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La pungente ironia di Marco Travaglio

Ultimo Aggiornamento: 15/05/2008 19:48
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QUI si possono leggere tutti gli altri threads
che negli anni abbiamo aperto su Marco Travaglio . . .
[Modificato da Etrusco 08/04/2008 19:59]

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Al cittadino non far sapere come gl’infilano l’ombrello nel sedere…” [04-05-2007]
TRAVAGLIO COL BAVAGLIO


– MARCOLINO SI SFOGA SUL BLOG DI GRILLO:
“CON LA LEGGE MASTELLA MAGGIORANZA E OPPOSIZIONE CHIUDONO LA BOCCA ALLA STAMPA”

– BEPPE: IL SUO PROSSIMO LIBRO SARÀ “LE MIE PRIGIONI 2”. DOPO SILVIO PELLICO C'È LUI…




Dal blog di Beppe Grillo (www.beppegrillo.it)



Marco Travaglio denuncia l'ennesima legge porcata per parare le chiappe ai nostri dipendenti.
Io non ce la faccio più. Appena ti volti c'è un nuovo ombrello. Marco scriverà ancora per poco da uomo libero.

Il suo prossimo libro sarà: "Le mie prigioni 2". Dopo Silvio Pellico c'è lui.



(Marco Travaglio - Foto U.Pizzi)


“Caro Beppe, cari amici del blog, vi rubo qualche minuto di attenzione per una faccenda piuttosto preoccupante che riguarda il mio lavoro di giornalista, ma anche il vostro di cittadini.
Dieci giorni fa maggioranza e opposizione unite hanno deciso di mettere il bavaglio alla stampa su tutti gli atti d’indagine:
verbali d’interrogatorio, intercettazioni, avvisi di garanzia, mandati di cattura, decreti di perquisizione e di sequestro,
insomma tutto ciò che fino a oggi ci ha fatto capire le malefatte del potere politico, imprenditoriale, finanziario, sportivo eccetera.


La legge l’hanno intestata al solito Mastella,
come Berlusconi intestava le sue prime aziende alle casalinghe e ai cugini di Buscetta,
e i suoi giornali al fratello e alla moglie.
Ma l’ha voluta e votata tutta la Casta degli Intoccabili:
alla Camera ha raccolto 447 voti favorevoli, nessuno contrario, e sette astensioni
(Giulietti, De Zulueta, Caldarola, Carra, Poletti, Zaccaria e un altro che non ricordo).

Ancora sotto choc per le telefonate che fotografavano i maneggi di Fazio e dei vertici di Forza Italia,
della Lega e dei Ds con i furbetti del quartierino, e che produssero le dimissioni dello sgovernatore e il fallimento delle scalate bancarie.
Ancora atterriti dalle intercettazioni che costrinsero alla fuga i vari Moggi, Giraudo, Carraro, De Santis.
Ancora sgomenti per le carte che hanno smascherato gli scandali del Sismi deviato e dello spionaggio Telecom.


(Il ministro della Giustizia, Clemente Mastella - Foto U.Pizzi)


Ecco, con questi sentimenti nel cuore e soprattutto nella poltrona, i nostri dipendenti hanno pensato bene di imbavagliare la stampa segretando tutto.
Se la legge Mastella fosse stata in vigore qualche anno fa, non sapremmo ancora nulla di Bancopoli, Calciopoli, Vallettopoli, Ricattopoli, Tronchettopoli, Spiopoli (e scusate per queste orrende parole, ma ci siamo capiti).
I protagonisti di tutti questi scandali sarebbero ancora ai loro posti, perché i processi non sono ancora iniziati.
Infatti la legge impone il top secret a tutti gli atti fino all’inizio del processo (quelli del fascicolo del pubblico ministero, addirittura fino alla sentenza d’appello).
Così, se anche il Senato approverà questa porcata, l’opinione pubblica non saprà più nulla degli scandali per anni e anni, visti i tempi biblici della nostra giustizia. E non potremo nemmeno esercitare il controllo sull’attività della magistratura, che pure amministra la giustizia “in nome del popolo italiano”.

Non facciamoci fregare dalle parole: questa non è una legge “in difesa della privacy” (che esiste da una quindicina d’anni), nè contro “la gogna delle intercettazioni”: qui non sono in ballo solo le intercettazioni, che pure sono importanti, ma – lo ripeto – tutti gli atti di indagine.

Qualcuno dirà: ma anche oggi sono segreti. Non è vero. E’ dal 1989 che il segreto istruttorio non esiste più. E’ stato sostituito, nel nuovo codice di procedura penale, da un blando segreto investigativo che copre solo gli atti “non conoscibili dall’indagato”.
Se l’indagato li conosce, non sono più segreti. E se ne può parlare. L’unico limite è quello – peraltro assurdo – che vieta di riportare il testo integrale di un interrogatorio o di un’intercettazione, ma consente di pubblicarne il contenuto, cioè un riassunto il più possibile fedele. Comunque, chi infrange quel divieto (e nei casi importanti è doveroso infrangerlo), rischia una multa ridicola: da 51 a 258 euro (e se uno “oblaziona”, pagando la metà, cioè 130 euro, non viene neppure processato).


Ora invece la legge Mastella porta la pena a un minimo di 10 mila e a un massimo di 100 mila euro. Così l’oblazione passa da 120 euro a 50 mila.
Cifre che nessun giornalista può permettersi di pagare e che nessun editore – salvo che sia Berlusconi alle prese con le telefonate di Fassino – sarà disposto a sborsare.
Al contempo, la legge allarga a dismisura la categoria degli atti non più pubblicabili. E’ vietata la pubblicazione, “anche parziale o per riassunto, degli atti di indagine contenuti nel fascicolo del pubblico ministero o delle investigazioni difensive, anche se non più coperti da segreto, fino alla fine delle indagini o dell’udienza preliminare”.

La notizia non é segreta, ma è vietato pubblicarla:
i giornalisti la conoscono, ma non possono più raccontarla. Se qualcuno vuol proprio sapere qualcosa, magari viene in redazione e gli facciamo leggere le carte, di straforo. Ancora: è vietata la pubblicazione, anche nel contenuto, di intercettazioni e tabulati telefonici “anche se non più coperti da segreto”. Stesso discorso: non sono segreti, il giornalista li conosce, gli avvocati pure, i politici di solito anche, ma la gente non li deve sapere. Così, intanto, brulicano i ricatti. Se poi vengo in possesso di un dossier o di un’intercettazione illegalmente raccolti (per esempio, dal Sismi o dalla banda Tavaroli), e magari questi contengono notizie gravissime (per esempio, che si sta preparando un colpo di Stato), e li pubblico, rischio da 6 mesi a 4 anni di galera. Quindi non li pubblico, oppure finisco dentro.

Che fare? Intanto è importante sapere cosa stanno preparando e avvertire gli amici.
E poi bisogna tenersi pronti per qualche iniziativa concreta: che so, una raccolta di firma, un referendum abrogativo.
Io, per parte mia, se la porcata dovesse passare, farò obiezione di coscienza e pubblicherò ugualmente notizie vietate
, per farmi processare e chiedere al giudice di sollevare un’eccezione dinanzi alla Corte costituzionale per far dichiarare illegittima la norma.

Ripeto: non è una legge contro i giornalisti, che le notizie continueranno a conoscerle (e in molti casi sono ben felici di farsi imbavagliare, così danno la colpa a Mastella e non passano per servi).
E’ una legge contro i cittadini. Parafrasando Altan, potremmo tradurla così: al cittadino non far sapere come gl’infilano l’ombrello nel sedere."
Marco Travaglio


Dagospia 04 Maggio 2007

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11/05/2007 12:08

Lettera di Travaglio a Ruini
Eminenza reverendissima cardinale Camillo Ruini,

mi rivolgo a lei anche se la so da poco in pensione, anziché al suo successore card. Bagnasco,
perché lei è un po’ l’Andreotti del Vaticano:
ha accompagnato la vita politica e religiosa del nostro paese per molti decenni.
Come lei ben sa, non c’è paese d’Europa che abbia avuto tanti capi del governo cattolici come l’Italia.
Su 60 governi in 60 anni, 51 avevano come premier un cattolico e solo 9 un laico:
2 volte Spadolini, 2 Craxi, 2 Amato, 2 D’Alema, 1 Ciampi, che peraltro si dichiara cattolico. In 60 anni l’Italia è stata governata per 52 anni da un cattolico e per 8 da un laico.
Se la DC e i suoi numerosi eredi avessero fatto per la famiglia tutto ciò che avevano promesso, oggi le famiglie italiane dormirebbero tra due guanciali.
Sa invece qual è il risultato?
Che l’Italia investe nella spesa sociale il 26,4% del Pil, 5 punti in meno che nel resto d’Europa a 15, quella infestata di massoni, mangiapreti, satanisti e -per dirla con Tremaglia- culattoni.
Se poi andiamo a vedere quanti fondi vanno alle famiglie e all’infanzia nei paesi che non hanno avuto la fortuna di avere in casa Dc e Vaticano, scopriamo altri dati interessanti. L’Italia è penultima in Europa col 3,8% della spesa sociale alle famiglie, contro il 7,7% dell’Europa, il 10,2% della Germania, il 14,3% dell’Irlanda. Noi diamo alla famiglia l’1,1% del Pil: meno della metà della media europea (2,4).
Sarà un caso, ma noi siamo in coda in Europa per tasso di natalità:
la Francia ha il record con 2 figli per donna, la media europea è 1,5, quella italiana 1,3.

E il resto d’Europa ha i Pacs, noi no:
pare che riconoscere i diritti alle coppie di fatto non impedisca le politiche per la famiglia, anzi.
Lei che ne dice?

Lei sa, poi, che per sposarsi e fare figli, una coppia ha bisogno di un lavoro stabile.
Sa quanto spendiamo per aiutare i disoccupati? Il 2% della spesa sociale, ultimi in Europa. La media Ue è il 6%. La Spagna del terribile Zapatero spende il 12,5.
I disoccupati che ricevono un sussidio in Italia sono il 17%, contro il 71 della Francia, l’80 della Germania, l’84 dell’Austria, il 92 del Belgio, il 93 dell’Irlanda, il 95 dell’Olanda, il 100% del Regno Unito.
E per i giovani è ancora peggio: sotto 25 anni, da noi, riceve il sussidio solo lo 0,65%; in Francia il 43, in Belgio il 51, in Danimarca il 53, nel Regno Unito il 57.
Poi c’è la casa.
Anche lì siamo penultimi: solo lo 0,06% della spesa sociale va in politiche abitative (la media Ue è il 2%, il Regno Unito è al 5,5).
Se in Italia i figli stanno meglio che nel resto del mondo, anche perché sono pochissimi, per i servizi alle madri siamo solo al 19° posto.

Forse, Eminenza, visto il rendimento dei politici cattolici o sedicenti tali, avete sempre puntato sui cavalli sbagliati.
O forse, se aveste dedicato un decimo delle energie spese per combattere i Dico e i gay
a raccomandare qualche misura concreta per la famiglia, non saremmo i fanalini di coda dell’Europa: perché i nostri politici le promesse fatte agli elettori non le mantengono, ma quelle a voi le mantengono eccome. Sono proprio sacre.
Ora speriamo che il Family Day faccia il miracolo.


A questo proposito, vorrei mettere una buona parola per evitare inutili imbarazzi.
Come lei sa, hanno aderito all’iniziativa moltissimi politici così affezionati alla famiglia da averne due o tre a testa.
Come Berlusconi, che ha avuto due mogli, senza contare le giovani e avvenenti attiviste di Forza Italia con cui prepara il Family Day nel parco di villa Certosa.
Le cito qualche altro esempio da un bell’articolo di Barbara Romano su Libero.
Vediamo la Lega, che fa fuoco e fiamme per la sacra famiglia. Bossi 2 mogli.
Calderoli 2 mogli (la seconda sposata con rito celtico) e una compagna.
Castelli, una moglie in chiesa e l’altra davanti al druido.

