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Addio al c.t. che unì la nazione nelle "notti magiche" di Italia '90 Azeglio Vicini

Ultimo Aggiornamento: 01/02/2018 19:12
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31/01/2018 13:55

È morto Azeglio Vicini: l'ex c.t. portò gli azzurri al 3° posto a Italia '90

Il tecnico è mancato ieri a Brescia, arrivò terzo a Italia '90.
In sua memoria verrà osservato un minuto di raccoglimento su tutti in campi,
a partire dalla gara Milan-Lazio di questa sera


È morto ieri sera a Brescia l'ex commissario tecnico della Nazionale italiana Azeglio Vicini. Nato a Cesena, avrebbe compiuto 85 anni il prossimo 20 marzo. È stato il selezionatore azzurro ai Mondiali di Italia 90 ricoprendo tale incarico fino al 1991 prima di passare il testimone ad Arrigo Sacchi.


CARRIERA — Dopo avere militato nel Vicenza (1953-1956) e nella Sampdoria (1956-1963) arrivò al Brescia nel 1963 (tre stagioni in Lombardia) per poi intraprendere la carriera di allenatore. Rimase sulla panchina delle Rondinelle fino al 1968. Dal 1986 e al 1991 in Nazionale, con la quale disputò il Mondiale di Italia 90: avventura terminata al terzo posto dopo la sconfitta in semifinale contro l’Argentina e la vittoria sull'Inghilterra nella finale terzo-quarto posto.

"ITALIANI CONQUISTATI" — E proprio i Mondiali di Italia '90 furono la sua più grande delusione e il maggior rammarico calcistico: "Avremmo meritato di vincerlo, siamo stati sfortunati. Non perdemmo mai sul campo: 6 vittorie e un pari arrivando terzi, l'Argentina fu sconfitta 2 volte e andò in finale con la Germania. Però in quelle notti conquistammo gli italiani, il loro affetto fu travolgente. Infatti la gara contro l'Argentina resta una delle partite più viste in tv di tutti i tempi". Azeglio Vicini lascia la moglie e tre figli.

IN MEMORIA — Per omaggiarlo verrà osservato un minuto di raccoglimento su tutti i campi a partire dalla gara di questa sera di Coppa Italia tra Milan e Lazio e per tutto il prossimo week end.

Gasport

Fonte: Gazzetta dello Sport

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31/01/2018 14:06

Vicini e quel nome risorgimentale:
ecco il ritratto dell'allenatore "unificante"

Persona buona, educata, perbene, verrà ricordato come il c.t. della gente.
Buon viaggio, mister Azeglio. E forza Azzurri, ovviamente con la A maiuscola


Il nome risorgimentale già diceva tutto. Azeglio, come il patriota Massimo D’Azeglio e come il presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi. Azeglio Vicini è stato l’ultimo commissario tecnico “unificante”, nel senso che la sua Italia unificava tutti, ma proprio tutti, al di là delle vittorie mancate. Il Mondiale delle notti magiche lo portiamo nel cuore come se lo avessimo vinto, non come se fosse volato via nella notte di Napoli a causa della sfarfallata di Zenga contro l'Argentina. Vicini ha sempre difeso il suo portiere: “E’ vero, quell’uscita non la doveva fare, ma nelle cinque partite precedenti non aveva preso un gol e se Donadoni e Serena non avessero sbagliato dal dischetto, saremmo andati in finale comunque”. E’ stato il Mondiale di casa, è stato - quel 1990 - uno degli ultimi anni in cui l’Italia, intesa come nazione, si è sentita ricca, forte, felice. Poi sarebbe venuta la stagione di Mani Pulite, la Prima Repubblica sarebbe caduta, i veleni avrebbero inondato il Paese e nulla sarebbe stato più come prima.

