Alitalia, chi la salverà ?

Ultimo Aggiornamento: 27/05/2023 20:07
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30/07/2008 22:50

Dopo il prestito ponte di 300 Milioni
ancora altri 800 Milioni per Alitalia
[SM=x44467] [SM=x44473]


il documento di Intesa Sanpaolo
Alitalia, il piano 'Fenice' da 800 milioni.
Ligresti e Benetton. In forse Colaninno
Il ricatto del Premier: «Meglio 5mila esuberi di 20mila licenziamenti»
Il Pd chiede di riferire in Senato, l'Udc alla Camera



ROMA - Comincia a delinearsi la nuova Alitalia, che come l'Araba Fenice, potrebbe risorgere dalle proprie ceneri: il piano messo a punto dall'advisor Intesa Sanpaolo (chiamato appunto «Fenice»), che dovrà ora passare al vaglio del governo e degli azionisti, prevde una società con un maggior peso nel mercato domestico, un rafforzamento di Malpensa sui voli internazionali e intercontinentali e l'arrivo di un partner straniero. Ancora pochi giorni e il piano che Intesa Sanpaolo sta completando sarà presentato all'azienda, probabilmente al cda dell'8 agosto, e quindi al governo a cui spetta il compito di decidere le modalità per accompagnare la gestione della 'bad company', che avrà in carico 5mila esuberi e i debiti della compagnia.

LA CORDATA - La 'newco' (società costituita ad hoc), che dovrebbe essere guidata da Rocco Sabelli, dovrebbe avere una dotazione finanziaria di circa 800 milioni, e tra i soci vedrebbe la partecipazione di Benetton, Marcegaglia, Riva, Fossati, Ligresti e probabilmente Roberto Colaninno che - nel caso - vorrebbe avere un ruolo adeguato alla sua esperienza nella governance. Ci sarebbero anche la banca d'affari Morgan Stanley (che però in serata sottolinea che nessuna decisione è stata ancora presa in merito a un'eventuale partecipazione alla cordata), fondi di 'private equity' come Clessidra ed Equinox e la stessa Intesa Sanpaolo. L'integrazione tra Alitalia e AirOne si farebbe, ma non è ancora definito se Carlo Toto entrerà nella nuova società conferendo asset e slot o vendendo direttamente la compagnia ai nuovi soci e, in questo caso, potrebbe poi decidere di reinvestire una parte di quanto incassato (secondo alcune stime circa 300 milioni) nella nuova Alitalia. Il piano prevede che Az Servizi rientri nel perimetro della compagnia, contrariamente al piano Spinetta, che incontrò proprio su questo punto la ferma opposizione del sindacato.
La nuova Alitalia, che potrebbe partire a settembre, punta a guadagnare quote nel mercato domestico, passando dall’attuale 40% al 60% e, una volta risanata aprirebbe le porte a una società internazionale (Air France o Lufthansa e British Airways) che potrebbe entrare come azionista, ma anche come partner commerciale.

L'OPPOSIZIONE CHIEDE DI RIFERIRE - Nonostante l'ottimismo che anima il presidente del Consiglio (che martedì sera ha parlato del futuro della compagnia con i senatori del Pdl), la vicenda Alitalia continua a preoccupare l'opposizione e i sindacati. Tanto che il Pd chiede al governo di riferire in Senato. «Il susseguirsi di notizie di stampa sulla evoluzione della vicenda Alitalia - si legge nella lettera al premier firmata da 71 senatori, tra cui la presidente Anna Finocchiaro - ci induce a chiederle di venire al più presto in Senato a riferire sullo stato della compagnia e sul contenuto delle decisioni che il governo si appresta ad assumere per il suo salvataggio. Le chiediamo di venire a riferire sui futuri assetti organizzativi di Alitalia, sui soggetti promotori e finanziatori dell'operazione, sugli esuberi che la ristrutturazione ipotizzata dal governo è destinata a produrre nonché sul contenuto della revisione della legge Marzano che sembra essere, di conseguenza, necessaria». Alla Camera è invece l'Udc, con Michele Vietti, ad esigere chiarimenti. «Capisco che sulla vicenda governo e maggioranza debbano pagare la cambiale rilasciata in campagna elettorale, ma sarebbe bene nell'interesse di tutti che il governo venisse in aula a spiegarci cosa intende fare» ha detto il deputato, aggiungendo che Alitalia è una società quotata in borsa e già nel passato voci incontrollate hanno determinato «fluttuazioni sospette» del titolo al punto da far muovere la magistratura. «Sarà premura della presidenza pregare il governo di considerare le sue richieste e di riferire all'Aula» ha replicato il presidente Gianfranco Fini.

L'ANNUNCIO - Martedì sera Silvio Berlusconi, parlando ai senatori del Pdl, aveva già cominciato a snocciolare numeri e prospettive della compagnia di bandiera: 4-5mila esuberi («contro i 20mila licenziamenti in caso di fallimento della società»), 90 nuovi aerei e il ripristino di importanti rotte intercontinentali, a cominciare da nuovi scali in Cina. Gli esuberi (su cui poche ore dopo il ministro del Lavoro Sacconi ha commentato «non so niente» e il collega delle Infrastrutture Matteoli «se lo ha detto lui, ne sa certamente più di noi») saranno in parte riassorbiti - assicura il premier -, mentre per molti dipendenti scatteranno ammortizzatori sociali, misure di prepensionamento e di scivolo. Per quanto riguarda la trattativa con Air France-Klm, esistono secondo il premier «varie sinergie» con Parigi anche se non si parla di un accordo organico. Con Alitalia si va avanti - ha concluso - perché si deve pensare al bene del Paese e il governo non si fermerà davanti a qualche manifestazione. Una 'ricetta' che non piace al Pd. «I contribuenti si troveranno le tasche occupate dal governo - attacca Walter Veltroni -. Per Alitalia c'è bisogno di alleanze internazionali e non di soluzioni fatte in camera e cucina». Veltroni sottolinea che la soluzione Air France «prevedeva 2.150 esuberi, mentre Berlusconi ha comunicato che ce ne saranno 5 mila. Inoltre non ci sarà più un’alleanza internazionale. Qual era la soluzione migliore? È una domanda che attende una risposta».

STOP AI SINDACATI - Berlusconi dal canto suo prevede le critiche dei sindacati, in particolare sul numero di esuberi, e chiede alle sigle confederali di «non mettere il bastone tra le ruote, altrimenti salta tutto». «C'è il piano, c'è la soluzione, ci sono i soldi, tanto che ho dovuto dire molti no - assicura -. Certo non si potranno tenere tutti i dipendenti, si cercherà un modo indolore per salavaguardare il maggior numero di persone, ma è chiaro che questa è l'unica operazione che si può fare».

LETTA: «BERLUSCONI GUARDA AL PASSATO» - «Spagna e Gran Bretagna guardano al futuro con la fusione Iberia-British - commenta il ministro ombra del Pd, Enrico Letta -. Invece Berlusconi guarda al passato e per Alitalia emerge una soluzione che prevede di mettere altri soldi pubblici in una voragine che ne ha già assorbiti tanti». Per Felice Belisario, presidente dell'Italia dei Valori in Senato, «la vicenda Alitalia è ormai all'ultimo atto e, se non fosse una situazione tragica per migliaia di lavoratori e per loro famiglie, sarebbe una farsa scritta, diretta e interpretata dal presidente del Consiglio». I Verdi, con Angelo Bonelli, accusano il governo di «comportamento vergognoso e irresponsabile che ha come unica vittima la compagnia di bandiera e i lavoratori».

EPIFANI: «VOCI ALLARMANTI» - Il leader della Cgil, Gugliemo Epifani, definisce «preoccupanti e allarmanti» le voci sul futuro di Alitalia, «sul grande numero di esuberi e il commissariamento».
«Qualunque azione di rilancio della compagnia non può prescindere da un piano industriale serio
e da una alleanza con un grande vettore internazionale
, come quella che in queste ore è oggetto di trattativa fra British Airways e Iberia» sottolinea il segretario generale della Cgil. Della necessità di «una chiara e diretta assunzione di responsabilità del governo che si esprima con assoluta chiarezza e metta fine alla indiscrezioni» parla un comunicato di Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti, Ugltrasporti, SdL T.A. «Abbiamo ribadito più volte - sottolineano i sindacati - che il solo modo per affrontare seriamente la questione è rappresentato dall'avvio di un confronto serio, ufficiale e trasparente per rilanciare l'Alitalia e l'intero sistema del trasporto aereo italiano e finora l'unica risposta da fonti istituzionali è stata il silenzio». Il segretario generale dell'Ugl, Renata Polverini, chiese di «conoscere il piano industriale e di coinvolgere il sindacato per individuare le soluzioni più opportune che garantiscano, accanto al rilancio dell'azienda, la tutela dei livelli occupazionali».

30 luglio 2008 Corriere della Sera



[Modificato da Etrusco 31/07/2008 17:20]
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31/07/2008 17:20



MENTRE BERLUSCONI CONTINUA A BALOCCARSI
ATTORNO A UNA PICCOLA ALITALIA IN TRICOLORE,
Sognando Alitalia!
NEL RESTO DEL MONDO SI VOLA CON BRITISH-IBERIA

(CHE DIVENTERÀ UN "MÉNAGE A TROIS" CON AMERICAN AIRLINES)…


Massimo Riva per “la Repubblica”:



Mentre a Roma ci si continua a baloccare attorno a una piccola Alitalia in tricolore, nel resto del mondo si corre, anzi si vola. La partecipazione di nozze fra British Airways e Iberia che Londra e Madrid hanno spedito ieri ai mercati non giunge inattesa e sarà forse presto accompagnata dall'annuncio di un "ménage a trois" con American Airlines.

I costi del trasporto aereo sono talmente schizzati verso l'alto - a causa dei prezzi dei carburanti, ma non solo - che la corsa a realizzare grandi dimensioni aziendali è diventata un passaggio obbligato per chi voglia sopravvivere in un mercato diventato sempre più duro. Tanto in Europa quanto oltre l'Atlantico. È di poche settimane fa la notizia della nascita di un nuovo colosso dei cieli Usa con la fusione fra Delta e Northwest. Subito seguita dalla firma di una stretta alleanza commerciale fra altri due giganti americani, Continental e United Airlines, preludio a ulteriori passi che porteranno United a un'integrazione con la rete Lufthansa. Un via libera in tal senso è già stato chiesto all'Antitrust di Washington.

