’appuntamento all’Eur. Venne fermato un ragazzo ma fu subito rilasciato perché non combaciava con la descrizione del vigile Sambuco. Poi si è scoperto che quello stesso ragazzo era in società con un amico del boss De Pedis che abitava nello stesso, minuscolo paese, del depistatore «turco» Mario Ilario Ponzi.

Questo filo, con analoghe modalità, si dipana su dodici donne morte ammazzate a Roma tra il 7 aprile 1982 e il 7 agosto 1990 (l’ultima è Simonetta Cesaroni). Di queste, cinque avrebbero catturato l’attenzione degli inquirenti per determinate analogie sulla modalità di ricerca della preda e sull’esecuzione del delitto. La prima è Rosa Martucci, 20 anni, ritrovata sull’Appia Antica. A seguire Augusta Confaloni, poi Katy Skerl, Cinzia Travaglia, Marcella Giannitti. Tutte attirate in trappola e poi strangolate. Tutte rimaste senza colpevole.


30 Giugno 2008
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01/07/2008 01:40

I PM: SABRINA MINARDI È ATTENDIBILE
– DELLA PRESUNTA PRIGIONE DI EMANUELA RICORDA I COLORI, I MOBILI, I QUADRI
– QUESTO, PURTROPPO, È UN NON-PROCESSO NEL QUALE I VIVI SI AGGRAPPANO AI MORTI…



Daniele Mastrogiacomo per “La Repubblica”



Sabrina Minardi fatica a dimenticare.

Chiusa nella sua stanza in una clinica di disintossicazione, combatte le crisi d´astinenza da cocaina. Solo la tv riesce a distrarla da un´angoscia che la tormenta. E´ l´estate scorsa. In tv c´è una puntata di «Chi l´ha visto?». Si parla di Emanuela Orlandi e della banda della Magliana. Sabrina si appassiona. Adesso parlano del suo vecchio compagno. Chiama qualcuno. Un anonimo. Dice che per risolvere il giallo bisogna andare a vedere chi è sepolto nella Basilica romana di Sant´Apollinare. Sabrina ha un sussulto.

Sa bene che in una delle cripte è stato tumulato il suo vecchio amante, ucciso per strada nel 1990. Spegne la tv, riflette, si chiede se sia venuto il momento di lasciare il tunnel in cui si è cacciata negli anni 80. La cocaina l´ha distrutta, cerca di disintossicarsi. Chiama un suo vecchio amico d´infanzia, un ispettore di polizia. Chiede consigli, ne parlano insieme. Lei si apre e inizia a raccontare.

Il poliziotto ascolta, torna a Roma, riferisce le confidenze della sua amica al capo della Mobile Vittorio Rizzi. Il funzionario è scettico. Non si fida. Una cocainomane, ex donna di un boss della malavita. Può millantare, cercare pubblicità, soldi, ricattare. Ogni parola va presa con le pinze, bisogna verificare tutto. Spedisce di nuovo l´ispettore dalla signora Minardi e gli affianca un poliziotto di esperienza, la dottoressa Petrocca. E´ una donna e tra donne certe sfumature si colgono meglio e subito.

Si portano dietro un registratore. Sabrina Minardi non vuole lasciare nulla di scritto, ma accetta di far incidere le sue rivelazioni. Ad una condizione: il suo nome deve restare segreto. I due poliziotti torneranno dalla nuova supertestimone tre volte. Faranno ascoltare i nastri ai dirigenti della Questura, li trasmettono in Procura. In gran segreto e senza destare alcun sospetto, si dispongono gli accertamenti. Al catasto, alla motorizzazione, al Comune. Auto, case, appartamenti, ristoranti, locali. Ogni singolo luogo indicato dalla Minardi viene verificato. E puntualmente confermato.

Nel marzo scorso, la donna viene portata a Roma e davanti ai vertici della Questura e della Procura riuniti al completo ripercorre ancora una volta il suo racconto. Al pm Simona Maisto, titolare dello stralcio sul caso Orlandi, viene affiancato il sostituto Andrea De Gasperis. E´ una garanzia, perché rappresenta la memoria storica sulla banda della Magliana. Ed è proprio De Gasperis che scopre le prime incongruenze.



La Minardi ammette dei vuoti di memoria. La cocaina brucia il cervello e il tempo non aiuta quando si devono ricordare date e luoghi. Ma per il resto, i dettagli sono precisi. La donna elenca le scene, le case, i colori, i mobili, le piante, persino i quadri della casa in cui sarebbe stata tenuta prigioniera Emanuela. Gli investigatori, sorpresi, si arrendono davanti all´evidenza.

Giovedì mattina cercano e trovano l´appartamento-prigione di Emanuela Orlandi. Le indicazioni sono state fornite dalla Minardi. «La sua descrizione», ammette sbalordito un investigatore, «ci è servita come una mappa. Centimetro per centimetro. Siamo andati a colpo sicuro. E abbiamo trovato il locale dove De Pedis le aveva confidato aver chiuso la Orlandi». L´ambiente è rimasto isolato come un sarcofago.

Adesso si conosce il Dna, la scienza consente veri miracoli. Gli inquirenti sperano di trovare la prova regina: quella che potrebbe dimostrare la presenza di Emanuela. La proprietaria della casa, la signora Daniela Mobili, moglie di Danilo Abbruciati, nega con forza l´ipotesi che la figlia del messo del Vaticano possa essere stata tenuta prigioniera nella cantina.


