«Emanuela Orlandi rapita per ordine di Marcinkus»

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Etrusco
00martedì 24 giugno 2008 11:17
Banda della Magliana & Vaticano
Da verificare attendibilità racconto.
La sorella di Emanuela: senza prove non ci credo
«Orlandi rapita per ordine di Mons.Marcinkus»
La testimonianza ai pm: «Sette mesi prima della morte di Emanuela la consegnai a un sacerdote in Vaticano»


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Nello stesso periodo si erano perse le tracce di un'altra quindicenne, Mirella Gregori (Ansa)

ROMA - Emanuela Orlandi sarebbe stata uccisa e il suo corpo, rinchiuso dentro un sacco, sarebbe stato gettato in una betoniera a Torvaianica. La rivelazione è della donna che ebbe una relazione con il boss della banda della Magliana, Enrico De Pedis, detto Renatino, e che è stata sentita nelle scorse settimane dalla squadra mobile e dai magistrati che conducono le indagini. La donna, ex moglie del calciatore della Lazio Bruno Giordano, ha detto anche che la ragazza sarebbe stata prelevata per ordine di mons. Marcinkus, all'epoca il presidente dello Ior, la banca vaticana.
E nel suo racconto avrebbe parlato anche di una cena a casa di Giulio Andreotti.
Intanto, la sorella della giovane, tuttavia, fa sapere che non crederà a questa nuova versione fino a che non avrà la possibilità di verificare le prove dell'avvenuto omicidio.
«Non dò credito a nulla di quello che viene detto in queste ore - è il commento di Natalina Orlandi - finchè non si accerta per davvero quello che è accaduto e lo si possa provare».


«UN MESSAGGIO A QUALCUNO» - Il coinvolgimento di Marcinkus, secondo quanto riferisce l'agenzia Agi, è una delle ultime rivelazioni che la supertestimone ha fatto durante un colloquio investigativo con i dirigenti della squadra mobile, avvenuto il 14 marzo scorso. Sempre secondo quanto apprende l'Agi, alla specifica domanda, tramite chi Renato era stato delegato a prendere Emanuela, la donna risponde: «tramite lo Ior…quel monsignor Marcinkus…Renato ogni tanto si confidava».
Sulle motivazioni del sequestro, afferma poi: «stavano arrivando secondo me sulle tracce di chi…perchè secondo me non è stato un sequestro a scopo di soldi, è stato fatto un sequestro indicato.
Io ti dico monsignor Marcinkus perchè io non so chi c'è dietro…ma io l'ho conosciuto a cena con Renato…hanno rapito Emanuela per dare un messaggio a qualcuno».
La testimone sottolinea di non sapere chi materialmente prese Emanuela: «Quello che so è che (la decisione, ndr) era partita da alte vette…tipo monsignor Marcinkus…È come se avessero voluto dare un messaggio a qualcuno sopra di loro. Era lo sconvolgimento che avrebbe creato la notizia». La donna fa un paragone con la morte di Roberto Calvi: «gli hanno trovato le mani legate dietro, perchè tu mi vuoi dare un messaggio».

«GUERRA DI POTERE»
- In un colloquio successivo, del 19 marzo, la donna aggiunge: «Renato, da quello che mi diceva, aveva interesse a cosare con Marcinkus perchè questi gli metteva sul mercato estero i soldi provenienti dai sequestri». La teste, sentita successivamente dal procuratore aggiunto Italo Ormanni e dai pm Andrea De Gasperis e Simona Maisto, ipotizza come ragione della scomparsa della giovante una «guerra di potere»: «Io la motivazione esatta non la so - dice ai magistrati -, però posso dire che con De Pedis conobbi monsignor Marcinkus. Lui era molto ammanicato con il Vaticano, però i motivi posso immaginare che fossero quelli di riciclare il denaro».