Poi c’è l’Udc, l’Unione democratico cristiana, dunque piena di separati e divorziati.
Divorziato Casini, che ha avuto due figlie dalla prima moglie e ora vive con Azzurra.
Divorziati l’ex segretario Follini e il vicecapogruppo Giuseppe Drago, mentre la vicesegretaria Erminia Mazzoni sta con un divorziato.
D’Onofrio ha avuto l’annullamento dalla Sacra Rota.
Anche An è ferocissima contro i Dico.
Fini ha sposato una divorziata. L’on. Enzo Raisi ha detto:“Io vivo un pacs”. Altro “pacs” inconfessato è quello tra Alessio Butti e la sua compagna Giovanna.
Poi i due capigruppo: alla Camera, Ignazio La Russa, avvocato divorzista e divorziato, convive;
al Senato, Altero Matteoli, è divorziato e risposato con l’ex assistente.
Adolfo Urso è separato.
L’unico big in regola è Alemanno: si era separato dalla moglie Isabella Rauti, ma poi son tornati insieme.
Divorziati gli ex ministri Baldassarri (risposato) e Martinat (convivente).
La Santanchè ha avuto le prime nozze annullate dalla Sacra Rota, poi ha convissuto a lungo.
E Forza Italia? A parte il focoso Cavaliere, sono divorziati il capogruppo alla Camera Elio Vito e il vicecapogruppo Antonio Leone.
L’altro vice, Paolo Romani, è già al secondo matrimonio: «e non è finita qui», minaccia.
Gaetano Pecorella ha alle spalle una moglie e “diverse convivenze”.
Divorziati anche Previti, Adornato, Vegas, Boniver. Libero cita tra gli irregolari persino Elisabetta Gardini, grande amica di Luxuria, che ha un figlio e (dice Libero) convive con un regista.
Frattini, separato e convivente, è in pieno Pacs.
Risposàti pure Malan, D’Alì e Gabriella Carlucci, mentre la Prestigiacomo ha sposato un divorziato.
E al Family day ci sarà pure la Moratti col marito Gianmarco, pure lui divorziato.

Ecco, Eminenza, personalmente sono convinto che ciascuno a casa sua sia libero di fare ciò che vuole.
Ma è difficile accettare l’idea che questi signori, solo perché siedono in Parlamento, abbiano dal ‘93 l’assistenza sanitaria per i conviventi more uxorio e vogliano negarla a chi sta fuori.
E che lei Eminenza non abbia mai tuonato contro i Pacs parlamentari.
Ora però non
vorrei che qualche Onorevole Pacs disertasse il Family Day per paura di beccarsi una scomunica.
Perciò mi appello a lei: se volesse concedere una speciale dispensa almeno per sabato, ne toglierebbe d’ imbarazzo parecchi.
Potrebbe pure autorizzarli a sfilare ciascuno con tutte le sue famiglie, magari entro e non oltre il numero di 3.
Per far numero.
Ne guadagnerebbe la partecipazione. Si potrebbe ribattezzare l’iniziativa Multifamily Day.

Marco Travaglio

[SM=x44459]

[Modificato da Etrusco 11/05/2007 14.48]

11/05/2007 19:18

[SM=x44460]
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OLIO, TRAVAGLIO E PEPERONCINO - SARÀ ANCHE UNA MOSSA ABILE, QUELLA DI UÒLTER VELTRONI DI NON CITARLO PIU. MA PRIMA DI DARE BERLUSCONI PER MORTO, BISOGNEREBBE CONSULTARE UN MEDICO LEGALE. A VEDERLO COSÌ, SCOPPIA DI SALUTE&


Marco Travaglio per lUnità


Sarà anche una mossa abile, quella di Uòlter Veltroni di non citare mai, nelle quasi due ore del suo discorso al Lingotto di Torino, il nome di Silvio Berlusconi.
Parlare e agire come se il Cavaliere non esistesse più potrebbe anche aiutare chi, nel centrodestra, lavora per scaricarlo.
Ma cè un piccolo problema:
Berlusconi cè ancora. Ha ancora tre televisioni di sua proprietà, anzi ne ha aggiunta una, la leggendaria Tv delle Libertà a cura della signorina Brambilla, che pubblica anche il neonato Giornale delle Libertà allegato a Il Giornale.





Possiede la Mondadori, anche se una sentenza dappello ha stabilito che la rubò a De Benedetti grazie a una sentenza comprata da Previti con soldi Fininvest. Ha tuttora la maggioranza nel Cda Rai, dove il diktat bulgaro e post-bulgaro continua a valere per Luttazzi e la Guzzanti. Ha in tasca 2 miliardi di euro che, come lui stesso ha confessato in una straziante intervista ad A, non so come spendere. Ha appena rilevato Endemol, che occupa gran parte dei palinsesti di Mediaset e della Rai (che dora in poi pagherà lui per mandare in onda i programmi della ditta).

Fininvest ha appena aumentato la sua partecipazione in Mediobanca.
Rete4, in barba a due sentenze della Consulta,
continua a trasmettere sullanalogico terrestre, occupando frequenze che dal 1999 non potrebbe più usare
, avendo perduto la gara per le concessioni pubbliche vinta da Europa 7 da Francesco Di Stefano, il quale ora spera di avere quel che gli spetta dalla Corte di giustizia europea, dove il governo Prodi, come il governo Berlusconi, ha difeso la legge Gasparri, cioè Rete4.

Il risultato è che in tv, salvo rare oasi, si continua a parlare soltanto di quel che vuole Lui.
Il quale intanto ha quasi risolto i suoi guai giudiziari: i pochi processi ancora in corso (corruzione di Mills e diritti Mediaset) cadranno in prescrizione grazie alla legge ex Cirielli e alla controriforma del falso in bilancio che lUnione non ha ancora avuto il coraggio di smantellare. Uno dei suoi lobbisti di più stretta osservanza e di più antica data, Gianni Letta, è appena entrato in Goldman Sachs come superconsulente e viene incredibilmente elogiato da esponenti del Pd a cominciare da Veltroni (che lo vorrebbe addirittura in un suo eventuale futuro governo).




Grazie alla tremebonda maggioranza unionista alla Camera, Berlusconi è riuscito finora a conservare il seggio parlamentare al suo braccio destro Cesare Previti, che pure da 14 mesi è pregiudicato e interdetto in perpetuo.
Il suo braccio sinistro Marcello DellUtri colleziona condanne su condanne (oltre a quella per mafia in primo grado e quella per false fatture definitiva, ne ha appena avuta una in appello per estorsione insieme a un boss mafioso), ma nessuno ne parla e anzi il noto bibliofilo che prese per buoni i falsi diari del Duce continua a essere considerato un valido e colto interlocutore a destra e a sinistra, intervistatissimo da giornali e tv su tutto lo scibile umano, fuorchè sulle sue pendenze giudiziarie e i suoi rapporti conclamati con la mafia. In compenso, grazie anche al dilettantismo dellUnione e alle pessime frequentazioni di alcuni suoi dirigenti, la propaganda berlusconiana è riuscita addirittura a rinfacciare la questione morale al centrosinistra, dipingendo la maggioranza come un covo di affaristi e Vincenzo Visco come una sorta di Al Capone redivivo che ¬ chiedono a una sola voce il Giornale, Libero e la Cdl ¬ dovrebbe dimettersi.

Ecco: Berlusconi, DellUtri e Previti in Parlamento (per tacere degli altri 23 pregiudicati, quasi tutti forzisti), e Visco a casa.
La vicenda della Guardia di Finanza è stata gestita come peggio non si poteva: bastava spiegare un anno fa perché alcuni ufficiali milanesi e il loro protettore Speciale andavano rimossi, e nessuno avrebbe potuto obiettare alcunchè, visto che Tremonti a suo tempo aveva fatto altrettanto e visto che la legge assegna al ministro delle Finanze lultima parola su ogni nomina alle Fiamme Gialle.




(Previti e Dell'Utri - Foto U.Pizzi)


Ma di qui a chiedere le dimissioni del ministro per qualche telefonata di fuoco a un generale, ce ne corre (semmai cè da domandarsi perché, quando al governo cera lui, il centrosinistra non chiese mai le dimissioni del premier imputato, anzi tutti lo invitavano a restare e zittivano i girotondi che invocavano un po di pulizia).
Forse, prima di dare Berlusconi per morto, bisognerebbe consultare un medico legale.
A vederlo così, scoppia di salute.



Dagospia 02 Luglio 2007
213.215.144.81/public_html/articolo_index_32871.html

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06/07/2007 20:15




AI FUNERALI DEL GRANDE GIORNALISTA,
LETTERA DI BARBARA PALOMBELLI A DAGOSPIA
IL DOLORE DI CARLO DE BENEDETTI, MONTEZEMOLO, VELTRONI, FASSINO E RUTELLI
TRA MUGHINI CHE PIANGE E TRAVAGLIO CHE FA LA COMUNIONE, ANSELMI, EZIO MAURO




LETTERA DI BARBARA PALOMBELLI A DAGOSPIA

Ciao, Claudio.

Detestavi i fatti personali e, dipendesse da te, forse non avresti dato neppure la notizia della tua morte. Il giornalismo dellio non era nelle tue corde, quello dei sentimenti e delle smancerie era lontano mille miglia dal tuo modo di scrivere e di essere. Alla cerimonia funebre di oggi, Bruno Manfellotto lha detto a nome di tutti noi: eri così serio da non prenderti mai sul serio.



Pochi hanno amato questo mestiere come te: ti saresti divertito a scrivere fino a centanni, e oltre. Negli ultimi giorni, ti appassionava la scesa in campo di Veltroni, ti stuzzicavano le vicissitudini di Visco, DAlema e c. Sembravi perfino stare meglio, davanti a tanta carne fresca da sbranare con il tuo consueto, inappuntabile, bisturi. E invece& Una volta, in un viaggio che facemmo insieme da Roma a Sabaudia, mi parlasti con distacco della morte cui spesso porta la tua malattia: farò la fine di un ragno, dicevi, e forse morirò soffocato.

Questo strazio ti è stato risparmiato, ed è lunica consolazione che ci resta. Parlavi del tuo male raramente e sempre senza compiangerti: come se fosse un problema di cui si potesse discutere freddamente. Scoprimmo che eri malato quando una gamba, dopo una partita di calcetto, non si rimetteva a posto. Eravamo ragazzini, eravamo alla metà degli anni Ottanta: fu in quelloccasione che molti di noi diventammo quasi intimi  per necessità  di quellamico che non ti ha lasciato mai un attimo, Carlo De Benedetti.



Allora, senza internet e senza telefonini, lIngegnere, come lo chiamavi tu, si fece in quattro per raccogliere in giro per il mondo informazioni, cure, tutto quello che poteva alleviare la tua sclerosi. Di poche parole, brusco e in fondo simile a te nellessere diretto, Carlo entrò nelle nostre rubriche telefoniche sotto la voce emergenza. Sapevamo che, in caso di necessità, lui ci sarebbe stato sempre.

E cera oggi, con Silvia, e posso immaginare il suo rimpianto. Eri tu che dovevi andare  secondo lui  a dirigere, dopo Scalfari, la Repubblica. La leggenda vuole che fu Loredana a dirgli (di nascosto da te?) che lonere di lavoro sarebbe stato per te troppo gravoso. Chi arrivò dopo il Fondatore non utilizzò la tua penna, non ti chiese i pezzi che tutti avremmo divorato e amato e molti di noi per anni non sono riusciti a darsene una ragione.



Forse, i quotidianisti non hanno tempo per coltivare amicizie, per rischiare, per dividere frammenti di vita e di passioni. Tu, settimanalista da record, riuscivi a confezionare giornali di successo senza perdere la dimensione umana. Ceravamo tutti, in chiesa, a salutarti. Tutti meno uno: Lamberto Sechi, il tuo e nostro papà. Disperato, non ce lha fatta a venire& ma ha telefonato a Chiara, Marialuisa, a me e a tutte noi ex-ragazze per piangerti senza pudore, per lasciarsi andare, per confessare che tu (anche se noi lo sapevamo già) sei sempre stato il figlio che la biologia non gli aveva dato.

Cerano i tuoi affetti reali: le donne della tua vita. Esili, meravigliose, eleganti come tu avresti adorato: Loredana, Giulia (quando è nata dicevi: ha gli occhi chiari, come mia madre, e ti si lucidava lo sguardo), la piccola Claudia che ti aveva reso strafelice e ha dato a tutti noi un filo di speranza. La prima ad arrivare, dalle vacanze, quasi unora prima dellinizio della cerimonia, indovina? Non poteva che essere Terry, la mitica capo-segreteria di Panorama, un pezzo di storia della nostra vita migliore.



Cera la tua professoressa del liceo, quella che nominavi sempre con riguardo, con affetto, con stima: il suo, è stato il ricordo più bello e andrebbe pubblicato per intero. Cerano, nelle sue parole e nelle tue  che lei ha conservato per quarantanni e più, forse proprio per leggerle a noi oggi  tutti i tratti della tua personalità che ci ha tanto affascinato, intrigato, sorpreso. Nel suo giudizio di presentazione allesame di maturità, un ritratto di te che nessuno di noi avrebbe potuto confezionare meglio.

Scrivo queste righe su Dagospia, su quello che è oggi  nel panorama della stampa italiana - un vascello pirata (ti ricordi questa espressione? Era il tuo modo di definire il nostro Europeo, era il tuo gioco per dire che i giornali un po in crisi possono osare di più, e quanto abbiamo osato&), chissà quanti errori troveresti nella mia prosa sgangherata (lavrai detto cento volte).


