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Piazza della Loggia: tutti assolti

Ultimo Aggiornamento: 17/11/2010 10:07
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16/11/2010 21:23

insufficienza di prove

BRESCIA

Strage di piazza della Loggia
dopo 36 anni tutti assolti i 5 imputati


I giudici della Corte d'assise hanno deliberato dopo una settimana di camera di consiglio. Il processo per l'attentato del 1974 in cui morirono 8 persone e 104 rimasero ferite è durato quasi due anni, con 166 udienze. La sentenza in base all'articolo 530, insufficienza di prove. Revocata la misura cautelare per il neofascista Zorzi


BRESCIA - Ancora una strage impunita al termine di un processo 1 che ha scagionato tutti. Nessun colpevole per la strage di piazza della Loggia, a Brescia, dove il 28 maggio 1974 morirono otto persone e oltre cento rimasero ferite. Dopo una settimana di camera di consiglio i giudici della Corte d'assise di Brescia, presieduta da
Enrico Fischetti, hanno assolto i cinque imputati in base all'articolo 530 comma 2, assimilabile alla vecchia insufficienza di prove. Revocata la misura cautelare nei confronti dell'ex ordinovista Delfo Zorzi che vive in Giappone.

La Procura di Brescia, dopo l'inchiesta cominciata nel '93 e un dibattimento durato circa due anni e 166 udienze, aveva chiesto l'ergastolo per gli ex ordinovisti veneti Delfo Zorzi e Carlo Maria Maggi, per il collaboratore dei servizi segreti Maurizio Tramonte e per il generale dei carabinieri Francesco Delfino. Per l'ex segretario dell'Msi Pino Rauti era stata chiesta l'assoluzione. Oggi i giudici hanno assolto tutti gli imputati e disposto il non luogo a procedere per Maurizio Tramonte, per intervenuta prescrizione in relazione al reato di calunnia. Nei confronti di Zorzi, ora cittadino giapponese, è stata disposta la revoca della misura cautelare.

Per la strage di piazza della Loggia nessuno è mai stato condannato definitivamente, nonostante diversi processi. "L'unica cosa a cui penso in questo momento sono quegli otto morti. Noi eravamo in piazza quella mattina" ha commentato Manlio Milani, presidente dell'associazione familiari delle vittime della strage di piazza della Loggia, subito dopo la lettura della sentenza. "In questo processo - ha tenuto a precisare - le cose che mi hanno colpito sono state le reticenze, le falsità che hanno raccontato. Stiamo ancora combattendo con un Parlamento che ti dice che sull'applicazione della legge sul segreto di Stato, a quattro anni dalla sua approvazione non ci sono ancora i regolamenti applicativi. Non c'è volontà di affrontare quegli anni". 

Provo un "sentimento di impotenza", ha detto il sindaco di Brescia, Adriano Paroli, "perché la città voleva due cose: verità e giustizia, ma non si è riusciti a raggiungerle". "Un insulto irreparabile a quanti quella mattina sono caduti in piazza, ai loro familiari", ha rimarcato Paolo Corsini, deputato del Pd e già sindaco di Brescia, esprimendo "sgomento e sconcerto" per la sentenza che "pone fine alla vicenda giudiziaria". "E' un insulto - ha ribadito - un'offesa che umilia la città e rischia di spegnere un'ansia di verità e giustizia che la ricerca storica e il giudizio politico hanno invece da tempo appagato". E' come se la bomba fosse esplosa di nuovo, ha commentato Oliviero Diliberto, segretario nazionale del PdCI-FdS, "riaprendo una ferita che sanguinerà per chissà quanto tempo ancora".

(16 novembre 2010)

repubblica.it

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16/11/2010 22:48

una sola parola : VERGOGNA [SM=x44491] [SM=x44491] [SM=x44491] [SM=x44491] [SM=x44491]
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Naturphilosopher Ethilista
16/11/2010 23:22

Anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti [...]
verremo ancora alle vostre porte
e grideremo ancora più forte
per quanto voi vi crediate assolti
siete per sempre coinvolti,
per quanto voi vi crediate assolti
siete per sempre coinvolti

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17/11/2010 09:52


Alla fine le stragi sono state incidenti, anzi, le vittime si sono auto-stragizzate. [SM=x44464]

[SM=x44491]

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Disapprovo quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo.

(Voltaire)

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I videogiochi non influenzano i bambini. Voglio dire, se Pac Man avesse influenzato la nostra generazione ora staremmo tutti saltando in sale scure, masticando pillole magiche e ascoltando musica elettronica ripetitiva."
(Kristian Wilson, Nintendo Inc., 1989)

Pochi anni dopo nacquero le feste rave, la musica techno e l'ecstasy...

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17/11/2010 10:07

Spioni, fascisti ed esaltati
Più chiare le colpe storiche


Anni di depistaggi: il verdetto non toglie i sospetti su un mix di poteri deviati
MICHELE BRAMBILLA
INVIATO A BRESCIA

Siccome in Italia l’impunità dei bombaroli non è una sorpresa ma una tragica routine, la lettura della sentenza non provoca più né lo stupore né la rabbia di tanti anni fa. In aula solo un’anziana signora pronuncia, anzi sussurra un quasi timido «vergogna» prima di scoppiare in lacrime: chissà chi ha lasciato, quel 28 maggio 1974. C’è amarezza. Ma non sorpresa. Nessuno si faceva illusioni. Troppo tempo è passato perché si potesse ricostruire la verità «al di là di ogni ragionevole dubbio», come il Codice impone. Troppi depistaggi, troppe omertà, troppe ritrattazioni avevano reso l’inchiesta un puzzle impazzito e non più ricomponibile. Ma proprio quei depistaggi, quelle omertà e quelle ritrattazioni, se da una parte impediscono di arrivare a una verità giudiziaria, dall’altra consentono di giungere a una verità storica.

