AlcibiadeR
00venerdì 8 novembre 2019 20:37
… fallimenti dei: Monti-Letta-Renzi-Gentiloni-Calenda1&2-Conte1&2-Di Maio1&2
Il M5S si divide sull'Ilva.
Di Maio furioso: "Basta o si torna al voto"
Il capo politico grillino sbotta con i suoi:
"Non vado avanti così, non mi faccio mancare di rispetto in questo modo"
Roma - Ven, 08/11/2019 - Caos nel Movimento 5 Stelle per quanto riguarda la questione ex Ilva. Dopo l'invio della notifica da parte di ArcelorMittal ai commissari straordinari si è aperta una crepa all'interno dei pentastellati: c'è chi fa notare a Luigi Di Maio di aver tolto e poi rimesso lo scudo.
Il suo obiettivo ora è quello di placare gli animi e di convincere i ribelli, troncando così sul nascere ogni sorta di contestazione. Stando a quanto appreso e riportato da Il Messaggero, nel corso dell'incontro al Mise nel salone degli Arazzi il capo politico avrebbe perso le staffe. La runione aveva il fine di trovare una sintesi politica sul futuro dell'acciaieria di Taranto, ma si sarebbe poi trasformata in occasione per sfogare gli animi.
Lo sfogo
Il ministero degli Esteri improvvisamente avrebbe perso il controllo con i suoi per poi sbottare: "Allora, ora basta: se il gruppo si spacca sull’Ilva, ne prendo atto politicamente e si ritorna al voto. Io non vado avanti così. E non mi faccio mancare di rispetto in questo modo. E poi, tu, ma come ti permetti: su questo dossier, quando ero ministro dello Sviluppo economico, ho dato il massimo". Avrebbe poi abbandonato in maniera furibonda il tavolo, con una sedia che sarebbe volata in aria e infine caduta a terra. Alcuni presenti hanno raccontato: "Era paonazzo, mai visto così: una furia".
La scena non è ovviamente passata inosservata a coloro che si trovavano nel salone: il ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli, il ministro per i Rapporti con il parlamento Federico D'Incà, il viceministro del Mise Stefano Buffagni, il sottosegretario a Palazzo Chigi, con delega alla Programmazione economica, Mario Turco. Per l'occasione erano stati convocati anche tutti i senatori (e i deputati) pugliesi. Assente Barbara Lezzi, intervenuta però due volte in videochiamata.
Il deputato tarantino Gianpaolo Cassese avrebbe ribadito che non voterà un decreto con all'interno lo scudo penale e che in tale occasione il M5S non ha avuto una linea coerente. Regna il caos. Tra l'altro si aggiunge anche un'altra fumata nera per l'elezione del nuovo capogruppo grillino alla Camera: nessuno dei due candidati è riuscito a raggiungere il quorum necessario. Davide Crippa ha raccolto 83 voti; Francesco Silvestri ne ha ottenuti invece 95. Proprio lui ha ammesso: "Ci sono molte, troppe resistenze sullo scudo penale. E non solo al Senato, anche qui credo che passerebbe con molta difficoltà". Non è da escludere dunque che si cercherà aiuto alle opposizioni quando il decreto arriverà alle Camere. Il leghista Giancarlo Giorgetti ha commentato: "Ah, bene ci stanno chiedendo i nostri voti perché la maggioranza non ha i numeri".
Fonte
… solo un piccolo appunto:
… totale solidarietà ai lavoratori dell’ILVA e alle loro famiglie, con l’augurio che quanto prima si risolva questa minaccia che perdura da oltre un decenni anche e soprattutto, a motivo della inefficienza e inutilità del sindacato e la totale incapacità dei governi dal monti all’attuale conte-bis …
Continua …
pliskiss
10martedì 12 novembre 2019 14:09
Re:
raggio di luna78, 12/11/2019 10.03:
Lasciate perdere Di Maio e la piccola navigazione a vista che fa di solito la politica,
qui bisogna inquadrare il problema delle acciaierie di Taranto da una prospettiva di più ampio respiro,
qui sui piatti della bilancia ci sono cose importantissime,
da una parte il diritto alla salute
e dall'altra il diritto al lavoro!