Monsignor Marcinkus, Presidente dello I.O.R., la banca del Vaticano

INCONTRI PARTICOLARI - «...Io a monsignor Marcinkus a volte portavo anche le ragazze lì, in un appartamento di fronte, a via Porta Angelica - dice ancora la testimone ai magistrati -…Sarà successo in totale quattro o cinque volte, tre-quattro volte»…Lui era vestito come una persona normale». Secondo la donna, l'iniziativa partiva da Renato. «C'era poi il segretario - rivela -, un certo Flavio. Non so se era il segretario ufficiale. Comunque gli faceva da segretario. Mi telefonava al telefono di casa mia e mi diceva: «C'è il dottore che vorrebbe avere un incontro». Embè, me lo faceva capire al telefono. Poi, a lui piacevano più signorine («minorenni, no»)! Quando entravo, vedevo il signore; non che mi aprisse lui, c'era sempre questo Flavio. Mi facevano accomodare i primi cinque minuti, poi io dicevo: «Ragazze, quando avete fatto, prendete un taxi e ve ne andate. Ci vediamo, poi, domani»». La teste, rispondendo alle domande dei magistrati, precisa che le modalità in cui avvenivano questi incontri era diverse da quelle riferite sull'episodio del Gianicolo. «Mi ricordo che una volta - conclude - Renato portava sempre delle grosse borse di soldi a casa. Sa, le borse di Vuitton, quelle con la cerniera sopra. Mi dava tanta di quella cocaina, per contare i soldi dovevo fare tutti i mazzetti e mi ricordo che contò un miliardo e il giorno dopo lo portammo su a Marcinkus».

RIVELAZIONE A TAVOLA - Quanto all'episodio specifico dell'omicidio della Orlandi, l'ex compagnia di De Pedis ha spiegato come ne è venuta a conoscenza. «Renato mi portò a pranzo in un ristorante a Torvaianica, da «Pippo l'Abruzzese» - ha raccontato- lui aveva un appuntamento con questo Sergio (che, a suo dire, faceva da autista a Renato) il quale portò quel bambino: Nicitra; il nome non me lo ricordo. Portò, dice lui, il corpo di Emanuela Orlandi. Io non lo so che c'era dentro (i sacchi ndr) perchè rimasi in macchina. Dice che, però, era meglio sterminare tutto, lui la pensava così. Sterminare tutto così non ce stanno più prove, non ci sta più niente. Lui mi disse che dentro a quella betoniera ci buttò quei due corpi. Poi, non lo so, insomma».

LA RICOSTRUZIONE - Sollecitata a essere più precisa dal pm, la donna ha spiegato che «c'era un cantiere lì vicino, come dire, una cosa in costruzione. Noi riprendemmo tranquillamente la macchina e pensavo di dirigermi verso Roma. Lui mi disse: gira qui, vai li e andammo in questo…Disse: stanno costruendo. Dico: Che me devo fermà a fà?'. Dice: no, qui stanno a costruì delle case delle persone che conosco, sta a costruì un palazzo o a ristrutturare, non mi ricordo. E da lì a poco mi disse: fermate qua!. Mi fermai e arrivò Sergio con la sua macchina e ad un certo punto misero in moto la betoniera. Vidi Sergio con una sacco per volta…e dopo chiesi a Renato: aho, ma che c'era dentro a quel… Ah, è meglio ammazzalle subito, levalle subito le prove, dice. E chi c'era?. Dice: che te lo devo dì io! Poi, io andai a casa e spinta dalla curiosità, le dico la verità, lo feci pippà Renato, perchè poche volte l'ha fatto…sniffare, insomma. Però quando lo faceva ce stava due o tre giorni…spinta proprio dalla curiosità di voler sapere e lui me lo disse. Cioè lui mi disse queste cose».