E cioè che per piazza della Loggia, così come per quasi tutte le altre stragi, uomini dello Stato hanno coperto, nascosto, deviato. Al di là delle assoluzioni, un quadro fosco di connivenze e intrecci inconfessabili sembra fissato per essere consegnato, se non ai giudici, agli storici. La formula scelta ieri dalla Corte d’assise per assolvere equivale alla vecchia insufficienza di prove. Vuol dire che le prove non bastano, ma almeno in parte ci sono. Non le prove delle responsabilità personali degli imputati; ma quelle del folle agitarsi di un mix di vecchi nostalgici del fascismo, di giovani ed esaltati estremisti, di spie, di ufficiali infedeli. E’ lo scenario che vede al centro Maurizio Tramonte, 58 anni, l’unico degli imputati a prendersi il disturbo di venire almeno qualche volta in aula a rispondere alla Corte.

Tramonte è l’uomo che ha dato il la al processo. Nei primi anni Settanta bazzicava la sede del Msi di Padova, tanto frequentata da teste calde da indurre Almirante a chiuderla. Per teste calde si intendono gli aderenti a Ordine Nuovo, un’organizzazione con due livelli, uno palese e uno clandestino. Così come tanti altri della sua risma, anche Tramonte era, oltre che un militante di estrema destra, anche un confidente dei servizi segreti: in codice, la «fonte Tritone».
Al centro di controspionaggio padovano mandava informative tenute in gran conto, se è vero che proprio in questo processo l’ex generale del Sid Gianadelio Maletti (già condannato per depistaggio per la strage di piazza Fontana) ha raccontato che Tramonte è stato, dal ’72 al ’76, «una fonte molto attendibile». Dunque che cosa dicevano quelle informative di Tramonte? Che si stava preparando un grosso attentato al Nord. Attenzione alle date.

Nel mese di maggio del 1974 a Brescia c’è tensione, ci sono piccoli attentati, qualche pestaggio. Il 19, alle tre di notte, Silvio Ferrari, un estremista di destra, salta in aria in città dilaniato da una bomba che stava trasportando sulla sua moto. Il 21 maggio ci sono tafferugli ai funerali di Ferrari e il Comitato antifascista annuncia una manifestazione per il giorno 28. Lo stesso giorno, 21 maggio, al Giornale di Brescia viene inviato un volantino firmato dal «Partito Nazionale Fascista, sezione Silvio Ferrari» in cui si dice che «l’ora è giunta… le bombe e i mitra faranno sentire la loro voce» e si avverte la popolazione di non frequentare «tutte le fogne in cui hanno sede i gruppuscoli rossi in genere». La questura e la prefettura decidono di non rendere pubblico questo volantino per non creare allarme. E veniamo a Tramonte.

Il 23 e il 25 maggio 1974 ordinovisti veneti si riuniscono in un albergo di Abano Terme e decidono di passare all’azione. Tramonte lo riferisce al controspionaggio: ci sarà un grosso attentato. Quando e dove? Non è specificato. Ma la manifestazione del 28 maggio in piazza della Loggia a Brescia, come abbiamo visto, era già stata fissata e annunciata. Un «obiettivo sensibile», diremmo oggi. Eppure il 28 maggio, un martedì, i carabinieri di Brescia sono a Mantova per un corso di formazione che di solito si svolgeva il sabato; il comandante del loro nucleo operativo, il capitano Francesco Delfino, è in Sardegna. In piazza della Loggia a dirigere l’ordine pubblico c’è un vice brigadiere della questura. E quando, a massacro appena consumato, la piazza viene lavata – eliminando possibili indizi sull’esplosivo – al sindacalista Franco Castrezzati che chiede spiegazioni viene risposto: «Lei pensi a fare il suo mestiere».

Prove di un depistaggio già partito o solo coincidenze? Il capitano Delfino era tra gli imputati di questo processo ma è stato assolto. Restano tante ombre. Ad esempio. Perché le informative di Tramonte restano nascoste per diciassette anni? Le troverà nel 1991 il giudice milanese Guido Salvini nell’archivio del Sismi di Padova. Perché non furono trasmesse subito ai giudici? La «fonte Tritone» viene identificata nel 1993. Tramonte comincia a parlare e conferma tutto. Ma nel 2000 ritratta in gran parte. La Cassazione non gli crede e così parte il processo. Nel frattempo però, muoiono alcuni testimoni importanti. Ci fermiamo qui. Questo è solo un piccolo spaccato di un’inchiesta con millecinquecento testimoni e novecentomila pagine di verbali.

Il processo conclusosi ieri è quasi certamente l’ultimo sulle bombe di quella stagione. Almeno per le stragi che vanno da piazza Fontana (dicembre 1969) al treno Italicus (agosto 1974), l’ambiente finito sotto la lente dei giudici è sempre stato questo: estrema destra e servizi segreti. La magistratura ha alzato ieri, forse definitivamente, bandiera bianca. Ma non è colpevole del fallimento. Anzi la sua impotenza richiama altre responsabilità che ora solo la politica potrebbe smascherare, se ne avrà voglia.

Fonte

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