lo screanzato protagonismo dei tifosi
L’EDITORIALE – Roma-Napoli, quando un dolore non va giudicato ma rispettato
Autore: Redazione Stop and Goal - 4 aprile 2015
Uno degli striscioni esposti dalla Curva Sud durante Roma-Napoli
Nella partita tra la squadra di Benitez e quella di Garcia, esposti striscioni beceri nei confronti della madre di Ciro Esposito
“O taci, o dici cose migliori del silenzio”. Una frase semplice, diretta, firmata Salvator Rosa. Artista napoletano di nascita, e adottato da Roma nel corso della sua vita. Una frase che racchiude in un pensiero quanto di deplorevole si è dovuto ancora assistere oggi allo Stadio Olimpico. Il dipinto che ha offerto oggi Roma-Napoli, oltre a quello raffigurato sul campo di gioco, dove i giallorossi hanno avuto la meglio degli azzurri, non ha lasciato spazio a sfumature o chiaroscuri ingannevoli, ma ha bensì affermato dei
tratti marcati di quanto più becero possibile possa entrare a far parte in un contesto che in teoria dovrebbe avere a che fare soltanto con i sani valori dello sport, da troppo tempo ormai, perduti e lasciati al di fuori degli stadi.
Non bastassero i soliti cori a sfondo razzista, diventati ormai colonna sonora e tormentone delle partite giocate dal Napoli in trasferta, non bastassero le strette limitazioni riguardo l’accesso allo stadio, diretta conseguenza tra di un episodio ancora vivo nei ricordi e nella memoria della storia del nostro calcio, come
l’assassinio di Ciro Esposito nell’ormai famosa notte della finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina,
adesso ci permettiamo anche di giudicare il dolore di una donna, che dalla morte di un figlio andato ad assistere soltanto ad una partita di calcio, non ha fatto altro se non lanciare messaggi positivi, e di distensione tra le due tifoserie, perdonando dopo nemmeno un minuto dopo l’aver appreso la notizia, quel gesto vigliacco che è costato la vita al giovane tifoso azzurro. Non si può giudicare davanti ad un dolore così grande.
Ognuno è libero di scegliere come vivere il proprio dolore. Occorre solo rispetto, se non ammirazione per una forza d’animo mostrata, che va oltre ogni possibile immaginazione.
Si condanna l’aver promosso attraverso un’intervista o, come fatto di recente, attraverso un libro, il voler mettere al servizio dei sani valori sportivi, persi da tempo ormai, una testimonianza di dolore, nel cercare di trasformare la sofferenza di una madre in punto di forza dal quale ripartire per far si che episodi del genere non accadano più. Francamente, ci rifiutiamo di accettare tutto ciò. Ci chiediamo come, in uno stadio a capienza limitata, presidiato come un carcere, possano essere entrati striscioni del genere, ma soprattutto ci chiediamo
fino a che punto la libertà di espressione possa spingersi così tanto oltre da passare anche sopra ad una morte così dolorosa. Non ci sono provvedimenti disciplinari, sanzioni e multe che tengano. La condanna più grande consiste in quella coscienza macchiata da
screanzato e quanto mai inutile protagonismo. Scriviamo qui, ancora una volta a sottolineare le stesse cose, consapevoli di una realtà e di un fenomeno difficile da arginare, ma la speranza resta sempre la stessa, ovvero quella di lasciare entrare un giorno allo stadio solo lo spettacolo e la passione agonistica che una partita di calcio può offrire.
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