Sabrina Minardi sostiene che la ragazza era stata accudita dalla domestica, la signora Teresina. La stessa che avrebbe accompagnato Emanuela all´appuntamento al Gianicolo prima di essere portata davanti a Porta Angelica e consegnata nelle mani di un prelato. «Impossibile», dice agli inquirenti la Mobili, «la domestica veniva ogni tanto». Si interroga la signora Teresina. Nega, sdegnata, il suo ruolo di carceriera e di accompagnatrice di Emanuela. Ma finisce per smentire la stessa Mobili. «Lavoravo in quella casa ogni giorno», replica, «dalle 9 alle 17».

Quella casa, improvvisamente, fa paura a tutti. «Ogni amico, conoscente, esponente della vecchia banda della Magliana», osservava ieri un investigatore, «nega di conoscerla o di esserci stato. E´ singolare. Non ci sarebbe nulla di male, se fosse un luogo, diciamo, pulito. Tanto distacco è sospetto. Ci conferma che siamo sulla pista giusta. Ci convince, ogni giorno di più, che Sabrina Minardi dice la verità. Anche se questo è un non - processo. Sono morti tutti. Presunti mandanti ed esecutori».


30 Giugno 2008

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ORLANDI & ALI AGCA
- BUSH SR DISSE A PAPA WOJTYLA: "SMETTA DI INDAGARE, MICA POSSIAMO DICHIARARE GUERRA ALL’URSS"

- COSÌ 11 ANNI FA ‘IL FOGLIO’ SCRIVEV DI UN MISTER X CHE "PORTA LA TONACA"…




Bush Sr. e Papa Wojtyla

© Foto La Presse

1 – BUSH SR DISSE A PAPA WOJTYLA: SMETTA DI INDAGARE, MICA POSSIAMO DICHIARARE GUERRA ALL’URSS
Riceviamo e pubblichiamo:

Gent. Dagospia,
considerato che prosegui nella proporre all’attenzione il caso di questa sfortunata ragazza “beccati” anche questa variante del filone ‘Terrorismo internazionale’. Solo che non è ben chiaro chi siano i VERI terroristi!!!

Cordiali saluti.

Da EFFEDIEFFE.com:
www.effedieffe.com/content/view/3699/174/

“Il poco che posso dire su Emanuela Orlandi è che apparentemente fu rapita come «avvertimento» al Papa, che stava indagando in direzioni sgradite sull’attentato di cui era stato vittima, per mano di Ali Agca. Ali Agca, ogni tanto, negli anni, durante le udienze processuali, tirava fuori la storia: «La Orlandi è viva...». Lasciava capire che il destino della ragazza era legato alle sue fortune processuali? Sappiamo che fu Andropov, capo del KGB, a cercare qualcuno che «potesse avvicinarsi fisicamente al Papa». I servizi bulgari gli trovarono il killer, un Lupo Nero, di «destra».

Giovanni Paolo II - che dai decenni polacchi aveva imparato alcune cose sulla realtà - stava conducendo, per suoi canali, delle indagini discrete. A quel punto, l’allora vicepresidente USA - George Bush padre, che era stato direttore della CIA - chiese un’udienza urgente. Secondo alcuni, disse al Papa: smetta di indagare, mica possiamo dichiarare guerra all’URSS...


Ali Agca era stato addestrato in Libia, in un campo in cui estremisti neri come lui si esercitavano a fianco di elementi rossi, come la Rote Armee Fraktion e l’Armata Rossa Giapponese, e a terroristi palestinesi. Gli addestratori erano due ex agenti della CIA, Frank Terpil e Ed Wilson, che erano stati cacciati dalla CIA insieme al loro capo, Theodor Shackley, con l’accusa di aver allestito una «CIA parallela» che faceva la guerra a modo suo.

George Bush era il grande protettore di Shackley e dei suoi ragazzi, ma non potè nulla contro la volontà di Jimmy Carter (il presidente) di ripulire le stalle. Terpil & Wilson finirono nella Libia di Gheddafi, ad addestrare chiunque. Gli assassini, nel mondo dello spionaggio, vengono condivisi.”


2 - COSÌ UNDICI ANNI FA IL FOGLIO SCRIVEVA DI EMANUELA ORLANDI E DI UN MISTER X CHE "PORTA LA TONACA"
Dal Foglio del 9 ottobre 1997


Sul giallo della scomparsa di Emanuela Orlandi, la giovane figlia di un messo pontificio svanita nel nulla la sera del 22 giugno 1983 nel centro di Roma, il Vaticano non ha offerto tutta la collaborazione necessaria alle indagini. Ne sono convinti i magistrati che da quattordici anni cercano di far luce su un mistero complesso fatto di messaggi trasversali, depistaggi e inutili tentativi di mediazione.

Mentre la prima inchiesta si avvia verso l’archiviazione e una seconda, forse più scottante, sta per essere avviata, dalle carte dei giudici emergono particolari inquietanti. Uscita dalla scuola di musica in un caldo pomeriggio di giugno e scomparsa nel centralissimo corso Rinascimento, praticamente davanti al Senato, la figlia quindicenne del dipendente vaticano non ha mai fatto ritorno a casa.


La segreteria di Stato della Santa Sede aveva messo a disposizione una linea telefonica riservata grazie alla quale i rapitori potevano contattare direttamente il cardinale Agostino Casaroli. Lo stesso Giovanni Paolo II chiese per otto volte pubblicamente il rilascio di Emanuela. I messaggi e le telefonate si erano susseguiti: alcuni misteriosi interlocutori avevano chiesto la liberazione di Ali Agca in cambio della vita della giovane e avevano collegato la scomparsa di Emanuela con quella di un’altra ragazza romana, Mirella Gregori, svanita nel nulla il 7 maggio dell’83.

