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25/10/2006 14:47 | |
Albino Luciani il pontefice rivoluzionario
Di Paolo Luigi Rodari (del 20/12/2005 @ 09:39:00, in Il Tempo, linkato 420 volte )
...sugli schermi della Rai una fiction interamente dedicata ad una delle figure più interessanti e misteriose del ventesimo secolo:
Papa Giovanni Paolo I, al secolo, Albino Luciani.
Ne parliamo con chi è stato incaricato di scriverne la sceneggiatura e di verificarne la correttezza dei contenuti, il giornalista vaticanista e scrittore Giuseppe De Carli, voce nota della televisione pubblica sopratutto per i suoi servizi inerenti il Vaticano e le sue “telecronache” degli appuntamenti più importanti in cui è il Papa il protagonista.
Ne parliamo con lui per svelare, in anteprima, alcuni retroscena del pontificato del predecessore di Papa Wojtyla.
Dopo i successi della fiction prodotta da Rai-Lux Vide su Giovani Paolo II e mandata in onda su Raiuno domenica 27 e lunedì 28 novembre,
ecco un nuovo progetto targato Rai, atteso soprattutto perché non è facile parlare di un Papa che “è durato” soltanto 33 giorni.
Come mai una fiction su Papa Luciani?
«È un’idea che mi è venuta circa tre anni fa.
Per caso avevo fatto una ricerca via internet sui siti più dedicati ai papi del XX secolo ed è stata grande la meraviglia quando ho scoperto che erano centinaia, specie in America, quelli ad Albino Luciani.
Forse, mi son detto, per la presenza di cospicue comunità del Triveneto all’estero.
In realtà , l’interesse era sincero.
Un pontificato di soli 33 giorni, dal 26 agosto del 1978 al 28 settembre dello stesso anno.
Aveva fatto solo in tempo ad inaugurare solennemente il suo ministero petrino con una messa in Piazza San Pietro,
a prendere possesso della sua cattedrale, San Giovanni in Laterano,
a fare quattro udienze e Angelus che si contavano sulle dita di una mano sola.
Non una nomina, un documento, non ebbe neppure il tempo di avere le buste intestate o di scegliersi lo stemma pontificio.
Eppure, perchè tanta devozione, perchè milioni di persone, di una certa età lo ricordano ancora?
Una figura apparentemente umile e dimessa fra due giganti:
Paolo VI
e Giovanni Paolo II,
come se avesse il compito di essere una sorta di “bretella” che immetteva su una autostrada sulla quale avrebbe corso Papa Wojtyla.
Ricordo che ne avevo parlato, su un aereo da Milano a Roma, al direttore di RAI-UNO, Fabrizio Del Noce e, man mano che raccoglievo testimonianze e materiale, al direttore di RAI-Fiction, Agostino Saccà.
Nel frattempo veniva aperta a Canale d’Agordo la causa di beatificazione, alla presenza del cardinale Saraiva Martins e persino,
lo stesso Cardinale Ratzinger, oggi Papa Benedetto XVI, si era detto convinto della santità di questo figlio delle vallate bellunesi.
Qualche settimana fa la proposta di una mini-serie dedicata proprio a Luciani è stata accolta ed andrà in produzione il prossimo anno».
Trasformare in fiction la vita di un Papa è sempre un rischio.
Si rischia di cadere nell’edulcorato o nel devozionale.
Tanto più per una figura come quella di Luciani che non ha, praticamente, alcun episodio di rilievo da affrontare.
«Sono consapevole del rischio, per questo la sfida è, dal punto di vista della trasposizione televisiva, ancora più alta.
Del resto, siamo in buone mani.
Il regista sarà Giorgio Capitani, mentre la sceneggiatura è di Massimo Cerofolini e Francesco Scardamaglia.
Si ricostituisce così il gruppo creativo che ha portato al successo la vicenda del “Papa buono” di Giovanni XXIII.
Lo scenografo sarà Luciano Ricceri e la costumista Enrica Biscassi.
La mini- serie sarà prodotta dalla “Compagnia Leone Cinematografica” fondata nel 1970 da Elio Scardamaglia e Federico Fellini e che ha al suo attivo una consolidata esperienza nel filone della fiction televisiva.
Anche le location saranno il più possibile quelle vere:
parlo di Canale d’Agordo, in provincia di Belluno; Vittorio Veneto, dove Luciani esercitò il suo ministero episcopale, Venezia come patriarca.
Coimbra per l’incontro avvolto nel mistero che ebbe con Suor Lucia, la veggente di Fatima e , naturalmente, Roma.
C’e ancora da decidere sul cast e, soprattutto, sull’attore protagonista.
Io ho qualche idea in mente. Potrebbe essere o un famoso attore americano, oppure un italiano.
Non è un pontificato di gesti e di fatti, è vero. Ma è la parabola di una vicenda umana che si è bruciata in una manciata di giorni a contatto con la responsabilità del potere.
L’uomo che accetta di diventare Papa e il peso del pontificato.
Quella schiacciante responsabilità cha fa dire ad Alessandro Manzoni, a proposito del pontificato che non vi è “un posto così desiderabile all’ambizione e così terribile alla pietà”.