In questo scenario internazionale in grande movimento quanto sta accadendo in Italia appare come l'ennesimo segnale di un Paese bloccato da una classe dirigente incapace di guardare aldilà del proprio naso.
Altrove in poche settimane si formulano ipotesi strategiche, si fanno conti e piani industriali, si riuniscono i consigli di amministrazione e si prendono le delibere necessarie per organizzare fusioni e alleanze che permettano alle imprese di andare oltre le difficoltà incombenti. ...



...Da noi sono passati quattro mesi da quando, irretiti dalle altisonanti promesse di Silvio Berlusconi, i sindacati hanno creduto
di fare i furbi facendo scappare il presidente di Air France dal tavolo dell'unica trattativa seria che avrebbe potuto garantire ad Alitalia un futuro di compagnia aperta sul mondo. Quattro mesi assai costosi perché così se ne sono andati in fumo anche i 300 milioni del prestito che il Tesoro - in nome e per conto dei contribuenti - ha versato nelle esauste casse di Alitalia.

E ora, mentre nel resto del pianeta si uniscono o si fondono compagnie di Paesi diversi senza perdite di tempo e denaro in miserevoli "querelles" da campanile,
sembra che la luminosa idea dei patriottici salvatori di Alitalia sia quella di
unire le magagne della boccheggiante compagnia di bandiera
con le debolezze del suo concorrente interno (AirOne)
nella brillantissima prospettiva che questo matrimonio di nanerottoli possa reggere
economicamente su una rendita di quasi-monopolio nel mercato nazionale.
Ma non è nemmeno detto che questa ipotesi di un'Alitalia mignon riesca ad andare in porto.

Innanzi tutto ci vogliono tanti bei quattrini. Qualcuno è disponibile a scucirne un po' anche perché può contare di rifarsi altrimenti. Come il gruppo Benetton, che un debito di riconoscenza con il governo Berlusconi ce l'ha dopo che gli è stata data mano libera sulle tariffe autostradali.
O anche il costruttore Ligresti, che un bel po' di appalti per l'Expo milanese dovrebbe ottenerli.
Quanto ad altri, in mancanza di tornaconti tangibili, non si va oltre a un obolo di facciata.
Certo ci sono sempre le banche, a cominciare da Intesa Sanpaolo che il governo ha messo in mezzo con una procedura fin troppo disinvolta. Ma anche qui c'è un problema:
non tutti i consiglieri d'amministrazione pensano che il loro ruolo sia quello di cavare le castagne dal fuoco a Berlusconi a spese degli azionisti. [SM=x44453]

Tuttavia, anche chi è disposto a metterci del suo pone una pregiudiziale.
I privati intendono rilevare solo il poco di attivo che c'è nel bilancio Alitalia.
Tutte le passività, debiti ed esuberi di personale devono essere isolati in una cosiddetta "bad company"
da lasciare alla mano pubblica:
ovvero, in forma diretta o indiretta, a carico dei contribuenti.


Si capisce bene che a Palazzo Chigi stiano prendendo tempo. [SM=x44522]
Dopo tutto Silvio Berlusconi si è fatto votare proclamando che non avrebbe mai messo le mani nelle tasche dei cittadini:
aggiungere ulteriori esborsi pubblici ai 300 milioni del prestito di primavera
sarebbe davvero una diabolica beffa, in primo luogo per i suoi elettori. [SM=x44522]

Un'altra ragione di grave imbarazzo del presidente del Consiglio riguarda il fronte sindacale.
Con le sparate contro Air France Berlusconi ha illuso i lavoratori di Alitalia che la sua cura sarebbe stata meno cruenta di quella dei francesi.
Così non è:
secondo i progetti dei sedicenti patrioti, gli esuberi potrebbero essere anche quasi il doppio.

E ciò spiega perché questo piano di salvataggio potrebbe essere annunciato soltanto a fine agosto: i capitani coraggiosi di Palazzo Chigi non hanno l'ardire di mettere le carte in tavola

perché vivono nel ben fondato terrore degli scioperi che paralizzerebbero i cieli italiani nel bel mezzo di Ferragosto.

Così, in un misto di grande pavidità e piccole furbizie,
l'ultimo atto della tragedia Alitalia,
cominciato con l'annuncio che perfino i figli del premier avrebbero messo i soldi di casa a disposizione,
si avvia verso l'epilogo più spudorato:
il conto delle guasconate del Cavaliere a carico di Pantalone.


Massimo Riva per “la Repubblica”, 30 Luglio 2008


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01/08/2008 09:52

CASINI (UDC): «PIANO BERLUSCONI È UNA BUFALA»
- Una bufala.
Non cerca giri di parole Pierferdinando Casini, leader dell'Udc, per chiarire il suo concetto sul piano del governo per Alitalia.
«La soluzione trovata per Alitalia dal governo si sta rivelando una bufala, una voragine nera che si scarica sulle tasche della collettività.
Berlusconi «intende tenere una piccola enclave positiva che si dà ai privati, che poi hanno magari anche interessi di altro tipo con il pubblico.
In campagna elettorale gli italiani avevano capito una cosa diversa:
che c'era una cordata che prendeva Alitalia».


SINDACATI - I sindacati chiedono di conoscere il piano del governo per Alitalia prima dell'inizio delle ferie.
«Siamo fuori il tempo massimo», ha detto il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni. «Spero che non rassegnino la soluzione quando tutti sono andati in ferie. Sarebbe la cosa più banale e dannosa». Lo stesso concetto è stato espresso dal segretario generale dell'Ugl, Renata Polverini, che si augura che «si evitino blitz ferragostani sul futuro di Alitalia sulla base di un piano che a oggi esiste solo sulle pagine dei giornali». Secondo il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti,
«la questione dirimente non saranno gli esuberi, ma quale compagnia vogliono fare».

Corriere della Sera, 31 luglio 2008


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In sintesi ora Berlusconi cambia la sua strategia propagandistica su Alitalia:
se prima prometteva di salvare l'intera compagnia di bandiera con una Cordata di capitani coraggiosi (tra cui anche i suoi figli),
ora invece minaccia una catastrofe se non si accetterà la sua ricetta:
o si taglieranno 5'000 posti di lavoro (che però potrebbero essere molti di più),
oppure si lascerà fallire Alitalia coi suoi 20'000 lavoratori. [SM=x44497]
Però non dice che con la sua ricetta, "Piano Fenice",
non solo si taglieranno almeno 5'000 posti,
ma procederà con un feroce smembramento:
si faranno confluire tutte le negatività di Alitalia in un unico, grande ramo secco (Bad Company) che non verrà semplicemente tagliato, ma che in vari modi dovrà comunque esser mantenuto in vita dallo Stato [SM=x44465]
Invece tutte le parti sane di Alitalia andranno in dono ai suoi imprenditori amici (vedi sopra) che a rischio zero inizieranno a breve termine a raccogliere i frutti dell'operazione.
Ma, nel panorama dei trasporti aerei internazionali che si sta configorando (vedi sopra), quanti vantaggi potrà mai dare aver rifiutato la fusione Alitalia-AirFrance/Klm? [SM=x44473] [SM=x44522]
[Modificato da Etrusco 01/08/2008 10:20]

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Non condivido le tue idee, ma darei la vita per vederti sperculeggiare quando le esporrai.
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01/08/2008 16:04

io ero favorevole alla vendita ai francesi tanto più che spinetta aveva fatto un'offerta ragionevole,ora gli esuberi saranno più del doppio,per salvare cosa,uno zombie di compagnia aerea.Si faceva prima a farne un'altra che a tappare i buchi di alitalia,la cui politica è sempre stata scadente,prezzi troppo elevati per il servizio offerto per non parlare poi delle transvolate oceaniche inutili,quando in europa è stata sbaragliata dalle concorrenti.Berlusconi poi mi ha copiato:al liceo non volevo essere interrogato e allora dicevo "professò,vengo non la prossima volta,la volta successiva",è passato un anno senza interrogazioni.Lui ha fatto lo stesso"la cordata sarà pronta tra 3-4 settimane".Buonanotte.Che poi non si è capito se servirà a qualcosa,non vorrei che pagassimo di più per tenerla in vita che per farla morire

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07/08/2008 10:26

IL LEADER UDC CASINI:
«ERA MEGLIO AIR FRANCE, LA CORDATA È SPARITA»…


Dal “Corriere della Sera” -
«Era meglio Air France». Il parere è di Pier Ferdinando Casini. Per il leader dell'Udc,
«abbiamo dato 300 milioni ad Alitalia a fondo perduto, soldi dei cittadini buttati nel pozzo dell'Alitalia.
La cordata dei salvatori annunciata da Berlusconi in campagna elettorale si è volatilizzata.
E se arriverà poi a prendersi la parte minimale depurata dei debiti a privatizzare così son buoni tutti».



ALI-CAOS

- TOTO VERSO IL BOARD ALITALIA:
IL PIANO DI INTESA PREVEDEREBBE IL CONFERIMENTO DELL’INTERA AIR ONE ALLA NUOVA SOCIETÀ IN CAMBIO DI SOLDI E AZIONI DELLA NEWCO
– MA I CONTI ANCORA NON TORNANO…

Sandra Riccio per “La Stampa”
Per Alitalia tutto è stato rinviato a settembre:


il cda sui conti, che era previsto per venerdì prossimo, è slittato al 29 agosto. E anche la tanto attesa informativa del Ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, si terrà dopo la pausa estiva, precisamente il 10 del prossimo mese.

Intanto sono emersi nuovi dettagli dal dietro le quinte delle trattative. Stando a indiscrezioni rivelate da Radiocor lo schema, che l’advisor Intesa SanPaolo sta trattando con l’aviolinea Air One di Carlo Toto per la nascita della nuova compagnia di bandiera, prevedrebbe il conferimento dell’intera Air One alla nuova Alitalia in cambio di denaro e azioni della Newco. A un esponente di Air One, allo stesso Toto o a suo figlio, andrebbe invece la vicepresidenza della nuova compagnia.

Non mancano, però, gli ostacoli:
il nodo da sciogliere gira intorno alla valutazione di Air One. La richiesta iniziale di Toto era di almeno 400 milioni. Attualmente però si sta trattando su valori inferiori, intorno ai 250-300 milioni. Inoltre una parte della somma, non meno di 100 milioni, secondo lo schema dell’accordo, dovrà essere reinvestita in una partecipazione di Toto alla Newco. In capo ad Alitalia finirebbe anche il debito di Air One, che ammonta a circa 110 milioni.

