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Bancopoli

Ultimo Aggiornamento: 09/10/2008 17:05
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09/10/2008 17:05

banche corresponsabili del crack (caso Parmalat e non solo...)
IL MIGLIOR EDITORIALE SU BANCOPOLI? LA REQUISITORIA DEL MAGISTRATO GRECO
- ‘BANCHE, SINDACI, REVISORI, ANALISTI, TUTTI COMPLICI DELLA GRANDE TRUFFA DI TANZI’
- “AGGIOTAGGIO UGUALE OMERTÀ MAFIOSA”
– CHIESTI 13 ANNI DI GALERA PER IL LATTAIO

1 - ‘BANCHE, SINDACI, REVISORI, ANALISTI, TUTTI COMPLICI DELLA GRANDE TRUFFA DI TANZI'
Da "La Stampa" - Stralci della requisitoria pronunciata ieri dal pm Francesco Greco al processo Parmalat


PM Franceso Greco



Il crollo della finanza internazionale cui stiamo assistendo in questi giorni e che ha fatto sparire il settore delle banche d'affari in pochissimo tempo
- i padroni del mondo di questi ultimi 30 anni - è a mio avviso la migliore dimostrazione che l'intuizione che hanno avuto la procura di Milano e quella di Parma nel 2003, era giusta.

Come era giusta la conseguente decisione di considerare le banche corresponsabili del crack della Parmalat.

Questo processo ha accertato documentalmente - ripeto: documentalmente - che le banche hanno collaborato all'informazione al mercato, direttamente e indirettamente, tutti i giorni e tutte le notti, con informazioni false, con operazioni la cui apparenza era diversa dalla sostanza o dalla finalità, e con altri artifici. Hanno consapevolmente mantenuto in vita un titolo che doveva andare in default già da molti anni e forse non aveva nemmeno il diritto a esistere fin dall'inizio.

E' di tutta evidenza che la Parmalat non poteva resistere un solo giorno senza questa rete di complicità e di coperture globali e totali. La favoletta alla quale non credono più nemmeno i bambini, della incosapevolezza o della buona fede delle banche è miseramente crollata. Fino all'ultimo giorno la Parmalat è stata un'occasione di guadagno, anzi più andava male più faceva fare profitti.
Non è un caso che in un'e-mail di Citibank mi pare, la Parmalat sia stata definita "la gallina dalle uova marce d'oro"...




Tanzi e Carraro

L'8 dicembre del 2003, l'analista di Citibank, invitava il mercato a comprare le azioni Parmalat. Peccato che appena 15 giorni prima la Citibank avesse chiesto il rientro a Parmalat dalle proprie esposizioni. Il 12 novembre l'analista di Bank of America - questo onesto personaggio che citerò più volte, Mike Vasilache - ha definito in uno studio la vicenda Parmalat come un "brutto film di mafia".
E nello stesso periodo, però, Bank of America stava cercando di rifinanziare ancora le operazioni brasiliane...Ma perchè le banche continuavano a dare credito a una società che sapevano in stato di decozione, da anni chiaccherata perchè opaca, malgestita, con bilanci incomprensibili e contraddittori e che era nota per la scarsa trasparenza informativa?

Il sistema bancario sapeva perfettamente che la Parmalat non aveva una lira...E questo lo avevano rilevato tutti gli analisti bancari italiani. E lo abbiamo dimostrato con le produzioni che abbiamo effettuato. Il sistema bancario sapeva che la Parmalat ricorreva nel 2003 ai derivati speculativi per fare cassa, perchè non aveva più soldi. E guarda caso questi derivati speculativi li faceva con quelle stesse banche che erano lead manager nelle emissioni e che continuavano a spacciare i bond della Parmalat...

Signor presidente, a differenza dei comuni cittadini ai quali le banche chiedono il rientro se non pagano una rata del forno a micro-onde; o quando erogano un muto fanno delle due diligence - queste sì serie e costose - per Parmalat le porte erano sempre aperte perchè il rischio Parmalat veniva immediatamente trasferito al mercato...Del resto, la logica che ha guidato la finanza in questi anni e che sta portando il mondo alla rovina, è questa: la carta!



Calisto Tanzi e Ligresti


Con la triste conseguenza che come al solito i conti, come in questo processo, li pagheranno i cittadini, i risparmitori, non certo gli ex "padroni dell'universo" che ormai i loro guadagni, come è evidente in questo processo, li hanno occultati nei paradisi fiscali....

Come pensate, dove pensate che il governo americano tirerà fuori i 700 miliardi di dollari che ha previsto, così come i governi europei? Dalle tasche dei cittadini, dalle tasche di quei risparmatori che già sono stati truffati...

