La Destra italiana nell'era Berlusconi [riflessioni]

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Etrusco
00giovedì 9 febbraio 2006 17:34
Dopo 60 anni finalmente abbiamo potuto vedere governare la Destra con Alleanza Nazionale (ex MSI) e gli altri partiti del centro destra, FI e UDC, che forse su alcune questioni sono anche più a dx di AN.
Facciamo un bilancio?

Per quel che è la mia sensibilità sono un po' nauseato dai metodi con cui hanno legiferato:
imponendo a colpi di fiducia emendamenti e leggi varie, anche su questioni assai delicate, compreso lo stravolgimento della Costituzione della Repubblica italiana.

Non mi è mai piaciuto chi arriva ed impone arrogantemente le sue idee dicendo: "E' così, punto e basta!"
togliendo ogni spazio al sano e democratico confronto parlamentare.

Tra l'altro AN sta perdendo coesione sui principi cardini della Destra:
Patria = si è vilmente e oppurtunisticamente prostituita alla Lega Nord (gettando nel cesso il Tricolore che è al vertice della gerarchia costituzionale!)
Famiglia = scardinamento delle tematiche sociali (solo Alemanno e Storace le difendono un po')
Si pensa che per difendere la famiglia sia sufficiente la legge sulla legittima difesa... senza pensare agli effetti devastanti della Legge Biagi...
Dio = forse stanno agevolando i cattolici anche troppo tra ICI, scuole private etc.
sunalone
00giovedì 9 febbraio 2006 18:02
Re:

Scritto da: Etrusco 09/02/2006 17.34
Dopo 60 anni finalmente abbiamo potuto vedere governare la Destra con Alleanza Nazionale (ex MSI) e gli altri partiti del centro destra, FI e UDC, che forse su alcune questioni sono anche più a dx di AN.
Facciamo un bilancio?

Per quel che è la mia sensibilità sono un po' nauseato dai metodi con cui hanno legiferato:
imponendo a colpi di fiducia emendamenti e leggi varie, anche su questioni assai delicate, compreso lo stravolgimento della Costituzione della Repubblica italiana.

Non mi è mai piaciuto chi arriva ed impone arrogantemente le sue idee dicendo: "E' così, punto e basta!"
togliendo ogni spazio al sano e democratico confronto parlamentare.

Tra l'altro AN sta perdendo coesione sui principi cardini della Destra:
Patria = si è vilmente e oppurtunisticamente prostituita alla Lega Nord (gettando nel cesso il Tricolore che è al vertice della gerarchia costituzionale!)
Famiglia = scardinamento delle tematiche sociali (solo Alemanno e Storace le difendono un po')
Si pensa che per difendere la famiglia sia sufficiente la legge sulla legittima difesa... senza pensare agli effetti devastanti della Legge Biagi...
Dio = forse stanno agevolando i cattolici anche troppo tra ICI, scuole private etc.




[SM=x44462]


pasquale.60
00giovedì 9 febbraio 2006 18:54
la destra al governo: un bilancio
[SM=x44462]

Scritto da: Etrusco 09/02/2006 17.34
Dopo 60 anni finalmente abbiamo potuto vedere governare la Destra con Alleanza Nazionale (ex MSI) e gli altri partiti del centro destra, FI e UDC, che forse su alcune questioni sono anche più a dx di AN.
Facciamo un bilancio?

Per quel che è la mia sensibilità sono un po' nauseato dai metodi con cui hanno legiferato:
imponendo a colpi di fiducia emendamenti e leggi varie, anche su questioni assai delicate, compreso lo stravolgimento della Costituzione della Repubblica italiana.

Non mi è mai piaciuto chi arriva ed impone arrogantemente le sue idee dicendo: "E' così, punto e basta!"
togliendo ogni spazio al sano e democratico confronto parlamentare.

Tra l'altro AN sta perdendo coesione sui principi cardini della Destra:
Patria = si è vilmente e oppurtunisticamente prostituita alla Lega Nord (gettando nel cesso il Tricolore che è al vertice della gerarchia costituzionale!)
Famiglia = scardinamento delle tematiche sociali (solo Alemanno e Storace le difendono un po')
Si pensa che per difendere la famiglia sia sufficiente la legge sulla legittima difesa... senza pensare agli effetti devastanti della Legge Biagi...
Dio = forse stanno agevolando i cattolici anche troppo tra ICI, scuole private etc.



