Alfano: "Non vogliamo il pm sotto l'esecutivo"
L'Anm contro il ministro: "Non è riforma seria"
Intervento del ministro della Giustizia al Congresso dell'Associaziome magistrati. "Non faremo della polizia giudiziaria uno strumento nelle mani del governo". L'annuncio: "Uditori giudiziari nelle sedi disagiate scoperte". Scettico Palamara: "La soluzione dei problemi autentici dei cittadini non costituiscono una priorità per chi governa"
ROMA - "Non vogliamo sottoporre il Pm al potere esecutivo, né intendiamo arrivare surrettiziamente a questo risultato intervenendo sulla polizia giudiziaria". Lo ha detto il ministro della Giustizia Angelino Alfano parlando al Congresso dell'Associazione Nazionale Magistrati. "Il pm dispone della polizia giudiziaria - ha assicurato ancora il Guardasigilli - per la via diritta o traversa ripeto che non intendiamo violare il sacro recinto della giurisdizione, perché non siamo certi che chi verrà dopo di noi non abuserà di quella violazione. Siamo unicamente interessati a far sì che il sistema processo funzioni".
Alfano ha aggiunto che il governo non intende compiere questo passo "perché non abbiamo fiducia nei governi che ci hanno preceduto e che potrebbero succederci". "Ed è questa la stessa ragione - ha spiegato - per cui non intendiamo fare della polizia giudiziaria uno strumento nelle mani dell'esecutivo".
Scettico il presidente dell'Anm, Luca Palamara: l'intervento di Alfano, commenta, "non fa che confermare che il governo ha altre priorità rispetto alla soluzione dei veri problemi della giustizia, intesa come servizio per il cittadino". Della giustizia come "servizio" al cittadino, rincara la dose il segretario dell'Anm, Giuseppe Cascini, "la politica non si occupa: parla solo di separazione delle carriere, di doppio Csm, ma alla gente interessa che le cause giudiziarie vengano risolte in breve tempo. Da tempo abbiamo preso atto che la linea del governo ha altre priorità rispetto ai veri problemi e oggi non abbiamo scoperto nulla di nuovo".
Il discorso del ministro. Riferendosi alle passate polemiche, Alfano ha detto: "Noi abbiamo percepito aggressioni alla sovranità del Parlamento, voi alla vostra indipendenza ed autonomia. Voi rivendicate aggressioni subite che hanno imposto repliche, noi documentiamo centinaia di dichiarazioni rilasciate durante i lavori legislativi".
Il ministro è riuscito anche a strappare qualche applauso durante il suo intervento, che è stato però spesso segnato da mormorii della platea. L'applauso, oltre che alla fine dell'intervento, è arrivato quando Alfano ha detto che proporrà al Parlamento di rendere stabile la deroga a mandare i magistrati di prima nomina nelle sedi disagiate.
"A questo punto bisogna ripristinare la possibilità che gli uditori giudiziari vadano nelle sedi disagiate", sono state le parole di Alfano. "O lascio scoperte queste sedi oppure devo lavorare perché la deroga al blocco per le giovani toghe ci sia: nessuno mi dirà - ha sottolineato - che le ho provate tutte. Non voglio passare per uno che si impunta, visto che tutto ciò che è stato fatto è stato inutile". I posti scoperti sono soprattutto al Sud.
L'intervento del ministro si è comunque svolto in un clima disteso e Alfano entrando ha anche fatto una battuta: rivolgendosi al presidente dell'Anm Luca Palamara e al segretario Giuseppe Cascini, che lo hanno accolto, ha detto: "Ecco i Pato e Ronaldinho della magistratura".
La similitudine presa dal mondo del calcio è stata utilizzata anche al termine del discorso. Incalzato da una giovane magistrato di Locri che lo invitava a restituire alla magistratura la dignità che merita, il Guardasigilli ha ribattuto: "Mi batterò per restituire alla magistratura il prestigio che merita ma anche per fare sì che magistratura e politica possano sentirsi parte di una grande squadra che si chiama Nazionale Italia".
Ma alla fine i problemi e le distanze rimangono: tra il ministro e i magistrati, ha ribadito Palamara, "c'è un'inevitabile diversità di vedute", ma le toghe danno comunque un "segnale di rispetto istituzionale, che fa parte del loro Dna".
Fonte:
Repubblica