Scrivo per raccontare a chi non cera che per unora e mezza nella chiesa di san Carlo ai Catinari ci hai unito perché  pur essendo il più orso di tutti noi  tenevi al rapporto umano più che a tutto il resto. Scrivo anche perché mi sento abbandonata. Tu hai creduto in me tanti anni fa, mi hai dato forza e fiducia, hai continuato a darmi preziosi consigli per tutta la mia vita professionale.

Con tanti di noi hai fatto così, eri il nostro capo, il nostro leader. Che si parlasse di automobili o di gossip, di politica o di economia (la tua vera specializzazione iniziale), della Roma o del tuo amato viterbese, trovavi sempre il modo di offrire un punto di vista originale. Seguivi minuto per minuto tutti noi che eravamo lì, a piangerti. E ciascuno di noi pensava di essere unico per te. Davamo un valore immenso ai tuoi sms, alle tue telefonate, alla tua amicizia. Senza di te, ci sentiremo soli.


Dagospia 06 Luglio 2007
213.215.144.81/public_html/esclusivo.html





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TRUCE STIL NOVO

- SELVA, CORONA, COSTANZO:
LA IRREDIMIBILE VOLGARITÀ DI UN PAESE FINITO, DOVE NESSUNO STA PIÙ AL SUO POST
O

– E SU “LIBERO” FIORISCONO LE STAGISTE, CON SAPIDE CLASSIFICAZIONI DI “CULI DI PIOMBO” E “CULI SODI” (QUANDO ARRIVA LA BUONCOSTUME?)


Marco Travaglio per “l’Unità”



Tre notizie alla rinfusa.

1) Il senatore Gustavo Selva,
quello che usa le ambulanze come taxi per arrivare prima in tv, ritira le dimissioni da senatore perché “i cittadini mi invitano a restare”,
insomma “lo faccio per rispetto vostro”.


(Il finto malato Gustavo Selva - Foto U.Pizzi)


2) Fabrizio Corona
pubblica le sue prigioni, manco fosse Silvio Pellico, e molti giornali dedicano paginoni alle sue decisive “rivelazioni” (tipo quante volte si masturbava in cella).

3) Maurizio Costanzo,
essendo praticamente disoccupato
visto che lavora solo per:

Rai, Mediaset, Sky, Messaggero, Libero, Riformista, Panorama, Telecom, ministero delle Comunicazioni, una dozzina di enti locali e P2,
ha assunto la direzione del teatro romano Brancaccio
(in aggiunta al Parioli e alla Sala Umberto)
sfrattandone Gigi Proietti:
ora prepara un cartellone a base di Maria de Filippi con tronisti e squinzie al seguito, senza dimenticare Platinette, perché a lui Pirandello gli fa un baffo.




Se, come dice Massimo Fini, “volgare non è chi dice parolacce, ma chi non sta al proprio posto”,
allora le tre notizie hanno un comune denominatore: la irredimibile volgarità di un paese finito, dove nessuno sta più al suo posto.
L’altro giorno il quotidiano che si fa chiamare “Libero” pubblicava un “racconto” di tal Francesco Borgonuovo, dal titolo “Arriva l’estate, fioriscono le stagiste”
, illustrato da una pregnante foto di Monica Lewinsky.

L’incipit è pura poesia: “Senti il fiato caldo dell’estate e sai che arriveranno, sarà una migrazione in grande stile. Come uccelletti leggiadri le stagiste planeranno, faranno il nido per un po’, giusto il tempo di svernare, e poi se ne torneranno via così com’ eran venute”. Il seguito è ancor più lirico: “Le uniche degne di titolo, quelle purissime e illibate, vengono direttamente dalle scuole, da dove s’attinge la linfa più dolce e saporita”.



(Il super-coatto Fabrizio Corona per Vanity Fair)



Che stia parlando di amori minorenni? Niente paura: “A fine giugno ¬ spiega il vate ebraico-cristiano in piena tempesta ormonale - le porte delle Università si spalancano e ne esce una folla di canottiere aderenti, unghie dipinte in ciabattine infradito, shorts, minigonne, perizomi e cosce robuste pronte a riversarsi in agenzie di pubblicità, negli uffici stampa dei festival musicali, nelle case di moda e nelle redazioni dei giornali”. Dove Lui vedrà di farsi trovare pronto.

Segue una citazione evangelica, per far contento Betulla, in endecasillabi sciolti e rime baciate:
“Vi manderò come agnelli in mezzo ai lupi, disse il Signore, e loro si faranno mandare negli open space e dietro le finestre coi doppi vetri, dove le attendono le fauci spalancate di capi cinquantenni disillusi e famelici, di giovani leoni incravattati golosi d’avventure,di veterani che adagiano gli occhi sui glutei ben fatti e fra le camicette coi bottoni innocenti e lascivi. Le stagiste sono caramelline già sbucciate della carta che i professionisti si contenderanno col coltello fra i denti e la sigaretta da accendere ‘dopo’ già pronta sull’orecchio”.

Il nuovo Balzac prosegue in dolce stilnovo fra “mani pronte a scivolare sempre più giù fino alla fine dell’esperienza formativa”, “pance retrattili che fibrillano in attesa di scattare all’indietro” e “tette che scendono inesorabilmente”.
Non manca un accenno all’”idea marxiana che il lavoro le renderà donne”, così i comunisti sono sistemati; una pennellata di sociale su “quelle precarie lagnose che mugugnano perché si chiamano Roberta, hanno 40 anni e guadagnano 400 euro”; e un tocco di neorealismo, con sapide classificazioni di “culi di piombo” e “culi sodi”.



(Maurizio Costanzo - Foto U.Pizzi)


Poi, pagato il dazio all’impegno, si torna alla vita vissuta: “I colleghi si becchettano fra di loro: ‘Questa te la trombi tu’, ‘no tu’, e va a finire che non se la tromba nessuno... Le stagiste abitano spesso insieme con altre amiche, che magari ancora preparano gli esami e succede che parti per trombarti la stagista e ti trombi pure loro”. Il finale è da pelle d’oca: “Amori da spiaggia consumati in ufficio, con i maschi a tramutarsi in dei (sic) Massimo Ciavarro qualsiasi in un Sapore di sale come un altro e le fragoline a prendersi gioco di loro”.

Ora, "Libero" è lo stesso giornale che s’è schierato con il Family Day,
che fucila qualunque pallida critica al Vaticano, che ospita le lenzuolate del pompo-ciellino Renato Farina e che ha pubblicato qualunque scritto dell’ultima Fallaci, anche la lista della spesa, in difesa della “civiltà ebraico- cristiana” insidiata dai vucumprà. Infatti il pregevole scampolo di prosa compariva nella sezione “Cultura”. Sarà poco poetico, ma una domanda in generale s’impone: quando arriva la Buoncostume?


Dagospia 19 Luglio 2007

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[Modificato da Etrusco 19/07/2007 17:41]
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BIG LUCIANO E TOTÒ SONO APPARSI ALLA MADONNA
- “PADRE PIJO” MOGGI A LOURDES CON RUINI: CHISSÀ SE È VERO CHE HA UN TESORETTO DI 150 MLN ALLO IOR
– ANCHE CUFFARO È ANDATO IN PELLEGRINAGGIO, A COMPOSTELA: ARMATO DI COPPOLA, NATURALMENTE…


Marco Travaglio per “l’Unità”


La notizia che Luciano Moggi, imputato per:
associazione a delinquere,
frode sportiva,
minacce e violenza privata,
è in pellegrinaggio al santuario di Lourdes, proprio mentre Salvatore Cuffaro, imputato per favoreggiamento mafioso e indagato per concorso esterno in associazione mafiosa, è in marcia verso Santiago de Compostela, si presta a svariate interpretazioni.



(Luciano MOggi - Foto U.Pizzi)

La più pessimistica è che i due, disperando nella giustizia terrena, si affidino a quella divina. La più ottimistica è che sentano finalmente di aver qualcosa da farsi perdonare. La più maligna è che, dopo aver preso in giro milioni di - rispettivamente - tifosi ed elettori, tentino ora di prendersi gioco anche dei santi. Gli elementi a suffragio della terza sono, diciamo così, preponderanti. Lucianone, informava ieri il Corriere, s’è imbarcato a bordo di uno dei sei charter della nuova linea aerea vaticana, gestita dalla Mistral Air delle Poste Italiane, che punta a traghettare 150 mila pellegrini all’anno nelle mete spirituali.

Sull’aereo-ammiraglia col poggiatesta personalizzato dalla scritta «Cerco il tuo volto, Signore!», viaggiava il cardinal Camillo Ruini. Al suo arrivo, anziché trovare il volto del Signore, ha trovato quelli di Moggi, di Paola Saluzzi e del presidente del Coni Gianni Petrucci. I quali hanno preso parte in basilica alla santa messa officiata dall’ex capo della Cei, ricevendone l’apostolica benedizione.


(Camillo Ruini - Foto U.Pizzi)

Mentre il presule chiedeva al Signore di «convertire i cuori anche di chi è lontano», Lucianone si proclamava «credente da sempre». Agli atti del processo di Calciopoli c’è traccia di un altro celebre pellegrinaggio: al santuario del Divino Amore, dove l’allora direttore generale della Juventus si appartò con la segretaria dei designatori arbitrali, Maria Grazia Fazi, per parlare al riparo da occhi indiscreti e soprattutto dalle microspie dei carabinieri.

Ora una fonte confidenziale dei pm insinua addirittura che il Nostro tenga parcheggiato un tesoretto di 150 milioni presso lo Ior:
circostanza da lui smentita sdegnosamente, tra una visita a Lele Mora e una scrittura per una comparsata nel prossimo film di Lino Banfi.
È nota, poi, la sua intimità con i frati di San Giovanni Rotondo, che alcuni anni fa, subito dopo il processo per favoreggiamento della prostituzione (Moggi, quando dirigeva il Torino Calcio, era solito procurare terne di squillo ad arbitri e guardalinee di coppa Uefa), lo insignirono dell’ambìto premio «Padre Pio», anche se qualcuno, a Roma, lo riteneva più meritevole del «Padre Pijo».


(Salvatore Cuffaro - Foto U.Pizzi)

Il governatore di Sicilia, profittando della chiusura estiva dei tribunali, era segnalato giorni fa in Galizia, in marcia da Leon a Santiago con sandali benedettini ai piedi, bastone in mano e coppola d’ordinanza in capo. Tutto a piedi, assicurano gli agiografi: 344 km. in dieci tappe, anche se accanto al rubicondo statista siculo viaggia un pulmino di soccorso pronto a ogni evenienza, con i sali, il Gatorade e le carrucole.

«Sono qui per consolidare la fede, ma anche per smaltire qualche chilo di troppo», ha spiegato Totò ansimante, alla guida della carovana dell’Udc che lo assiste anche in questa prova.
Pare che della delegazione non faccia parte l’on. Cosimo Mele, quello con due mogli e due squillo, in tutt’altre faccende affaccendato.
10 ore di cammino al giorno sotto il sole cocente, 40 gradi all’ombra, ma senza mai separarsi dalla celebre coppola, già esibita con successo da Santoro: «Certo, l’ho sempre con me, anzi ne ho fatte comprare 3 mila da una cooperativa antimafia di S.Giuseppe Jato per regalarne ai pellegrini per smitizzare la mafia».


(Cosimo Mele)

Un po’ come se un’associazione antiterrorismo regalasse passamontagna con la stella a cinque punte per smitizzare le Br.
Sia Totò sia Lucianone tengono a precisare, scanso di equivoci, di non avere nulla da farsi perdonare.
Cuffaro ricorda commosso il proprio «calvario», colpa di quegli aguzzini dei magistrati, che «solo la fede» ha potuto lenire.

E anche il devoto Moggi batte la mano sul petto altrui: «Altri più famosi di me non vengono a Lourdes e magari ne avrebbero bisogno più di me. Qualcuno non ci viene perché ha qualche problema…». In pratica, non vanno ai santuari nella speranza di un’apparizione della Vergine: sono loro che, quanto prima, contano di apparire alla Madonna.
[SM=x44456] [SM=x44455]



Dagospia 29 Agosto 2007

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GRILLO E TRAVAGLIO, COME CASTRO E CHE GUEVARA
- MARCOLINO SCRIVE A BEPPE:
“LA REAZIONE ALLO TSUNAMI DEL V-DAY? VELTRONI E PRODI PIAZZANO FABIANI IN RAI.







Da
www.beppegrillo.it

I nostri dipendenti stanno mettendo altra legna sul fuoco per scaldare la pentola a pressione Italia. Se Rai e Unipol sono la prima risposta del dopo V-day, aspetto con terrore le prossime. Marco Travaglio reduce dalla standing ovation di Piazza Maggiore mi scrive una lettera che mi getta nello sconforto.

