LA PRIMA COSA BELLA

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kikkateo11
00mercoledì 20 gennaio 2010 08:33
Una storia d'amore e riconciliazione
Recensione del film La prima cosa bella (2009)
a cura di Lucilla Grasselli
Attraverso la riconciliazione tra Bruno, quarantenne infelice e disilluso, e la madre Anna, bella e piena di vita anche di fronte alla morte, Virzì ci offre l'occasione di fare pace con gli aspetti irrisolti della nostra esistenza, e di guardare verso il futuro con un po' di speranza.

La prima cosa bella che ho avuto dalla vita è il tuo sorriso giovane, sei tu. Difficile non conoscere questa canzone che, come tante, parla d'amore. E anche questo film, come tanti, parla d'amore, un amore tormentato, disperato, e per questo insostituibile. Non si tratta però, perlomeno non soltanto, dell'amore tra un uomo e una donna, quanto del sentimento che unisce una madre con suo figlio, anzi con i suoi figli, con suo marito, sebbene geloso e violento, e più in generale con la vita. E' questo che permette ad Anna di affrontare con serenità e gioia anche l'ultima parte della propria esistenza, nel reparto di cure palliative in cui è stata trasferita dopo che tutte le terapie si sono rivelate inefficaci. Qui la ritroverà il figlio Bruno, professore di liceo e consumatore occasionale di stupefacenti per "colmare un po' di vuoto, un po' di scontento...", dopo un'assenza di decenni. L'incontro con Anna, e la forzata frequentazione con la sorella Valeria, offriranno a Bruno l'occasione di ripercorrere la propria storia, fin dall'infanzia livornese (città di cui "odia tutto"), quando la sua giovane mamma fu eletta estemporaneamente "la mamma più bella", evento che decreterà la fine della tranquillità familiare.

Il marito, infatti, patologicamente geloso e fomentato dal chiacchiericcio dei vicini, sbatterà l'incolpevole Anna fuori di casa, condannandola ad un pellegrinaggio tra l'astiosa sorella, registi e produttori più o meno laidi, piccoli commercianti di buon cuore. Il tutto con al seguito i piccoli Bruno e Valeria, lui già scostante e diffidente in tenera età, lei orgogliosa della bellezza e dei successi, seppur limitati, della mamma. Ma tra un ricordo e l'altro, la vita va avanti e, durante un'evasione con destinazione luna park, Bruno è costretto a fare nuovamente i conti con l'esuberanza di Anna, e con quel legame che da sempre aveva cercato di rinnegare, prima dietro l'imbarazzo, l'accusa, e poi con la lontananza. Bruno è un personaggio apertamente inquieto e infelice, uno di quelli che non si sanno godere la vita, che nell'adolescenza scrivono poesie tormentate (ritornate prepotentemente attuali per il giovane nipote emo) e da adulti sono ancora chiusi in una bambinesca scontrosità. Eppure, sotto quel pervicace rifiuto della felicità, Bruno sa che, pur con tutti i difetti del caso, quello che ha e ha avuto è prezioso, e alla fine riesce perfino a riconoscerlo. Merito, certo, anche di una sorella che non gliene lascia passare una, che lo mette di fronte alle proprie responsabilità e anche ai propri sbagli, ma soprattutto di una mamma generosa, innocente ma anche determinata, come pochi avrebbero saputo essere, nel salvaguardare i propri affetti e la propria autonomia contro ogni assalto. I continui rimbalzi temporali tra i travagliati anni Settanta della famiglia Michelucci e il presente svelano a poco a poco la storia dei protagonisti, intessendo una corrispondenza di sentimenti ed eventi che si ricompone nell'ultima sequenza in cui, riconciliati con il proprio passato, Valeria, Bruno, ma anche un terzo fratello di cui fino a poche ore prima si ignorava l'esistenza sono pronti ad affrontare il futuro, liberi da conflittualità ed incomprensioni reciproche. Ricostruire l'unità perduta di una famiglia non è certo un'impresa da poco, ma Virzì riesce anche questa volta a trattare temi forti con spontaneità e leggerezza, dosando coscienziosamente l'ironia e suscitando una sincera commozione in chi guarda. D'altronde, sarebbe impossibile rimanere indifferenti all'interpretazione coinvolta e appassionata che offrono tutti i protagonisti: Micaela Ramazzotti e Stefania Sandrelli creano un contrappunto perfetto tra l'Anna del passato e quella del presente, in un rimando attento e calibrato di espressioni e atteggiamenti, mentre Valerio Mastandrea incarna tutta la lacerazione di chi si fa scudo dei fantasmi del passato per non provare ad essere felice.

