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CRISTIANESIMO E CHIESA CATTOLICA

Ultimo Aggiornamento: 15/02/2016 17:26
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25/07/2008 20:16


"La Bibbia. I Vangeli. Con i più significativi Vangeli Apocrifi in appendice" vol. V - Oscar Mondadori 2000



La figura di Gesù di Nazaret ha segnato quasi venti secoli di storia del mondo, specialmente per l’Occidente. Questo dato storico-culturale trova la sua origine letteraria nei quattro Vangeli o Vangelo quadriforme, secondo l’espressione d’Ireneo. Si tratta dei primi quattro libri del Nuovo Testamento che raccontano gli ultimi anni della vita di Gesù, dal 27 o 28 al 30 d.C., a opera di scrittori inseriti all’interno di comunità cristiane della seconda metà del I secolo. Alcuni studiosi sostengono che dietro il nome degli evangelisti vi siano gli stessi personaggi indicati, altri vi vedono invece redattori pseudoepigrafi che si servono dei nomi degli apostoli per conferire la più alta autorità ai loro scritti (soprattutto per Matteo e Giovanni). L’unicità dell’evento narrato (l’unico vangelo) nella quadruplice narrazione ha generato, per segnalare ognuno dei quattro libri, l’espressione "Vangelo secondo...", introdotta a partire dalla seconda metà del II secolo. I Vangeli costituiscono il genere letterario principale del Nuovo Testamento: si trovano al suo inizio e sono seguiti immediatamente dagli Atti degli apostoli, perché questi ultimi non sono che la continuazione del terzo vangelo e insieme formano l’opera lucana. I Vangeli si articolano in una narrazione continuata che si estende dall’incontro di Gesù con Giovanni il Battezzatore fino alla tomba aperta: all’interno sono riferiti detti e azioni di Gesù, seguiti dal racconto della sua passione e morte; il tutto è preceduto in Matteo e Luca dai racconti dell’infanzia e in Giovanni dal prologo innico a Gesù-Logos, ed è seguito dai racconti di apparizione del Risorto. Il termine "evangelo/vangelo" deriva dal greco eu-anghélion e significa "bella/buona notizia". Già presente nel mondo civile e nell’Antico Testamento per annunciare un evento fausto della vita sociale (la visita dell’imperatore, il ritorno dall’esilio, la salvezza del popolo), il termine viene qui adoperato per indicare la testimonianza di fede dei primi cristiani in Gesù di Nazaret, ritenuto il Messia/Cristo/Unto (termini provenienti rispettivamente dall’ebraico/aramaico, dal greco e dal latino) atteso nella storia e il Figlio primogenito del Padre (Marco 1,1). Egli è il segno per eccellenza della benevolenza misericordiosa del Padre verso tutti gli uomini (Luca 2,14), il "Sì", l’Amen senza ritorno della bontà salvifica del Dio biblico (Apocalisse 3,14), il Regno di Dio in atto. Un’offerta cui gli uomini potranno liberamente rispondere, per la gioia piena di una vita da figli nel Figlio e a beneficio di una fratellanza universale; una proposta capace di interpellare ciascun uomo e donna di ogni tempo, perché proveniente da quel Figlio dell’Uomo che incarna un ideale permanente d’umanità e di divinità. I quattro Vangeli presentano quest’unico vangelo in quattro racconti diversi, in quattro modi d’approccio differenti del mistero salvifico. A partire dall’esperienza-incontro col Risorto i primi cristiani compresero meglio il mistero di quella persona con la quale erano vissuti, il suo insegnamento e i suoi gesti, primo fra tutti quello della sua morte, e lo proclamarono in pubblico, da Gerusalemme fino ai confini della terra. Il termine greco per questo primo gioioso annuncio della salvezza è kérigma, e deriva dal verbo che indicava il suono della tromba dell’araldo imperiale. Col tempo le comunità cristiane si moltiplicarono e si diversificarono per ambiente d’origine e di vita, necessitando ciascuna di una predicazione e riflessione appropriate. Tenendo conto poi dell’importanza del riferimento al Gesù storico per le generazioni cristiane della seconda metà del I secolo — che più non avevano conosciuto il Gesù terreno o i suoi testimoni oculari — alfine di conservare l’identità del Risorto col Crocifisso, sorse l’esigenza di mettere per iscritto le parole e i gesti di Gesù inserendoli nella trama narrativa della sua vita pubblica, come appare evidente leggendo il prologo di Luca al suo libro (Luca 1,1-4). Da tutto questo deriva l’articolazione, comune e propria a ciascuno, dei quattro racconti che sono i Vangeli, messi per iscritto perché tutti potessero credere in Gesù come esplicitamente afferma Giovanni verso la fine del suo vangelo (Giovanni 20,31). Il Vangelo secondo Matteo (18.278 parole greche e nell’iconografia simboleggiato da un angelo), rivolto a cristiani d’origine ebraica e redatto in un greco corretto e solenne, si articola su un’alternanza di racconti e discorsi di Gesù ripresa ben cinque volte, con un rimando evidente al Pentateuco. Vi è un interesse particolare per il suo insegnamento in rapporto alla Legge, per la realizzazione del Regno di Dio e l’esperienza di chiesa fondata sulla roccia