Nel frattempo il Governo si è affrettato a promettere che la complicata vicenda del salvataggio dell’aviolinea troverà presto una soluzione positiva. Quanto aspetteremo? «Non molto. Stiamo lavorando. Faremo un altro miracolo e regaleremo all’Italia una sua, profittevole, compagnia di bandiera», ha detto ieri il premier, Silvio Berlusconi, al settimanale Chi. [SM=x44522]
Intervenendo al Senato, il Ministro dei Rapporti col Parlamento, Elio Vito, ha invece lanciato un appello dicendo che occorrerà uno sforzo unanime: «Al punto in cui siamo giunti, la questione Alitalia richiede uno sforzo congiunto di tutte le energie del Paese - le forze politiche, le istituzioni, nazionali e locali, le organizzazioni dei lavoratori, le imprese, per raggiungere un obiettivo che diventa ogni giorno più difficile.

In questa prospettiva credo che, pur nel normale svolgersi della dialettica politica e parlamentare, debba prevalere la consapevolezza che il recupero di efficienze e di competitività dell’azienda rappresenta un interesse nazionale di rilevanza strategica, rispetto al quale sarebbe irresponsabile ridurre il confronto ad una sterile contrapposizione tra maggioranza ed opposizione».

Le critiche dell’opposizione non si sono fatte attendere: «È il solito rinvio. Il governo non sa che pesci prendere» ha detto ieri il Ministro ombra dell’Economia, Pier Luigi Bersani. «Per me era meglio Air France» ha sentenziato il leader dell’Udc, Pier Ferdinando Casini, in un’intervista al Tg1.

Intanto, sempre ieri, alcuni deputati milanesi, impegnati alla Camera per il voto sulla manovra finanziaria, sono stati vittima di una piccola disavventura all’aeroporto di Fiumicino, con una lunga attesa per riuscire a prendere un aereo Alitalia per Linate e alcuni successivi trasbordi da un velivolo ad un altro per guasti al sistema informatico.

Sandra Riccio per “La Stampa”, 06 Agosto 2008



[SM=x44463]

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ALI-TRUFFA
- IL FRANCESE “LA TRIBUNE” SVELA IL BLUFF: PASSERA HA PROMESSO IN SEGRETO AD AIR FRANCE LA MAGGIORANZA ALITALIA NEL 2013 (A LEGISLATURA E SILVIO-SPOT FINITI)
- ALTRO CHE ITALIANITÀ...



1 - ALITALIA/ AD AIR FRANCE-KLM QUOTA MAGGIORANZA IN 2013
La proposta ai franco-olandesi risale al 27 agosto scorso (Apcom) -


Air France-Klm potrebbe prendere la quota di maggioranza della nuova Alitalia nel 2013.
È quanto scrive il quotidiano francese La Tribune

secondo cui, dopo l'ingresso nella nuova compagnia con una partecipazione compresa tra il 10 e il 20%, Air France-Klm potrebbe salire e diventare azionista di maggioranza nel 2013. Secondo quanto risulta al quotidiano francese, che sottolinea come la società non abbia voluto commentare queste indiscrezioni, tale proposta sarebbe stata fatta al gruppo franco olandese dai vertici di Intesa Sanpaolo il 27 agosto scorso.


2 - LA SMENTITA CHE NON SMENTISCE: AIR FRANCE NEGA MA NON ESCLUDE NULLA SUL 2013
(ANSA) -
Fonti di Air France-KLM non hanno fatto commenti diretti sull'ipotesi riportata da La Tribune, secondo cui la compagnia franco-olandese potrebbe diventare azionista di maggioranza di Alitalia entro il 2013, sottolineando pero' che il gruppo resta nell'ottica definita dal governo italiano della 'ricerca di un partner industriale con una partecipazione di minoranza'. 'Tutto il resto e' speculazione' hanno aggiunto le fonti.

Secondo il quotidiano, nel corso dell'incontro che ha portato alla riapertura del dossier Alitalia a Air France-KLM che a primavera sembrava aver chiuso definitivamente, i dirigenti della banca italiana oltre ad offrire la partecipazione tra il 10 e il 20%, 'avrebbero dato la possibilita' a Air France di diventare azionista di maggioranza alla fine dei 5 anni, nel 2013'.



Air France-KLM, che da 8 anni ha un accordo commerciale con Alitalia rafforzato da una quota del 2%, ha fatto sapere il 28 agosto di essere 'pronto a prendere una partecipazione minoritaria' della nuova Alitalia 'a fianco degli investitori italiani riuniti da Intesa Sanpaolo'

Toto di Air One
© Foto La Presse

3 - SCILIPOTI (IDV), IL PIANO FENICE E' UN INGANNO
"Se corrispondessero al vero le notizie diffuse dalle agenzie di stampa secondo le quali il quotidiano francese "La Tribune" riporta la notizia che i dirigenti dell'advisor Intesa Sanpaolo, lo scorso 27 agosto, in segreto, avrebbero proposto alla gruppo franco-olandese di diventare azionista della nuova compagnia di bandiera per il 10 o il 20 per cento, ma "con la possibilità di diventare azionista di maggioranza entro il 2013, il piano Fenice per salvaguardare l'italianita' di Alitalia, sarebbe una truffa ai danni dei Cittadini"

dichiara l’on. Domenico Scilipoti dell'Italia dei Valori che aggiunge "Il Governo dica subito la verita', Alitalia restera' italiana o il passaggio nelle mani degli imprenditori italiani e' solo una mossa speculativa architettata ad arte per favorire gli amici degli amici?

Il parlamentare Dipietrista poi aggiunge "il governo venga in aula a chiarire, e i due parlamentari parenti eccellenti Toto-Colaninno, nella loro veste di rappresentanti del popolo, tutelino gli interessi del Paese, non quelli di famiglia, quindi scelgano da che parte stare con le inevitabili conseguenze".


05 Settembre 2008

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06/09/2008 09:55

‘ECONOMIST’: PIANO SBAGLIATO E COSTOSO, PESERA' PER 125 € SU OGNUNO DEI 40 MLN CONTRIBUENTI
- LETIZIA MORATTI, IL PROGETTO COSI' NON VA, SPERO CHE LO CAMBINO
- 'EUROPA': PD IMPARI LEZIONE DI MARRAZZO…





1 - ECONOMIST, PIANO SBAGLIATO E COSTOSO PESERA' PER 125 EURO SU OGNUNO DEI 40 MLN CONTRIBUENTI ITALIANI
(ANSA) -

Il piano di salvataggio di Alitalia ’e’ sbagliato e costoso’. La bocciatura arriva dall’Economist, che nel numero domani in edicola dedica una pagina alla compagnia aerea italiana. ’Che significa patriottismo?, si chiede il settimanale, spiegando che, ’nel caso Alitalia, la risposta e’ circa 5 miliardi di euro, pari a 125 euro per ciascuno dei 40 milioni di contribuenti italiani’. Infatti, afferma l’articolo, ’anche prima dell’operazione messa insieme dal governo di Silvio Berlusconi per preservare l’italianita’ della compagnia, 3 miliardi di euro di denaro pubblico erano finiti li’, mentre l’operazione Fenice ne costera’, secondo i conti dell’Istituto Bruno Leoni riportati dall’Economist, altri 2. Secondo il settimanale, peraltro, ’l’obiettivo dell’ operazione era solo quello di onorare l’affermazione di Berlusconi, che in occasione delle elezioni di aprile disse di avere una soluzione migliore per Alitalia rispetto all’offerta di Air France-Klm’

2 – LETIZIA MORATTI, IL PROGETTO COSI' NON VA SPERO CHE LO CAMBINO
(Adnkronos) -

Se i Moratti non sono nella cordata d’imprenditori per Alitalia "chiedetelo a mio marito e a mio cognato perche’ non ne fanno parte. Da quando sono al servizio del Paese non mi occupo di aziende". E sulla presenza invece di Marcegaglia che c’e’ e viene criticata aggiunge: "Diverso e’ il discorso per Emma. Se essere presidente di Confindustria significasse non poter fare piu’ impresa non ci sarebbe piu’ un solo imprenditore al vertice delle associazioni industriali. Siamo seri. I problemi sono ben altri".

Cosi’ il sindaco di Milano ed ex ministro Letizia Moratti interviene, in un’intervista a "La Stampa", sul piano per Alitalia. E sottolinea: "Spero che venga cambiato, che questa sia solo la bozza di un piano". "Alcune decisioni -continua Moratti- non si capiscono. Ridimensionare Linate sarebbe accettabile solo se Malpensa fosse un hub, mentre nel piano Alitalia non e’ previsto nessun aeroporto come hub. Proprio per questo l’hub di Malpensa e’ strategico per lo sviluppo del Paese e la liberalizzazione dei voli e’ indispensabile perche’ lo scalo varesino possa garantire una politica di trasporto aereo competitiva per i passeggeri e le merci. Mi auguro quindi che gli imprenditori della cordata prendano decisioni diverse".

Quindi commenta cosi’ la sua richiesta di un incontro con il governo: "L’ho fatto qualche giorno fa, spero si faccia presto. Formigoni mi ha ribattuto che e’ meglio aspettare, ma non c’e’ molto tempo". La Sea, sottolinea Letizia Moratti "certo che rimane. Puo’ essere oggetto di trattativa se viene convocato un tavolo intorno a cui discutere".



3 - MARRAZZO, LA REGIONE SALVERA' SCALO VITERBO
(ANSA) -

’Il piano Alitalia non chiude un processo ma ne apre uno nuovo. Dobbiamo capire quale sara’ il ruolo di Fiumicino e quindi del terzo scalo laziale di Viterbo’. Lo ha detto questa sera il presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo, a Viterbo per assistere al trasporto della macchina di Santa Rosa. ’Se Fiumicino dovesse subire una considerevole riduzione di voli, non ci sarebbe piu’ l’opportunita’ di dirottare su Viterbo 8 milioni di passeggeri l’anno che si renderebbero disponibili con il ridimensionamento di Ciampino.


Ed e’ per evitare che questo avvenga che ho proposto l’ingresso della Regione Lazio, e anche della Lombardia, nella Bed Company. Colaninno domani mi potrebbe anche dire che non serve, ma io non intendo rimanere escluso dal processo di gestione della nuova Alitalia’. Marrazzo ha poi auspicato che in questa circostanza ’Sant’Ambrogio e San Pietro riescano ad andare d’accordo in un’ottica di strategia politica che serva a preservare la mobilita’ aerea su tutto il territorio nazionale’. ’Se nella nuova Alitalia - ha concluso Marrazzo - Emma Marcegaglia rappresentera’ gli imprenditori e’ giusto che le Regioni Lombardia e Lazio rappresentino i rispettivi territori’.