I Banchieri di Dio: Roberto Calvi, Michele Sindona, Mons. Paul Marcinkus

LA CONVERSAZIONE - E ancora il pm: «dunque, esattamente le disse?» La donna: «Le prove si devono estirpare… Lui usava molto questa parola: dall'inizio, dalla radice. Non lo so se sta ragazza aveva visto qualcuno; non essendoci più nè i corpi, nè niente, era meglio togliere di mezzo tutto, la parola tua contro la mia, diceva lui». Il procuratore aggiunto Ormanni ha aggiunto: «Quindi, in questi due sacchi, in uno ci sarebbe stato il figlio di Nicitra e nell'altro ci sarebbe stata Emanuela Orlandi?». E la testimone: «Lo stesso giorno arrivò con questi due sacchi. Ce li aveva in macchina Sergio, dentro questa Audi bianca». Il racconto della donna andrà verificato, tra l'altro, per quanto riguarda le date, anche se la teste premette di non essere in grado di essere puntuale («le dico la verità, io sto in una comunità terapeutica, ho fatto uso per tanti anni di cocaina, psicofarmaci, insomma, un pò di tutto, non mi sono fatta mancare niente, per cui i miei ricordi sono anche…Cioè, io magari un giorno mi ricordo nitidamente una cosa, ci ripenso dopo qualche giorno e me la ricordo un pò così, poi mi ritorna in mente una frase...»). La donna ha riferito che la sua relazione con De Pedis iniziò nella primavera inoltrata dell'82 e andò avanti fino a novembre '84. Quindi, Renatino venne arrestato e lei lo avrebbe rivisto dopo la sua uscita dal carcere nell'87.

CONSEGNATA A UN SACERDOTE - La testimone ha poi rivelato di aver visto anche da viva la Orlandi, che sarebbe stata consegnata a un sacerdote prima della morte. Sarebbe stata proprio la donna, sei-sette mesi prima dell'episodio di Torvaianica, ad accompagnare in Bmw la ragazza dal bar del Gianicolo fino al benzinaio del Vaticano. La giovane, a dire della testimone, «non era assolutamente lucida», era «intontita». «Io arrivai lì al bar Gianicolo con una macchina - racconta - . Poi Renato, il signor De Pedis, con cui in quel tempo avevo una relazione, mi disse di prendere un'altra macchina, che era una Bmw e di accompagnare…Cioè arrivò questa ragazza, una ragazzina, arrivò questa ragazza e se l'accompagnavo fino a sotto, dove sta il benzinaio del Vaticano, che ci sarebbe stata una macchina targata Città del Vaticano che stava aspettando questa ragazza. Io l'accompagnai: così feci. Durante il tragitto…non so quanto tempo era passato dal sequestro di Emanuela Orlandi…la identificai come Emanuela Orlandi…Era frastornata, era confusa sta ragazza. Si sentiva che non stava bene: piangeva, rideva. Anche se il tragitto è stato breve, mi sembra che parlava di un certo Paolo, non so se fosse il fratello. Va bè, comunque, io quando l'accompagnai c'era un signore con tutte le sembianze di essere un sacerdote, c'aveva il vestito lungo e il cappello con le falde larghe. Scese dalla Mercedes nera, io feci scendere la ragazza: "Buonasera, lei aspettava me?'" "Sì. Sì, credo proprio di si"». Guardò la ragazza, prese la ragazza e salì in macchina sua. Poi, io, dopo che avevo realizzato chi era, dissi, quando tornai su, a Renato: A Renà, ma quella non era…'. Ha detto: Tu, se l'hai riconosciuta è meglio che non la riconosci, fatti gli affari tuoi«.

TESTIMONIANZA DA CONTROLLARE
- La testimonianza della donna presenta però diverse incongruenze relative alle date dei delitti. Di Emanuela Orlandi si persero le tracce il 22 giugno dell'83. Domenico Nicitra, il bambino di 11 anni, figlio di Salvatore, imputato al processo per i delitti commessi dalla banda della Magliana, scomparve invece il 21 giugno 1993 assieme allo zio Francesco, fratello del padre. E De Pedis a quell'epoca era già morto: venne ammazzato il 2 febbraio del '90.