Sono gli anni dell’attentato al Papa, della nascita di Solidarnosc in Polonia, del crack del Banco Ambrosiano, della vicenda di monsignor Paul Marcinkus al vertice dello Ior, della guerra delle Falkland. Per gli inquirenti l’ipotesi più accreditata è che dietro le quinte vi sia stato qualcuno di molto potente, in grado di mandare precisi segnali oltretevere per cercare di condizionare in qualche modo la politica della Santa Sede: “Da parte degli interlocutori”, ha affermato in un’intervista il giudice istruttore Adele Rando, “l’importante era far arrivare dei segnali, facendo capire che essi erano a conoscenza di certi particolari sulla vita privata delle due ragazze”. Il padre di Emanuela, Ercole Orlandi, nel maggio 1992 si era detto addirittura convinto dell’esistenza di un basista in Vaticano.

Le perplessità del prefetto Parisi. “L’intera vicenda Orlandi fu caratterizzata da una costante riservatezza da parte della Santa Sede che, pur disponendo di contatti telefonici, e probabilmente diversi, non rese partecipi dei contenuti dei suoi rapporti la magistratura e le autorità di polizia”. Così si esprimeva il 9 febbraio 1994 il prefetto Vincenzo Parisi (l’ex capo della polizia deceduto tre anni fa) di fronte al giudice Rando.

La deposizione di Parisi, all’epoca della scomparsa di Emanuela vicedirettore del Sisde, è contenuta nella richiesta di proscioglimento, avanzata dal sostituto procuratore generale della Corte d’appello di Roma, Giovanni Malerba, di alcuni esponenti dei “Lupi grigi” indiziati nel corso di questi anni di concorso in sequestro di persona. “Ritengo che le ricerche conoscitive sulla vicenda”, disse ancora Parisi nel ’94, “siano state viziate proprio per il diaframma frapposto tra lo Stato italiano e la Santa Sede.

L’intero svolgimento del caso fu caratterizzafini di palese depistaggio, lasciando nel dubbio gli operatori. Intendo dire che non è ancora agevole stabilire se la scomparsa della ragazza e le vicende che ne sono seguite fossero collegate da un unico nesso, o se invece l’attività destabilizzante si fosse sovrapposta alla scomparsa della ragazza, avvenuta, eventualmente, in modo autonomo”.

Riportando ampi stralci della deposizione del prefetto, il pg Malerba sottolinea: “Le riferite valutazioni circa il riserbo che ha costantemente caratterizzato la condotta delle autorità vaticane, lungi dal costituire isolate e personali opinioni del teste (cioè di Parisi, ndr.), trovano concreto supporto negli atti della formale istruzione”. Al sostituto procuratore generale “non risulta agevole comprendere le ragioni” della condotta assunta dalla Santa Sede. E il fratello di Emanuela, Pietro Orlandi, due giorni fa ha affermato: “Il Vaticano non ha aiutato una sua cittadina”.


Tre rogatorie senza risposta. Il pg Malerba offre anche qualche esempio di questa scarsa collaborazione e descrive le tre rogatorie “richieste ed espletate presso la Santa Sede”, il 13 novembre 1986, il 2 marzo 1994 e, infine, il 7 marzo 1995. Nella prima il giudice istruttore chiedeva al Vaticano “la trasmissione di ogni utile notizia” e in particolare “se effettivamente siano pervenuti nello Stato della Città del Vaticano, o siano stati indirizzati alle autorità del medesimo, messaggi telefonici o scritti riferentisi alla scomparsa delle due giovani”.

La Santa Sede rispose per via epistolare precisando che tutte le notizie utili erano “state trasmesse a suo tempo al pm dottor Domenico Sica”. Malerba però osserva che “di tali notizie lo scrivente non rinviene traccia in atti”. Nella seconda rogatoria, il giudice istruttore Rando puntò molto in alto e chiese di poter ascoltare direttamente i cardinali Agostino Casaroli e Angelo Sodano (cioè l’ex segretario di Stato e l’attuale segretario di Stato), l’ex assessore alla segreteria di Stato e attuale sostituto Giovanni Battista Re, l’ex reggente e attuale prefetto della Casa pontificia Dino Monduzzi e infine l’ex sostituto (oggi cardinale) Eduardo Martinez Somalo, “che aveva seguito il tentativo di stabilire un contatto con i presunti rapitori della Orlandi”.

Il Vaticano
, al contrario di quanto dice il portavoce del Papa Joaquin Navarro Valls, secondo il quale la Santa Sede ha sempre fornito sul caso il massimo della collaborazione possibile, non accolse la richiesta e, appellandosi a una “normativa interna” impedì che gli alti prelati parlassero con il giudice istruttore.
Decisione formalmente ineccepibile, dato che la Città del Vaticano è uno Stato straniero, ma che ha suscitato qualche perplessità.

Per quanto riguarda i documenti, da oltretevere arrivarono soltanto carte che Malerba definisce prive di utilità. Anche alla terza e ultima rogatoria, quella del marzo ’95, la Santa Sede rispose negando la possibilità al giudice istruttore di ascoltare i testimoni. Perché questo muro di gomma? Perché questa scarsa collaborazione? E, soprattutto, perché il caso Orlandi, a distanza di quattordici anni, è ancora in grado di tenere sulle corde l’establishment vaticano? Il sostituto procuratore generale, prosciogliendo dalle accuse i Lupi grigi e Ali Agca, a proposito dell’atteggiamento tenuto dalle autorità della Santa Sede, osserva: “Se tale riserbo era doveroso nei confronti dei mass media, non altrettanto può apparire nei confronti degli inquirenti”.