4 - 'EUROPA', PD IMPARI LEZIONE DI MARRAZZO
(Adnkronos) -

La volonta’ del governatore della regione Lazio, Piero Marrazzo, di entrare nella nuova societa’ Cai formata dalla cordata di imprenditori italiani ’non e’ una lezione solo per il disorientato Alemanno. Tanti dirigenti locale e nazionali del Pd dovrebbero accettare la dura realta’: l’atto impegnativo di un governatore o di un sindaco vale come duecento loro comunicati stampa e segna positivamente l’immagine del centrosinistra agli occhi dei cittadini piu’ di ogni intervista sui giornali’. E’ quanto si legge su ’Europa’, in un editoriale dal titolo ’Marrazzo, un punto su Alitalia’. ’Erano mesi -continua il quotidiano- che il centrosinistra non beccava palla su Alitalia, il rischio adesso era di scivolare su posizioni di ostruzionismo a un’operazione che agli italiani in definitiva non dispiace. Marrazzo ha segnato un punto. Speriamo che non se ne accorgano solo in Campidoglio’.


04 Settembre 2008

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08/09/2008 17:07

IL PROGETTO FENICE?
SALVATAGGIO DI AIR ONE E BANCHE CHE L'HANNO FINANZIATA

‘SOLE 24ORE’: ’PIENA LUCE SULLA REALE ESPOSIZIONE VERSO TOTO DI BANCA INTESA’
È RISIBILE CHE LA VALUTAZIONE ALITALIA (300 MILIONI) SIA PARI A QUELLA DI AIRONE



Gianni Dragoni per il Sole 24 Ore:


È un confronto perdente, quello tra il piano Passera Colaninno per la «nuova Alitalia» che è stato accolto con le fanfare dal Governo e l'offerta di acquisto presentata da Air France-Klm nei mesi scorsi, che fu affossata da Silvio Berlusconi in campagna elettorale e respinta dai sindacati.

In nessun aspetto la proposta attribuita alla cordata di 16 investitori della Cai,

guidati da Roberto Colaninno, già scalatore di Telecom Italia nel 1999 con i soldi della stessa società, migliora il progetto francese. Anzi, numerosi appaiono i peggioramenti, per la compagnia e i lavoratori, per i consumatori, per i contribuenti, per creditori e azionisti.

Dalle informazioni disponibili si possono sollevare interrogativi che vanno ad aggiornare il decalogo pubblicato sul Sole 24 Ore il 25 luglio.
Inoltre, non è comprensibile quali vantaggi rechi l'integrazione con AirOne, aviolinea privata in difficoltà che Intesa Sanpaolo ha voluto includere nella «nuova Alitalia».



1. I VANTAGGI DELL'ITALIANITÀ
L'elemento da cui è partita l'opposizione politica e imprenditoriale al piano Spinetta era la mancanza di «italianità ». Solo questa caratteristica – si disse – sarebbe stata una garanzia per i passeggeri nazionali, le imprese, il turismo, con il mantenimento di un maggior numero di voli intercontinentali e internazionali diretti. Ebbene, le destinazioni della «nuova Alitalia » saranno 65, inferiori alle 84 di Air France.

Ci sarà una concentrazione sul mercato nazionale ed europeo (dove si perdono più soldi per l'attacco delle low cost), con pochi collegamenti intercontinentali. I voli a lungo raggio della nuova società oscillano, secondo i primi annunci, tra 13 e 16 destinazioni, contro le 15 previste da JeanCyril Spinetta all'inizio e destinate ad aumentare.
Per i passeggeri italiani aumenterà la necessità di fare scalo a Parigi, Francoforte o Londra per voli lunghi.

2. FLOTTA RIDIMENSIONATA
La riduzione di attività è inevitabile poiché il piano postula che la compagnia derivante dall'integrazione di Alitalia con Air One abbia circa 139 aerei, cioè 100 in meno delle 238 macchine impiegate dai due vettori. Spinetta prevedeva un'Alitalia con 137 velivoli, circa 40 in meno della sua flotta. I francesi inoltre prevedevano di aggiungere un aereo di lungo raggio all'anno dal 2010. Non si conoscono gli impegni di Colaninno in proposito.

Poiché Alitalia già ha 175 aerei, più della flotta giudicata necessaria dal nuovo piano, a cosa serve aggiungere AirOne, con i suoi 60 aeroplani? L'aviolinea privata ha ordini per 60 nuovi Airbus 320 che consumano meno dei vecchi Md80 Alitalia. Ma il canone di leasing su questi aerei è molto più alto che sugli altri.

3. MONOPOLIO
L'unione di Alitalia con il principale concorrente annulla quasi tutta la concorrenza sui cieli nazionali. La nuova società avrà mano libera nell'alzare le tariffe, con un beneficio di alcune centinaia di milioni sui conti. Fa sorridere chi sostiene che la concorrenza arriverà dal treno: l'alta velocità, quando arriverà, potrà forse essere un'alternativa sulla Roma-Milano, non sulle altre tratte. L'italianità, insomma, sarà pagata cara dai consumatori.

4. IMPEGNI FINANZIARI
Air France-Klm si era impegnata a versare dentro Alitalia Spa – la società oggi commissariata – almeno un miliardo entro giugno 2008, accollandosi anche circa 1,4 miliardi di debiti finanziari netti che invece il nuovo piano lascia nella bad company.
Di fatto, l'impegno di Air France era di 2,4 miliardi circa. E non ci sarebbe stata una bad company da scaricare sullo Stato o sui creditori/azionisti.

La Cai ha annunciato un impegno fino a un miliardo. Per ora, i suoi soci hanno versato 160mila euro. E nell'«information memorandum » del Progetto Fenice si legge che il nuovo capitale versato «per cassa» dai soci entro il 2008 sarà di 800 milioni, «soggetto al verificarsi di talune condizioni sospensive ». È da chiarire quale sarà la somma effettiva, comunque inferiore al miliardo.

Quanto a AirOne, lo stesso documento dice che, attraverso un aumento riservato, conferirà «taluni rami aziendali per un controvalore pari a 300 milioni», che porteranno il capitale a 1,1 miliardi.
AirOne non mette soldi. Quali siano i «rami aziendali» il documento non lo precisa. Certo non aerei, perché i suoi jet sono in leasing.



L'impegno degli investitori «italiani » è meno della metà dei francesi. Resta un buco di almeno 1,4 miliardi nella bad company: debiti che verranno pagati dallo Stato (si stima per un miliardo), dai creditori, dagli azionisti.


5. E’ RISIBILE CHE LA VALUTAZIONE DI ALITALIA (300 MILIONI) SIA PARI A QUELLA DI AIR ONE
Si sostiene che la Cai ha fatto un'offerta di circa 300 milioni per comprare la parte buona di Alitalia, gli slot, il marchio, con gli aerei migliori. Un valore analogo viene attribuito ai conferimenti di AirOne. Non è giustificabile attribuire valori simili a società che non sono comparabili. Ed è risibile che la polpa buona della compagnia pubblica valga così poco. Alitalia possiede slot pregiati a Heathrow, Parigi, Francoforte, Duesseldorf, Madrid che valgono svariate centinaia di milioni. Ha un marchio noto nel mondo, una rete di vendita internazionale.

Perché il commissario Augusto Fantozzi non apre una procedura trasparente di vendita, dando anche ad altri (Air France o Lufthansa, ad esempio) il tempo di fare un'offerta? Dovrebbe essere suo interesse massimizzare il ricavato per creditori e azionisti.

6. IL VALORE DI AIR ONE
Il Progetto Fenice non spiega quale sia il beneficio portato da AirOne. La compagnia di Carlo Toto ha una rete sovrapposta ad Alitalia, gli aerei mezzi vuoti e perde soldi: nei primi sei mesi del 2008 il coefficiente di occupazione posti è del 56,8%, il più basso d'Europa tra le circa 30 compagnie dell'Aea (media 74,4%, Alitalia ha il 68,2%). I conti veri di AirOne sono quelli del consolidato di Ap Holding (ApH), la controllante creata a fine 2006 da Toto con una complessa manovra di rivalutazione patrimoniale.

Nel 2007 il gruppo ApH ha perso 32 milioni, con un fatturato di 785 milioni. I debiti del gruppo a fine 2007 erano 900 milioni e sono cresciuti a 1,1 miliardi nei primi sei mesi quest'anno. In larga parte si tratta di debiti per acquisire i nuovi A320 che sono collocati in società irlandesi, date in pegno alle banche finanziatrici e affittati a AirOne.

Il Progetto Fenice suona come il salvataggio di AirOne e delle banche che l'hanno finanziata. Quali sono gli impegni e le banche esposte con Toto? Si sa di Unicredit, di Morgan Stanley, di sigle tedesche. Ci sarebbe più trasparenza se fosse fatta piena luce sulla reale esposizione verso Toto di Intesa.

7. FLOTTA E LEASING
Alitalia ha 109 aerei in proprietà. La flotta era iscritta nel bilancio 2007, approvato anche dal ministero dell'Economia, per un valore di 1,98 miliardi di euro: è compresa o no la flotta nell'offerta da circa 300 milioni di Colaninno? Nel Progetto Fenice si legge che «la Newco acquisterà dalla vecchia Alitalia 43 aerei per 772 milioni, accollandosi debiti per 522 milioni».


Sembrerebbe che questo impegno si aggiunga ai circa 300 milioni offerti per la compagnia. Non si tratta di una valutazione generosa: i debiti legati agli aerei (tra cui 6 Boeing 777 valutati 295 milioni, con 210 milioni di debito accollato) sono mutui per un'attività in funzionamento, allineati ai costi che si avrebbero con il leasing.

Nel Progetto Fenice si dice che «Nuova Alitalia non deterrà aerei in proprietà, tutta la flotta sarà gestita in leasing ». Nessuna grande compagnia lo fa. Perché questa scelta? Forse per fare cassa vendendo gli aerei e ridurre il capitale versato dai soci? Toto sarà il fornitore privilegiato grazie ai suoi ordini per 60 A320 e realizzerà buoni guadagni con i canoni di leasing.

8. ESUBERI
Il piano francese prevedeva 2.120 esuberi.

Inoltre 3.300 lavoratori sarebbero rimasti in Az Servizi-Fintecna, con cinque anni di appalti garantiti. La «nuova Alitalia » ha detto che ha bisogno di 14.250 addetti, di cui 2.750 esterni. Poiché il gruppo Alitalia ha 18mila dipendenti e il gruppo AirOne 3mila, gli esuberi veri sono circa 7mila.


9. RISPARMIATORI INTRAPPOLATI

La Consob ha sospeso azioni e bond Alitalia il 3 giugno, per evitare speculazioni. Così è stato impedito a soci e obbligazionisti di fuggire. Ora le azioni sono carta straccia.