PERQUISITA LA SEDE DELL'AGI - I magistrati devono rispettare il ruolo della stampa, ha affermato Franco Siddi, segretario generale della Fnsi a proposito della perquisizione nella sede dell'Agenzia Italia per la vicenda di Emanuela Orlandi. Siddi sottolinea che se un giornalista viene in possesso di notizie che riguardano uno dei principali misteri italiani, ha il dovere etico e professionale di informare il pubblico.


23 giugno 2008(ultima modifica: 24 giugno 2008)
Corriere
della Sera
Etrusco
00martedì 24 giugno 2008 12:04

(nella foto un gruppo di lavoro storico, in senso orario dall’alto: Licio Gelli, Roberto Calvi, Il Banchiere Vaticano Paul Marcinkus e Michele Sindona)
Etrusco
00mercoledì 25 giugno 2008 10:10
Vaticano: «Su Mons.Marcinkus accuse
infamanti e infondate verso un morto»

La risposta agli articoli di giornali che tirano in ballo l'ex Presidente della IOR nel rapimento di Emanuela Orlandi



CITTÀ DEL VATICANO
- Accuse «infamanti senza fondamento nei confronti di monsignor Marcinkus, morto da tempo e impossibilitato a difendersi»: così il Vaticano risponde agli articoli di giornali che tirano in ballo la responsabilità dell'ex presidente della Ior nel rapimento di Emanuela Orlandi.

LA NOTA
- «La tragica vicenda della scomparsa della giovane Emanuela Orlandi è tornata di attualità nel mondo della informazione italiana. Colpisce il modo in cui ciò avviene, con l’amplissima divulgazione giornalistica di informazioni riservate, non sottoposte a verifica alcuna, provenienti da una testimonianza di valore estremamente dubbio». È quanto afferma il Vaticano in una nota diffusa dalla sala stampa della Santa Sede, in merito alla riapertura del caso Orlandi, la ragazza scomparsa 25 anni fa. «Si ravviva così - sottolinea la nota - il profondissimo dolore della famiglia Orlandi, senza dimostrare rispetto e umanità nei confronti di persone che già hanno tanto sofferto. Si divulgano accuse infamanti senza fondamento nei confronti di monsignor Marcinkus, morto da tempo e impossibilitato a difendersi. Non si vuole in alcun modo interferire con i compiti della magistratura nella sua doverosa verifica rigorosa di fatti e responsabilità. Ma allo stesso tempo - conclude la nota - non si può non esprimere un vivo rammarico e biasimo per modi di informazione più debitori al sensazionalismo che alle esigenze della serietà e dell’etica professionale».

IL PADRE VIDE DOCUMENTI
- Intanto, per quanto riguarda le indagini, spunta un'altra dichiarazione resa agli inquirenti da Sabrina Minardi, l'ex amante del boss della banda della Magliana Enrico De Pedis, detto Renatino: Emanuela Orlandi sarebbe stata sequestrata perché il padre Ercole, commesso della prefettura della Casa pontificia, avrebbe avuto tra le mani alcuni documenti che non avrebbe dovuto vedere. La testimone delle indagini sul rapimento della ragazza riferisce confidenze che le avrebbe fatto il suo compagno di allora sotto l'effetto di cocaina. De Pedis le avrebbe ripetuto più volte che si trattava di un gioco di potere.

ISPEZIONE TOMBA DE PEDIS - Gli inquirenti della Procura di Roma stanno valutando la praticabilità di un'ispezione della tomba di Enrico De Pedis, che è nella cripta della chiesa di Sant’Apollinare.
È questo uno dei prossimi passaggi che potrebbero esser compiuti nell’ambito dell’inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi.
I magistrati sono impegnati a capire come la basilica sia garantita dagli accordi di extraterritorialità. Se la chiesa è, giuridicamente, come un'ambasciata, si potrebbe chiedere entro breve autorizzazione, otre che alle autorità di oltretevere anche al gip. Ma se invece, al pari ad esempio dell’ospedale Bambin Gesù, Sant’Apollinare è una parte del Vaticano, sarà molto più complicato riaprire quel feretro, che fu trasportato lì a meno di due mesi dalla morte di De Pedis.