Una pista che porta in Vaticano. “Ci sono elementi nell’istruttoria che fanno molto pensare… un solco misterioso che porta molto in alto… Una pista che passando attraverso le mura vaticane potrebbe condurre vicino alla soluzione del mistero”. Parola di Ilario Martella, il magistrato che ha condotto fino al 1990 le indagini sul caso Orlandi. Il caso Orlandi in questi anni è stato fatto riesplodere ciclicamente: se ne è parlato l’ultima volta diffusamente nel marzo 1995, quando sono finiti in prigione un sacerdote foggiano, don Tonino Intiso, e altri due loschi personaggi. Questi ultimi avevano chiesto, tramite l’ingenuo sacerdote, un riscatto miliardario in cambio di un contatto con i presunti rapitori di Emanuela, che sarebbe ancora viva. Tutto falso. Si è trattato soltanto di un tentativo di estorsione. Resta da spiegare perché, per circa un anno, alcune persone del Vaticano hanno tenuto in piedi una trattativa con i ricattatori senza avvertire la polizia italiana.


L’uomo che in questi tredici anni ha seguito passo dopo passo le indagini sul caso è Nicola Cavaliere, che all’epoca dei fatti lavorava alla squadra mobile di Roma. Il dirigente di polizia ha invitato a tener presente il contesto in cui il rapimento Orlandi è maturato, quello dei “primi anni Ottanta, un periodo in cui sono accaduti, o stavano per accadere, importanti avvenimenti sulla scena internazionale” e ha sempre smentito l’ipotesi che la scomparsa di Emanuela fosse dovuta a una fuga d’amore o a un allontanamento volontario da casa della ragazza.

“Non credo proprio che sia fuggita volontariamente”, ha detto, “e non esiste alcuna prova certa della sua esistenza in vita fin dal primo momento successivo alla scomparsa, così come, d’altra parte, non esiste alcuna prova certa della sua morte”. Cavaliere ritiene plausibile l’ipotesi del ricatto al Vaticano: “Se il caso si fosse risolto positivamente o tragicamente, saremmo arrivati comunque alla verità. Invece questa incertezza è stata voluta. Gli organizzatori hanno probabilmente ancora oggi interesse a tirare fuori la vicenda in determinati momenti per tenere sulle corde certi ambienti. Si vuole che qualcuno resti sempre allertato sul caso, nonostante sia passato così tanto tempo”.

Mister X porta la tonaca. Una traccia importante per comprendere il contesto in cui si è sviluppato il caso è rappresentata da un documento del Sisde, dal quale risulta che il personaggio che ha gestito il sequestro e ha inviato messaggi al Vaticano potrebbe essere un monsignore americano. Nel dossier, preparato da un’equipe di analisti che hanno avuto in mano gli originali delle lettere, vengono analizzati i messaggi che “furono indicati in un primo momento come redatti da un soggetto sgrammaticato e confuso. Al contrario essi appaiono a un attento esame non solo grammaticalmente corretti ma addirittura linguisticamente superiori alla norma.

Infatti sia gli assiomi desueti riportati, sia il particolare inizio di ogni frase - quasi sempre mister X esordisce con un verbo - sia il caratteristico uso del plurale appaiono come tendenza linguistica di non facile riscontro. Il tutto però ha una sua giustificazione: verosimilmente il soggetto in esame è un profondo conoscitore della lingua latina, anzi possiamo affermare che mister X conosceva meglio la lingua latina di quella italiana. E ciò è solamente possibile nel caso che il soggetto sia uno straniero che in un primo momento ha acquisito l’idioma latino e poi successivamente quello italiano.

Infatti un italiano con profonda conoscenza del latino manterrebbe inalterato il suo background stilistico e linguistico, che al limite ne sarebbe migliorato. Non si sognerebbe mai di utilizzare ‘translatare’ al posto di ‘trasferire’, ‘novello’ al posto di ‘nuovo’…”. Il dossier si conclude riassumendo le caratteristiche dell’uomo che ha gestito il caso Orlandi: “Un uomo straniero di età superiore ai 45/50 anni, di altissima cultura, abituato a convivere con le gerarchie ecclesiastiche, domiciliato a lungo a Roma, città che conosce bene”. L’identikit di un ecclesiastico.


01 Luglio 2008
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04/07/2008 17:43

NON TOCCATE “RENATINO”
– UN EX BANDA DELLA MAGLIANA SMENTISCE LA MINARDI: NEL BUNKER CI SI NASCONDEVA DE PEDIS, CHE COL SEQUESTRO ORLANDI NON C’ENTRA
– SABRINA È INATTENDIBILE, SI STRAFACEVA DI COCA…

Marino Bisso per “la Repubblica –Roma”



«C´è chi dice che assomiglio all´identikit che avete pubblicato, quello del rapitore della Orlandi. Ma se anche fosse non significherebbe nulla. La verità è che non c´entro nulla così come non c´entra nulla Renatino. Quella casa sulla Gianicolense non era la prigione di Emanuela ma il rifugio segreto dove si nascondeva Renatino ricercato dalla polizia...». A parlare è un ex componente della banda della Magliana finito nelle nuove indagini sul rapimento della quindicenne figlia del commesso della prefettura Vaticana sparita il 22 giugno dell´83.

Gli inquirenti hanno riscontrato una somiglianza con uno degli identikit dei presunti sequestratori di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori. Allora aveva poco più di 20 anni e il suo nome non è mai apparso nelle grandi inchieste sui malaffari del gruppo criminale. Al fianco del ex uomo di De Pedis c´è una persona che ha conosciuto profondamente Renatino e assieme, con la garanzia nell´anonimato, hanno deciso di parlare della superteste Sabrina Minardi e del boss dei Testaccini.