10. LOCK UP E COMPENSAZIONI
I 16 imprenditori intendono vendere tra cinque anni e non prima.
Tuttavia il vincolo del lock up potrebbe essere aggirato con una ricapitalizzazione fatta da altri soci (per esempio Air France).
Ci sono dubbi sugli interessi che hanno mosso i partecipanti alla cordata italiana, oltre alla possibilità di guadagnare rivendendo a un vettore europeo.

Benetton e Gavio hanno già ottenuto dal Governo benefici con le nuove convenzioni autostradali.


07 Settembre 2008

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08/09/2008 18:00

Chi è il Massimiliano Calì che nelle lettere al Financial Times attacca da Londra l'operazione Alitalia guidata da Roberto Colaninno?

E’ un giovane ricercatore presso l'Overseas Development Institute di Londra, collaboratore de lavoce.info. Si occupa di commercio internazionale e urbanizzazione nei Paesi in via di sviluppo. Ha studiato all'Università di Pavia, all'University of East Anglia e alla London School of Economics, dove sta attualmente conseguendo un dottorato in geografia economica. Ha lavorato come economista presso l'Ambasciata Italiana in Bolivia e presso l'Asian Development Bank.

Temi lontani dai vincoli Antitrust sulla Milano-Roma, la bad company affidata alle cure di Augusto Fantozzi o i conflitti d'interesse dei soci industriali della nuova compagnia, ma tant'è, l'affare Alitalia è fatto per dividere.



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Briscola IperCafonica 2012
09/09/2008 23:52

DIETRO LA CORDATA “SALVA ALITALIA” SI CELA UN VERO E PROPRIO COMITATO D’AFFARI
“DIFESA DELL’ITALIANITÀ”?
A COLPI DI APPALTI, CONCESSIONI PUBBLICHE, GRANDI OPERE
AEREI & MATTONI

- COLANINNO PIAGGIO DI DOLORI
– BENETTON-GAVIO, TARIFFE IN VOLO


Copertina dell'Espresso



Vittorio Malagutti e Luca Piana per “L’espresso”




Gianluigi Aponte, il padrone del gruppo Msc, uno degli armatori più potenti del mondo, l'Italia l'ha mollata da un pezzo, una quarantina d'anni fa. Ha preso moglie e residenza in Svizzera, preferendo Ginevra alla natia Sorrento. I figli Alexa e Diego hanno studiato all'estero. Le sue aziende italiane sono controllate da un dedalo di finanziarie off shore. La sua flotta batte bandiera panamense e le nuove gigantesche navi da crociera le fa costruire in Francia da una società a capitale coreano.


Un uomo di mondo, Aponte. Che però sembra avere d'improvviso riscoperto l'amor di patria. Lo ha fatto per l'Alitalia. Lo ha fatto per impedire, come ha dichiarato al 'Sole 24Ore', che la compagnia di bandiera "vada a finire nelle mani degli stranieri". Anche Roberto Colaninno, l'uomo immagine, la mente, il capofila della cordata di 16 investitori pronti ad aprire il portafoglio per rilanciare gli aerei di Stato, dice di muoversi "per il bene del Paese".

Perfino l'industriale torinese Davide Maccagnani, fin qui sconosciuto alle cronache, si è detto disposto a puntare una fiche di qualche decina di milioni nel salvataggio di Alitalia pur di sbarrare la strada ad eventuali offerte d'oltrefrontiera. Lui però non ha dato il buon esempio. La Simmel Difesa, la sua azienda di famiglia, è stata venduta l'anno scorso al gruppo inglese Chemring. E Maccagnani ha reinvestito una parte del ricavato nella società britannica, quotata in Borsa.

Facili slogan a parte, ora più che mai il richiamo nazionalistico appare un comodo rifugio per chi deve proteggere concreti interessi personali o aziendali. Il tricolore diventa un sipario per nascondere i reali obbiettivi dei 16 imprenditori (ma potrebbero arrivarne altri) che hanno risposto all'appello di Intesa Sanpaolo e del governo di Silvio Berlusconi.


Tocca a loro finanziare un progetto, nome in codice Fenice, che punta a far rinascere Alitalia dalle ceneri a cui l'ha ridotta un ventennio di dissennata gestione pubblica. La nuova compagnia, dotata di un capitale di partenza di circa un miliardo, sta ancora rollando sulla pista di decollo. Serve il via libera dei sindacati sui tagli di personale. E c'è l'ostacolo più insidioso: superare il prevedibile fuoco di sbarramento dei concorrenti internazionali e ottenere il placet dell'Antitrust europeo.

L'happy end non è scontato. Fin d'ora però sembra chiaro lo scenario di fondo dell'intera operazione. Su Alitalia si consuma il grande scambio tra il governo berlusconiano e il fronte degli imprenditori. E la presenza nella cordata, pur con un ruolo marginale, della stessa presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, appare come un sigillo simbolico. Nel nome di un'operazione che a suon di decreti ed eccezioni antitrust fa a pezzi quelle regole di mercato a cui la Confindustria non manca mai di richiamarsi.

Comprando un'azienda sgravata da debiti, dipendenti in eccesso e altre passività, Colaninno e soci corrono un rischio tutto sommato limitato rispetto ai potenziali guadagni. Gli oneri derivanti dalla vecchia gestione restano in carico alla collettività, mentre i nuovi padroni a tempo debito sapranno riscuotere la cambiale firmata da Palazzo Chigi. L'intreccio di contratti, concessioni e appalti è fittissimo. Tanto da far apparire risibile una dichiarazione del numero uno di Intesa, Corrado Passera: "La maggioranza degli investitori (in Alitalia, ndr) non ha neanche rapporti con il mondo pubblico", ha detto in un'intervista al 'Corriere della Sera'.


Grandi opere connection - Numerosi soci della cordata si apprestano a spartire una torta miliardaria. Aeroporti, autostrade, il Ponte sullo Stretto di Messina, gli appalti milanesi per la realizzazione dell'Expo 2015. La famiglia Benetton, le aziende di Salvatore Ligresti e l'imprenditore piemontese Marcellino Gavio sono i nomi di spicco di uno schieramento che con il governo si confronta ogni giorno su tariffe, permessi di costruzione, gare pubbliche, via libera ambientali. A questo terzetto fa capo l'Impregilo, una delle maggiori imprese di costruzioni italiane.

È suo l'appalto per il Ponte sullo Stretto, progetto congelato dal governo Prodi e tornato ora in auge. Un'opera faraonica, che forse non si farà ma che rappresenta la punta dell'iceberg dei lavori in corso. Così di recente l'Impregilo si è aggiudicata due commesse da 600 milioni l'una: la superstrada Vicenza-Treviso e il primo tratto dell'autostrada tra Malpensa e Bergamo. L'appalto lombardo è l'antipasto dei lavori per l'Expo 2015, che comprendono la futura direttissima Milano-Brescia, una nuova tangenziale e due metropolitane (il totale previsto vale 11,2 miliardi).

La partita con il governo, però, si sta giocando anche su altri fronti. I Benetton e Gavio sono i maggiori gestori di autostrade d'Italia. I loro ricchi profitti erano stati messi in forse dalla revisione delle regole delle concessioni voluta dall'ex ministro Antonio Di Pietro. L'intervento presentava però una serie di zone d'ombra che una specifica legge voluta dal nuovo governo, e che incide in particolare sulla convenzione dei Benetton, ha chiarito a loro favore. D'ora in poi saranno blindati gli aumenti delle tariffe pagate dagli automobilisti, finora soggette a una lunga trafila di autorizzazioni: ogni anno cresceranno in misura non inferiore al 70 per cento dell'inflazione reale.


Il terzo fronte aperto è quello degli aeroporti. Allo scalo di Fiumicino, gestito dalla società Aeroporti di Roma (Adr), l'intreccio degli interessi appare addirittura infernale. Tutto ruota attorno ai Benetton. Saranno azionisti di Alitalia. Sono già soci di maggioranza di Adr, nella cui catena di controllo figurano altri partecipanti alla cosiddetta cordata dei volenterosi: oltre a Ligresti c'è anche il fondo Clessidra gestito da Claudio Sposito, l'ex amministratore delegato della Fininvest che conta ancora su Berlusconi come sponsor e alleato. E, infine, ai Benetton fa capo anche la tenuta agricola di Maccarese, un vasto terreno situato accanto all'aeroporto, dove in futuro Fiumicino dovrà essere raddoppiata.

Adr però non scoppia di salute. Anzi, il bilancio è pieno di debiti e per rimettersi in sesto avrebbe bisogno di aumentare i ricavi che arrivano dalle compagnie. Le tariffe, però, sono state a lungo bloccate per consentire la sopravvivenza di Alitalia: far atterrare un Airbus A320 a Fiumicino costa oggi 1.251 euro, a Parigi 2.635. E un discorso simile vale anche per gli altri aeroporti che vedono tra i soci la famiglia di Treviso, da Torino a Firenze.

Nelle partita delle grandi opere e dei contratti statali, entra infine anche Aponte, il sedicente difensore di un'Alitalia tricolore. La sua compagnia di navigazione Snav trasporta ogni anno milioni di passeggeri su rotte in concessione pubblica. E il gruppo dell'armatore sorrentino da sempre è in prima linea per allargare la sua presenza nei grandi porti (da Genova a Napoli fino a Civitavecchia e altri ancora), sottoposti alla vigilanza di Authority di Stato. Poi c'è il business delle cosiddette autostrade del mare, con i possibili incentivi governativi per togliere le merci dal trasporto stradale dirottandole sulle navi.



Senza contare che da anni Aponte guarda alla possibile privatizzazione dei traghetti Tirrenia. Se queste sono le sue scommesse per il futuro prossimo, non sorprende che l'armatore con base a Ginevra sia disposto a investire circa 150 milioni nel piano Fenice. Poca cosa, tutto sommato, per un imprenditore che naviga con un fatturato superiore ai 4 miliardi. Solo una stima, perché, con buona pace della trasparenza, i bilanci del gruppo restano un segreto ben custodito nella cassaforte di qualche holding off shore.

Aerei & mattoni - Indicato fin da principio come uno dei sicuri partecipanti, anche Marco Tronchetti Provera alla fine avrà nella cordata una posizione poco più che simbolica: le indiscrezioni lo accreditano di un investimento non superiore ai 20 milioni. Anche se minima, la puntata sul piatto Alitalia può servire a garantire, oltre che il tradizionale buon rapporto con Berlusconi, anche specifici interessi immobiliari del gruppo. Da quelli legati all'Expo 2015 fino all'eventuale partecipazione alla futura vendita del patrimonio immobiliare dello Stato. Un bersaglio da tempo nel mirino di Pirelli Real Estate.