Speriamo che trovino presto la quadra per far coesistere entrambe le cose senza arrecare altri danni ai pugliesi e di riflesso all'Italia intera.
beh scusa raggio , lasciare perdere Di Maio che è passato dallo sviluppo economico per scazzarsela agli Esteri direi di no
Di fianco a Conte ad Agosto c'era lui, e la tramata con il PD l'ha fatta lui, e la storia Ilva la controllava lui, come si è occupato lui di emissioni e produzione
Le incongruenze nelle dichiarazioni del ministro
Il Ministro dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio aveva già ammesso, nella conferenza stampa di fine luglio, a proposito del piano ambientale approvato dal governo Gentiloni, che «tutto quello che c’è di migliorativo avviene sopra gli 8 milioni di tonnellate, perché si è detto a questa azienda: “sotto gli 8 milioni di tonnellate potete continuare a produrre con il ciclo produttivo che c’è già in atto”».
Ma, nella sua dichiarazione ad accordo appena siglato, ha poi annunciato: «è stato ottenuto che l’aumento della produzione di acciaio oltre 6 milioni di tonnellate annue sia condizionato alla dimostrazione da parte dell’azienda – documentata al Ministero dell’Ambiente – che le emissioni complessive di polveri dell’impianto non superino i livelli collegati alla produzione a 6 milioni. In conformità ai limiti che pone l’ARPA Puglia». Un concetto ribadito dal Ministro dell’Ambiente Sergio Costa.: «In sostanza, le emissioni certificate con una produzione a 6 milioni di tonnellate non potranno essere mai e in nessun caso superate».
In realtà già nell’addendum, legato all’accordo sindacale, si parla chiaramente di 8 milioni di tonnellate e di come affrontare l’aumento di produzione.
Quando inizi un lavoro lo porti avanti e continui a metterci la faccia non che a Taranto ci deve andare Conte a prendere gli insulti
Quella Azienda è finita, non può andare avanti se no diventa un controsenso mondiale contro le procedure anti-inquinamento dell'atmosfera terrestre
ci sono 15.000 sul gobbo ?
spetta allo Stato ricollocarli, e se si vuole a livello Statale si può
Adesso arriva pure Alitalia
pliskiss
00mercoledì 13 novembre 2019 01:39
Re:
Etrusco, 12/11/2019 23.34:
Possiamo stare a cavillare quanto ci pare, ma la sensazione che ho è che la proprietà di quest'azienda avesse già deciso da tempo di chiudere e andarsene via dall'Italia dove per tante altre cose non gli conviene più produrre.
Il fatto che siano state tolte le immunità penali è solo un pretesto che è stato colto al balzo, ma se non fosse stato quello avrebbero nel giro di poco tempo chiuso egualmente, anche senza un pretesto, semplicemente dicendo che continuare la produzione in Italia non è più economicamente sostenibile.