Pietro. Il primo vangelo è stato preferito dalla chiesa fino all’inizio del nostro secolo, e privilegiato nell’uso liturgico. Il Vangelo secondo Marco (11.229 parole greche, simboleggiato da un leone), indirizzato a cristiani d’origine non ebraica, con uno stile narrativo vivace e coinvolgente, privilegia le azioni di Gesù rispetto alle sue parole, e la sua struttura si presenta come uno sviluppo della fede dei discepoli nel mistero del Maestro: dall’entusiasmo iniziale all’incertezza e alla difficoltà di fronte al Messia sofferente, nella prospettiva del rilancio postpasquale in Galilea. In questo secolo il secondo vangelo ha guadagnato maggiore stima presso gli studiosi, anche dal punto di vista teologico. Il Vangelo secondo Luca (19.404 parole greche, simboleggiato da un bue), rivolto a cristiani d’origine non ebraica, in uno stile curato e personale, evidenzia una teoria di grandi personaggi, che nel loro incontro con Gesù testimoniano il volto misericordioso del Padre e il suo disegno di salvezza universale. Il racconto del terzo vangelo prosegue nel libro degli Atti, interpretando l’epoca della chiesa come un’estensione del tempo di Gesù in vista della predicazione universale del vangelo. Il Vangelo secondo Giovanni (15.416 parole greche, simboleggiato da un’aquila), indirizzato a comunità già tipicamente cristiane dell’Asia Minore, legate in particolare all’apostolo Giovanni, con uno stile elaborato e contemplativo e in un procedimento a spirale incalzante, ricco di metafore e allusioni, mira ad approfondire il dono presente della fede in Gesù Figlio, in una concezione gloriosa e attualizzata della salvezza cristiana. Dal secolo scorso in poi è stato rivalutato anche dal punto di visto storico rispetto agli altri tre. I Vangeli sono stati scritti in lingua greca, non quella classica di Atene ma quella della koiné ellenistica, semitizzante. Il testo dei quattro Vangeli che noi oggi leggiamo è una ricostruzione da vari manoscritti antichi: in primo luogo i grandi codici biblici in greco del IV e V secolo (Sinaitico, Vaticano, Alessandrino) e poi i frammenti di papiri dei secoli precedenti, che possono risalire fino alla metà del II secolo (per Giovanni) e addirittura fino alla seconda metà del I secolo (per Marco o Matteo). Per cui la data di composizione dei Vangeli può essere collocata oggi tra il 60 e il 100 d.C.: un tempo ottimale per quanto concerne la distanza dai fatti narrati, tale da rendere molto elevata la loro attendibilità storica. Del resto appartiene ormai alla consapevolezza diffusa il fatto che ogni testo — anche di genere storico — è sempre un racconto interpretante dei fatti che riferisce; in questo senso i Vangeli sono testi "confessanti", cioè di testimonianza della fede cristiana di determinati uomini e delle loro comunità. Di fronte alla Bibbia in genere, di fronte ai Vangeli, ma anche a ogni testo letterario, la domanda principale da porsi non è tanto "Che cosa è capitato?", bensì "Che senso ha per noi ciò che è narrato?". Perché fatto e senso sono inscindibili, sia per l’autore sia per il lettore, anche se epoche diverse possono accentuare l’uno o l’altro degli aspetti. I "detti di Gesù" sono anche "detti su Gesù", e continuano a essere ripetuti dai lettori di sempre. Però, se a tutto il medioevo il problema della storicità dei Vangeli come tale non esisteva e si viveva il rapporto coi testi evangelici in un’ingenua coincidenza tra testo e fatto e tra testo e lettore, a partire dal Rinascimento avvenne un confronto critico tra Bibbia e istanze storiche e letterarie. Nacque così la "questione sinottica", che cercò di spiegare le forti somiglianze dei primi tre Vangeli (Matteo, Marco, Luca), che appunto per questo sono detti "sinottici", in quanto possono essere letti parallelamente, quasi racchiusi da uno stesso colpo d’occhio. Si fece dapprima l’ipotesi delle due fonti: una fonte narrativa identificata con Marco, alla base di tutti e tre i Vangeli sinottici, e una fonte di discorsi e detti, la fonte "Q" (che sta per Quelle, che in tedesco significa "fonte"), alla base dei discorsi presenti nelle opere di Matteo e Luca. In seguito si cercò di andare oltre i testi per raggiungere la persona di Gesù colta nella sua autenticità storica, senza - si pensava - le successive costruzioni della fede dei discepoli; e si cadde nella fantasia delle varie "vite di Gesù" della teologia liberale dell’inizio di questo secolo. Successivamente si approfondì il punto di vista dei generi letterari e dei loro ambienti d’origine, per ritornare infine all’attenzione al testo nella sua globalità redazionale e nella sua teologia originale. Il vivo interesse attuale verso il Gesù storico porta a considerare i testi evangelici come una testimonianza storica della fede originale dei primi cristiani in Gesù Cristo, la quale però può essere meglio evidenziata anche attraverso il confronto coi dati storici e sociologici all’interno del Nuovo Testamento e del giudaismo del tempo.
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