Nel suo piccolo, anche Francesco Bellavista Caltagirone (da non confondere con il cugino Francesco Gaetano, editore e costruttore) punta da tempo su immobili e aeroporti. Gestisce i servizi a terra per conto di alcune grandi compagnie negli scali di Linate, Venezia e Bologna. È proprietario di innumerevoli aree che necessitano del nulla osta politico per essere valorizzate. E sta costruendo il nuovo porto di Imperia, primo di una serie di interventi che lui dice di volere al servizio "del Paese più ricco di bellezze naturali". Uomo di relazioni e salotti, dotato di contatti ad altissimo livello a destra come a sinistra, Bellavista è pronto a monetizzare il capitale di amicizie che si è costruito nel tempo. Talvolta con qualche infortunio, come gli stretti rapporti con i furbetti di Gianpiero Fiorani.


Anche la famiglia Fratini, dopo aver accumulato una fortuna con la moda (erano proprietari dei jeans Rifle) e con gli outlet, ora cerca visibilità per aggiudicarsi i progetti più redditizi soprattutto nel'immobiliare. Da Firenze, dove vengono considerati una potenza, hanno puntato su Roma. Assieme alla Pirelli, si sono aggiudicati il palazzo nel quartiere Parioli dove c'era la Zecca e tutte le aree dell'ex Poligrafico di Stato. Ora sono in gara per aggiudicarsi l'area della vecchia Fiera, un progetto le cui sorti dipendono dalla volontà della amministrazione capitolina di centrodestra.

I Passera boys - Ai piani alti di Intesa non erano molti nei mesi scorsi quelli pronti a dare Passera vincente sulla ruota di Alitalia. E invece il manager comasco ha spiazzato tutti. Si è accreditato come grande banchiere al servizio del sistema Paese. E questo proprio mentre la rivale Mediobanca, tradizionale perno dei salvataggi delle grandi imprese, è dilaniata dalle lotte interne. Per centrare l'obiettivo Passera ha lasciato briglia sciolta a Gaetano Miccichè, responsabile della divisione corporate della banca. È lui che ha riannodato le fila delle trattativa con la cordata degli investitori.

Alcune risposte positive erano date in partenza per scontate. Poteva defilarsi Salvatore Mancuso, vecchio amico e sodale di Miccichè, nonché gestore del fondo Equinox nel quale Intesa è di gran lunga il maggior investitore? Nella compagine di Equinox, che ha sede in Lussemburgo, troviamo altri nomi di primo piano coinvolti nell'Alitalia story: da Marcegaglia alla Fininvest di Berlusconi. Ma una lunga consuetudine d'affari lega Miccichè allo stesso Colaninno. Sarebbe stato difficile per il presidente di Piaggio sottrarsi al pressing di Passera che lo voleva alla guida della cordata. Per dire di no, avrebbe dovuto voltare le spalle alla propria banca di riferimento.

È stata Intesa, dopo la fine dell'avventura in Telecom Italia, a chiamarlo cinque anni fa al capezzale di una Piaggio sull'orlo del tracollo. Per favorire il rilancio, e quindi il rientro dalla loro pesante esposizione, Passera e gli altri banchieri hanno trasformato in capitale una parte dei loro crediti verso l'azienda motoristica. Nel frattempo è ripartito anche il mercato delle due ruote e così il risanamento si è concluso a tempo di record con lo sbarco in Borsa del gruppo. I proventi della quotazione sono serviti a rimborsare in parte gli istituti di credito. Ma di recente la marcia trionfale di Piaggio ha rallentato il passo.


In Borsa, nell'ultimo anno, il titolo ha perso il 50 per cento circa contro un calo del 30 per cento del listino. E i piani industriali sono stati corretti al ribasso alla luce della diminuzione delle vendite. La scommessa per il futuro è quella dei mercati dell'Estremo Oriente, dove Piaggio è già presente in forze. Ma è una scommessa che richiede ancora pesanti investimenti. Per questo da tempo la Borsa ipotizza che Colaninno possa essere tentato da un disimpegno. E le voci sono aumentate quando è entrato da protagonista nella partita Alitalia. Saltare dalla Vespa all'aereo sarebbe un modo per salvare i bilanci e la sua immagine di imprenditore vincente.

Anche su Carlo Toto Passera aveva puntato fin dall'inizio. Intesa Sanpaolo ha sostenuto i tentativi del patron di Air One nelle prime fasi della privatizzazione, dove Toto si presentava come l'unico candidato italiano capace di risanare l'Alitalia. Il risultato finale può dunque sembrare sorprendente: Toto venderà la sua Air One alla nuova Alitalia e solo allora deciderà se e quanto reinvestire nella società, con un ruolo di secondo piano. Un legame forte con la nuova Alitalia sembra destinato a rimanere. Al momento del passaggio di proprietà, infatti, l'Air One potrebbe portarsi dietro solo i venti nuovi Airbus A320 che la compagnia si è già vista consegnare. Gli altri novanta aerei che Toto aveva ordinato potrebbero restare di proprietà delle sue holding, per essere affittati proprio all'Alitalia.

Gli outsider Marco Fossati, erede della dinastia della Star, è uno degli uomini più liquidi d'Italia, accreditato di simpatie berlusconiane. Per questo era dato in pole position fra i cavalieri bianchi di Alitalia. Lo è ancora di più ora che sta giocando una partita dalle forti implicazioni politiche come quella su Telecom Italia. Sulla compagnia telefonica ha investito più di 800 milioni di euro.

Una scommessa sfortunata, visto che il titolo ha perso quasi la metà del suo valore da quando il finanziere milanese ha cominciato a farne incetta in Borsa. Serve un paracadute. E Fossati potrebbe tentare di accrescere la propria influenza inserendosi nel difficile rapporto tra i sostenitori dell'amministratore delegato Franco Bernabè e gli spagnoli di Telefonica. Il suo gettone di 20 milioni in Alitalia si rivelerebbe quindi un investimento con un valore aggiunto ben più rilevante.


Nella cordata Alitalia la presenza di Emilio Riva, ottantenne re dell'acciaio italiano, ha destato infine parecchia sorpresa. Certamente nella sua carriera le frequentazioni con Berlusconi, cene elettorali comprese, non sono mancate. Forse, però, non bastano i buoni rapporti con il premier per spiegare l'ingresso in Alitalia per uno che, come lui, non ha mai sopportato di dover mediare le proprie scelte con quelle di altri soci. E non ha mai partecipato a nessuna operazione finanziaria. Nelle ultime settimane la maggiore acciaieria del suo gruppo, l'Ilva di Taranto, si è ritrovata però di fronte a un problema la cui soluzione dipenderà dalle decisioni dal governo.

La Regione Puglia ha reso note le rilevazioni sulle emissioni di diossina dello stabilimento. Troppo alte, ha sentenziato il presidente Nichi Vendola, affermando che se non ci saranno investimenti per ridurle non darà il benestare nell'ambito della procedura di autorizzazione ambientale in corso. Il parere della Regione, però, non è vincolante. Il via libera definitivo spetta al governo. E il ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo si è già incontrata con i vertici dell'Ilva per rassicurarli. A Ferragosto la sorpresa: in una lettera agli uffici regionali, il ministero ha contestato la bontà delle misurazioni degli inquinanti. L'Ilva non chiuderà.
(Ha collaborato Giuliano Foschini)


09 Settembre 2008



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11/09/2008 08:45

ALITALIA: ORE DECISIVE. SACCONI, O ACCORDO O CHIUDE

di Paolo Rubino

ROMA - Ventiquattro ore per chiudere l'accordo: poi, se non ci sara' una intesa con i sindacati sul piano di salvataggio per Alitalia, la compagnia tirera' dritto verso la liquidazione, a partire dall'avvio immediato delle procedure per la mobilita' dei dipendenti.

L'amministratore straordinario Augusto Fantozzi e' stato chiaro. Ai sindacalisti, in un incontro di pochi minuti, ha comunicato come ''atto dovuto'' un ultimatum che e' nei fatti: se non decolla il Piano Fenice la compagnia dovra' ''doverosamente'' muovere i passi imposti da una situazione fallimentare, disdire i contratti di lavoro, avviare la mobilita'.

Un pressing alla vigilia della ripresa del tavolo di confronto per la trattativa finale, ad oltranza, da domani alle 10 presso la sede di via Flavia a Roma del ministero del Lavoro. Dove potrebbero aprirsi timidi spiragli sull'ostacolo del nuovo contratto previsto per i dipendenti, tema di un netto muro contro muro: ci sarebbe la disponibilita' a discutere della parte retributiva, sia pur con pochi margini e a fronte di un forte recupero di produttivita', ma nessuna concessione sull'impianto complessivo del nuovo contratto, unico per tutti i dipendenti, e fortemente semplificato e alleggerito rispetto agli accordi attualmente in vigore.

Potrebbe essere per esempio prevista, almeno per i dipendenti di terra, una forma di recupero del taglio della quattordicesima spalmandone il valore sulle altre mensilita'. Tornare ad un tavolo significa che ''si e' disponibili a mediare qualcosa'', dice il ministro dei Trasporti, Altero Matteoli.

Il confronto si riapre, domani, a poche ore dal termine ultimo per raggiungere un accordo, che resta fermo alla mezzanotte: le sigle tornano al tavolo con il commissario straordinario di Alitalia, il governo, e i vertici della Cai (Compagnia Aerea Italiana), la cordata di imprenditori che si e' candidata ad acquistare asset di Alitalia per farla rinascere in una nuova compagnia nella quale integrare anche Air One.

I piloti restano fermi sulla richiesta di un tavolo separato come condizione per riaprire il confronto. Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti ha difeso ancora il piano: ''Non crea perdite ma interrompe il processo di formazione di nuove perdite', dice dei costi per lo Stato in una audizione presso le commissioni competenti di Camera e Senato. E comunque, sottolinea, ''non c'e' un acquirente disposto a rilevare anche le passivita'''.

Era meglio l'offerta di Air France? Paragoni ''surreali e strumentali'' per Tremonti: era ''una chimera che si e' dissolta il 2 aprile''. Il procuratore generale presso la Corte dei Conti, Furio Pasqualucci, e' critico sul decreto con cui il governo ha spianato la strada al piano di salvataggio, e chiede modifiche in Parlamento: l'esclusione della responsabilita' per gli organi sociali, dice, ''non puo' che destare viva preoccupazione''.

Per Carlo Toto il piano di salvataggio offre una ''soluzione industriale concreta, solida ed efficace per il futuro di Alitalia''. Il presidente e fondatore di Air One ha auspicato un si' dei sindacati ''che sostenga questo grande progetto'', ed ha garantito il suo sostegno alla cordata di imprenditori: ''Faro' la mia parte''.