cosa che fanno in tanti e qui c'è da riflettere
Rallenta la ripresa economica: nel 2018 persino la Grecia meglio dell'Italia
I numeri diffusi dall'Ufficio studi della CGIA di Mestre parlano chiaro. Tra tutti i 27 paesi Ue monitorati, nessuno avrà una crescita più contenuta della nostra. Ma la pressione fiscale e la disoccupazione caleranno. Il Veneto torna ad essere la locomotiva del Paese
e si parla inizio 2018, cmq sia è stata confermata in tele qualche giorno fa, il ciò vuol dire che non è cambiato niente e la disoccupazione ( l'articolo li' è today gennaio 2018 preso a caso) è aumentata
con il caso Acciaio ci stiamo giocando una grossa fetta di Economia, penso che l'Italia l'unica arma che ha è il Turismo ma questo va sfruttato da nord a sud su tutte le coste, la Spagna negli anni 80 si risollevò con il turismo da Barcellona a Marbella e con il centro della Spagna
Si devono mettere nella testa che le tasse su chi da lavoro le devono abbassare, non hai soldi da dare a Bruxelles? Aspettano
per il resto loro lo sapevano che finiva cosi, a volte mi dà l'impressione che siamo quelli che pagano l'affitto, Germania e Francia Padroni " scusate il resto che vi spetta ve lo diamo tra 2 mesi, abbiate pazienza"
l'altra notte ho visto Prodi in tele che parlava d'Europa come se fosse una divinità, se potevo entravo nello schermo e lo facevo diventare Presidente del CTO altro che Presidente della Repubblica
oltretutto ci sono personaggi che ti prendono pure per il culo
pliskiss
00giovedì 14 novembre 2019 01:58
Enrico Falck lavora - come quasi tutti i Falck da sei generazioni a questa parte - nella sede del Gruppo Falck, a Sesto San Giovanni, in via Alberto Falck, intitolata al padre lo scorso anno, la quale è una prosecuzione di via Enrico Falck, dedicata al capostipite. «Ci sono un po troppi Falck in giro...», sorride.
Enrico Falck ha 31 anni, la stessa altezza e leleganza sobria di papà, forse addirittura più timido. È nella Divisione finanza dellazienda di famiglia e si occupa dei progetti di sviluppo in Sicilia: costruzione e gestione di termovalorizzatori, di fatto inceneritori ecologici in quanto sfruttano il contenuto calorico dei rifiuti per generare elettricità. Sono le nuove frontiere tecnologiche delle storiche Acciaierie e ferriere lombarde che da anni ormai sono state riconvertite alla produzione di energia da fonti rinnovabili. Una rivoluzione epocale decisa e attuata, negli anni Novanta, proprio da Alberto Falck, un uomo che di acciaio aveva un impero, la fede e la volontà.
«Credo che la grandezza di mio padre sia stata quella di riuscire a coniugare i valori dellimpresa con quelli della società. Aveva unidea delle cose, si trattasse dellazienda piuttosto che del Paese, come unentità economica da sviluppare e nello stesso tempo come una comunità da far crescere. In questo era convinto che gli affari non dovessero escludere limpegno sociale. Aveva sempre un doppio sguardo: imprenditoriale e civico». E anche un doppio lato del carattere. «Era una persona chiusa e riservata, ma anche molto disponibile e generosa. La sua qualità migliore credo fosse quella di saper ascoltare chi gli stava di fronte, in famiglia e in azienda. Ascoltare tanto, parlare poco: era come un motto per lui. Ha impiegato dieci anni a traghettarci fuori dalla crisi, dieci anni di trasformazione industriale e culturale, di difficoltà e successi, di paure e speranze, eppure per dieci anni è sempre riuscito a lasciar tutto questo fuori dalla porta di casa. Non ci ha mai fatto carico dei suoi problemi, noi figli e la mamma intendo. Non diceva nulla, poi magari se eravamo noi a chiedere ci spiegava cosa stava accadendo, quello sì. Ci ha fatto capire lo spirito del cambiamento senza farcene avvertire il dolore».
Industriale allantica, cattolico («Ma non fanatico») e legatissimo alla sua Milano («Per lui era lunica città nella quale valesse la pena vivere, anche se non esitava a criticarla quando era il caso»), Alberto Falck dallalto dei suoi due metri guardava con orgoglio la storia della famiglia, i Falck, un nome duro come la materia che hanno forgiato per oltre un secolo, da quando il capostipite, il nonno di suo nonno, Giorgio Enrico, calò in Lombardia dallAlsazia nel 1833 come ingegnere per le ferriere Rubini. E nellepopea della dinastia, Alberto ha avuto un ruolo da protagonista: nato nel 1938 a Mandello del Lario, liceo Manzoni e laurea alla Bocconi, entrò in fabbrica con passo deciso nel 64, da lì a poco una poltrona in consiglio di amministrazione e nell82, insieme al cugino Giorgio, sulla plancia di comando della corazzata Falck. Sono gli anni delle tempeste dacciaio, degli ammutinamenti in famiglia, dei banchieri-pirati. Poi, a metà degli anni Novanta, il momento delle scelte più difficili: la chiusura degli stabilimenti di Sesto San Giovanni, il tentativo di fusione con Montedison e infine la riconversione del gruppo nel campo dellenergia. Nelle crisi prevale chi tiene duro, diceva. Quello che ha fatto.