"Caro Beppe,
sono trascorsi pochissimi giorni dal V-day, e già bisognerebbe organizzarne un altro. Visto che la nostra classe politica, forse per la sua giovanissima età media, ha i riflessi pronti, la sua reazione allo tsunami di sabato è stata immediata. Veltroni e Prodi hanno piazzato Fabiano Fabiani, un giovanotto di 77 anni, nel consiglio d'amministrazione della Rai al posto del famoso berlusclone Angelo Maria Petroni.
Lottizzavano gli altri, ora lottizzano loro:
è il bipolarismo.



(Il condottiero che ci mancava... Fabiano Fabiani sul "bagnasciuga" [SM=x44455] - Foto U.Pizzi)

Fassino, segretario di un partito ormai disciolto, onde evitare di finire sulle panchine dei giardinetti, ha chiesto a Prodi un bel rimpasto di governo per aggiungere un ministero,
possibilmente per sé (richiesta che persino Prodi ha giudicato irricevibile, osservando che il suo governo, formato da 103 membri fra ministri, viceministri e sottosegretari, è già il più bulimico della storia repubblicana e andrebbe semmai un tantino ridotto).

Intanto D'Alema e Fassino, sempre per rispondere all'appello della piazza per una giustizia uguale per tutti,
si autoassolvono con due "memorie" smemorate sul caso Unipol, chiedendo di fatto alla giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera di respingere al mittente la richiesta del gip Clementina Forleo di autorizzare l'uso giudiziario delle loro telefonate con i furbetti del quartierino:
quelle che dimostrano la loro partecipazione alla scalata della Bnl da parte dell'Unipol.

I due sostengono di non aver commesso alcun reato, il che rientra nel loro legittimo diritto di difesa.
Ma poi si allargano un po', sostenendo che i reati li ha commessi la Forleo con un'ordinanza "illegittima", perché ha scritto che D'Alema e il suo fido senatore Latorre hanno commesso aggiotaggio e insider trading senza che la Procura avesse iscritto nessuno dei due sul registro degli indagati: dunque, se sui due non c'è un'inchiesta, non si vede perché autorizzare l'uso delle loro telefonate.


(Gli innocenti)

Ma che spiritosi:
la legge Boato del 2003
stabilisce che le telefonate intercettate in cui compare la voce di un parlamentare non possono essere usate dai giudici senza il permesso del Parlamento.
Dunque la Procura di Milano non poteva indagare i due parlamentari Ds in base a telefonate che, non ancora autorizzate, è come se non esistessero.
Per indagarli, ha bisogno di quell'autorizzazione.

Ora D'Alema risponde che l'autorizzazione non va data perché lui non è indagato.
[SM=x44457]
Il ragionamento (si fa per dire) ricorda un famoso romanzo umoristico, "Comma 22", in cui un pilota dell'aeronautica militare si finge pazzo per chiedere l'esonero dai voli di guerra;
ma il medico gli spiega che solo i pazzi effettuano i voli di guerra, dunque lui, essendo pazzo, è adattissimo a quelle missioni.
[SM=x44456]



(L'onni presente Guido Rossi - Foto Lapresse)

Ps: Tra i difensori di D'Alema compare anche l'avvocato Guido Rossi,
lo stesso che, portando alla Procura di Milano una denuncia della banca olandese Abn Amro contro Fiorani, diede l'avvio all'inchiesta sulle scalate.
Ora difende un "indagabile" in quell'inchiesta.
Il suo caso ricorda un po' quello dell'avvocato Taormina, che chiese l'arresto della signora Franzoni per il delitto di Cogne, poi ne divenne il difensore e chiese l'arresto dei giudici che l'avevano arrestata.
O il Rossi che difende D'Alema è Taormina travestito?"
Marco Travaglio


Dagospia 13 Settembre 2007

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V-Day - Bologna, 8 settembre 2007 - Marco Travaglio




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22 novembre 2007,
Raiset, uso criminoso



da L'Unità del 22 novembre 2007


Chapeau. Nemmeno il più feroce demonizzatore, il più accanito antiberlusconiano poteva immaginare la meticolosità, la scientificità, la capillarità del controllo esercitato su ogni minuto, ogni minimo dettaglio di programmazione Rai dagli uomini Mediaset infiltrati da Silvio Berlusconi nel cosiddetto “servizio pubblico”.
Intendiamoci:
la fusione Rai-Mediaset in un’indistinta Raiset al servizio e a maggior gloria del Cavaliere si notava a occhio nudo e questo giornale, da Furio Colombo in giù, l’ha sempre denunciato.
Ma le intercettazioni della Procura di Milano, disposte nell’inchiesta sul fallimento del sondaggista del Cavaliere, Luigi Crespi, e pubblicate da Repubblica dimostrano oltre ogni ragionevole dubbio la privatizzazione della Rai da parte della “concorrenza” e la sua trasformazione in una succursale di Mediaset.

Da sette lunghi anni
, cioè da quando Berlusconi tornò al governo e occupò militarmente Viale Mazzini, la Rai è cosa sua, un feudo privato da usare per blandire gli amici, manganellare i nemici, ammonire gli alleati appena un po’ critici, ma soprattutto per celebrare le gesta del Capo. Tacendo le notizie scomode, enfatizzando quelle comode, parlando solo di quel che vuole Lui.

La realtà immortalata dalle intercettazioni della primavera-estate 2004 supera persino l’immaginazione di chi, pur denunciando gli orrori e le miserie del regime mediatico,
pensava che ciò che quotidianamente andava (e va) in onda non fosse frutto di un copione scritto ad Arcore, ma dell’eterno servilismo della classe giornalistica italiana, la più vile e conformista del mondo.
Invece è tutto pianificato nei minimi dettagli sulla chat line Viale Mazzini-Palazzo Grazioli (o Chigi):
persino le inquadrature del Capo ai funerali del Papa,
i ritardi nell’annuncio dei risultati elettorali negativi,
il numero di citazioni a “Porta a Porta” del sacro nome di Silvio
(che, a differenza di altre divinità, va nominato spesso e soprattutto invano, specialmente da Vespa).
Non c’è voluto molto per ridurre quella che fu la prima azienda culturale d’Europa e alfabetizzò l’Italia in questa miserabile Pravda ad personam:
è bastato sistemare una dozzina di visagisti, truccatori e politicanti berlusconiani nei posti giusti e lasciarne molti di più sulle poltrone precedentemente occupate.

Intanto venivano cacciati i Biagi, i Santoro e i Luttazzi, poi le Guzzanti e gli altri della seconda ondata, incompatibili col nuovo corso.
Ma non perché fossero “di sinistra”.
Perché sono fior di professionisti:
con due o tre programmi ben fatti avrebbero rovinato tutto.

Se qualcuno li chiama per pregarli di nascondere i dati delle elezioni amministrative per non far soffrire il Cavaliere,
quelli mettono giù (“uso criminoso della televisione pagata coi soldi di tutti”).
I rimasti, invece, obbediscono ancor prima di ricevere l’ordine.

Si spiegano così non solo le epurazioni bulgare e post-bulgare, ma anche lo sterminio delle professionalità, soprattutto nella rete ammiraglia di Rai1, affidata (tuttoggi) al fido Del Noce:
uno che, oltre ad aver epurato Biagi, è riuscito a litigare persino con Baudo, Arbore, Frizzi, Carrà e Celentano.
Chi ha idee e talento ha più séguito, dunque è più libero e meno censurabile, ergo inaffidabile
.
I superstiti, invece, sono pronti a qualunque servizio e servizietto.

Il Papa sta morendo e il Ciampi prepara un messaggio a reti unificate?
Anziché preoccuparsi che la Rai copra la notizia meglio della concorrenza, i dirigenti berlusconiani pianificano una degna uscita mediatica del Capo, onde evitare che il Quirinale lo oscuri.

Il Papa muore proprio alla vigilia delle amministrative, distraendo gli elettori cattolici dal dovere di correre alle urne per votare il Capo?
Si organizza una serie di “programmi che diano alla gente un senso di normalità, al di là della morte del Papa, per evitare forte astensionismo alle elezioni amministrative”.
Più che un servizio pubblico, un servizio d’ordine a uso e consumo del premier padrone, sempre pronto a disperdere i disturbatori (Papa morente compreso) ora coi manganelli, ora con gli idranti.

In cabina di regìa c’è la signorina Deborah Bergamini,
già assistente del Cavaliere, da lui promossa capo del Marketing strategico della Rai
,
mentre Alessio Gorla, già dirigente Fininvest e Forza Italia, diventava responsabile dei Palinsesti.
Deborah, per gli amici “Debbi”, non ha ben chiaro il confine tra Rai e Mediaset, anzi considera la Rai una dependance di Mediaset, dunque del governo Berlusconi.
Chiama continuamente Mauro Crippa (direttore generale per l’”informazione” delle reti Mediaset), Paolo Bonaiuti (sottosegretario alla Presidenza e portavoce del premier) e Niccolò Querci (segretario del Cavaliere e vicepresidente di Publitalia) per concordare le strategie di comunicazione più favorevoli al Capo.
Al resto pensano i servi furbi.
Mimun
, si sa, era in prestito d’uso da Mediaset, dov’è poi morbidamente riatterrato. Non c’è neppure bisogno di dirgli il da farsi: lo sa da sé. E poi – assicurano Debbi e Delnox - fa un ottimo “gioco di squadra con Rossella” (Carlo, allora direttore di Panorama, molto vicino al premier e dunque alla Rai).

Anche Vespa non ha bisogno di suggerimenti.
Del Noce telefona a Debbi
per avvertirla che “Vespa ha parlato con Rossella e accennerà in trasmissione al Dottore (Berlusconi, ndr) a ogni occasione opportuna”.
Qualcuno suggerisce che Bruno potrebbe “non confrontare i voti attuali con quelli delle scorse regionali”, per mascherare meglio la disfatta del Capo, o magari “fare più confusione possibile per camuffare la portata dei risultati”.
Ma poi si preferisce lasciarlo libero di servire come meglio crede, perché – dice giustamente la Debbi – “tanto Vespa è Vespa”.

Quello che, in un’altra intercettazione raccolta dalla Procura di Potenza, prometteva al portavoce porcellone di Fini: “A Gianfranco la trasmissione gliela confezioniamo addosso”.
Piuttosto c’è un problema: Mauro Mazza, troppo amico di Fini per piacere a Forza Italia
, farà la prima serata di Rai2 sulle elezioni.
Bisogna sabotarlo, perché quello magari i dati non li nasconde. Idea geniale: Deborah parla con Querci “e gli chiede di mettere una cosa forte in prima serata su Canale5”, così la gente guarda quella e lo speciale Mazza non se lo fila nessuno.
Del resto è un’abitudine, per lei, concordare i palinsesti con Mediaset: più che del Marketing della Rai, è la capa del Marketing di Berlusconi.
Infatti, ancora commossa, commenta così i funerali di Giovanni Paolo II: “Berlusconi è stato inquadrato pochissimo dalle telecamere”.
Si sa com’è fatto il Cavaliere: “Ai matrimoni - diceva Montanelli - vuol essere lo sposo e ai funerali il morto”.

Notevole anche il caso del Festival di Sanremo affidato a Paolo Bonolis (pure lui in prestito d’uso alla Rai, prima di tornare a casa Mediaset):
il presentatore è affiancato da un “direttore artistico” che non capisce una mazza di musica, ma si avvale della consulenza di Querci, uomo Fininvest, purchè “la cosa non si sappia in giro” (se no la gente capisce tutto).

In tutti questi anni, mentre ogni inquadratura di ogni telecamera di ogni programma diurno e notturno di Raiset veniva controllata dai guardaspalle del Padrone,
chiunque si azzardasse anche soltanto a ipotizzare che questi signori lavorassero per il re di Prussia, anzi di Arcore, veniva zittito dai “terzisti” e dai “riformisti” come “demonizzatore” e “apocalittico” animato da “cultura del sospetto”,
incapace di comprendere che le tv non contano per vincere le elezioni; anzi, a parlar male di Berlusconi si fa il suo gioco.
Poi veniva querelato e citato in giudizio per miliardi di danni dai Del Noce e dai Confalonieri, sdegnati dalle turpi insinuazioni sulla liaison Rai-Mediaset nel paradiso della concorrenza e del libero mercato.

Dirigenti come Loris Mazzetti e Andrea Salerno, rei di aver chiamato censure le censure, sono stati perseguitati dall’azienda con procedimenti disciplinari.
L’ultima è piovuta su Mazzetti, per aver partecipato ad Annozero e detto la verità sull’epurazione del suo amico Biagi.

Salerno, già responsabile della satira per Rai3 quando c’era ancora la satira, ha preferito togliere il disturbo.