Mentre il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, ha ribadito di essere ''ottimista'', ricordando che la giornata di domani ''e' decisiva. Sara' lunga e impegnativa. Confido - dice - che prevarra' la consapevolezza che l'alternativa e' il fallimento. Questo portera' tutti ad avere un comportamento ragionevole''.

Ma per la maggior parte dei rappresentanti sindacali e' un ottimismo ingiustificato: ''fuori luogo'' per la Uil Trasporti, ''assolutamente non condivisibile'' per l'Anpav, ''prematuro'' per l'Avia, ''il barometro indica sempre piu' il pessimismo'' commenta l'Anpac. E il clima resta teso. I dipendenti, che da ieri si sono riuniti sotto la sede della compagnia, sono stati molto duri con i sindacalisti: ''Vi linciamo se firmate quell'accordo''.


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"[...]però la tanto contestata Puglia ha dato tante soddisfazioni al suo capo: le escort a Palazzo Grazioli" - NICHI VENDOLA
11/09/2008 13:50

Re:
Etrusco, 09/09/2008 23.52:

DIETRO LA CORDATA “SALVA ALITALIA” SI CELA UN VERO E PROPRIO COMITATO D’AFFARI
“DIFESA DELL’ITALIANITÀ”?
A COLPI DI APPALTI, CONCESSIONI PUBBLICHE, GRANDI OPERE
AEREI & MATTONI

- COLANINNO PIAGGIO DI DOLORI
– BENETTON-GAVIO, TARIFFE IN VOLO


Copertina dell'Espresso



Vittorio Malagutti e Luca Piana per “L’espresso”




Gianluigi Aponte, il padrone del gruppo Msc, uno degli armatori più potenti del mondo, l'Italia l'ha mollata da un pezzo, una quarantina d'anni fa. Ha preso moglie e residenza in Svizzera, preferendo Ginevra alla natia Sorrento. I figli Alexa e Diego hanno studiato all'estero. Le sue aziende italiane sono controllate da un dedalo di finanziarie off shore. La sua flotta batte bandiera panamense e le nuove gigantesche navi da crociera le fa costruire in Francia da una società a capitale coreano.


Un uomo di mondo, Aponte. Che però sembra avere d'improvviso riscoperto l'amor di patria. Lo ha fatto per l'Alitalia. Lo ha fatto per impedire, come ha dichiarato al 'Sole 24Ore', che la compagnia di bandiera "vada a finire nelle mani degli stranieri". Anche Roberto Colaninno, l'uomo immagine, la mente, il capofila della cordata di 16 investitori pronti ad aprire il portafoglio per rilanciare gli aerei di Stato, dice di muoversi "per il bene del Paese".

Perfino l'industriale torinese Davide Maccagnani, fin qui sconosciuto alle cronache, si è detto disposto a puntare una fiche di qualche decina di milioni nel salvataggio di Alitalia pur di sbarrare la strada ad eventuali offerte d'oltrefrontiera. Lui però non ha dato il buon esempio. La Simmel Difesa, la sua azienda di famiglia, è stata venduta l'anno scorso al gruppo inglese Chemring. E Maccagnani ha reinvestito una parte del ricavato nella società britannica, quotata in Borsa.

Facili slogan a parte, ora più che mai il richiamo nazionalistico appare un comodo rifugio per chi deve proteggere concreti interessi personali o aziendali. Il tricolore diventa un sipario per nascondere i reali obbiettivi dei 16 imprenditori (ma potrebbero arrivarne altri) che hanno risposto all'appello di Intesa Sanpaolo e del governo di Silvio Berlusconi.


Tocca a loro finanziare un progetto, nome in codice Fenice, che punta a far rinascere Alitalia dalle ceneri a cui l'ha ridotta un ventennio di dissennata gestione pubblica. La nuova compagnia, dotata di un capitale di partenza di circa un miliardo, sta ancora rollando sulla pista di decollo. Serve il via libera dei sindacati sui tagli di personale. E c'è l'ostacolo più insidioso: superare il prevedibile fuoco di sbarramento dei concorrenti internazionali e ottenere il placet dell'Antitrust europeo.

L'happy end non è scontato. Fin d'ora però sembra chiaro lo scenario di fondo dell'intera operazione. Su Alitalia si consuma il grande scambio tra il governo berlusconiano e il fronte degli imprenditori. E la presenza nella cordata, pur con un ruolo marginale, della stessa presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, appare come un sigillo simbolico. Nel nome di un'operazione che a suon di decreti ed eccezioni antitrust fa a pezzi quelle regole di mercato a cui la Confindustria non manca mai di richiamarsi.

Comprando un'azienda sgravata da debiti, dipendenti in eccesso e altre passività, Colaninno e soci corrono un rischio tutto sommato limitato rispetto ai potenziali guadagni. Gli oneri derivanti dalla vecchia gestione restano in carico alla collettività, mentre i nuovi padroni a tempo debito sapranno riscuotere la cambiale firmata da Palazzo Chigi. L'intreccio di contratti, concessioni e appalti è fittissimo. Tanto da far apparire risibile una dichiarazione del numero uno di Intesa, Corrado Passera: "La maggioranza degli investitori (in Alitalia, ndr) non ha neanche rapporti con il mondo pubblico", ha detto in un'intervista al 'Corriere della Sera'.


Grandi opere connection - Numerosi soci della cordata si apprestano a spartire una torta miliardaria. Aeroporti, autostrade, il Ponte sullo Stretto di Messina, gli appalti milanesi per la realizzazione dell'Expo 2015. La famiglia Benetton, le aziende di Salvatore Ligresti e l'imprenditore piemontese Marcellino Gavio sono i nomi di spicco di uno schieramento che con il governo si confronta ogni giorno su tariffe, permessi di costruzione, gare pubbliche, via libera ambientali. A questo terzetto fa capo l'Impregilo, una delle maggiori imprese di costruzioni italiane.

È suo l'appalto per il Ponte sullo Stretto, progetto congelato dal governo Prodi e tornato ora in auge. Un'opera faraonica, che forse non si farà ma che rappresenta la punta dell'iceberg dei lavori in corso. Così di recente l'Impregilo si è aggiudicata due commesse da 600 milioni l'una: la superstrada Vicenza-Treviso e il primo tratto dell'autostrada tra Malpensa e Bergamo. L'appalto lombardo è l'antipasto dei lavori per l'Expo 2015, che comprendono la futura direttissima Milano-Brescia, una nuova tangenziale e due metropolitane (il totale previsto vale 11,2 miliardi).

La partita con il governo, però, si sta giocando anche su altri fronti. I Benetton e Gavio sono i maggiori gestori di autostrade d'Italia. I loro ricchi profitti erano stati messi in forse dalla revisione delle regole delle concessioni voluta dall'ex ministro Antonio Di Pietro. L'intervento presentava però una serie di zone d'ombra che una specifica legge voluta dal nuovo governo, e che incide in particolare sulla convenzione dei Benetton, ha chiarito a loro favore. D'ora in poi saranno blindati gli aumenti delle tariffe pagate dagli automobilisti, finora soggette a una lunga trafila di autorizzazioni: ogni anno cresceranno in misura non inferiore al 70 per cento dell'inflazione reale.


Il terzo fronte aperto è quello degli aeroporti. Allo scalo di Fiumicino, gestito dalla società Aeroporti di Roma (Adr), l'intreccio degli interessi appare addirittura infernale. Tutto ruota attorno ai Benetton. Saranno azionisti di Alitalia. Sono già soci di maggioranza di Adr, nella cui catena di controllo figurano altri partecipanti alla cosiddetta cordata dei volenterosi: oltre a Ligresti c'è anche il fondo Clessidra gestito da Claudio Sposito, l'ex amministratore delegato della Fininvest che conta ancora su Berlusconi come sponsor e alleato. E, infine, ai Benetton fa capo anche la tenuta agricola di Maccarese, un vasto terreno situato accanto all'aeroporto, dove in futuro Fiumicino dovrà essere raddoppiata.

Adr però non scoppia di salute. Anzi, il bilancio è pieno di debiti e per rimettersi in sesto avrebbe bisogno di aumentare i ricavi che arrivano dalle compagnie. Le tariffe, però, sono state a lungo bloccate per consentire la sopravvivenza di Alitalia: far atterrare un Airbus A320 a Fiumicino costa oggi 1.251 euro, a Parigi 2.635. E un discorso simile vale anche per gli altri aeroporti che vedono tra i soci la famiglia di Treviso, da Torino a Firenze.

Nelle partita delle grandi opere e dei contratti statali, entra infine anche Aponte, il sedicente difensore di un'Alitalia tricolore. La sua compagnia di navigazione Snav trasporta ogni anno milioni di passeggeri su rotte in concessione pubblica. E il gruppo dell'armatore sorrentino da sempre è in prima linea per allargare la sua presenza nei grandi porti (da Genova a Napoli fino a Civitavecchia e altri ancora), sottoposti alla vigilanza di Authority di Stato. Poi c'è il business delle cosiddette autostrade del mare, con i possibili incentivi governativi per togliere le merci dal trasporto stradale dirottandole sulle navi.



Senza contare che da anni Aponte guarda alla possibile privatizzazione dei traghetti Tirrenia. Se queste sono le sue scommesse per il futuro prossimo, non sorprende che l'armatore con base a Ginevra sia disposto a investire circa 150 milioni nel piano Fenice. Poca cosa, tutto sommato, per un imprenditore che naviga con un fatturato superiore ai 4 miliardi. Solo una stima, perché, con buona pace della trasparenza, i bilanci del gruppo restano un segreto ben custodito nella cassaforte di qualche holding off shore.

Aerei & mattoni - Indicato fin da principio come uno dei sicuri partecipanti, anche Marco Tronchetti Provera alla fine avrà nella cordata una posizione poco più che simbolica: le indiscrezioni lo accreditano di un investimento non superiore ai 20 milioni. Anche se minima, la puntata sul piatto Alitalia può servire a garantire, oltre che il tradizionale buon rapporto con Berlusconi, anche specifici interessi immobiliari del gruppo. Da quelli legati all'Expo 2015 fino all'eventuale partecipazione alla futura vendita del patrimonio immobiliare dello Stato. Un bersaglio da tempo nel mirino di Pirelli Real Estate.