A MAIUSCOLA — Vicini era un romagnolo buono, gioviale, educato, perbene. Portava dentro di sé l’orgoglio di essere commissario tecnico della Nazionale, non ne faceva una questione di soldi, avrebbe allenato l’Italia gratis. Chiamava gli Azzurri così, con la A maiuscola. Sentiva l’appartenenza, il peso e l’orgoglio della maglia. Era nato nelle campagne di Cesena, alla Cascina Rossa di San Vittore, nel 1933. Era poi cresciuto a Cesenatico, dove alle elementari aveva avuto come maestra la mamma di Giorgio Ghezzi, il portiere kamikaze di Inter e Milan. Era diventato calciatore, un centrocampista di intelligenza tattica, buona tecnica, visione di gioco. Averne oggi di giocatori così. Appena tre le squadre della sua carriera agonistica: Vicenza, Sampdoria, Brescia. Soprattutto la Samp: sette stagioni, tra il 1956 e il 1963, annate in cui Vicini ha come compagno di reparto Vujadin Boskov e rifornisce il bomber Sergio Brighenti, poi suo vice a Italia ’90.

SCELTA NATURALE — Cominciata la carriera di allenatore, entra in Nazionale nell’anno della contestazione, il 1968, come collaboratore dell’allora c.t. Ferruccio Valcareggi e responsabile dell’Under 23. Assieme a lui, nei quadri tecnici federali, un “certo” Enzo Bearzot. Sono ancora le stagioni in cui la federazione “alleva” i c.t. in casa. Bearzot sale al trono nel 1977, vince il Mondiale '82 e quando nel 1986, dopo la delusione in Messico, si deve designarne l’erede, viene naturale e matematico rivolgersi ad Azeglio Vicini, il selezionatore dell’Under 21 della metà degli anni Ottanta. Una squadra che non vince nulla, beffata dalla Spagna proprio nella finale dell’Europeo 1986. Una Nazionale che però ha in pancia una generazione di fenomeni: Vialli, Ferri, Mancini, Donadoni, Giannini, Paolo Maldini… Il nuovo c.t. non fa altro che trapiantare questa ossatura in Nazionale A. Arrivano così le semifinali dell’Europeo 1988 nell’allora Germania Ovest, il terzo posto a Italia ’90 e la mancata qualificazione all’Europeo del 1992, il maledetto palo di Rizzitelli a Mosca contro l’Unione Sovietica. Qui finisce il quinquennio di Vicini c.t. dell’Italia. Per la successione viene scelto Arrigo Sacchi, l’uomo che ha fatto grande il Milan di Berlusconi. Come Vicini è nato in Romagna, ma a differenza di Vicini è diversamente romagnolo, più divisivo: l’Italia si spacca, “sacchiani” e “anti-sacchiani”, quasi una guerra di religione.

IL C.T. DELLA GENTE — Vicini ha ancora un paio di esperienze in panchina, all’Udinese e al Cesena. Non ha grande fortuna, ma negli stadi raccoglie sempre rispetto. Lavora per l’Associazione allenatori. Si ritira a vivere a Brescia, con Ines, la signora della sua vita, circondato dai figli e dai nipoti. Un sereno autunno da patriarca. Sempre gentile, sempre pronto a ricordare i suoi Azzurri, se qualcuno – chiunque fosse – glielo chiedeva. Vicini è rimasto il c.t. della gente, di un’Italia che ancora non si odiava sui social. Vicini è stato anche il c.t. più educato e disponibile coi giornalisti: “In qualsiasi momento poteva arrivarmi una loro chiamata, non mi negavo mai”. Erano anni in cui i telefonini non esistevano e si chiamava al fisso di casa: “Ce n’era uno specializzato nel telefonare nel momento in cui Ines metteva la pasta in tavola, ma io rispondevo anche a lui”. Buon viaggio, mister Azeglio. E forza Azzurri, con la A maiuscola.

Sebastiano Vernazza

Fonte: Gazzetta dello Sport

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01/02/2018 10:28

Ha segnato un epoca....

rip
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Re:
c'eraunavodka, 01/02/2018 10.28:

Ha segnato un epoca....

rip




ma non ha vinto niente avendo una squadra super, è stato sfortunato, quella generazione di campioni meritava un mondiale

riposa in pace

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