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Tony Chichiarelli il "pazzo fascista" della Banda della Magliana

Ultimo Aggiornamento: 01/07/2008 01:20
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01/07/2008 01:20

ma anche per BR, servizi segreti e Vaticano
‘IL FALSARIO DI STATO’
– VITA E MORTE DI TONY CHICHIARELLI, IL ‘PAZZO FASCISTA’ CHE LAVORAVA CON LA BANDA DELLA MAGLIANA, LE BRIGATE ROSSE, I SERVIZI SEGRETI E IL VATICANO (COSA VOLETE DI PIÙ?)…


Vincenzo Vasile per “l’Unità”

Tony Chichiarelli


Nella Roma degli anni di piombo si aggirava uno strano personaggio. Si chiamava Antonio Chichiarelli, Tony per gli amici. E furono i suoi amici a farlo finire sui giornali, e anche - e soprattutto - a farlo finire morto ammazzato. Gli piaceva dipingere, ma invece dell’arte intraprese in grande stile l’artigianato della contraffazione. Perché gli piacevano soprattutto i soldi, soldi facili, vita spericolata. Per cui a un certo punto si creò anche un piccolo mercato delle sue «opere», considerate - a volte - meglio degli originali. Di professione, infatti, Tony faceva il falsario: di quadri, di documenti, di tutto.

Finché non falsificò il comunicato numero sette delle Brigate rosse che annunciava, in anticipo la morte di Aldo Moro attirando la polizia e i giornali nelle acque limacciose del Lago della Duchessa. Perché?, per conto di chi?, con quali scopi? Nel 1984, proprio nell’anno in cui Vasco cantava la «vita spericolata», Chichiarelli compie la rapina del secolo, acciuffando un bottino di 35 miliardi di lire presso la Brink’s Securmack. Era amico stretto di quelli della banda della Magliana, Danilo Abbruciati e Ernesto Diotallevi , coltivava amicizie e idee di estrema destra, unite a una specie di conclamata passionaccia per le imprese dei brigatisti, e - ovviamente - circolava a braccetto con agenti dei servizi segreti. Che lo controllavano a vista, passo dopo passo, eppure lo lasciarono fare.


‘Il falsario di Stato’ di Nicola Biondo e Massimo Veneziani


In una stagione smemorata, in cui impera la moda editoriale e pubblicistica che nega qualsiasi retroscena ed esorcizza qualsiasi mistero, questa microstoria è utile, dunque, per recuperare, se non la memoria, qualche pizzico di buonsenso nella ricostruzione di pagine di cronaca che sono diventate storia. «La vicenda umana di Tony Chichiarelli si intreccia così con la Storia d’Italia, che viene riletta in chiave criminale», ha scritto un esperto del ramo, Giancarlo De Cataldo, magistrato e scrittore, nella prefazione a ‘Il falsario di Stato’, (Cooper editore, 10 euro), scritto da Nicola Biondo e Massimo Veneziani, due giovani giornalisti free lance, «topi di archivio», e degli archivi più segreti.

Biondo e Veneziani il loro prezioso volumetto l’hanno scritto come un noir, scandito - anzi - come la sceneggiatura di una fiction, ma non c’è alcuna finzione, e sarebbe utile che si riflettesse su alcune parole pronunciate qualche tempo fa da uno che di misteri se ne intende, il senatore Giulio Andreotti: «L’autore del comunicato falso fu Chichiarelli, ma non è verosimile che sia stato effettivamente lui. Il 17 aprile del ’78 una persona ci avvertì che il giorno seguente sarebbe uscito un comunicato e ci disse di non spaventarci». La fonte era un contatto che il Vaticano utilizzava per la trattativa con le Br: 50 miliardi in cambio della vita di Moro.



Il cadavere di Mino Pecorelli


Esattamente quello che scrisse il giornalista un po’ ricattatore e un po’ profeta, Mino Pecorelli sul suo OP dopo la scoperta del covo delle Br in via Gradoli: «Ci sono almeno due fazioni delle Br», di cui una trattava un clamoroso riscatto, e questa è proprio l’ala delinquenziale delle Brigate. E Chichiarelli è implicato ovviamente anche nell’assassinio del giornalista. Nel corso dell’inchiesta sulla morte di Pecorelli, la sua compagna e segretaria, Franca Mangiavacca, riconoscerà proprio il falsario come l’uomo che nell’ultima settimana di vita del giornalista li pedinava.

Gli piaceva lasciare tracce di sé. Per esempio dopo la rapina alla Brink’s, lasciò la sua firma, il numero sette, come quello del falso comunicato brigatista: prima di fuggire, fotografò i guardiani sotto un drappo rosso con la scritta Br, lasciò oltre che un sacchetto di polvere da sparo, una bomba «Energa» proveniente dal deposito della Banda della Magliana, e sette spezzoni di catena, sette chiavi e sette proiettili 7.62 Nato. Sette, come appunto il comunicato che aveva contraffatto. Come un messaggio cifrato perché chi sapeva e doveva capire, capisse.

A casa sua oltre ai quadri falsi teneva armi vere. Un amico descrisse l’arsenale: kalashnikov, bazooka, bombe a mano e revolver. Chichiarelli gli aveva mostrato anche la testina rotante Ibm che gli era servita per redigere il comunicato brigatista, vantandosi di esserne l’autore, e di avere intenzione di far ritrovare in un taxi un borsello con la testina, un revolver e altri volantini. Cosa che fece, altro messaggio in bottiglia, che non gli salvò la vita, anzi forse accelerò la sentenza di morte. Perché questa storia, dovunque la giri, è la storia di un falsario di Stato.

Il 'divo' Andreotti in tribunale per il caso Pecorelli

L’epitaffio lo scrisse a verbale un suo amico, Luciano Del Bello, anche lui confidente dei servizi: «Toni era pazzo, un pazzo fascista, se l’è andata a cercare». Gli trovarono a casa le foto originali di Aldo Moro, scattate nella «prigione» delle Br. E l’avvocato Pino De Gori, legato a Flaminio Piccoli, scrisse un altro necrologio, in chiave spy story: «È stato il Mossad ad autorizzare la rapina del secolo compiuta da Chichiarelli, ed era una ricompensa per il volantino falso del Lago della Duchessa, poi però l’hanno fatto fuori». Dietrologia? Resta il fatto che quelle foto provano quanto meno che un tipo così aveva avuto accesso al «carcere del popolo» dove era rinchiuso il presidente dc.

Nel Falsario di Stato si possono leggere anche alcune pagine inedite del diario di uno dei personaggi cruciali di quegli anni di piombo e di trame, il capitano del Sid Antonio La Bruna, che consegnò le sue memorie a uno degli autori, Nicola Biondo, poco prima di morire.


Vincenzo Vasile per “l’Unità”, 30 Giugno 2008

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Non condivido le tue idee, ma darei la vita per vederti sperculeggiare quando le esporrai.
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