«Sabrina dice tante bugie e solo qualche cosa vera. Mente quando dice che nell´appartamento con cantina del Gianicolense era stata tenuta sequestrata la Orlandi. Quel posto era un nascondiglio ma non per i sequestrati, per i ricercati. Era il rifugio di Renatino. La sotto lui si è nascosto molte volte soprattutto quando ebbe un incidente con la moto. Non poteva muoversi e aveva bisogno di stare in un posto sicuro. Quella cantina era ideale perché aveva una via di fuga e attraverso i sotterranei si poteva scappare verso il San Camillo».


Quale era il rapporto tra la Minardi e Renatino?
«La Minardi me la ricordo bene: era bellissima ma già allora si strafaceva di coca. Nessuno di noi le avrebbe mai detto qualcosa d´importante. Figuriamoci Renatino... Non le avrebbe mai detto quelle cose sulla Orlandi. E poi Sabrina non è mai stata la sua donna. Sì, hanno avuto una storia ma poi finì. Di lei se ne serviva, diciamo così, per raggiungere persone importanti e politici. Sabrina era l´esca per i "pesci grossi". Mi ricordo quando tentò di ricattare Mino Martinazzoli.

Allora era ministro della Giustizia e in parlamento si discuteva il progetto per rendere più dure alcune misure detentive.
Renatino aveva attrezzato la casa dell´Eur, l´aveva riempita di specchi dietro ai quali aveva sistemato delle macchine da presa. Aveva già ingaggiato degli operatori di Cinecittà per riprendere le scene di sesso. Per rendere Sabrina ancora più sexy le aveva pagato le spese per rifarsi il seno troppo piccolo e le caviglie troppo grosse. Poi, la trappola a Martinazzoli fallì perché non accettò di incontrarla».


Perché la Minardi si è decisa a parlare?
«Penso che abbia fatto tutto questo per aiutare la figlia che è nei guai e rischia di scontare molti anni di carcere. Ma potrebbe anche cercare denaro accreditandosi come collaboratrice di giustizia».

Cosa ne pensano gli amici di Renatino?
«Non abbiamo paura dell´inchiesta. Ma ci da´ fastidio vedere infangato Renatino con la storia Orlandi. Renato avrà fatto tante cose che neppure io so, ma non questa. Era uno capace di ammazzarti ma non avrebbe mai organizzato rapimenti. Era contrario ai sequestri. Odiava la prigione e diceva "non diventerò mai un carceriere".
Lo sa bene anche l´avvocato Rocco Condoleo che, anni fa, mi ha difeso in un processo per droga dove fui assolto. Lui era il suo difensore "storico" poi quando Renatino finì in cella con Enrico Nicoletti decise di prendere come avvocato Wilfredo Vitalone perché gli avevano detto che il fratello, Claudio, stava per diventare ministro della Giustizia».


Cosa c´entra la chiesa di Sant´Apollinare con il caso Orlandi?
«Non ne ho idea. So solo che Renato aveva un rapporto particolare con questa chiesa. Si era sposato lì e andava spesso a parlare con i preti. Era religioso. Aveva espresso il desiderio di essere sepolto lì ed è stato accontentato. Renatino non era solo un boss. In quegli anni aveva aiutato tanta povera gente che aveva bisogno di lavorare. E lui aveva amicizie ovunque anche nel campo della moda. Renatino era anche convinto che un giorno avrebbe cambiato vita.

Per questo sua moglie non c´entrava nulla con il suo ambiente e aveva sempre tenuto i familiari fuori dai suoi affari. In casa era il più grande e non voleva che i suoi fratelli facessero la sua fine. Era capace anche di menarli se non gli davano retta. Ma solo perché li adorava. Ora vogliono aprire la sua tomba a Sant´Apollinare per cercare chissà cosa. Ma li dentro troveranno solo Renatino. Ne sono sicuro...».

04 Luglio 2008

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25/07/2008 13:56

Molto bello e interessante questo topic. Diciamo che è più completo di tutti i libri usciti fino ad adesso sul caso. Mi sembra che non sia stata presa in considerazione l'ipotesi del serial killer (dal libro "Dodici donne un solo assassino" di Lupacchini e Parisi). Cerco da tempo le puntate di Chi l'ha visto? che hanno trattato il fatto in questione. Vedremo come si evolverà la faccenda
08/09/2008 21:58



Mettete su RaiTre adesso: pare ci siano novità sul caso Orlandi, se ne parlerà tra qualche minuto [SM=x44515]
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01/12/2008 16:55

25 ANNI DOPO, LA VERITà, VI PREGO, SULLA SCOMPARSA DI EMANUELA ORLANDI
- ‘il Vaticano sapeva bene che non si trattava di rapimento BENSì DI MORTE’
- battaglia della guerra fredda nell’estate più calda della storia italiana





A un quarto di secolo di distanza, il mistero della scomparsa della bella ragazzina di quasi 16 anni Emanuela Orlandi continua a registrare periodiche riesplosioni a base di "rivelazioni", "certezze" e "supertestimoni" che rivelano immancabilmente il loro vero volto: depistaggi, falsi scoop e false speranze. Nel suo nuovo libro - "Emanuela Orlandi - La Verità", edito da Baldini Castoldi - Pino Nicotri ha condotto in modo serrato e implacabile l'analisi non più rinviabile dei fatti, passando al setaccio tutti gli elementi della vicenda e il torbido contesto in cui si è svolta, comprese le clamorose bugie del Vaticano, la compiacenza di inquirenti, il pressapochismo dei mass-media e le mene dei servizi segreti della Germania comunista.