RETTORE S.APOLLINARE - Don Pedro Huidobro, rettore della chiesa di Sant'Apollinare, non si opppone all'apertura della tomba di De Pedis.

«Le valutazioni competono ai magistrati, al Vicariato di Roma e alle famiglie coinvolte; se la decisione venisse presa da queste istituzioni, in maniera regolare, io non avrei certo niente da ridire», ha dichiarato.

DE PEDRIS - Dopo il delitto in via del Pellegrino, nel febbraio del 1990, il corpo del boss della Magliana fu prima accolto in un cimitero del Comune e poi trasportato, con tutti i crismi giuridici - hanno ricostruito gli investigatori, in questi anni - nella chiesa di Sant’Apollinare, dopo un regolare nulla osta della Città Santa.
A piazzale Clodio si mantiene il più stretto riserbo sul perché si vorrebbe compiere questo controllo nella tomba.
In passato alcune persone, tra cui un uomo che nel 2006 chiamò il centralino della trasmissione «Chi l’ha visto?», e disse che per iniziare a scoprire la verità sulla Orlandi, bisognava partire proprio dalla cripta di Sant’Apollinare.
In base a quanto riferito da una ex compagna di De Pedis, Sabrina Minardi, lo stesso boss avrebbe avuto una responsabilità diretta nel sequestro e nel successivo omicidio della Orlandi. Della ragazza, figlia di un funzionario del Vaticano, non si hanno notizie dal pomeriggio del 22 giugno, quando fu vista per l’ultima volta a poca distanza dalla scuola di musica che frequentava.


24 giugno 2008

Corriere della Sera
Nikki72
00mercoledì 25 giugno 2008 23:52


SEGNALO MATRIX STASERA SUL CASO ORLANDI, E' APPENA INIZIATO [SM=x44462]
Etrusco
00venerdì 8 ottobre 2010 16:53
IL SEGRETO DEL SEPOLCRO PROFANO
- DE CATALDO SULLE LEGGENDE DELLA TOMBA DI RENATINO DE PEDIS A SANT’APOLLINARE: “LA DEVOZIONE RELIGIOSA DI BOSS E SOLDATI DEL CRIMINE È UN FATTO STORICAMENTE ASSODATO MA LA VERITÀ NON È LÌ
- LA SEPOLTURA IN BASILICA È UN ASPETTO SPETTACOLARE E VAGAMENTE SINISTRO, MA NON PARTICOLARMENTE INQUIETANTE. SE NON FOSSE PER L’INSPIEGABILE RETICENZA OPPOSTA DAL VATICANO LUNGO TUTTO L´ARCO DELLA VICENDA ORLANDI”…


Giancarlo De Cataldo per "la Repubblica"


La vicenda, a dir poco singolare, della sepoltura di Enrico de Pedis, "Renatino", nella basilica di Sant´Apollinare, praticamente in terra consacrata, non è che il corollario spettacolare di uno dei filoni più avvincenti della storia infinita della Banda della Magliana: quello dei rapporti fra la Banda e la Chiesa. O, per meglio dire, fra alcuni dei capi e qualche uomo di chiesa.

E, come molti dei misteri del nostro recente passato, anche il tema del prezioso sepolcro di "Renatino" a due passi da Piazza Navona da un lato germina leggende a getto continuo, dall´altro viene ciclicamente riproposto. Anche se non si tratta certo di una notizia dell´ultima ora: se ne parla da almeno una dozzina d´anni, e, negli anni, si sono alternate prese di posizione ora sdegnate, ora imbarazzate, ora improntate a uno sfrenato minimalismo.

Ci sono due aspetti da sottolineare. Entrambi discendono dalla peculiare natura della Banda della Magliana. Un´organizzazione criminale che, ai tempi d´oro, poteva vantarsi di controllare la "malaroma" e anche più di qualche pezzo di quella "buona". Avevano rapporti con tutta l´Italia che conta, quei "bravi ragazzi": spioni deviati, imprenditori spregiudicati, mafiosi, eredi nostalgici del Terzo Reich, napoletani e massoni anch´essi deviati (certo che a rileggere la storia "nera" d´Italia c´è da sospettare che "deviato" sia chi non s´è mai allontanato dalla retta via!).