Nel suo piccolo, anche Francesco Bellavista Caltagirone (da non confondere con il cugino Francesco Gaetano, editore e costruttore) punta da tempo su immobili e aeroporti. Gestisce i servizi a terra per conto di alcune grandi compagnie negli scali di Linate, Venezia e Bologna. È proprietario di innumerevoli aree che necessitano del nulla osta politico per essere valorizzate. E sta costruendo il nuovo porto di Imperia, primo di una serie di interventi che lui dice di volere al servizio "del Paese più ricco di bellezze naturali". Uomo di relazioni e salotti, dotato di contatti ad altissimo livello a destra come a sinistra, Bellavista è pronto a monetizzare il capitale di amicizie che si è costruito nel tempo. Talvolta con qualche infortunio, come gli stretti rapporti con i furbetti di Gianpiero Fiorani.


Anche la famiglia Fratini, dopo aver accumulato una fortuna con la moda (erano proprietari dei jeans Rifle) e con gli outlet, ora cerca visibilità per aggiudicarsi i progetti più redditizi soprattutto nel'immobiliare. Da Firenze, dove vengono considerati una potenza, hanno puntato su Roma. Assieme alla Pirelli, si sono aggiudicati il palazzo nel quartiere Parioli dove c'era la Zecca e tutte le aree dell'ex Poligrafico di Stato. Ora sono in gara per aggiudicarsi l'area della vecchia Fiera, un progetto le cui sorti dipendono dalla volontà della amministrazione capitolina di centrodestra.

I Passera boys - Ai piani alti di Intesa non erano molti nei mesi scorsi quelli pronti a dare Passera vincente sulla ruota di Alitalia. E invece il manager comasco ha spiazzato tutti. Si è accreditato come grande banchiere al servizio del sistema Paese. E questo proprio mentre la rivale Mediobanca, tradizionale perno dei salvataggi delle grandi imprese, è dilaniata dalle lotte interne. Per centrare l'obiettivo Passera ha lasciato briglia sciolta a Gaetano Miccichè, responsabile della divisione corporate della banca. È lui che ha riannodato le fila delle trattativa con la cordata degli investitori.

Alcune risposte positive erano date in partenza per scontate. Poteva defilarsi Salvatore Mancuso, vecchio amico e sodale di Miccichè, nonché gestore del fondo Equinox nel quale Intesa è di gran lunga il maggior investitore? Nella compagine di Equinox, che ha sede in Lussemburgo, troviamo altri nomi di primo piano coinvolti nell'Alitalia story: da Marcegaglia alla Fininvest di Berlusconi. Ma una lunga consuetudine d'affari lega Miccichè allo stesso Colaninno. Sarebbe stato difficile per il presidente di Piaggio sottrarsi al pressing di Passera che lo voleva alla guida della cordata. Per dire di no, avrebbe dovuto voltare le spalle alla propria banca di riferimento.

È stata Intesa, dopo la fine dell'avventura in Telecom Italia, a chiamarlo cinque anni fa al capezzale di una Piaggio sull'orlo del tracollo. Per favorire il rilancio, e quindi il rientro dalla loro pesante esposizione, Passera e gli altri banchieri hanno trasformato in capitale una parte dei loro crediti verso l'azienda motoristica. Nel frattempo è ripartito anche il mercato delle due ruote e così il risanamento si è concluso a tempo di record con lo sbarco in Borsa del gruppo. I proventi della quotazione sono serviti a rimborsare in parte gli istituti di credito. Ma di recente la marcia trionfale di Piaggio ha rallentato il passo.


In Borsa, nell'ultimo anno, il titolo ha perso il 50 per cento circa contro un calo del 30 per cento del listino. E i piani industriali sono stati corretti al ribasso alla luce della diminuzione delle vendite. La scommessa per il futuro è quella dei mercati dell'Estremo Oriente, dove Piaggio è già presente in forze. Ma è una scommessa che richiede ancora pesanti investimenti. Per questo da tempo la Borsa ipotizza che Colaninno possa essere tentato da un disimpegno. E le voci sono aumentate quando è entrato da protagonista nella partita Alitalia. Saltare dalla Vespa all'aereo sarebbe un modo per salvare i bilanci e la sua immagine di imprenditore vincente.

Anche su Carlo Toto Passera aveva puntato fin dall'inizio. Intesa Sanpaolo ha sostenuto i tentativi del patron di Air One nelle prime fasi della privatizzazione, dove Toto si presentava come l'unico candidato italiano capace di risanare l'Alitalia. Il risultato finale può dunque sembrare sorprendente: Toto venderà la sua Air One alla nuova Alitalia e solo allora deciderà se e quanto reinvestire nella società, con un ruolo di secondo piano. Un legame forte con la nuova Alitalia sembra destinato a rimanere. Al momento del passaggio di proprietà, infatti, l'Air One potrebbe portarsi dietro solo i venti nuovi Airbus A320 che la compagnia si è già vista consegnare. Gli altri novanta aerei che Toto aveva ordinato potrebbero restare di proprietà delle sue holding, per essere affittati proprio all'Alitalia.

Gli outsider Marco Fossati, erede della dinastia della Star, è uno degli uomini più liquidi d'Italia, accreditato di simpatie berlusconiane. Per questo era dato in pole position fra i cavalieri bianchi di Alitalia. Lo è ancora di più ora che sta giocando una partita dalle forti implicazioni politiche come quella su Telecom Italia. Sulla compagnia telefonica ha investito più di 800 milioni di euro.

Una scommessa sfortunata, visto che il titolo ha perso quasi la metà del suo valore da quando il finanziere milanese ha cominciato a farne incetta in Borsa. Serve un paracadute. E Fossati potrebbe tentare di accrescere la propria influenza inserendosi nel difficile rapporto tra i sostenitori dell'amministratore delegato Franco Bernabè e gli spagnoli di Telefonica. Il suo gettone di 20 milioni in Alitalia si rivelerebbe quindi un investimento con un valore aggiunto ben più rilevante.


Nella cordata Alitalia la presenza di Emilio Riva, ottantenne re dell'acciaio italiano, ha destato infine parecchia sorpresa. Certamente nella sua carriera le frequentazioni con Berlusconi, cene elettorali comprese, non sono mancate. Forse, però, non bastano i buoni rapporti con il premier per spiegare l'ingresso in Alitalia per uno che, come lui, non ha mai sopportato di dover mediare le proprie scelte con quelle di altri soci. E non ha mai partecipato a nessuna operazione finanziaria. Nelle ultime settimane la maggiore acciaieria del suo gruppo, l'Ilva di Taranto, si è ritrovata però di fronte a un problema la cui soluzione dipenderà dalle decisioni dal governo.

La Regione Puglia ha reso note le rilevazioni sulle emissioni di diossina dello stabilimento. Troppo alte, ha sentenziato il presidente Nichi Vendola, affermando che se non ci saranno investimenti per ridurle non darà il benestare nell'ambito della procedura di autorizzazione ambientale in corso. Il parere della Regione, però, non è vincolante. Il via libera definitivo spetta al governo. E il ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo si è già incontrata con i vertici dell'Ilva per rassicurarli. A Ferragosto la sorpresa: in una lettera agli uffici regionali, il ministero ha contestato la bontà delle misurazioni degli inquinanti. L'Ilva non chiuderà.
(Ha collaborato Giuliano Foschini)


09 Settembre 2008






[SM=x44465] ovvio che nessuno fa niente per niente [SM=x44504]


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12/09/2008 10:36

un plauso anche al sindacato piloti (non sono operai, non fanno fatica ad arrivare a fine mese) per l'ostruzionismo totale messo in atto.
Che falliscano e vadano tutti in mezzo alla strada. In fondo scelgono rappresentanti che fanno interessi di parte.
[Modificato da FerrariDaytona 12/09/2008 10:37]
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Re: Re:
Nikki72, 11/09/2008 13.50:



[SM=x44465] ovvio che nessuno fa niente per niente [SM=x44504]






E con questo dovremmo giustificare questi "imprenditori"?
E dove sarebbe il "rischio d'impresa" se loro si comprano (ad un prezzo che fanno loro stessi) solo la parte buona di Alitalia
lasciando sulle spalle di noi contribuenti la Bad Company. [SM=x44493] [SM=x44491]

Non solo è stata fatta una legge apposita (modifica ad hoc della Marsano), ma è stato redatto un bando di gara talmente stringente
da lasciare le porte aperte solo alla CAI di Colaninno, Toto & Co. [SM=x44465]

[SM=x44463]

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Non condivido le tue idee, ma darei la vita per vederti sperculeggiare quando le esporrai.
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12/09/2008 10:53

Re: Re: Re:
Etrusco, 12/09/2008 10.50:




E con questo dovremmo giustificare questi "imprenditori"?
E dove sarebbe il "rischio d'impresa" se loro si comprano (ad un prezzo che fanno loro stessi) solo la parte buona di Alitalia
lasciando sulle spalle di noi contribuenti la Bad Company. [SM=x44493] [SM=x44491]

Non solo è stata fatta una legge apposita (modifica ad hoc della Marsano), ma è stato redatto un bando di gara talmente stringente
da lasciare le porte aperte solo alla CAI di Colaninno, Toto & Co. [SM=x44465]

[SM=x44463]




e se fallisce non grava comunque sui contribuenti?
Il rischio d'impresa non si valuta sul numero di debiti che un'impresa è disposta a comprare. Si mette capitale di rischio e lo si investe. In questo caso lo si userebbe per pagare i debiti, con investimenti pari a ZERO.
Un po' diverso il rischio d'impresa. Fallirà, e dalle ceneri qualcuno costruirà una compagnia più seria, e i piloti & C. saranno a piedi.
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Re:
FerrariDaytona, 12/09/2008 10.36:

un plauso anche al sindacato piloti (non sono operai, non fanno fatica ad arrivare a fine mese) per l'ostruzionismo totale messo in atto.
Che falliscano e vadano tutti in mezzo alla strada. In fondo scelgono rappresentanti che fanno interessi di parte.




Non solo: il loro stipendio base (rispetto ai colleghi di altre compagnie) è già alto, ma non significa molto se non vengono anche paragonate le condizioni di lavoro e soprattutto benefit (spesso nascosti), trasferte, straordinari ed altri incentivi e premi di produzione.
Mi risulta che il personale Alitalia, trasferito a Malpensa per motivi operativi, fosse considerato perennemente fuori sede, con costi facilmente intuibili.

Comunque le modifiche ad hoc alla legge Marsano, suscitano motivi legittimi di perplessità.
Un esempio tra i tanti:
solo agli azionisti e titolari di obbligazioni della vecchia Alitalia, verrà data la qualifica di creditori privilegiati. Come pure è eccessiva la garanzia data ai nuovi acquisitori che li mette al riparo da qualsiasi azione di rivalsa dei creditori della vecchia società. [SM=x44463]

In ogni caso spero di cuore che l'operazione riesca, ma nutro seri dubbi che l'Europa non intervenga con azioni punitive e/o correttive. [SM=x44473]
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