Il vuoto assoluto di verità nel gioco di specchi tra Vaticano e "rapitori"

lascia spazio alle messinscene più varie, fino alle frottole e imprecisioni veicolate dai vari "Telefono Giallo", "Novecento" di Pippo Baudo, "Chi l'ha visto?", ecc.
Con buona pace dei fatti certi e documentati, oltre che del tanto conclamato desiderio di verità, sul caso Orlandi domina sempre di più la dura legge della caccia all'audience: The show must go on!

Tant'è che con tecniche da lancio pubblicitario di un prodotto da vendere, il 22 giugno 2008 - in occasione del 25esimo anniversario della scomparsa - sono dilagati contemporaneamente gli ormai famosi manifesti recanti il volto sorridente di Emanuela e il battage sulle "rivelazioni" dell'ultima "supertestimone" in ordine di tempo.

Vale a dire, di quella Sabrina Minardi che essendo stata a suo tempo l'amante di Enrico "Renatino" De Pedis, un boss della famosa banda della Magliana, si presta molto bene a un rilancio ancora più intrigante e denso di "misteri", cioè a un altro "Romanzo criminale" arricchito da una tomba da principe della Chiesa per un principe del crimine.

De Pedis dorme infatti il suo sonno eterno in una cripta della basilica romana contigua alla scuola di musica frequentata da Emanuela, dalla quale è stata vista uscire pochi minuti prima di sparire per sempre.

I risultati concreti di questo periodico riaccendere le luci della ribalta sono ben diversi dalle speranze di verità ufficialmente sbandierate.

Il primo infatti è un incremento delle vendite dei giornali e dell'audience televisiva.

Il secondo è continuare a poter parlare di rapimento, ieri per uno scambio con il "lupo grigio" Alì Agca, l'attentatore alla vita di papa Wojtyla, oggi per conto del cardinale "banchiere di Dio" Paul Marcinkus, all'epoca anche responsabile della sicurezza personale di Wojtyla.

Il terzo è continuare a ignorare sistematicamente le conclusioni della magistratura italiana, che di fatto ha escluso la tesi del rapimento e che la vicenda Orlandi abbia qualcosa a che vedere con l'altra scomparsa cui sempre viene affiancata, quella cioè della coetanea Mirella Gregori.

Il quarto è rinviare sine die una analisi razionale e spassionata dei fatti, onde scongiurare le inevitabili conclusioni: appare infatti chiaro che il vertice del Vaticano, compreso molto probabilmente Wojtyla, sapeva bene che non di rapimento si trattava, bensì di morte, avvenuta per motivi a tutt'oggi ufficialmente ignoti.



La verità è che se fino a mezzogiorno di domenica 3 luglio, vale a dire 11 giorni dopo la scomparsa, si poteva sperare che Emanuela Orlandi - se davvero rapita - venisse lasciata libera di tornare a casa, dopo il pubblico appello di Wojtyla ovviamente non lo si poteva sperare più. Le parole pronunciate dal papa quel giorno equivalevano di fatto a una condanna a morte, per giunta reiterata per ben altre sette volte con altrettanti appelli pubblici nelle settimane successive.

E' impossibile credere che nessuno in Vaticano, neppure il pontefice e la Segreteria di Stato, si rendesse conto delle conseguenze di quelle sortite, che costituiscono un caso unico, assolutamente eccezionale, nell'intera storia della Chiesa.

Concludere che Wojtyla e/o la Segreteria di Stato sapessero come in realtà stavano le cose è sconcertante, ma si tratta di una conclusione supportata in particolare, tra molti altri, da tre elementi, tutti documentati e interni al Vaticano.

Il primo è la assoluta mancanza di iniziative per aprire reali canali di comunicazione con i "sequestratori".
Il secondo è la scelta di "lasciare le cose come stanno".
Il terzo è il muro di bugie e omertà nei confronti della magistratura italiana.

Un atteggiamento speculare a quello dei "rapitori": il Vaticano tace e mente, i "rapitori" non forniranno mai la benché minima prova di avere l'ostaggio.

Il pubblico e reiterato outing di Wojtyla convinse infine i servizi segreti dell'Europa comunista a scendere in campo con manovre di vario tipo.
Berlino Est puntava a prendere due piccioni con una fava.
Il primo era l'Operation Papst, Operazione Papa, commissionata da Mosca per creare diversivi utili ad aiutare i "fratelli" bulgari, che la non disinteressata pubblicistica non solo italiana presentava con insistenza come mandanti dell'attentato al papa per conto del Kgb, i servizi segreti sovietici dell'epoca.

Il secondo consisteva nel mettere il più possibile in imbarazzo Wojtyla per indurlo a frenare la sua azione ostinata e decisa, condotta su molti fronti, a favore dei movimenti che in Polonia puntavano a staccare il Paese dall'Unione sovietica e a liberarlo anche dal comunismo.
Insomma, una vera e propria battaglia della guerra fredda, esplosa nell'estate più calda della storia italiana.

Ignorando volutamente anche le conclusioni della magistratura, oggi il caso viene rilanciato alla grande, con la banda della Magliana alla quale viene fatto prendere disinvoltamente e cinicamente il posto dei Lupi grigi. E domani, chissà, si tireranno in ballo i cinesi o gli iraniani. In attesa magari dei marziani...


Giuseppe "Pino" Nicotri è stato per 35 anni giornalista del settimanale L'Espresso.
Autore finora di undici libri inchiesta e un romanzo, è titolare del sito www.pinonicotri.it .




