Vita quotidiana etrusca
Il vivere quotidiano & La società etrusca
Un pozzo-cisterna per la raccolta delle acque piovane
Agli albori della storia di questo popolo, nel periodo Protovillanoviano (età del Bronzo) e nel successivo Villanoviano iniziale (età del Ferro), non si notano segni di una distinzione in classi all'interno della società; essa invece appare evidente nel Villanoviano evoluto, nella seconda metà dell'VIII secolo a.C., quando i corredi funerari cominciano a mostrare netti segni di differenziazione: aumentano gli oggetti di corredo in quantità e qualità, appaiono vasi ed ornamenti d'importazione. Qualcosa è cambiato nella società etrusca e lo si vedrà amplificato alla fine dell'VIII secolo a.C. e nel successivo, quando appare lo splendore della società Orientalizzante, con all'apice le ricche aristocrazie dalle grandi tombe a tumulo e dai sontuosi corredi. Il ceto principesco basava il proprio potere e prestigio sul controllo dei commerci con l'Oriente e delle attività agricole e pastorali.
La tomba arcaica della Regina a Barbarano Romano: la decorazione rupestre
La nascita di un ceto "medio" avviene nel'età Arcaica, nel VI secolo a.C., quando artigiani e mercanti iniziano a prendere coscienza delle proprie capacità, operando per proprio conto e non più per i ricchi principi. Fanno parte della stratificazione sociale anche i lautni, gli schiavi, importati come merce da paesi lontani o catturati durante le numerose battaglie per il predominio sul commercio tirrenico: a volte si rinvengono i luoghi di sepoltura di questi esponenti della classe servile, cremati e posti in recipienti di terracotta, tumulati in piccole nicchie scavate nelle strutture sepolcrali dei padroni.
o La famiglia
La tomba della Regina a Barbarano Romano: destinata ad una famiglia importante
La struttura della famiglia etrusca non è dissimile da quella delle società greca e romana. Era cioè composta dalla coppia maritale, padre e madre, spesso conviventi con i figli ed i nipoti. Tale struttura è riflessa dalla dislocazione dei letti e delle eventuali camere della maggior parte delle tombe.
Conosciamo alcuni gradi di parentela in lingua etrusca grazie alle iscrizioni, come papa (nonno), ati nacna (nonna), clan (figlio), sec (figlia), tusurhtir (sposi), puia (sposa), thuva (fratello) e papacs (nipote).
o La donna
Merita di essere ricordata la condizione sociale della donna che, a differenza del mondo latino e greco, godeva di una maggiore considerazione e libertà: se per i latini la donna doveva essere lanifica et domiseda, cioè seduta in casa a filare la lana, e su cui, nelle età più antiche, il pater familias (il capofamiglia) aveva il diritto di morte qualora fosse stata sorpresa a bere del vino, per gli Etruschi ella poteva partecipare persino ai banchetti conviviali, sdraiata sulla stessa kline (letto) del suo uomo, o assistere ai giochi sportivi ed agli spettacoli.
Questo era scandaloso per i Romani che non esitarono a bollare questa eguaglianza come indice di licenziosità e scarsa moralità da parte delle donne etrusche: addirittura dire "etrusca" era sinonimo di "prostituta".
Ma
la condizione sociale della donna nella civiltà etrusca era veramente unica nel mediterraneo, e forse ciò derivava dalla diversa stirpe dei popoli, pre indoeuropei gli etruschi, indoeuropei latini e greci.
La donna poteva trasmettere il proprio cognome ai figli, soprattutto nelle classi più elevate della società. Nelle epigrafi talvolta il nome (oggi diremmo il cognome) della donna appare preceduto da un prenome (il nome personale), segno del desiderio di mostrarne l'individualità all'interno del gruppo familiare a differenza dei Romani che ne ricordavano solo il nome della gens, della stirpe.