Intanto Confalonieri non si perdeva una festa dell’Unità
e le quinte colonne berlusconiane facevano carriera in Rai, tant’è che sono ancora tutte lì:
Del Noce a Rai1,
Bergamini al Marketing,
Vespa a Porta a porta.
Tutti straconfermati dalla “Rai del centrosinistra” che non ha ancora trovato uno spazietto per Luttazzi, Sabina, Beha, Massimo Fini.


Ancora l’altroieri la sceneggiata di quest’ometto ridicolo che in mezz’oretta scioglie un partito e ne fa un altro è stata magnificata a reti unificate come evento epocale,
geniale, rivoluzionario, col contorno di alati dibattiti sugli otto milioni di firme ai gazebo, mai viste e mai esistite se non in tv.
La Sua tv: quella che da anni e anni trasforma un plurimputato, già frequentatore di mafiosi, per giunta piuttosto ridicolo, che basterebbe mostrare per quello che è per suscitare fughe e risate di massa, in uno statista liberale di livello internazionale.

Ora si spera che, oltre alla solita “indagine interna”, fiocchino i licenziamenti per giusta causa (con richieste danni per intelligenza col nemico),
almeno per chi ha lasciato le impronte digitali nello scandalo, come accadrebbe ai manager di qualunque azienda sorpresi ad accordarsi con la concorrenza.

Ma, onde evitare che la scena si ripeta in un prossimo futuro, licenziare i servi di Berlusconi non basta.
Occorre una vera “legge Biagi”
(nel senso di Enzo) per cacciare per sempre i partiti dalla Rai e stabilire finalmente l’ineleggibilità dei proprietari di giornali e tv.
Semprechè, si capisce, la cosa non disturbi il “dialogo per le riforme”.
E ora, consigli per gli acquisti.


22 novembre 2007,
Raiset, uso criminoso



da L'Unità del 22 novembre 2007



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21 Novembre 2007
L'informazione è la base della democrazia




Tutti sanno che Forza Italia è (era?) un partito di plastica. Lo psiconano lo ha confermato domenica. Un partito non si scioglie per volontà di una sola persona. Si tiene di solito un congresso degli eletti, si discute del programma, del nuovo nome.
Poi si decide a maggioranza. Così avviene nelle democrazie.

Nessuno dei suoi sottopancia, reggicoda, portaborse ha fiatato.
E si capisce, senza di lui dove vanno?
Sono semplici cortigiani.
Il suo partito, comunque lo voglia chiamare, è suo di lui, proprietà privata, una organizzazione telecratica con obiettivi di controllo e di lucro.

I partiti hanno ucciso quel poco che era rimasto della democrazia eliminando il voto di preferenza.
La prima azione dell’Unione doveva essere la restituzione di un diritto fondamentale ai cittadini: quello di scegliersi il candidato.
Non è successo.
Ora si discute di proporzionale alla tedesca, di maggioritario alla svizzera e di doppio turno alla francese. Ma di cosa stanno farneticando? Nel 2005 avete adottato la messa in c..o all’italiana con la nuova legge elettorale, di questo dovete parlare.

Nessuno che faccia una premessa, che dica che se si copiano i meccanismi elettorali di una democrazia bisogna adottarne prima le basi, i fondamentali.
Ed è un punto cardine in Germania, in Spagna, in Francia, in ogni Paese degno di questo nome, che non si può avere una presenza dominante nell’informazione e, allo stesso tempo, fare politica.
Per gli altri partiti è come combattere contro il campione dei pesi massimi con un braccio legato dietro alla schiena.


Il fenomeno Berlusconi non è compatibile con la democrazia.
I suoi giornali, le sue televisioni non sono compatibili con la sua presenza in politica.
Di questo devono discutere subito Veltroni, Prodi, Fini, Bertinotti e tutti gli altri:
di una informazione democratica, non di sigle e percentuali.
Ma non lo faranno perchè, anche loro, ne hanno dei benefici.
La democrazia è diventata marketing.
Lo Stato è fuori dal controllo dei cittadini. Riprendiamoci l’informazione.

V-day - 25 aprile - V-day – 25 aprile.

Link...


Marco Travaglio - Berlusconi, lo chiamavano impunità
intervista a Marco Travaglio
Added: February 25, 2007




[Modificato da Etrusco 27/11/2007 16:11]

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16 gennaio 2008


Lettera a Beppe Grillo di Marco Travaglio

Caro Beppe, siamo tutti costernati e affranti per quanto sta accadendo al cosiddetto ministro della Giustizia Clemente Mastella e alla sua numerosa famiglia, nonché al suo partito, che poi è la stessa cosa.

Costernati, affranti, ma soprattutto increduli per la terribile sorte che sta toccando a tante brave persone. Infatti, oltre alla signora Sandra, presidente del Consiglio regionale della Campania, sono finiti agli arresti il consuocero Carlo Camilleri, già segretario provinciale Udeur; gli assessori regionali campani dell’Udeur Luigi Nocera (Ambiente) e Andrea Abbamonte (Personale); il sindaco di Benevento dell’Udeur, Fausto Pepe, e il capogruppo Udeur alla Regione, Fernando Errico, e il consigliere regionale dell’Udeur Nicola Ferraro e altri venti amministratori dell’Udeur.



In pratica, hanno arrestato l’Udeur
(un mese fa era finito ai domiciliari l’unico sottosegretario dell’Udeur, Marco Verzaschi, per lo scandalo delle Asl a Roma, mentre un altro consigliere regionale campano, Angelo Brancaccio, era finito in galera prima dell’estate quando era ancora nei Ds, ma appena uscito di galera era entrato nell’Udeur per meriti penali). [SM=x44455]

Mastella, ancora a piede libero, è indagato a Catanzaro nell’inchiesta "Why Not" avviata da Luigi De Magistris e avocata dal procuratore generale non appena aveva raggiunto Mastella, che intanto non solo non si era dimesso, ma aveva chiesto al Csm di levargli dai piedi De Magistris.
S’è dimesso invece oggi, Mastella, ma per qualche minuto appena: poi Prodi gli ha respinto le dimissioni, lasciandolo al suo posto che - pare incredibile - ma è sempre quello di MINISTRO DELLA GIUSTIZIA.
La sua signora, invece, non s’è dimessa (a Napoli, di questi tempi, c’è perfino il rischio che le dimissioni di un politico vengano accolte): dunque, par di capire, dirigerà il Consiglio regionale dai domiciliari, cioè dal salotto della villa di Ceppaloni.

Al momento nessuno sa nulla delle accuse che vengono mosse a lei e agli altri 29 arrestati.
Ma l’intero Parlamento – con l’eccezione, mi pare, di Di Pietro e dei Comunisti Italiani – s’è stretto intorno al suo uomo più rappresentativo, tributandogli applausi scroscianti e standing ovation mentre insultava i giudici con parole eversive, che sarebbero parse eccessive anche a Craxi, ma non a Berlusconi: insomma la casta (sempre più simile a una cosca) ha già deciso che le accuse - che nessuno conosce - sono infondate e gli arrestati sono tutti innocenti. A prescindere. Un golpetto bianco, anzi nero, nerissimo, in diretta tv.

Nessuno, tranne Alfredo Mantovano di An, s’è domandato come facesse il ministro della Giustizia a sapere che sua moglie sarebbe stata arrestata e a presentarsi a metà mattina alla Camera con un bel discorso scritto, con tanto di citazioni di Fedro:
insomma, com’è che gli arresti vengono annunciati ore prima di essere eseguiti?
E perché gli arrestandi non sono stati prelevati all’alba, per evitare il rischio che qualcuno si desse alla fuga?
Anche stavolta, la fuga di notizie è servita agli indagati, non ai magistrati. E, naturalmente, al cosiddetto ministro.

Il vicepresidente del Csm Nicola Mancino, anziché aprire una pratica a tutela dei giudici aggrediti dal ministro,
ha subito assicurato "solidarietà umana" al ministro e ai suoi cari (dobbiamo prepararci al trasferimento dei procuratori e del gip di Santa Maria Capua Vetere, sulla scia di quanto sta accadendo per De Magistris e Forleo?).
Il senatore ambidestro Lamberto Dini ha colto l’occasione per denunciare un "fatto sconvolgente:
i magistrati se la prendono con le nostre mogli" (la sua, Donatella, avendo fatto fallimento con certe sue società, è stata addirittura condannata a 2 anni e mezzo per bancarotta fraudolenta, pena interamente indultata grazie anche a Mastella).
Insomma, è l’ennesimo attacco ai valori della famiglia tradizionale fondata sul matrimonio: dopo l'immunità parlamentare, occorre una bella immunità parentale.
Come fa osservare la signora Sandra Lonardo in Mastella dai domiciliari, "questo è l’amaro prezzo che, insieme a mio marito, stiamo pagando per la difesa dei valori cattolici in politica, dei principi di moderazione e tolleranza contro ogni fanatismo ed estremismo". Che aspettano a invitarli a parlare alla Sapienza?


www.beppegrillo.it/2008/01/hanno_arrestato.html#comments

voglioscendere.ilcannocchiale.it/post/1750839.html
[Modificato da Etrusco 17/01/2008 20:03]

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FERRARA SENTE IL “FETORE GIUSTIZIALISTA”, TRAVAGLIO SENTE FETORE DI SERVI

‘BERLUSCONI VINCERÀ LE ELEZIONI, VELTRONI FARÀ IL PORTAVOCE DI TRAVAGLIO’

VESPA: “IL DELIRIO D'ONNIPOTENZA DEL PROCURATORE DI TORINO MADDALENA”







1 – “BERLUSCONI VINCERÀ LE ELEZIONI E VELTRONI SI METTERÀ A FARE IL PORTAVOCE DI TRAVAGLIO”
Francesca Schianchi per La Stampa


Chiude tra applausi, qualche risata e richieste di invito ad altre iniziative. Sulla soleggiata terrazza del palazzo di Sant’Andrea delle Fratte, il relatore lancia l’ultimo affondo sulla magistratura che condiziona la politica: «Se non si prende di petto il problema, Berlusconi vincerà le elezioni e Veltroni si metterà a fare il portavoce di Travaglio...». Cappotto cammello e coppola in testa, il direttore del Foglio, Giuliano Ferrara, se ne va dopo aver tenuto la sua lectio in una sede inaspettata, l’ex quartier generale della Margherita e presto del Partito democratico.


Massimo D'Alema
© Foto U.Pizzi

Ha parlato nel corso di formazione per under 40 promosso da “Carpe Dem”, associazione nata nel Pd per iniziativa del deputato Roberto Giachetti: incontri con personaggi trasversali, ad ascoltare una quarantina di giovani del Pd, da Chieti a Reggio Calabria.

Così, ieri, dopo l’economista Nicola Rossi e il ministro Pierluigi Bersani, a fine mattinata sale in cattedra lui, il fomentatore di discussioni come quella sul partito senza tessere: lui l’ha proposto, Veltroni ha interloquito, tutti da mesi a parlarne. Tanto che anche Massimo D’Alema ieri si è spazientito: «Quando sento che i consigli ce li dà il principale consigliere del nostro avversario, qualche dubbio viene».

Eccolo Giuliano Ferrara, l’“indipendente”, come si definisce («anche se non è un mistero che sono amico di Berlusconi») nella tana del Pd. Nella stessa sala, due settimane fa, si era presentato a sorpresa per assistere alla riunione, in teoria a porte chiuse, della Commissione Manifesto dei Valori. Scompiglio tra i notabili del Pd e perfino voto (positivo) per farlo entrare. Ieri invece era regolarmente invitato: un impegno preso da prima di Natale, tema l’analisi del rapporto tra politica e nuove generazioni.

Davanti alla ristretta ma attentissima platea, analizza la teoria della politica: «La vera domanda è come garantire la giustizia: che riguarda tutto, se sia giusto l’aborto o la scelta degli embrioni o il fatto di smettere di curare per selezione». Ricordando che «nessuno ti regala niente», e via con gli esempi: i non professionisti della politica Romano Prodi, «ha fatto cose molto buone e molti errori» e Silvio Berlusconi, «anche lui ha visto la polvere molte volte e poi è risalito». Fioccano le domande: sul potere della magistratura, «una volta è Berlusconi, una volta Mastella, pretendono sempre di essere loro a dire quando finiscono i governi», sul governo istituzionale, su religione e politica.

«Chi l’ha detto che Eco è più intelligente del cardinal Ruini? Penso che un laico vero debba accettare e promuovere la presenza del pensiero cristiano. Mi sembra più interessante che pensare come Eugenio Scalfari che l’uomo sia come una mosca, una particella della natura». Perché «Voltaire diceva “Dio se non ci fosse bisognerebbe inventarlo”, traduzione illuministica del pensiero di Ratzinger».