La prima cosa bella non è soltanto un film in cui una tragedia, quella della morte, riesce a trasformarsi in un momento positivo, di forza e sostegno reciproco. E' un film in cui anche coloro che sembravano averne meno bisogno si ritrovano a sciogliere quei nodi che tutti ci portiamo dentro, e che ci rendono tutto più difficile: grazie ad Anna, che si avvia cantando verso la fine della propria vita, capiamo il valore del saper vivere senza sovrastrutture, della speranza in un domani che ci faccia vedere quanto di buono abbiamo oggi, anche se, come Bruno, volevamo essere ricchi e famosi e invece siamo soltanto "poveri e ignoti".








L'ho visto sabato sera molto molto carino parla del sentimento fra figli e una madre negli anni 70 merita davvero lo consiglio vivamente
kikkateo11
00mercoledì 20 gennaio 2010 08:34
la Trama
Nel Settantuno Anna Nigiotti era una giovane e bellissima mamma proclamata Miss del più popolare stabilimento balneare di Livorno, ignara di suscitare le attenzioni maliziose della popolazione maschile, i sospetti rabbiosi del marito Mario e la vergogna del primogenito Bruno. Oggi è ricoverata alle cure palliative, ma sbalordisce i medici con la sua irresistibile e contagiosa vitalità e fa innamorare i degenti terminali. Bruno invece ha ormai tagliato i ponti con la sua città, la sua famiglia, il suo passato. Insegna senza entusiasmo in un Istituto Alberghiero e conduce un'esistenza cocciutamente anaffettiva. Sua sorella Valeria lo convince ad andare a salutare la madre per l'ultima volta così Bruno torna a Livorno. L'incontro, dopo tanti anni, con quella mamma esplosiva, ancora bella e vivacissima, che a dispetto delle prognosi mediche sembra non aver nessuna intenzione di morire, costringe Bruno a rievocare le vicende familiari che aveva voluto a tutti i costi dimenticare: le notti e i giorni di tanti anni fa in cui lui e Valeria vagabondarono in cerca di una sistemazione, dopo esser stati cacciati di casa dal babbo accecato dalla gelosia, ma sempre rincuorati dall'incrollabile ottimismo di una mamma allegra e incosciente. A far da coro alle loro sciagurate peripezie, una provincia maliziosa in preda a nuove smanie, l'ignavia dei tanti uomini volubili che vorrebbero appropriarsi della grazia e del candore di Anna. Ma soprattutto le manovre dell'astiosa zia Leda per impadronirsi del marito e dei figli di quella sorella tanto chiacchierata. Dopo la scoperta in extremis di un fratello di cui si ignorava l'esistenza, matrimoni e separazioni a sorpresa, quei trascorsi avventurosi conducono all'esito inatteso di una struggente riconciliazione: l'ultima lezione di vita, di fiducia nella dolcezza del vivere, di questa madre imbarazzante ma speciale
+cecily+
00lunedì 20 settembre 2010 11:43
Sinceramente mi aspettavo di meglio. L'ho trovato molto sforzato, poco naturale, i personaggi sono degli stereotipi di se stessi.
Virzì ha fatto molto molto meglio con Ovosodo e Caterina va in città.
kikkateo11
00mercoledì 29 dicembre 2010 10:15
mi è veramente piaciuto tanto a dire la verità l'ho già visto 3 volte
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