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PdL, Scandalo appalti: dopo Scajola nella bufera anche Denis Verdini

Ultimo Aggiornamento: 04/03/2017 17:31
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L’inchiesta - L’uomo chiave
Anemone ora parla e incastra il Generale dei Servizi segreti
Il costruttore della «cricca» smentisce Pittorru
Verifiche sugli indirizzi di politici e prelati


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Diego Anemone

(Ansa)

PERUGIA — L’interrogatorio si è svolto poco prima che lasciasse il carcere. E per la prima volta Diego Anemone ha accettato di rispondere alle domande degli investigatori. Nel muro di silenzio che aveva eretto sin dal giorno del suo arresto, si è dunque aperta una crepa. Adesso non è escluso che la situazione possa cambiare. Dopo la scelta di collaborazione di Angelo Zampolini — l’architetto al quale erano state delegate le operazioni di compravendita di appartamenti per i potenti — anche il principale indagato decide di fornire indicazioni preziose per l’inchiesta. E così «incastra» il Generale dei Servizi segreti Francesco Pittorru, al quale aveva regalato due appartamenti al centro di Roma e tre ristrutturazioni.



Ora si va avanti. E proprio al giovane imprenditore si chiederanno chiarimenti su quella lista di 370 persone custodita in un computer della sua impresa. Politici, alti funzionari dello Stato, prelati, personaggi dello spettacolo: sono decine i «clienti» di Anemone. Le verifiche affidate alla Guardia di Finanza dovranno stabilire chi abbia goduto dei favori e chi invece abbia regolarmente pagato le fatture. E soprattutto quale di questi lavori «privati» sia legato alla concessione di appalti pubblici.

L’incontro all’alba
Sono le 5 di domenica scorsa, carcere di Rieti. Un ufficiale della Guardia di Finanza entra nella saletta colloqui e incontra Anemone prima che lui lasci la cella per scadenza dei termini di custodia cautelare. Esibisce un ordine di perquisizione. Spiega il motivo della sua visita. Qualche settimana fa è stato interrogato a Perugia il generale Pittorru. Ai pubblici ministeri Sergio Sottani e Alessia Tavarnesi ha raccontato che i soldi per l’acquisto delle due case erano un prestito. «Esiste una scrittura privata che lo dimostra - ha giurato - ed è custodita nella mia casa in Sardegna ». Chiede qualche giorno per avere la possibilità di recuperarla. I magistrati non credono alla sua versione, decidono di concedergli comunque il tempo richiesto. Ma quando il generale torna in Procura afferma che le carte gli sono state rubate e non può dimostrare quanto ha sostenuto. «Chiedete ad Anemone», aggiunge, sicuro che l’imprenditore confermerà la sua versione. Non va così. Dopo aver ricostruito i fatti, l’investigatore spiega ad Anemone che si dovrà procedere a controlli per rintracciare il documento. A questo punto lui accetta di parlare. E smentisce la versione fornita dallo 007. Chiarisce che tra loro non è mai stata stipulata alcuna scrittura privata e soprattutto spiega di non aver concesso al generale alcun prestito. L’investigatore non va oltre, ma le risposte di Anemone bastano a confermare l’accusa di corruzione già contestata a Pittorru. Ora è possibile che all’imprenditore sia chiesto conto di altre circostanze emerse dall’indagine. Mentre era detenuto si è sempre avvalso della facoltà di non rispondere. Quanto è stato scoperto finora e, soprattutto il rischio di commissariamento di tutte le sue aziende, potrebbero averlo però convinto a cambiare atteggiamento.

Gli indirizzi «coperti»
Un chiarimento potrebbe essere sollecitato quantomeno sul criterio di archiviazione degli appalti ottenuti tra il 2003 e il 2008 elencati in quella lista custodita nel computer del fratello Daniele. Era il 14 ottobre 2008. Nel corso della verifica fiscale avviata dalla Guardia di Finanza sull’"Anemone Costruzioni" fu trovato quel foglio. La segretaria Anna, allarmata, si premurò immediatamente di avvertire il «capo»: «Hanno aperto il pc e la cassaforte. Daniele ha detto che c’è questo mondo e quell’altro. Però sembrerebbe, da quello che sono riuscita a vedere perché mi sono messa lì vicino con una scusa, che stampavano gli elenchi di personale vecchio, lavori, ’ste cose qua». Effettivamente la lista è lunga e variegata.
Oltre a politici e prelati, ci sono numerosi ufficiali della Guardia di Finanza, funzionari dei ministeri, agenti di polizia e dei servizi segreti.
In alcuni casi compaiono soltanto gli indirizzi ed è su questo che si concentrano le verifiche per scoprire se questo accorgimento serva a proteggere personaggi di primo piano che potrebbero aver beneficiato di favori.
Guido Bertolaso dovrà chiarire ai magistrati come mai non abbia fatto cenno nel suo interrogatorio ai 3 interventi di ristrutturazione effettuati nei suoi appartamenti dalla ditta di Anemone, ammettendone soltanto uno.
Stessa domanda sarà rivolta all’Ingegner Rinaldi, che riceveva gli operai nelle sue dimore ed è accusato di aver agevolato l’imprenditore per i Mondiali di Nuoto e per altri appalti, anche se il suo avvocato Titta Madia nega che ci siano mai stati favoritismi. E si interrogherà di nuovo anche Mauro Della Giovampaola, pure lui inserito nella «cricca » come delegato di missione al G8 della Maddalena, che avrebbe ottenuto lavori per l’appartamento di sua madre.

Le altre liste
Nei computer sequestrati negli uffici di Anemone e tra i documenti trovati nelle case degli indagati ci sono numerosi appunti che potrebbero svelare i nomi di nuovi beneficiari illustri dei favori elargiti dal costruttore. In particolare ci si concentra sui manager di Stato che lo avrebbero agevolato nell’aggiudicazione degli appalti pubblici. E sulla concessione dei finanziamenti alle sue società. Per questo un ruolo chiave viene assegnato dagli inquirenti al commercialista Stefano Gazzani, che si occupava delle transazioni finanziarie. Il suo nome è inserito nell’elenco delle operazioni sospette segnalate dalla Banca d’Italia: trasferimenti di denaro in Italia e all’estero che potrebbe celare il versamento di tangenti, ma anche l’acquisto di altri appartamenti. I pubblici ministeri hanno sollecitato il suo arresto e già oggi il tribunale del Riesame di Perugia potrebbe rendere nota la decisione, stabilendo così se questa parte dell’indagine debba restare nel capoluogo umbro o se invece vada trasferita a Roma come aveva deciso il giudice delle indagini preliminari e ribadito l’avvocato di Gazzani, Bruno Assumma.
Il «verdetto» appare determinante per il futuro dell’inchiesta.
L’eventuale trasmissione del fascicolo nella capitale, ne provocherebbe infatti la frammentazione, mentre Sottani a Tavarnesi hanno evidenziato la necessità di procedere alle verifiche «in uno stesso contesto, visto che ci si trova di fronte a un’associazione a delinquere che agiva per pilotare gli appalti pubblici» e procurare un arricchimento ai suoi componenti e a tutti coloro che erano in grado di aiutarla.
La dimostrazione
è in quei lussuosi appartamenti che Anemone contribuì ad acquistare, oltre che per Scajola e Pittorru, anche per il genero di Ercole Incalza, potente braccio destro dei ministri delle Infrastrutture Lunardi e Matteoli.

Fonte: Corriere della Sera - Fiorenza Sarzanini
14 maggio 2010

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