Eugenio Scalfari
© Foto U.Pizzi

«Escludere Dio - conclude Ferrara - per sentire le conferenze laiche di Odifreddi mi sembra una cosa sciocca». Applauso della platea, e dire che Odifreddi è un costituente del loro partito. Una ragazza lo accompagna all’uscita: «Lei ha raccontato di essere “complice” di tre aborti», - «e me ne vergogno», sospira Ferrara - «ma la vera moratoria non sarebbe l’uso del preservativo?». «Macché - si irrita - il preservativo è il viatico dell’aborto». E aggiunge: «In Francia dove li regalano ovunque il numero di aborti in vent’anni è identico, qui è diminuito, grazie alla Chiesa cattolica». Si chiudono le porte dell’ascensore, impossibile ribattere.



2 - LA MORATORIA SUI MAGISTRATI E SUI GIORNALISTI LIBERI
Marco Travaglio per l’Unità


Ha impiegato un paio di giorni per cercare l’assassino del governo Prodi.
Ma poi, siccome è molto intelligente, Giuliano Ferrara l’ha trovato e ieri l’ha annunciato sul Foglio:
«Il governo Prodi è stato spianato da un qualunque magistrato di S. Maria Capua Vetere»
come «a suo tempo il pool Mani Pulite spianò il primo governo Berlusconi, poi spianò la Bicamerale, poi cercò di spianare senza riuscirci anche il governo di legislatura… sempre presieduto da Berlusconi».

L’annuncio, più che agli eventuali lettori del Foglio è rivolto «alla classe dirigente del centrosinistra», affinchè si prostri in ginocchio da lui e dal suo padrone, «metta un argine alla giustizia abusiva» e riconosca che avevano ragione loro,
il Platinette Barbuto e il Cainano, quando per 15 anni han detto che «la magistratura fa politica, i media le tengono corrivamente bordone e in nessun paese del mondo si fa così».


Già: com’è noto – e come il Cainano proclamò nel 2003 a reti unificate, leggendo un discorso scritto dal suo Platinette privato – «nelle democrazie liberali chi governa per volontà del popolo è giudicato solo dai suoi pari».
Naturalmente questo fenomeno da baraccone e il suo mandante non hanno mai specificato in quali democrazie liberali avvengano simili stranezze, anche perché di democrazie liberali così non ne esistono.

Clemente Mastella
© Foto U.Pizzi

Basta leggere l’articolo di Alexander Stille su Repubblica («Il paese dove i potenti vanno in galera»)
e quello di Maurizio Molinari sulla Stampa («Usa, scoop elettorali con ferocia») per sapere come vanno le cose negli Stati Uniti:
i politici che rubano, ricevono finanziamenti occulti, non pagano i contributi alla colf, si fanno ristrutturare casa gratis, prima si dimettono e chiedono scusa in lacrime, poi finiscono sotto processo e spesso anche in gattabuia.

E la stampa si scatena alla ricerca degli scandali, ora anticipando i procuratori, ora seguendo passo passo le indagini con una durezza direttamente proporzionale alla vicinanza del giornale ai candidati:

«Se i media – scrive Molinari a proposito della campagna elettorale Usa – sono così aggressivi con i candidati politicamente a loro più vicini è perché in entrambi i campi si è convinti che solo la selezione più spietata farà emergere il candidato migliore alla conquista della Casa Bianca.

E il risultato è che i candidati, per provare di essere “il più eligible”, cercano le domande più dure a cui rispondere per meglio attestare la credibilità di vincenti.
Il risultato è un duello aspro fra candidati e media… Ma a giovarsene sono gli elettori, spettatori in prima fila della dura selezione che porta l’America a scegliere il nuovo leader del mondo libero».




Ciò che accade in Italia, le rare volte in cui magistrati e giornalisti fanno il loro dovere di sorvegliare il potere, è la norma in tutto il mondo libero.
L’eccezione è Giuliano Ferrara, che esiste solo da noi. O meglio: i Ferrara esistono anche in altri paesi, ma difficilmente dirigono giornali e conducono programmi tv, passano per «molto intelligenti» e vengono riveriti persino quando si credono assistenti al Soglio Pontificio e organizzano tragicomiche «moratorie sull’aborto».

A proposito, la nobile battaglia del Foglio sulla legge 194 è già finita:
è bastato che cadesse il governo Prodi per far sparire le paginate dedicate alla «moratoria». Non sia mai che vada al governo il padron Silvio e si senta in imbarazzo, visto che la sua signora (editrice del Foglio) ha dichiarato al Corriere di aver dovuto abortire tra il sesto e il settimo mese di gravidanza.

La moratoria sull’aborto è stata prontamente rimpiazzata con una battaglia più congeniale al Cainano: la moratoria sui magistrati e sui giornalisti liberi. Il Platinette invita la fu-Unione a liberarsi dell’«alleanza Santoro-Travaglio (con l’aggiunta del petulante Grillo)», orrendamente spalleggiata «dall’Unità» e dal suo «fetore giustizialista».


Alessandro Sortino

Anticipando l’editto bulgaro-bis ferraresco, Mediaset s’è portata avanti col lavoro e ha provveduto a censurare prima un’intervista sulle condanne di Craxi, poi un servizio della «iena» Alessandro Sortino sui maneggi della famiglia Mastella.
Ora che è tornato all’Ovile delle Libertà, lo statista ceppalonico è di nuovo intoccabile: e chi osa fargli una domanda dev’essere censurato.
Come nelle migliori democrazie liberali.
Parola del direttore del Foglio, che non a caso ha sede a Milano, Largo Corsia dei Servi.
Molto largo, molti servi.


3 - VESPA: DELIRIO D'ONNIPOTENZA DEL PROCURATORE DI TORINO
Da Corriere della Sera -
«Nel nostro lavoro tutto è discutibile, ma a proposito di "imbarbarimento del complesso istituzionale", è più grave parlare dei processi in tv o sostenere, come gli accadde ai tempi di Tangentopoli, che "quello immediatamente successivo all'arresto è un momento magico"?».

È la replica di Bruno Vespa al procuratore di Torino Marcello Maddalena che, nell'inaugurare l'anno giudiziario, parla appunto di «imbarbarimento del complesso istituzionale» per «le tensioni della politica che si scaricano sul sistema giudiziario», i media «che esasperano le vicende», «i processi che si fanno a Porta a Porta e a Matrix ». Per Vespa, parole che dimostrerebbero «a quale grado di percezione di onnipotenza siano arrivati alcuni magistrati».


Dagospia 27 Gennaio 2008
dagospia.excite.it/articolo_index_37513.html


[Modificato da Etrusco 28/01/2008 16:35]

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07/02/2008 00:15

POVERETTI, COME S’OFFRONO
- INCASSATI I 300 MILIONI DI “RIMBORSI ELETTORALI” QUINQUENNALI ANCHE SE LA LEGISLATURA È DURATA DUE ANNI, I 41 PARTITI ATTUALMENTE IN VITA SI PREPARANO AL MASSACRO ELETTORALE…



Marco Travaglio per “l’Unità”



Incassati i 300 milioni di «rimborsi elettorali» quinquennali anche se la legislatura è durata due, i 41 partiti attualmente in vita (alle ore 17.00 di ieri) si preparano alla campagna elettorale tra gli ingorghi e le transumanze di chi va, chi viene e chi resta in mezzo alla strada perché non sa dove andare.
Mastella pare non lo voglia nessuno, anche per via della famiglia numerosa, per giunta inseguita dai carabinieri. [SM=x44456]

Marco Travaglio
© Foto U.Pizzi

I Liberaldemocratici, cioè Dini e D’Amico, sono prossimi alla scissione dell’atomo: Dini a destra, D’Amico a sinistra. [SM=x44455]
Il Cainano, avendo promesso posti a tutti (persino un «ministero dell’Oceania» al sen. Randazzo), ha più gente sotto casa che capelli in testa.
I sismografi rilevano smottamenti dalle parti dell’Udc, a causa della fuoriuscita di gas tossici, fra i quali Carlo Giovanardi. [SM=x44505]
Il popolare Fernandel aveva già anticipato la sua mossa agli eventuali elettori con una lettera al Giornale, subito dopo la nascita del Partito del Popolo delle Libertà sul predellino della Mercedes dell’amato Silvio.

Poi però Silvio aveva smentito di aver mai fondato un partito al posto di Forza Italia, così Fernandel aveva smentito di aver mai scritto al Giornale [SM=x44467] e aveva avvertito l’Udc di non esser mai uscito, al che dall’Udc gli avevan detto di fare un po’ come gli pare, chè tanto - resti o vada - nessuno si accorge di nulla.


L’altroieri ha smentito la precedente smentita [SM=x44457] ed è di nuovo uscito, spiegando di aver sofferto in silenzio per troppi anni in un partito che non era più il suo, e ne ha fondato uno nuovo: i Popolari liberali, che presto si riuniranno a congresso in una cabina telefonica, intanto confluiscono in Berlusconi. Attenzione però,avverte Giovanardi: «non entriamo in Forza Italia, ma nel Partito popolare delle libertà». [SM=x44467]

Prima o poi qualcuno lo avvertirà che il Partito popolare delle libertà non esiste, [SM=x44452] visto che quelli di Berlusconi si chiamano Forza Italia e Partito del Popolo delle Libertà.
In pratica Fernandel ha lasciato l’Udc (che l’aveva addirittura fatto ministro) per un partito fantasma.
Ci appelliamo fin da ora a Piercasinando, che è personcina ammodo, perché riaccolga il figliol prodigo nella casa del padre, onde evitare che il pover’uomo si abbandoni a gesti inconsulti. [SM=x44472]



I posti a sedere, del resto, non mancano:
se ne sono andati anche Baccini e Tabacci per dar vita alla Rosa Bianca, che dovrebbe imbarcare Savino Pezzotta, quello che parla con una patata sotto la lingua. Resta da capire se staranno a destra o a sinistra, ma pare che scioglieranno il dilemma in modo bipartisan: Baccini a destra, Tabacci a sinistra, Pezzotta a casa.

Alle gravi perdite di cui sopra, Piercasinando sopperisce da par suo con due new entry davvero appetitose: gli ex forzisti Ferdinando Adornato e Angelo Sanza, noti trascinatori di folle.
Da giorni la sede dell’Udc in via Due Macelli è transennata per arginare il tumultuoso afflusso dei loro seguaci.
Ora, Sanza è un ex dc, e si capisce.



Ma Adornato? A parte la rima con Piercasinando, non è dato sapere quali affinità elettive con l’Udc abbia scoperto costui, che 15 anni fa voleva spezzare le reni alla Prima Repubblica e ora si ritrova in lista con Totò Cuffarò. [SM=x44457]
Ex comunista, già direttore del giornale della Fgci Città futura, nel 1993 cofondò Alleanza democratica per spazzare via l’orrendo Caf, tutto eccitato dal repulisti di Mani Pulite.

Entrò alla Camera col Pds per salvare l’Italia dal «pericolo Berlusconi».
Fondò il settimanale Liberal (9 vicedirettori e 8 lettori) per forgiare una «nuova classe dirigente».
Poi virò in direzione Berlusconi, diventandone l’ideologo, ma senza dirgli niente. [SM=x44452] Produsse alcune centinaia di documenti programmatici che Berlusconi finse di leggere per non farlo soffrire. Organizzò decine di convegni a Gubbio e dintorni per una «svolta liberale» con Previti e Dell’Utri, tra cui uno memorabile sul ruolo de «Il berlusconismo nella storia del XX secolo». Depositò il marchio del Partito delle Libertà.

Ma poi Berlusconi, tra lui e la Brambilla, optò per la Brambilla:
perché Nando ha tanti pregi, ma non ha un filo di tette.
Da mesi il nostro meditava la riscossa, che l’altro giorno finalmente è arrivata:
siccome Liberal mensile non lo comprava nessuno, ecco in edicola Liberal quotidiano, con tre direttori (gli altri sono Renzo Foa e Michael Novak) e, in copertina, un grande interrogativo esistenziale: «C’è ancora l’Italia?».
Traduzione per i non-Adornando: «C’è un posto in lista per me?».
Risposta di Piercasinando: «S’è appena liberato il trespolo di Giovanardi, ma fa presto, potrebbe tornare da un momento all’altro».


Dagospia 06 Febbraio 2008


[SM=x44471]

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13/02/2008 21:10

CAOS SALMO
– IL PARTO “TRAVAGLIATO” DELLA “LISTA PLATINETTE”:

UN ESPEDIENTE FURBESCO PER FAR ABBOCCARE LA BINETTI DI TURNO E AIUTARE IL “CAINANO”
– MENTRE PIERFURBY E’ ORMAI RUINATO…



Marco Travaglio per “l’Unità”


Nell’ambito della semplificazione della politica e della corsa sfrenata verso l’età della pietra, ecco a voi la Lista No Aborto, per gli inglesi Pro Life, del Platinette Barbuto.
Il quale, sempre spiritoso oltreché molto intelligente, assicura: «Correrò da solo»
(già allertata la Protezione civile).
Noi, nel nostro piccolo, siamo con lui.
La Lista Platinette presenta infatti almeno tre vantaggi.


