Israele - Il 7 agosto a Teheran era una calda serata estiva. Alla guida della sua Renault L90 bianca, Habib Daoud, 58enne professore di storia libanese, stava tornando a casa nel residenziale quartiere della capitale iraniana dove vivono i leader dei Pasdaran, la guardia rivoluzionaria che controlla gran parte del potere nella repubblica islamica. La figlia Maryam, 27 anni, era seduta accanto a lui quando, erano circa le 21, due uomini in moto li hanno affiancati, quello sul sedile posteriore ha estratto una pistola col silenziatore e ha esploso cinque colpi, quattro mortali.
La mattina dopo iniziarono a circolare su Internet le voci che Daoud facesse parte di Hezbollah e nell'estate 2020, con l'Iran colpito ripetutamente da esplosioni e azioni di sabotaggi, anche quello strano omicidio era apparso plausibile.
Grazie alle informazioni dell'Intelligence Usa, il New York Times racconta ora come la vicenda nasconda
una verità molto più complicata e ingombrante, una spy-story in piena regola, degna delle migliori serie tv:
Daoud era in realtà Abu Muhammad al-Masri, numero due di al-Qaeda,
la figlia era la vedova di Hamza bin Laden (figlio di Osama),
i due motociclisti erano agenti israeliani del Mossad.
E il 7 agosto non era una data scelta a caso, ma l'anniversario degli attentati del 1998 alle ambasciate americane in Kenya e Tanzania, con 224 morti. Attentati che vennero organizzati proprio da al-Masri.
Le fonti dell'Intelligence Usa non hanno chiarito al New York Times quale sia stato il coinvolgimento americano nell'operazione del Mossad. Hanno però confermato che al-Masri (alias Daoud, alias Abdullah Ahmed Abdullah, il suo vero nome) - uno dei fondatori di al-Qaeda e vice del leader Ayman al-Zawahri - era "in custodia" iraniana dal 2003. Altro tassello della vicenda ancora con punti oscuri, visto che l'Iran e al-Qaeda sono stati acerrimi nemici (sciiti i primi, sunniti i secondi), ma certamente possibile oggi in un mondo dove intrighi geopolitici, spionaggio, attentati e antiterrorismo sono all'ordine del giorno.
A lungo inserito nella lista dei terroristi più ricercati al mondo (sul sito del Fbi c'è ancora una taglia di 10 milioni di dollari) al-Masri almeno dal 2015 viveva a Teheran da uomo libero. Questo dicono le fonti Usa, ma l'Iran smentisce seccamente tutta la ricostruzione: "Sono solo bugie". Quel che sembra certo è che Habib Daoud fosse uno pseudonimo scelto dai funzionari dei servizi segreti iraniani e l'attività di professore una classica copertura: del professore libanese non c'è traccia sui media iraniani e non esiste sui database libanesi alcun professore con il suo nome.
Per tre mesi tutti i protagonisti principali della vicenda (Iran, al-Qaeda, Usa e Israele) hanno mantenuto, per differenti motivi, il totale silenzio. Per Colin P. Clark, analista di antiterrorismo del Soufan Center (fondato da un ex agente Fbi) non è poi troppo sorprendente che al-Masri vivesse sotto la custodia (o protezione) dell'Iran perché gli ayatollah di Teheran sono sempre disposti a chiudere un occhio sulle differenze tra sciiti e sunniti "quando torna comodo agli interessi iraniani". In questo caso il comune nemico americano.
www.repubblica.it/esteri/2020/11/14/news/terrorismo_il_nyt_il_numero_due_di_al_qaida_ucciso_da_agenti_segreti_israeliani_per_conto_degli_usa_-27...