La salute di Papa Luciani era poi cagionevole, da sempre.
“Cosa avete fatto!”, esclamerà davanti ai cardinali il giorno dopo essere stato eletto. Dalla sua elezione inizierà la sua Via Crucis.
È una storia intima, dolorosa, attraversata continuamente dal pensiero della morte immininente, dalla consapevolezza di durare poco.
A cena, poche ore prima della morte, Papa Luciani chiederà ai suoi segretari di recitare con lui la “preghiera della buona morte”, poi la telefonata col cardinale Colombo di Milano e la gioia quasi fanciullesca di aver trovato un candidato patriarca a Venezia.
I dolori al petto, sottovalutati, le medicine di suor Vincenza. E altro ancora».
E pensare che nell'immaginario collettivo è rimasto il sospetto che , in tale vicenda, ci sia un intrigo, si è parlato addirittura di veleno.
«È stato il giornalista (detective) David Yallop a sostenere il teorema del complotto, dell’avvelenamento.
Deus ex machina sarebbe stato Paul Marcinkus il quale, fra le sue colpe avrebbe anche quella di essere nato a Cicero, il disgraziato comune che ha dato i natali ad Al Capone.
Niente di tutto questo. Il veleno è solo nella penna di chi ha divulgato, sulla base di notizie false e di congetture fantasiose, una tesi del genere.
Da parte mia ho potuto verificare, mettendo a confronto le testimonianze, specialmente quella dei due segretari: don Diego Lorenzi e monsignor John Magee, ora vescovo in Irlanda, con assoluta certezza che Papa Luciani è morto di ischemia cardiaca.
La confusione è venuta dopo.
Il comunicato fatto in ritardo,
la mancata autopsia,
la tazzina del caffé rimasta alle 4.30 del mattino sul ripiano accanto alla camera da letto del pontefice.
Piccole esitazioni,
reticenze comprensibili frutto di una situazione imprevista, come la morte di un papa fresco di nomina.
Certo è che, se avesse potuto realizzare il suo programma di pontificato, Luciani avrebbe stupito il mondo, cominciando dagli ambienti della Curia vaticana che in quei giorni si erano - come dire- chiusi a bozzolo attorno a lui...»
Come si fa a conoscere questo programma se non ha scritto una riga in proposito?
«Posso dire che, in parte, l’abbiamo ricostruito attraverso alcune confidenze che lo stesso Papa Luciani fece al suo segretario di Stato, Villot, durante una passeggiata nei giardini vaticani.
Quella passeggiata stupì talmente il porporato francese che la raccontò al cardinale Sin, arcivescovo di Manila, deceduto qualche mese fa e ad altri porporati.
È bastato raggiungere i superstiti e farsi dire quello che ricordavano.
Ne è venuta fuori una immagine di un Papa deciso, tutt’altro che sprovveduto o intimidito, specie sulle questioni economiche.
Quella meteora che ha solcato il cielo della cristianità aveva le idee chiare su come la Chiesa dovesse tornare al Vangelo vissuto alla lettera senza i paludenti del mondo e il corteo delle sue tentazioni.
“La Grande Storia” di Bizzarri su RAI-TRE ce ne ha dato recentemente un saggio.
La fiction illuminerà questo aspetto sconosciuto della pesronalità di Albino Luciani.
Un grande catechista che amava parlare per parabole, preferiva il nascondimento ed ogni volta che faceva un gradino verso l’alto affermava in cuor suo “Sì, mi dispiace, ma accetto”.
Un asceta della semplicità e della concretezza».
Il papa del sorriso, come è stato definito.
«Da noi giornalisti, portati a sminuzzare e semplificare ogni cosa, a procedere per slogan.
La vicenda di Lucani - da come l’ho ricostruita - di contro mi ha profondamente turbato e commosso e credo che commuoverà i telespettatori che la vedranno sul piccolo schermo».
Il Vaticano, la Santa Sede sono a conoscenza di questo progetto?
«Io ho tenuto al corrente i principali collaboratori del Papa ed ho ricevuto l’incoraggiamento ad andare avanti.
Ho persino incontrato nel dicembre 2004 il segretario particolare di Giovanni Paolo II, monsignor Stanislao Dziwisz perché informasse direttamente Papa Wojtyla».
Si completa così il ciclo dei Papi del Novecento.
«Sì, è un grande affresco della storia della Chiesa del XX secolo, almeno della sua seconda parte, che si va completando.
Rimangono due figure con cui bisogna avere il coraggio e l’ardimento di misurarsi:
quella di Papa Pacelli, quel Pio XII che suscita ancora oggi polemiche furiose, mentre la storiografia, quella seria, è giunta a conclusioni che attestano della grandezza di questo pontefice.
L’altra figura è quella di Paolo VI, un papa troppo affrettatamente dimenticato.
Rimane in un cono d’ombra mentre è un Papa di uno spessore umano, spirituale e culturale che ha ben pochi confronti».
© Il Tempo 20 dicembre 2005[Modificato da Etrusco 25/10/2006 14.48]
Non condivido le tue idee, ma darei la vita per vederti sperculeggiare quando le esporrai. |