sottoscrivo tutto quello che hai detto.
ma vorrei aggiungere un elemento di riflessione.
siamo sicuri che in questi cinque anni c'è stato un governo di destra?
qual è un governo di destra? quello che ci fu in GB con la margherita tatcher o quello che ci fu in Usa con reagan (per parlare di quelli che hanno governato in paesi democratici). in che cosa somiglia a quei governi il governo berlusconi?
io penso che il governo berlusconiCasiniFiniBossi NON ha avuto nessuna politica, nè di destra né ovviamente di centro...
non ha fatto assolutamente nulla salvo leggi ad personam (nel campo della giustizia, leggi anticentrosinistra (la legge elettorale). Già, la riforma della scuola... lì forse c'è l'elemento di classe: quando si costringe un ragazzino a scegliere cosa farà da grande si sa già che il figlio dell'operaio è segnato (proprio contro questo principio abbiamo fatto il Sessantotto). Comunque in generale, il governo uscente non ha fatto nulla di nulla: questo è il guaio! e somiglia ai grandi governi di destra solo per l'arroganza, la mancanza di dialogo con le parti sociali e il disinteresse per le condizioni della gente.
sunalone
00giovedì 9 febbraio 2006 19:00
Re: la destra al governo: un bilancio

Scritto da: pasquale.60 09/02/2006 18.54
[SM=x44462]

sottoscrivo tutto quello che hai detto.
ma vorrei aggiungere un elemento di riflessione.
siamo sicuri che in questi cinque anni c'è stato un governo di destra?
qual è un governo di destra? quello che ci fu in GB con la margherita tatcher o quello che ci fu in Usa con reagan (per parlare di quelli che hanno governato in paesi democratici). in che cosa somiglia a quei governi il governo berlusconi?
io penso che il governo berlusconiCasiniFiniBossi NON ha avuto nessuna politica, nè di destra né ovviamente di centro...
non ha fatto assolutamente nulla salvo leggi ad personam (nel campo della giustizia, leggi anticentrosinistra (la legge elettorale). Già, la riforma della scuola... lì forse c'è l'elemento di classe: quando si costringe un ragazzino a scegliere cosa farà da grande si sa già che il figlio dell'operaio è segnato (proprio contro questo principio abbiamo fatto il Sessantotto). Comunque in generale, il governo uscente non ha fatto nulla di nulla: questo è il guaio! e somiglia ai grandi governi di destra solo per l'arroganza, la mancanza di dialogo con le parti sociali e il disinteresse per le condizioni della gente.




in effetti...

mi ritornano anche in mente le parole, sproloquiate dal nano in una delle ultime apparizioni, sulla firma del protocollo di Pratica di Mare... è stato lui a fare tutto e mettere daccordo tutti! e non invece ad essere solo cortese ospite di un trattato internazionale a lungo discusso nei precedenti anni!
e ricordo anche i commenti della stampa estera sulle coreografie 'carnevalesche e nostalgiche delle grandiosità mussoliniana'

[SM=x44458] [SM=x44458]


joppistaj1984
00giovedì 9 febbraio 2006 19:09
Re: Re: la destra al governo: un bilancio

Scritto da: sunalone 09/02/2006 19.00



in effetti...

mi ritornano anche in mente le parole, sproloquiate dal nano in una delle ultime apparizioni, sulla firma del protocollo di Pratica di Mare... è stato lui a fare tutto e mettere daccordo tutti! e non invece ad essere solo cortese ospite di un trattato internazionale a lungo discusso nei precedenti anni!
e ricordo anche i commenti della stampa estera sulle coreografie 'carnevalesche e nostalgiche delle grandiosità mussoliniana'

[SM=x44458] [SM=x44458]




Sunalone... siccome forse ti farà piacere, ti do un altro spunto per ironizzare sul premier
"Ho in tasca una formula magica che permetterà di trovare una soluzione condivisa, ma la tirerò fuori solo all'ultimo momento"
Siccome sei un vigile fustigatore del premier dovresti ricordarti in che occasione ha fatto questa battuta!!!!
Etrusco
00giovedì 9 febbraio 2006 19:34
Re: la destra al governo: un bilancio

Scritto da: pasquale.60 09/02/2006 18.54
[SM=x44462]

sottoscrivo tutto quello che hai detto.
ma vorrei aggiungere un elemento di riflessione.
siamo sicuri che in questi cinque anni c'è stato un governo di destra?
qual è un governo di destra?
quello che ci fu in GB con la margherita tatcher o quello che ci fu in Usa con reagan
(per parlare di quelli che hanno governato in paesi democratici).

in che cosa somiglia a quei governi il governo berlusconi?
io penso che il governo Berlusconi/Casini/Fini/Bossi NON ha avuto nessuna politica, nè di destra né ovviamente di centro...

non ha fatto assolutamente nulla salvo leggi ad personam (nel campo della giustizia, leggi anticentrosinistra (la legge elettorale).