Tra i nomi propri di donna più frequenti troviamo Ati, Culni, Fasti, Larthia, Ramtha, Tanaquilla, Veilia, Velia, Velka, i cui nomi appaiono incisi sul vasellame migliore di casa od accanto alle pitture funerarie.
o L'alimentazione
L'alimentazione del mondo mediterraneo antico era legata, ovviamente, dai prodotti che la natura offriva e le condizioni climatiche simili nel mondo greco, latino ed etrusco, hanno generato una dieta ed una cucina per molti versi assai simili tra loro.
Per l'età preistorica si hanno dati scientificamente molto interessanti per il villaggio del Gran Carro di Bolsena, scoperto sotto le acque del bacino lacustre e databile attorno al IX secolo a.C, nella fase di passaggio dunque tra l'età del Bronzo e l'età del Ferro.
Il setacciamento dei fanghi che ricoprivano le antiche strutture, eseguito nel 1974, portò alla luce una rilevante quantità di noccioli di frutta selvatica tra cui corniolo (Cornus mas), prugna selvatica (Prunus spinosa) e prugna damascena (Prunus insititia), nocciolo (Corylus avellana), ghiande (Quercus sp.) ed anche vite (Vitis vinifera) che presto, grazie alle conoscenze trasmesse dai navigatori provenienti dall'Egeo, sarebbe stata trasformata in vino e non consumata solo come frutta.
Tra i cereali sono presenti cariossidi di farro (Triticum dicoccum), tra i legumi resti di fave (Vicia faba). I cereali ed i legumi potevano essere consumati abbrustoliti o macinati per farne frittelle e minestre; la frutta poteva essere consumata fresca o fermentata in bevande a scarso tenore alcolico.
Tra i resti faunistici (scavi 1980) ricordiamo la presenza di numerose specie domestiche (68 % del totale dei resti ossei rinvenuti) e selvatiche (32 %). Sono stati trovati i resti di caprovini, suini, bovini, equini, cani; tra i selvatici cervo, cinghiale, capriolo ed orso bruno.
I dati disponibili dagli scavi condotti dall'Istituto Svedese di Roma a San Giovenale (Blera) abbracciano un arco cronologico molto ampio che va dall'età del Bronzo all'età romana: essi rivelano come attraverso i secoli il principale alimento siano stati i suini, gli ovini ed i bovini, talvolta integrati da esemplari cacciati come il cervo, il capriolo e la lepre.
Se cerchiamo analogie con il mondo romano di cui si possiedono numerose notizie in più rispetto all'etrusco, apprendiamo che si tendeva al consumo soprattutto di suini, mentre i caprovini erano destinati alla produzione di latte e lana, i bovini al lavoro nei campi. La carne era arrostita su lunghi spiedi (in greco obeloi) che, in epoche premonetali, cioè quando ancora non si usavano monete e si ricorreva allo scambio di prodotti e di metalli a peso, costituivano nel Mediterraneo un elemento di scambi assai frequente. Ma poteva essere anche bollita in grandi calderoni da cui veniva estratta con uncini. A San Giovenale sono stati rinvenuti fornelli e pentole di terracotta che testimoniano la vita quotidiana dell'abitato: molti dei materiali archeologici provenienti soprattutto dagli abitati arcaici della Tuscia (San Giovenale ed Acquarossa) sono esposti in un'interessantissima mostra permanente presso il Museo Archeologico Nazionale di Viterbo (Rocca Albornoz).
Lo scavo di un insediamento agricolo etrusco del IV - III secolo a.C. condotto dalla Soprintendenza Archeologica per l'Etruria Meridionale a Blera in località Le Pozze (scavi 1986-87), ha permesso il rinvenimento di 570 semi e noccioli di frutta, tra cui segnaliamo corniolo, nocciolo, ghiande di quercia, olivo (Olea europaea), vite, fico (Ficus carica), pero (Pyrus sp.) ed orzo (Hordeum sp.). Tra i resti di animali, presenti i suini, la capra, i bovini, le galline.