Primo:
il nostro lascia “Otto e mezzo” e almeno per un paio di mesi ce lo leviamo dai piedi
(il programma sarà condotto dalla sola Armeni e ribattezzato “Mezzo”).
Secondo:
la nobile, disinteressata battaglia ideale «per la vita» che tanti ammiratori platinettiani aveva subornato negli ultimi mesi si rivela finalmente per quel che è: un espediente furbesco per abbindolare qualche beghina raccontandole che, votando lui, diminuiranno miracolosamente gli aborti; seminare zizzania nel centrosinistra, dove c’è sempre qualche Binetti che abbocca; e portare acqua al mulino del Caimano, che peraltro dell’aborto se ne infischia allegramente, visto che la sua signora ha dichiarato di aver abortito fra il sesto e il settimo mese, e lui è molto interessato a far abortire il processo Mills, il processo Mediaset, il processo Saccà e la sentenza della Corte di Lussemburgo su Europa7.

Terzo:
lo spettacolo del Platinette che torna candidato dopo gli strepitosi trionfi del Mugello
(dove, nel ’97, si presentò contro Di Pietro e portò il Polo al minimo storico, riuscendo a trasformare in dipietristi pure gli elettori berlusconiani) aggiunge un tocco di classe a una campagna elettorale che è meglio del cabaret.
Anzi è leggermente più bigotta di un conclave. Pare quasi che non si elegga il nuovo Parlamento, ma il nuovo Papa.
Uòlter conciona a Spello tra un convento e l’altro.
Piercasinando, escluso dal Partito dei Prescritti in Libertà, corre a telefonare a Ruini in lacrime perché quei cattivoni di Silvio e Gianfranco gli han fatto la bua e non lo fanno più amico.

Ruini, anzichè rifilargli una sacrosanta sculacciata e rammentargli che ha 50 anni suonati, lo accoglie all’ombra della sua sottana e manda in tv il direttore di “Avvenire”, con quella faccia da bollino rosso, a lanciare oscuri messaggi attribuiti a misteriosi «umori che ho raccolto» per dire che Piercasinando è tutti noi e gli facessero un po’ di posto e forza Udc. Intanto giunge notizia da Oltretevere che Gianni Letta, con quella faccia da sua sorella, è stato nominato dal Papa «gentiluomo di Sua Santità».



Il che, spiegano i bene informati, gli dà diritto a comparire sull’Annuario Pontificio (che è già una bella soddisfazione) e per giunta a «stare a contatto col Papa e con la Curia nelle cerimonie e nelle udienze con i capi di Stato e di governo».
Fra un paio di mesi, quando il Cainano piduista e divorziato, dunque molto religioso, prenderà i voti (alle elezioni) e andrà a baciare la sacra pantofola per grazia ricevuta accompagnato da una delle sue famiglie a scelta, Letta Continua accompagnerà entrambi: sia papa Silvio, sia Benedetto suo vice.



Se poi si pensa che solo 14 anni fa stavano per arrestarlo per le presunte tangenti sulle frequenze tv e ora lo chiamano «gentiluomo», vuol dire che c’è davvero speranza per tutti.
Più che in una campagna elettorale, pare di vivere nel film «Il marchese del Grillo» di Alberto Sordi, anche lui gentiluomo di Sua Santità addetto al trasporto del medesimo sulla sedia gestatoria, ma molto più laico e disincantato di questo branco di fanatici e opportunisti che di religioso non hanno nulla.

Tutto questo rimestare nei feti da parte di noti ex abortisti, questo appellarsi all’etica da parte di conclamati ladroni e malfattori, questo sventolare i valori della famiglia da parte di celebri puttanieri, questo commuoversi per la sacralità vita da parte dei peggiori guerrafondai, sostenitori di Guantanamo e Abu Ghraib, questo intenerirsi per i bambinelli da parte di chi vorrebbe cacciare dagli asili i figli dei clandestini, questo portare a spasso le madonne pellegrine da parte di fior di miscredenti deve aver allarmato anche gli ambienti più avveduti della Santa Sede, che l’altroieri ha sottolineato la distinzione tra Chiesa universale e la Cei ruinesca (che ieri ha detto la sua anche sul film “Caos calmo”).

A riprova del fatto che le ingerenze del Vaticano nella politica sono una cosa grave, ma mai quanto l’arrendevolezza della politica.
In una celebre vignetta di Altan, un prete infila un ombrello aperto nel sedere di un passante e domanda: «Disturbo?». Il passante, rassegnato, risponde: «Si figuri, lei sfonda una porta aperta».


Dagospia 13 Febbraio 2008
dagospia.excite.it/articolo_index_37998.html

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16/02/2008 22:19

MENTRE ALL’ESTERO SI GODONO I CONFRONTI ALL’ULTIMO SANGUE OBAMA-HILLARY
DA NOI NON È VOTO, È EX VOTO: GRAZIA RICEVUTA PER SANTO INCIUCIO “VELTRUSCONI“
“ANNOZERO”: TRAVAGLIO CONTRO IL GIORNALISMO VESPOSO – CAPPON LO BACCHETTA



1 - CAPPON: BENE SANTORO MA NON CONDIVIDO TRAVAGLIO

(Ansa) - E' piaciuta al direttore generale della Rai, Claudio Cappon, la puntata da record di Annozero di ieri.
Ma c'e' anche una cosa che al dg non e' piaciuta:
''Non condivido - ha sottolineato - le critiche di Travaglio sulla mancanza di contraddittorio nei nostri programmi di approfondimento informativo''.


2 - TRAVAGLIO: NON SONO PIACIUTO A CAPPON? PAZIENZA…

(Ansa) - ''Non sono piaciuto a Cappon? Pazienza... Me ne faro' una ragione'': cosi' Marco Travaglio replica al direttore generale della Rai Claudio Cappon il quale non condivide le critiche del giornalista sulla mancanza di contraddittorio nei programmi di approfondimento informativo proposti dall'azienda. ''Se Berlusconi - argomenta Travaglio - dice che bisogna fare il traforo del Frejus e nessuno gli dice che c'e' gia' da 130 anni o se Veltroni dice che l'occupazione dell'Afghanistan e' come la lotta contro la mafia e nessuno obietta che la lotta alla mafia la facciamo noi in casa nostra, mentre l'occupazione dell'Afghanistan la facciamo noi in casa d'altri, secondo me non c'e' alcun contraddittorio. Ma se il contraddittorio non deve contraddire, allora bisogna riformare al piu' presto il dizionario della lingua italiana''.

3 - IL TESTO INTEGRALE DEL’INTERVENTO DI TRAVAGLIO AD “ANNAZERO”

All’estero gli elettori si godono i confronti all’ultimo sangue Obama-Hillary, Schroeder-Merkel. In Italia Berlusconi e Veltroni vanno in tv separatamente e non c'è verso di metterli insieme nemmeno a San Valentino.
E chi lo fa il “contraddittorio”?
Dovrebbero essere i giornalisti.
Ma non è sempre così, com’è avvenuto martedì e mercoledì. Un modello legittimo, purchè non sia l’unico: lì le domande servono al politico per dire quel che vuole.
Se mente, nessuno lo interrompe. Se c’è un tema scomodo, non lo si affronta.
Ma il contraddittorio dovrebbe contraddire, o no? Qui non c’è mai la seconda domanda per smentire quel che il politico ha detto nella prima risposta.
Qualche esempio:

VELTRONI

Dice: “I giudici possono intercettare chi vogliono, ma poi le intercettazioni non si pubblicano fino al dibattimento”. E’ materia nostra: un giornalista dovrebbe obiettare che succede se si fa così: oggi si pubblicano quando vengono depositate agli avvocati e agli indagati, cioè quando cade il segreto.
Se si aspetta il dibattimento, invece, passano anni, e intanto le intercettazioni circolano tra avvocati, indagati, politici, giornalisti. Senza alcun controllo. Si possono usare per ricatti, minacce, trattative, e i cittadini non ne sanno nulla.

Non solo, ma non si può sapere subito che cosa ha fatto questo e quello. Oggi ancora non si saprebbe nulla di Moggi e Carraro, furbetti, banche, Fazio, Ricucci, Fiorani, patto Rai-Mediaset, Berlusconi-Saccà, malasanità e lottizzazione in Calabria e in Campania, mafia e politica. Da pochi mesi sapremmo che Cuffaro incontrava mafiosi. Fazio l’han mandato via non per il processo, ma per le telefonate pubblicate. Carraro idem. Saccà e la Bergamini idem. E forse, senza le telefonate Unipol, D’Alema e Fassino non avrebbero investito Veltroni
della leadership del Pd. Invece nessuno dice niente, così tutti sono d’accordo.

Vespa:
“Anche la Bbc
è legata al potere, il presidente è amico di Blair”. Già, ma è sottoposto alla Regina, scelto con pubblico concorso in base a un curriculum, infatti la Bbc fa un mazzo così prima alla Thatcher e poi a Blair. Diceva la Thatcher: “La Bbc non mi piace ma non posso farci nulla”. Magari un politico potesse dire lo stesso della Rai. Qui ci vorrebbe il contraddittorio a Vespa...

Veltroni poi paragona guerra Afghanistan a lotta alla mafia (ma c'è una bella differenza: noi abbiamo invaso uno Stato sovrano, l’esercito afghano non è mai venuto a invadere la Sicilia con la scusa di combattere la mafia)
Veltroni dice che gli inceneritori non fanno male alla salute (e le nanoparticelle cancerogene? silenzio).
Niente domande su conflitto interessi, sulla Gasparri bocciata dalla Corte europea:
sono temi che Veltroni non vuole toccare, dunque nessuno glieli chiede.

BERLUSCONI
Vespa tenta di fare prima domanda, ma se la fa Berlusconi da solo.
Parte un servizio: una giornalista bionda insegue Berlusconi, un vero agguato: “Rambo lo vuole, non è che si candida alla Casa Bianca?“.
Poi chiede un parere a un osservatore distaccato,super partes: “B. ha cambiato la politica”. E’ Bonaiuti, il portavoce di Silvio!

Berlusconi tracima:
il mio è unico governo dal ’68 a ridurre pressione fiscale (non è vero: promesso ridurla drasticamente, poi alla fine si vanta di non averla aumentata);
noi siamo la nuova moralità nella politica (sic), 106 grandi opere, 1000 km di strade (quali?);
la lotta evasione fiscale fa paura agli italiani (o agli evasori?).
Poi dice che la lotta all'evasione ha fruttato solo 2 milioni contro i 40 sbandierati da Prodi:
ma Prodi non ha mai detto 40, ha detto 18; e, se è solo di 2 milioni, dov’è tutto ‘sto terrore?

Salari: “Col mio governo erano alti, con Prodi sono scesi”. Ma poi dice che i governi non possono far molto per i salari: e allora che c'entra Prodi? Nessuno rileva la contraddizione.

Annuncia la chiusura delle frontiere (quali? a chi? come?)
Dice: avremo solo 12 ministri (ma non aveva promesso il ministero dell'Oceania al sen. Randazzo?).




Vespa tira fuori scrivania ciliegio, ma lui non ha portato il Contratto con gl’italiani. Ci stanno lavorando Tremonti-Brunetta. In compenso dice che in Fininvest aveva 56 mila collaboratori (falso: mai avuti più di 30 mila, la metà).
“Io coi rifiuti non c’entro nulla: colpa Bassolino, Pecoraro, Pd di Prodi e Veltroni” (nessuna replica: eppure ha governato 6 anni, e l'emergenza dura da 15, e l'appalto all'Impregilo l'ha dato il governatore Rastrelli di An!)

Grandi opere: "non si può non fare il traforo del Frejus (che però c'è già dal 1870!!!).

“A sinistra c'è chi vorrebbe abolire la moneta come voleva Stalin” (e chi sarebbe? nel centrodestra non c'è il partito No Euro che vorrebbe tornare al tallero o alla dracma?).
“Stiamo pensando con don Verzè di portare vita media a 120 anni. Io ne sento 35!“. Dunque conta di vivere 240 anni? Con quale invenzione scientifica?