[01-12-2008]

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Non condivido le tue idee, ma darei la vita per vederti sperculeggiare quando le esporrai.
01/12/2008 19:23




- il Vaticano sapeva bene che non si trattava di rapimento BENSì DI MORTE’



era facilmente immaginabile che sapesse... ma non hanno mosso un dito e si sono guardati bene dal collaborare con le autorità italiane. bel comportamento davvero [SM=x44465]
02/12/2008 10:00

Re: Re: Re:
Etrusco, 1/24/2006 2:17 PM:




Emanuela Orlandi era figlia di un cittadino della Città del Vaticano e sembra anche che fosse un personaggio importante là dentro....
Penso comunque che sia stata scelta a caso tra tutti i minorenni che avessero cittadinanza vaticana.




oppure chissà cosa ha visto là dentro... [SM=x44466]
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Caso Orlandi, salgono a 5 i sospettati
"Mario": so i motivi di sepoltura De Pedis

ROMA (3 maggio) - Salgono a cinque le persone che a vario titolo avrebbero partecipato al sequestro di Emanuela Orlandi, la 15enne cittadina vaticana scomparsa in circostanze ancora misteriose il 22 giugno del 1983. Per il momento sono tre le persone indagate nell'ambito dell'inchiesta del procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e del sostituto Simona Maisto, ma gli inquirenti ritengono di aver individuato altre due persone che avrebbero preso appunto parte al rapimento. I tre indagati sono Sergio Virtù, 49 anni, Angelo Cassani, 49 anni, detto "Ciletto" e Gianfranco Cerboni, 47 anni, detto "Giggetto". Ai tre gli inquirenti sono arrivati grazie alla testimonianza di Sabrina Minardi, ex compagna del boss della banda della Magliana Renatino De Pedis. La donna è il supertestimone grazie al quale gli inquirenti sono riusciti ad identificare e iscrivere nel registro degli indagati, a quasi trent'anni dalla scomparsa della Orlandi, le tre persone. Virtù era l'autista di fiducia di De Pedis.

Ascoltato "Mario" il telefonista su sepoltura De Pedis. Perché Enrico De Pedis è sepolto nella basilica di Sant'Apollinare. Questo uno degli argomenti al centro dell'audizione di "Mario" il telefonista che chiamò a casa Orlandi qualche giorno dopo la scomparsa della 15enne cittadina vaticana. L'uomo, che non partecipò in prima persona al sequestro, ma che gli inquirenti ritengono essere a conoscenza di tutta la vicenda, avrebbe raccontato ai magistrati i motivi per i quali il corpo del boss della banda della Magliana sia stato tumulato nella basilica. Una lunga audizione per il sedicente "Mario", che ha dovuto rispondere alle domande del procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e del sostituto Simona Misto, che indagano sulla vicenda.

L'uomo sarebbe una persona con piccoli precedenti e sarebbe entrato nel caso Orlandi in quanto amico di amici di Enrico De Pedis, uno dei boss della banda della Magliana. Secondo chi indaga, infatti, il sequestro sarebbe stato organizzato e gestito da Renatino con suoi uomini di fiducia non appartenenti al gruppo che ha gestito la criminalità della capitale tra gli anni Settanta e Ottanta. Nei giorni scorsi gli inquirenti hanno sentito diverse persone che hanno avuto in qualche modo contatti con la banda. Tra queste anche Carlo De Tomasi (figlio di Giuseppe detto Sergione, anche lui legato a De Pedis) ritenuto amico intimo di Marco De Pedis, fratello minore di Renatino, e di Sabrina Minardi, la supertestimone dell'inchiesta nonché compagna per un periodo del boss della banda della Magliana. Anche a Carlo De Tomasi sono state rivolte domande sulla sepoltura di De Pedis. "Mario" chiamò a casa Orlandi il 28 giugno del 1980 e con un forte accento romano disse di avere 35 anni e di aver visto la 15enne, dopo la sua scomparsa, insieme ad un'altra ragazza, e ad un uomo, mentre vendevano cosmetici.


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13/01/2023 09:52

Re:
Etrusco, 23/01/2006 14:15:

QUI trovi una rapida sintesi . . .



Scritto da: Etrusco 23/09/2005 20.35
Sintesi delle pagine precedenti:

Muore Papa Giovanni XXIII
gli succede Montini = Paolo VI che fa il 1° errore: chiama a riorganizzare lo IOR (la banca del Vaticano) il finanziere siciliano Michele Sindona.
Seguono inciuci con gli USA, Nixon, Mafia Usa&sicula...
Come se non bastasse nel 1968 Paolo IV aggiunge un altro cavaliere dell'apocalisse a gestire lo IOR: Monsignor Marcinkus [SM=x44497]
Marcinkus diventa l'interfaccia ufficiale del consulente Sindona all'interno dello IOR:
i due si lanciano in una lunga serie di intrighi societari, speculazioni finanziarie ai limiti della legalità, per alcuni oltre i limiti della legalità.
Un terzo personaggio entra in gioco, Roberto Calvi. All'inizio il contatto è con Sindona: entrambi massoni, fanno parte della P2, la Loggia Propaganda 2 di Licio Gelli.
Roberto Calvi nel 1970 diventa direttore generale del Banco Ambrosiano, anche questa una banca dichiaratamente cattolica che gestisce i conti di varie diocesi.
Segue la bancarotta fraudolenta della Banca privata di Sindona, assassinio dell'Avv.Giorgio Ambrosoli che aveva scoperto i segreti di Sindona...
1978:
Morto Papa Paolo VI si elegge Papa Albino Luciani = Giovanni Paolo I che però resiste solo 33 gg.:
Il 28 agosto papa Luciani informa il cardinale Villot (un massone) che intende sostituire il gruppo dirigente dello IOR: Marcinkus deve andare via. Tra l'altro GPI aveva già manifestato l'intenzione di rinnovare profondamente la Chiesa Cattolica riportandola sui principi di povertà, aprire verso le donne e più sensibilità verso il controllo delle nascite nel 3° mondo...
L'indomani viene annunciata la morte del papa (avvelenato, anche se Bestionn sostiene il contrario).