Alcuni di quelli che non facevano parte della Banda, ma che con la Banda facevano ottimi affari, sono tutt´ora in circolazione. Un giorno, qualcuno scriverà una Storia d´Italia sotto il profilo della longevità di certi abilissimi "operatori" della zona di confine fra il sottomondo criminale e l´economia di mercato. Eterni sembrano, questi affaristi, perennemente imputati e pressoché immancabilmente assolti: alla fine di questa ipotetica storia, si vedrà che, chissà mai perché, i ragazzi di strada pagano sempre, e quelli del Palazzo ne escono sempre a testa alta.

Anche Renatino De Pedis ha pagato. Con la vita. Ecco il primo aspetto. Stiamo parlando di qualcuno che custodiva sicuramente dei segreti. E che se li è portati con sé all´altro mondo. Ma stiamo anche parlando di una figura di spicco di quel mondo "nero". La sepoltura in basilica, al netto di tutto quanto sappiamo e di tutto ciò che cerchiamo ancora di capire della poliedrica rete affaristica della Banda, mi pare un aspetto, sì, certo, spettacolare, e forse vagamente sinistro, ma non particolarmente inquietante.

La devozione religiosa di boss e soldati del crimine è fatto storicamente assodato. Circolano foto di "covi" di capimafia attrezzati come eleganti e ben arredatissime cappelle personali. Ci sono cronache che raccontano di camorristi che di giorno vendevano immagini sacre e di notte ammazzavano gente. I vecchi ‘ndranghetisti si riuniscono a Polsi sotto l´ala protettrice della Madonna. Non c´è narcotrafficante che si rispetti che non abbia il suo santo protettore.

Come il patetico e poetico ladruncolo De Pretore Vincenzo, cantato, in tempi non sospetti, da Eduardo. Non è difficile credere, insomma, che la sepoltura in terra consacrata appartenga a una consolidata mitologia criminale. Un gesto da grande boss, di quelli che i pesci piccoli commentano con ammirazione e fanno ammattire i dietrologi in cerca di segnali cifrati.

E qui veniamo al secondo aspetto. Si è fatto seppellire là per suggellare il patto nefando impiantato sui resti della povera Emanuela Orlandi? É un´ipotesi investigativa da tempo - come suo dirsi - al vaglio degli inquirenti. Vedremo. Per quanto ne sappiamo, in vita i boss sono decisamente più concreti: se hanno bisogno di qualche favore, anche in condizione di reciprocità, se lo fanno liquidare all´istante. Non aspettano di tirare le cuoia.

Quanto alla Chiesa, l´accoglienza anche dei peggiori fa parte del suo codice genetico: ne fa parte, per la verità, anche la scomunica dei malvagi, ma in questo caso la questione potrebbe chiudersi con la rivendicazione di un gesto di carità cristiana. Potrebbe. Non fosse che continua a gravare, sul Vaticano, l´atteggiamento di inspiegabile reticenza e non collaborazione opposto agli investigatori lungo tutto l´arco della vicenda Orlandi. Lì ci sono ancora risposte che non sono state date. E non possiamo certo chiederle al sepolcro di Sant´Apollinare.


Fonte: Giancarlo De Cataldo per "la Repubblica" [08-10-2010]
roadrunner
00venerdì 8 ottobre 2010 17:35
Re:
Etrusco, 08/10/2010 16.53:

prese di posizione ora sdegnate




...e perche' mai questo sdegno....

...ah...quanta gente incapace di contestualizzare... [SM=x44463]
Etrusco
00venerdì 8 ottobre 2010 18:20
Re: Re:
roadrunner71, 08/10/2010 17.35:




...e perche' mai questo sdegno....

...ah...quanta gente incapace di "contestualizzare"... [SM=x44463]




[SM=x44455] [SM=x44457] [SM=x44456]
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