Vuoto di memoria:
“Nel ’94 tentai di mettere d’accordo Zaccagnini con Bossi” (era Martinazzoli, Zaccagnini è morto nell’89, ma nessuno se la sente di correggerlo)
Evasione e condoni:

“Chi fa il condono denuncia aver dichiarato di meno, anche a me dà fastidio se c’è evasione, perché sono il primo contribuente italiano”(ma il condono lo fece pure Mediaset, approfittando della legge fatta da Berlusconi: ma nessuno lo dice)

Non una domanda su Mastella e Dini (Berlusconi non era contro i ribaltoni?), processi, conflitto interessi, Europa7, condanna della Gasparri da parte della corte europea.
Se non ne parla nemmeno Veltroni, perché dovrebbero parlarne i giornalisti o Berlusconi? [SM=x44493]
[SM=x44472] [SM=x44471]

All’estero tutto ciò sarebbe impensabile.
Lì il contraddittorio è una cosa seria: un contraddittorio che contraddice.
Qui è uno spazio autogestito dai partiti.
Viene una certa nostalgia per Tribuna politica di Jader Jacobelli:

domanda del giornalista, risposta del politico, replica del giornalista, controreplica del politico. Oggi sarebbe impossibile, anzi sarebbe proprio eversivo.
Oggi l’Authority a Jader Jacobelli lo farebbe arrestare.


Dagospia 16 Febbraio 2008
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[Modificato da Etrusco 22/02/2008 00:13]

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07/03/2008 20:29


TRAVAGLIO CONTRO TUTTI – NON PERDO TEMPO A INTASARE LA CASELLA DI POSTA DI POLITO EL DRITO – CHI ADDORMENTERÀ GLI ONOREVOLI ORA CHE CALDAROLA NON SI CANDIDA? – FACCI VADA A PESCA E PENSI ALLE RAGAZZE, È MEGLIO…



Marco Travaglio per “l’Unità”




Tonino Polito
© Foto U.Pizzi

Il manicomio delle candidature sta lasciando per strada alcuni casi umani bisognosi d’affetto. Uno è Antonio Polito, scandidato da Uòlter e dunque tornato direttore del “Riformista” della famiglia Angelucci (il cui capostipite, mancato l’acquisto de “l’Unità”, si candida con An, così impariamo).

Soddisfatto per essere riuscito a «solare» - come si dice a Roma - non una ma due volte il suo editore, Polito El Drito ha rilasciato un’intervista al suo quotidiano preferito: “Il Giornale”.
Una paginata sormontata da una gigantografia in cui fa capolino da una pagina bucata e dunque vuota del “Riformista” (mi scuso per la tautologia).
Poi si occupa del sottoscritto: «Bravo giornalista col grave difetto di esser portavoce delle procure e non verificare professionalmente le fonti.
Su “l’Unità” dei miei tempi non avrebbe mai scritto. Ogni suo articolo è una somministrazione di olio di ricino… teppismo giornalistico».

La mia modesta persona dev’essere per lui una vera ossessione: «Ho il fondato sospetto che Travaglio si nasconda sotto pseudonimi nei blog di internet.
Una volta, mi criticò ad “Annozero”.
Poi ho ricevuto raffiche di e-mail con le sue stesse parole».

Essendo abituato a fare giornali senza lettori e a fare il senatore senza elettori, l’idea che qualcuno (circa 4 milioni di persone) veda “Annozero” e poi gli scriva ciò che pensa, non lo sfiora.
Ma, se vuole, glielo metto per iscritto: quello che gli manda le mail sono sempre io che, non avendo nulla da fare, passo le giornate e le notti a intasargli la casella di posta usando sempre un nome diverso per camuffarmi meglio.
[SM=x44456]



Ora però mi auguro che si riposi un po’, perché lo vedo provato: da quando Uòlter ha preferito Di Pietro a lui e a Caldarola, non s’è più riavuto. Non vorrei che si spettinasse.
[SM=x44456]

Un altro che non l’ha presa bene è Peppino Caldarola che, a furia di entrare e uscire dai Ds e dal Pd, s’è buscato la labirintite e non sa più nemmeno dove sta. «Scorrendo i nomi di tante mogli, figlie, portavoce, portaborse, segretari, ragazze/i pompon - dichiara - penso che al potere abbiamo portato la servitù». Non c’è più la servitù di una volta. Poi si occupa molto elegantemente della segretaria di Fioroni, che è candidata e lui no: «La moglie di Fioroni ha ingaggiato un investigatore privato quando ha letto che nelle liste c’è la segretaria, molto particolare, di suo marito».
E rivela un particolare struggente: «Questi sei anni in Parlamento non sono stati un granché: mi han fatto parlare solo 5 volte in aula, di cui 3 in piena notte, malgrado sia un esperto di comunicazione».



Caldarola e Rossi
© Foto U.Pizzi


Giusto: via lui, chi aiuterà gli onorevoli a prendere sonno? Infine Caldarola lancia una minaccia sanguinosa: «Sto preparando un libro. Torno a fare il giornalista e saranno sorci verdi per tutti». Soprattutto per gli eventuali lettori. Anche Filippo Facci, poveretto, è ossessionato. Il noto giornalista investigativo ha scoperto che una sera ho cenato con Gian Carlo Caselli e non l’ha proprio mandato giù: essendo abituato a frequentare pregiudicati (Craxi e Pillitteri) e imputati (uno a caso: Berlusconi), trova disdicevole che qualcuno frequenti magistrati (soprattutto se vivi: i peggiori).
«Un collega - denuncia in prima pagina sul Giornale - mi ha segnalato la presenza di Travaglio in un ristorante». [SM=x44472]

Indica anche l’indirizzo e il nome del locale dov’è avvenuto il fattaccio e soprattutto ne smaschera lo scopo recondito: non a caso «il giorno dopo Travaglio ha scritto un articolo sulle candidature della Sicilia cara a Caselli: e io non penso che Caselli possa esser stata una fonte, ma qualche malizioso, avendoli visti attovagliati, potrebbe pensarlo». Ora, l’idea che per scrivere un pezzo sulle candidature in Sicilia pubblicate da tutti i giornali uno abbia bisogno di andare a cena con Caselli, è già bizzarra.

Purtroppo però la cena in questione risale non a lunedì scorso, ma al 28 gennaio, dopo la presentazione del mio libro a Torino [SM=x44452] (c’erano anche il mio editore e l’altro partecipante all’incontro: il giudice Davigo, altro putribondo figuro), quando non si sapeva nemmeno se si sarebbe votato. Il poveretto ha sbagliato solo di un mese, che sarà mai. Lui, come dice El Drito, è uno che controlla professionalmente le fonti. [SM=x44457]
Faccia il piacere: pensi alle ragazze, vada a pesca, giochi a rubamazzette. Insomma, si rilassi. Giuro che, la prossima volta che vado a cena con qualcuno, sarà mia cura farglielo sapere.


Dagospia 07 Marzo 2008
dagospia.excite.it/articolo_index_38649.html



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FEDINA NERA
– TRAVAGLIO FA IL PUNTO SU TUTTI I GUAI GIUDIZIARI DEL CIARRA:
IL CAV È STATO DI PAROLA, AVEVA PROMESSO DI NON CANDIDARE “SUPPOSTI AUTORI DI REATI”.
INFATTI CANDIDA QUELLI SICURI…




Marco Travaglio per “l’Unità”



Che sia fascista, lo dice pure lui.
E sarebbe pure una cosa grave, se non fosse per la fedina penale, che è molto più nera della camicia nera.
Giuseppe Ciarrapico in arte Ciarra, stando al casellario giudiziario, vanta una collezione di condanne, arresti, rinvii a giudizio, prescrizioni e processi in corso da non temere rivali.
Le condanne definitive, confermate dalla Cassazione, sono quattro, per reati che vanno dalla bancarotta fraudolenta alla ricettazione fallimentare, dallo sfruttamento del lavoro minorile alla truffa pluriaggravata, ma potrebbero presto aumentare.

In primo grado, il camerata pregiudicato è stato di recente condannato per truffa e violazione della legge sulle trasfusioni.

Il Cavaliere è stato di parola.
Aveva promesso di non candidare «supposti autori di reati»: infatti candida quelli sicuri.
[SM=x44522]
La carriera penale del futuro senatore del Pdl - ricostruita dalla “Voce delle Voci” (già “Voce della Campania”) - inizia nel 1973, quando la Corte di Appello di Roma conferma la sentenza del Tribunale di Cassino e lo condanna per truffa aggravata e continuata a Inps, Inail e Inam per non aver registrato sui libri paga gli stipendi dei dipendenti.

La Cassazione conferma la truffa, ne dichiara prescritta una parte e incarica la Corte d’appello di rideterminare la pena per l’altra.
Nel 1974 altra condanna: il pretore di Cassino lo multa di 623.500 lire per aver violato per quattro volte la legge che tutela «il lavoro dei fanciulli e degli adolescenti», sentenza confermata in Cassazione.
Poca roba, rispetto a Tangentopoli e anche dopo. Nel marzo ’93 viene arrestato dal gip Augusta Iannini per lo scandalo Italsanità dal quale verrà poi assolto (condannato però il figlio).


Aprile ’93: Di Pietro lo fa di nuovo arrestare per una stecca di 250 milioni al segretario del Psdi Cariglia su richiesta di Andreotti.
«Era vero, li diedi per arruolare Modugno alle feste del Psdi», dirà lui anni dopo. Passa un mese e torna dentro, stavolta per un presunto miliardo alla Dc andreottiana nello scandalo delle Poste. A giugno, condanna in primo grado a 6 mesi per diffamazione: aveva affisso a Fiuggi un manifesto in cui dava a un consigliere comunale del «mentitore diffamatore mestatore».

Nel 1997 la Procura di Roma lo rinvia a giudizio per peculato, abuso e falso nella sua attività di re delle acque minerali:
secondo il pm Maria Cordova, mentre era custode giudiziario dell’Ente Fiuggi, omise di versare 20 miliardi al Comune e si appropriò di denaro per spese pubblicitarie, interessi passivi e acquisto di beni capitalizzati, rinnovando il contratto di vendita dell’acqua Fiuggi a una sua società che offriva prezzi inferiori (e danneggiando il Comune, che percepiva un tot a bottiglia).



Nel 1995 è condannato con rito abbreviato per falso in bilancio delle Terme Bognanco. Ma questi processi finiscono in nulla.
Nel 1998, la prima mazzata:
condanna in Cassazione a 4 anni e 6 mesi per bancarotta fraudolenta del Banco Ambrosiano. La sua Fideico, nel 1982, aveva ottenuto dalla Banca di Calvi e della P2 un improvviso aumento di credito da 4 a 39 miliardi, restituendo solo le briciole.

Nel 1999, il kappaò:

altra condanna definitiva a 3 anni per il crac da 70 miliardi della società che controllava la Casina Valadier, il palazzetto liberty romano trasformato in ristorante.
Ma il Ciarra, pur dovendo scontare 7 anni e mezzo, non finisce in carcere: per l’età e gli acciacchi ottiene l’affidamento ai servizi sociali. Intanto i processi avanzano, con qualche botta di fortuna. Nel ’99, condannato in appello per emissione di assegni scoperti, è assolto in Cassazione perché il reato è stato appena depenalizzato.

Il pirata d'Arcore

Nel 2000 cade in prescrizione la condanna in primo grado per violazione della legge sulle assunzioni obbligatorie di invalidi.
Nel 2001, condanna in primo grado a Perugia per abuso d’ufficio con il giudice fallimentare di Frosinone che nel ’93 regalò l’amministrazione controllata alla sua capogruppo Italfin 80, evitandogli il crac: reato poi estinto per prescrizione.
Intanto s’è dato alle cliniche private. E anche in quel ramo riesce a dare lavoro alla Giustizia.

Nel 2002 il Tribunale di Roma lo condanna a 1 anno e 8 mesi per truffa e violazione della legge sulle trasfusioni: insieme ad alcuni dirigenti della Quisisana, avrebbe imposto a una cinquantina di pazienti sottoposti a trasfusioni parcelle gonfiate per 3-400 mila lire l’una.
Nel 2005 è rinviato a giudizio per ricettazione nella vecchia vicenda delle tangenti al ministero delle Poste.
Ma ci sono pure questioni recentissime, come quella che lo investe per la sua attività di editore di giornali locali, 11 «cooperative» tra la Ciociaria e il Molise, finanziate dallo Stato.

Nel novembre 2007 il Ciarra è indagato a Roma per truffa ai danni di Palazzo Chigi: pare che tra il 2002 e il 2005 abbia incassato il doppio dei contributi, attestando falsamente che le società Editoriale Ciociaria Oggi e Nuova Editoriale Oggi avevano gestione separata.
In attesa, il Gip ha sequestrato i 2,5 milioni della Presidenza del Consiglio.
Ma ieri Berlusconi ha detto di averlo candidato per avere finalmente qualche giornale amico:
tra qualche mese, se tutto va bene, Fedina Nera a Palazzo Chigi potrà entrare quando gli pare.


Dagospia 12 Marzo 2008

dagospia.excite.it/articolo_index_38755.html

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