Uno dei tanti falsi miti che circondano Berlusconi è quello che descrive il presidente del Consiglio come “un imprenditore prestato alla politica”. Qualcuno crede davvero che Berlusconi sia “sceso in campo” controvoglia? Un imprenditore che acquista “il Giornale”, poi si iscrive alla P2 e coltiva amicizie politiche seminando miliardi che altri scopi avrebbe? La stazza megalomanica di Berlusconi non poteva certo essere contenuta nel mondo degli affari, il suo sogno infantile “diventare capo del mondo” necessitava dell’investitura popolare.
Ma come fa un imprenditore a diventare popolare, amato e rispettato? Quale poteva essere la vetrina migliore? Ovviamente il calcio per questo, nel 1986, Berlusconi acquista il Milan.
Berlusconi collega i successi calcistici a quelli televisivi, la classe imprenditoriale italiana emergente lo segue a ruota. Il ritorno di immagine dato dal calcio non ha paragoni, lo sapeva Berlusconi, lo sa oggi Abramovich, presidente del Chelsea.
Se vogliamo capire di che pasta è fatto il capitalismo italiano è in quelle vetrine che bisogna guardare, pochi sanno chi produce o vende gli strumenti che utilizziamo ogni giorno, tutti hanno sentito parlare di Sensi, Gaucci, Cragnotti, Moratti e compagnia bella.
Sul finire degli anni ottanta pittoreschi presidenti della vecchia guardia, Massimino, Rozzi, Anconetani, vengono rimpiazzati dai nuovi imprenditori rampanti.
Sono gli uomini che hanno rappresentato e rappresentano gusti, cultura, pregi e difetti della classe imprenditoriale italiana.
Tra gli ultimi anni ottanta e primi anni novanta si affacciano personaggi come Gian Mauro
Borsano, presidente del Torino che lascia la guida della squadra granata per il
crack della sua finanziaria, come Ferdinando
Chiampan, presidente del Verona che finisce in carcere per
evasione fiscale. Come Giuseppe
Ciarrapico, presidente della Roma, condannato per il
crack dell’Ambrosiano, come Pasquale
Casillo, arrestato nel 1994 per
associazione camorristica e
truffa. Vengono
sostituiti da altri geniali imprenditori: al Torino arriva Roberto
Goveani, arrestato per
concorso in bancarotta fraudolenta, falso in bilancio e appropriazione indebita, e da Sergio
Cragnotti, presidente della Lazio, delle cui straordinarie capacità imprenditoriali si occupano ancora i giornali di questi giorni. La lista potrebbe proseguire, si potrebbero ricordare i Cecchi
Gori e i Corbelli, ma al di là dei guai giudiziari sono gli attuali bilanci delle società calcistiche a dimostrare operosità e abilità degli imprenditori italiani.
E’ sufficiente un elenco dei nomi, chi può li colleghi a facce ed eloqui. Valuti risultati ottenuti e soldi investiti.
In ordine sparso Maurizio Zamparini, Luciano Gaucci, Franco Sensi, Massimo Moratti, Callisto Tanzi, Massimo Cellino, Enrico Preziosi, Aldo Spinelli etc. Oltre, ovviamente, al presidente del Milan, tal Silvio Berlusconi. La vetrina del capitalismo italiano, la via Condotti degli imprenditori.