«Se il non essere riuscito a tenere insieme tutti i rami della famiglia allinterno dellazienda fu il suo grande rammarico, la sua vittoria più grande è stata quella di aver capito che noi non potevamo più continuare a fare lacciaio, per motivi di mercato e per motivi tecnologici, e che lunica strada percorribile era quella del cambiamento. E in dieci anni papà ha trasformato un gruppo in crisi e solo per il venti per cento ormai di proprietà della famiglia in una società nostra al cento per cento e in un settore come quello dellenergia rinnovabile in grande sviluppo».
Alberto Falck era un uomo che ci sapeva fare. «Un uomo del fare, soprattutto. Non si perdeva in chiacchiere, parlava poco, tirava le somme e infine prendeva le decisioni. Non cè stato molto tempo purtroppo per lavorare insieme, ma mi ricordo durante le riunioni alcune sue espressioni, tipo Le cose le facciamo per farle e non per dirle oppure Prima facciamo gli impianti poi lo diciamo, cose così... Ho sempre visto in lui un simbolo di quella borghesia illuminata che ha segnato lidentità di Milano, con la sua capacità progettuale, la sua etica della professionalità, la sua concretezza, la sua determinazione. Papà aveva a cuore lo sviluppo della città in ogni settore: il fare soldi, come si dice, per lui era propedeutico a fare qualcosa per la società. Nelle strutture, nelle associazioni, nella cultura...».
Ecco, la cultura. Una passione e unambizione: bibliofilo di razza («Quella per libri antichi, codici e incunaboli era una vera malattia»), collezionista di porcellane («Meissen soprattutto»), amante dellarte in tutte le sue forme, dalla pittura alla musica («Il suo sogno era avere un MoMi, un Museum of modern art of Milan»), amico di molti intellettuali («Di monsignor Ravasi, Sergio Ferrero e Pietro Citati»), viaggiatore più che turista («Era capace di passare nove ore di seguito impassibile tra le sale dellHermitage piuttosto che mettersi a discutere di antichi codici miniati con un abate incontrato per caso in una chiesa sperduta della Puglia»), con lunico vizio dei dolci («Era socio orgogliosissimo della Confraternita della cioccolata») e lunico vezzo delle cravatte («Aveva un debole per quelle di Marinella»), in realtà di tutte queste cose non aveva bisogno: «Le avrebbe amate anche se non fossero state sue».
Allergico alle chiacchiere dei salotti mondani e frequentatore dei seminari su etica e affari del cardinal Martini, Alberto Falck in una delle ultime interviste disse - affermazione apparentemente improponibile per uno che aveva passato la vita tra il fuoco e lacciaio - che credeva agli angeli custodi: Soprattutto quelli dei miei figli, i quali sono stati salvati un paio di volte in occasioni di incidenti stradali. Morì, giusto tre anni fa, stroncato da un infarto
altri tempi, forse l'industria Italiana ha fatto bene perché c'era gente che ci credeva e non doveva spartire niente con nessuno
per le immissioni ai tempi qui ?
Abitavo a 4 km neanche in linea d'aria dalla Falck e a volte ricordo il cielo sporco
attualmente abito a 700 mt dalla ex Falck e posso dire che questo uomo aveva creato una Città
Falck e Breda con Pirelli e Magneti Marelli qui hanno trainato l'economia Italiana
andando a sparire si è creato un buco irrisanabile, quando perdi i pezzi grossi li hai persi