Indagini paleonutrizionali, cioè sulle modalità alimentari del passato, condotte sulla popolazione etrusca, hanno rivelato che dal VII secolo a.C. all'età romana l'economia alimentare sia rimasta a base agricola; un consumo maggiore di carne e latticini, rilevabile dall'aumento di zinco nelle ossa, si ha nell'età arcaica (VI secolo a.C.-inizio V secolo a.C.): con il passaggio all'età classica ed all'ellenistica si nota una graduale diminuizione del consumo di prodotti di origine animale, forse conseguenza di quella forte crisi economica che avrà il suo inizio nel V secolo a.C. e che si protrarrà con la conquista romana.
o La gastronomia
La necropoli di Blera
Le raffigurazioni pittoriche della tomba Golini I di Orvieto (l'antica Volsinii) databili alla seconda metà del IV secolo a.C., ci offrono una visione interessante delle attività di cucina di un'importante famiglia dell'aristocrazia: sulle pareti sono rappresentati i servi che fanno a pezzi la carne con una piccola ascia, altri che preparano i cibi sotto lo sguardo attento di una donna: preparano focacce, cuociono le cibarie nel forno, mesciono le bevande nelle brocche. Nelle altre pareti appaiono i loro padroni, seduti o sdraiati sulle klinai, i letti tricliniari del banchetto, in compagnia delle proprie donne dalle ricche vesti, illuminati da alti candelieri di bronzo lucente, serviti da schiavi nudi ed allietati da suonatori di lira e tibicines (flauti doppi).
Ma cosa si mangiava nell'antica Etruria? Oltre alla frutta e verdura di cui abbiamo fatto cenno, quali erano le pietanze, i cibi preparati ? Nei tempi più antichi erano frequenti le minestre di cereali e legumi, come le gustose zuppe di verdura: ne è un ricordo eccezionale l'acquacotta, uno dei piatti della tradizione culinaria viterbese. Le sfarinate di cereali erano utilizzate per fare frittelle e focacce. La carne era bollita ed arrostita: sono frequenti nei corredi delle tombe gli alari, gli spiedi e le pinze per maneggiare i tizzoni di brace. Condimento ideale per ogni cibo era l'olio d'oliva, di qualità eccellente, esportato in tutto il Mediterraneo come testimonia il rinvenimento di anfore etrusche: anche oggi la qualità dell'olio viterbese lo denota come prodotto tipico, così come il vino.
La mancanza di una letteratura specifica non ci aiuta nella conoscenza di ricette e preparazioni tipiche, lontane dalla raffinata, cosmopolita e forse confusionaria cucina d'età romana: ma non è difficile immaginare che i piatti più tipici della tradizione gastronomica toscana e viterbese, così legati alla sana e semplice cultura contadina, siano il perpetuarsi della cucina etrusca.
o La medicina
La perizia degli Etruschi nell'Arte Medica era celebre e gli antichi scrittori Greci e Romani ne parlano soprattutto riguardo alla conoscenza delle proprietà officinali delle piante.
Per conoscere il grado di preparazione raggiunto dai "medici" etruschi ci viene in aiuto l'Archeologia:
il rinvenimento di numerosi ex voto in terracotta o bronzo raffiguranti anche organi interni del corpo umano denota chiaramente l'
estrema conoscenza anatomica di questo popolo;
così come la presenza di numerosi
ferri da chirurgo e da dentista nel corredo di alcune tombe.
Nel Museo Archeologico Nazionale di Tarquinia è conservato un cranio umano che reca
una protesi dentaria in oro, prova dell'abilità dei dentisti.
Grande importanza avevano poi le acque termominerali, di cui la Tuscia è ancora oggi ricchissima: gli Etruschi conoscevano bene le proprietà medicamentose di ogni sorgente, sacra e dedicata a divinità diverse, così come i Romani i quali, con la conquista di queste terre, eressero spesso grandi impianti termali alimentati dalle preziose acque di queste sorgenti.
Fonte: Tuscia viterbese
[Modificato da Etrusco 08/05/2007 21.20]
Non condivido le tue idee, ma darei la vita per vederti sperculeggiare quando le esporrai.