Viene eletto Papa Vojtyla = GP2
Intanto Sindona era rovinato: il suo impero finanziario si era sfaldato e trascinava giù anche Calvi.
Una quantità inimmaginabile di soldi era andata perduta, non poteva più ritornare a chi gliel'aveva affidati. Il sistema di banche e finanziarie con il quale manovrava il trio Sindona-Calvi-Marcinkus era stato soprattutto una grande lavanderia per le "mafie".
Compare la Banda della Magliana ed il cassiere della Mafia Pippo Calò (commissiona l'omicidio del v.pres. del Banco Ambrosiano, Rosone e di Roberto Calvi: BlackFriars Bridge a Londra).
Anche Sindona muore avvelenato dalla famosa tazzina di caffè, in carcere.
Segue l'attentato di Alì Agca contro GP2.....
sequestro di Emanuela Orlandi (cittadina del Vaticano)
Alti prelati, Banco Ambrosiano, etc. sembrano coinvolti sia nell'attentato al papa, sia nel sequesto E.Orlandi....
L'intento era di tenere sotto pressione il papa con l'apparente scopo di ottenere la libertà di Agca solo fino al momento che il Vaticano decide di aderire volontariamente ad una transazione per 240 miliardi di lire di allora in favore dei creditori dello IOR (mafia e...)
Intanto nella cripta della chiesa di Sant'Apollinare (vicino a P.zza Navona, dove era stata rapita E.Orlandi) fu sepolto Enrico De Pedis detto Renatino: un killer ferocissimo, capo dei "testaccini" un ramo della Banda della Magliana (su cui la prox settimana uscirà un film di Michele Placido: da vedere!)


Al momento solo Marcinkus (mandato a fare il semplice parroco in USA) e Licio Gelli potrebbero svelarci qualche segreto... oppure...tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia....






[SM=x44460] per la sintesi, però penso che la spiegazione della sparizione improvvisa di Emanuela Orlandi potrebbe essere molto più semplice,
pochi giorni prima della sua sparizione era stata molestata nei giardini vaticani da un personaggio che aveva libero acceso a quei giardini...
cosa che fa pensare più ad una pista di pedofilia, qualcuno che voleva cancellare ogni traccia dei suoi vizietti... [SM=g1470351]

In ogni caso, dopo tutti questi anni, il Vaticano deve dare qualche novità e soprattutto restituire il cadavere alla famiglia.
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13/01/2023 16:01

Intendi perciò un personaggio tra le alte gerarchie?
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13/01/2023 22:39

Re:
Glimpy, 13/01/2023 16:01:

Intendi perciò un personaggio tra le alte gerarchie?




Se il Vaticano si è chiuso a riccio a questi livelli, il responsabile deve essere per forza un pezzo grosso, altrimenti lo avrebbero lasciato in pasto alla giustizia... [SM=x44499]

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14/01/2023 18:08

Re: Re:
Ujoe, 13/01/2023 22:39:




Se il Vaticano si è chiuso a riccio a questi livelli, il responsabile deve essere per forza un pezzo grosso, altrimenti lo avrebbero lasciato in pasto alla giustizia... [SM=x44499]




Una cosa è certa, con questa faccenda il Vaticano, ma anche la Chiesa di Roma, non ci fanno una bella figura...
e tutta questa ostinata omertà spinge sempre più gente ad allontanarsi dalla Chiesa...
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14/01/2023 18:19

Re:
Etrusco, 01/07/2008 01:32:

2 – COSSIGA: DE PEDIS SEPOLTO IN BASILICA? IL SEQUESTRO ORLANDI NON C’ENTRAVA NULLA
Bruno Volpe per Petrus
[SM=x44467]


www.papanews.it/dettaglio_interviste.asp?IdNews=8250#a

I ‘giallisti’ più incalliti mettono in relazione la sepoltura in una Chiesa di Roma di Renato De Pedis, il capo storico della ‘Banda della Magliana’, con la sparizione della Orlandi. Come se lo spiega?
“Le do’ una risposta precisa. Un alto Prelato di Curia, di cui per ovvii motivi non rivelerò il nome, mi confidò che Renatino De Pedis si era convertito al cattolicesimo in maniera sincera, aveva cambiato vita e donato un’ingente somma alla Chiesa da devolvere in opere di carità. In cambio, sapendo di dover morire a breve, chiese al Cardinale Poletti, che all’epoca era il Vicario del Papa per la Diocesi di Roma, di essere interrato nella Basilica di Santa Apollinare. Poletti avrebbe potuto rifiutarsi, ma con grande leggerezza acconsentì.
30 Giugno 2008




Chi fa il moralista non dovrebbe accettare denaro di dubbia provenienza, tantopiù se proviene da un noto boss della malavita che per anni si è macchiato di ignobili reati.
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Vincitrice Concorsi:
RischiaTutto 2014
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Regno Animali&Veg.2015
14/01/2023 18:36

Però qualcosa mi fa pensare che con la dipartita di Ratzinger, qualche passo in più si potrà fare in questo caso misterioso... [SM=x44458] [SM=x44499]
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