E la cosa che più m'impressiona in questa storia è che si parla di soldi ma non di regole. Non si creano i presupposti per impedire che nel futuro le banche continuino a fare quello che hanno fatto fino adesso. Ma io mi chiedo: che ci vuole a vietare le operazioni con i "veicoli speciali"? Basta tassarle del 100 per cento. Le regole, nel diritto societario, sono la programmazione di come deve essere l'economia, in questo caso la finanza, per i prossimi 50 anni. Qui invece di regole non se ne parla, si parla solo di far tirar fuori i soldi ai cittadini».

2 - CHIESTI 13 ANNI DI GALERA PER IL LATTAIO
Paolo Colonnello per "La Stampa"


Quando il pm Eugenio Fusco finisce di fare i suoi conti e tira finalmente le somme, nell'aula del processo Parmalat c'è un attimo di sbandamento:
«13 anni, senza attenuanti, per Calisto Tanzi.
Quello di Parmalat è stato un aggiotaggio irripetibile»
,
dice. E poi, a seguire, 6 anni per l'ex funzionario di Bank Of America, Luca Sala, 5 anni per il suo compare Luis Moncada e 3 anni e 6 mesi per un altro funzionario Antonio Luzi; 5 anni per l'ex consigliere d'amministrazione «indipendente» Luciano Silingardi; 5 per il suo collega Paolo Sciumè e 4 anni per Enrico Baracchini; 3 anni e 6 mesi per il responsabile del comparto venezuelano, Giovanni Bonici; 900 mila euro di sanzione infine per l'unico soggetto giuridico imputato, l'Italaudit ex revisori GrandThorton.


Calisto Tanzi

«Signor presidente - incalza il pm Fusco - è vero che gli imputati sono tutti incensurati ma quando ci si trova di fronte a un reato perpetrato per anni e anni, non sempre si possono tenere in considerazione delle attenuanti. Dell'enorme danno causato ai risparmiatori, questi se ne sono sempre infischiati. E allora...». I superstiti di un processo che aveva già visto altri 11 patteggiamenti tra i protagonisti di uno dei più grandi scandali imprenditoriali e finanziari degli ultimi anni, vedono i loro avvocati vacillare. Perché una richiesta del genere, per un reato come l'aggiotaggio, seppure così «grave e irripetibile», ancora in Italia non si era mai sentita.

E loro, che erano rimasti al dibattimento convinti di potersela cavare alla fine con pochi danni, si trovano improvvisamente su una graticola dalla quale sarà difficile scendere. Almeno in questo primo grado di giudizio. «Sapevano e hanno taciuto», conclude la sua requisitoria il procuratore aggiunto Francesco Greco. Perché in fondo il reato di aggiotaggio altro non è che una variante dell'omertà mafiosa in campo finanziario. E diventa subito chiaro che quello dei magistrati milanesi è un monito preciso che in tempi cupi come questi suona assai sinistro per i protagonisti della «finanza creativa».

Il processo Parmalat doveva essere un banco di prova per i futuri dibattimenti che ancora annaspano nelle udienze preliminari, dalla scalata Antonveneta a quella Bnl-Unipol, fino all'inchiesta ancora in itinere sui derivati. Per questo il finale affidato al procuratore aggiunto Francesco Greco diventa sferzante soprattutto con il sistema bancario, anche se nel mirino si ritrova ora solo Bank Of America, in questo caso citata per responsabilità civile e per il ruolo che giocarono i suoi due ex funzionari, Luca Sala e Luis Moncada, seduti idealmente sul banco degli imputati.

I prodromi di quanto sta accadendo in questi giorni nel mondo occidentale, per i magistrati si ritrovano già tutti lì, a Collecchio, nella sede del lattaio più famoso d'Italia, il cavalier Calisto Tanzi. «Nessuno venga a dire di non esserci stato» aveva avvertito la settimana scorsa il pm Carlo Nocerino nella prima parte della requisitoria. Non le grandi banche internazionali, che però sono a giudizio in un processo separato che ora rischia di ricominciare da capo per un vizio di forma; non i cosiddetti «amministratori indipendenti» che in cambio di sontuosi gettoni e prebende professionali di varia natura non si accorsero mai dei suggestivi bilanci di Collecchio dietro i quali si nascondevano vertiginose voragini finanziarie.

Non i sindaci, i revisori dei conti, gli analisti che si guardavano bene dal segnalare le palesi incongruenze dei bilanci. Non le banche che continuavano ad emettere bond per finanziare una struttura decotta, facendo ricadere i costi sui piccoli risparmiatori. Ma i pm l'hanno chiarito subito: «Questo è soprattutto il processo a Tanzi, è lui il vero artefice di tutto». E sarà lui a pagare di più. I suoi difensori, Giampiero Biancolella e Fabio Belloni, commentano: «Sorprende la discrasia tra le pene patteggiate e questa richiesta esorbitante». E Tanzi ha commentato: «Una richiesta di pena esagerata per il ruolo che ho effettivamente avuto in questa vicenda».




[07-10-2008]
www.dagospia.com/rubrica-4/business/articolo-324.htm

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Non condivido le tue idee, ma darei la vita per vederti sperculeggiare quando le esporrai.
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