Già, la riforma della scuola... lì forse c'è l'elemento di classe: quando si costringe un ragazzino a scegliere cosa farà da grande si sa già che il figlio dell'operaio è segnato (proprio contro questo principio abbiamo fatto il Sessantotto).

Comunque in generale, il governo uscente non ha fatto nulla di nulla: questo è il guaio! e somiglia ai grandi governi di destra solo per l'arroganza, la mancanza di dialogo con le parti sociali e il disinteresse per le condizioni della gente.



Concordo su tutto, eccetto su un termine: chiamiamolo 3° Governo Berlusconi,
Fini, Bossi, Casini non hanno avuto sufficiente incisività per esserne complici a pari livello, sono stati semmai prostituiti o conniventi agli interessi della famiglia Berlusconi e dei suoi "collaboratori"....

Per il resto c'è un'enorme differenza tra l'essere di Destra
ed essere yesman di questa o quell'altra bandana...
anche se la destra italiana si è svenduta a qualcuno... anzi prostituita ed è solo un eufemismo [SM=x44470]
La nostra destra non è una Destra dalle grandi tradizioni, a differenza dei Tory inglesi,
dei Gollisti francesi o dei cristiano-sociali tedeschi....
quelle si che sono un'ottimo esempio di Destra da emulare, altro che pizza e Fini [SM=x44498]

il Cavliere Bandanato, al di là delle sue dichiarazioni ("Armi di distrazione di massa") non ha nulla a che vedere
con la Cultura ed i Valori della Destra
, nelle sue molteplici sorgenti che anche i suoi colonnelli ignorano o hanno dimenticato;
Sua Impunità è un personaggio impolitico o, se si preferisce, pre-politico, un signorotto medievale che combatte
(a differenza del suo predecessore PresDelCons di Destra, Mussolini)
solo per i propri interessi e si è comprato un esercito personale di scudieri e mercenari, un esercito di yesman.

L'unico personaggio politico di un certo spessore nel centro destra era il Prof.Sen. Domenico Fisichella . . . colui che determinò la svolta di Fiuggi, dall'MSI ad AN e colui che ispirò e plasmò il programma di AN,
ma dopo l'imposizione della Devolution e lo stravolgimento della carta costituzionale per non gettare nel WC anche la sua dignità di uomo e di politico oltre che il tricolore.... se ne è dovuto andare sbattendo la porta...
[SM=x44471]

[Modificato da Etrusco 09/02/2006 19.36]

((Gianni))
00venerdì 10 febbraio 2006 11:04
Sono anch'io perplesso nel ritenere di destra il governo Berlusconi, lo definirei piuttosto...un consorzio temporaneo tra imprese [SM=x44451] .
Caro Etrusco, prima di affermare che"...la nostra destra non è una destra dalle grandi tradizioni...", ti suggerisco di riflettere sulle figure di Cavour, Nitti, Gobetti, Giovanni Amendola, Salvemini, Einaudi, Orlando, Malagodi, i fratelli Rosselli: senso dello Stato ed antifascismo.
Etrusco
00venerdì 10 febbraio 2006 12:35
Re:

Scritto da: ((Gianni)) 10/02/2006 11.04
Sono anch'io perplesso nel ritenere di destra il governo Berlusconi, lo definirei piuttosto...un consorzio temporaneo tra imprese [SM=x44451] .
Caro Etrusco, prima di affermare che"...la nostra destra non è una destra dalle grandi tradizioni...", ti suggerisco di riflettere sulle figure di Cavour, Nitti, Gobetti, Giovanni Amendola, Salvemini, Einaudi, Orlando, Malagodi, i fratelli Rosselli: senso dello Stato ed antifascismo.



Grazie per l'invito,
ma dimmi una cosa: è sufficiente avere validi personaggi di Destra per dire che possiamo vantare anche noi una discreta tradizione politica di Destra?
Anche se questi e la destra italiana, all'infuori di qualche conquista sociale del Governo Mussolini, (lasciando per ora da parte l''800) hanno raramente finalizzato e concretizzato qualcosa dei loro disegni?
[SM=x44473]

[Modificato da Etrusco 10/02/2006 12.36]

((Gianni))
00venerdì 10 febbraio 2006 14:59
Raramente finalizzato?

Scritto da: Etrusco 10/02/2006 12.35


Grazie per l'invito,
ma dimmi una cosa: è sufficiente avere validi personaggi di Destra per dire che possiamo vantare anche noi una discreta tradizione politica di Destra?
Anche se questi e la destra italiana, all'infuori di qualche conquista sociale del Governo Mussolini, (lasciando per ora da parte l''800) hanno raramente finalizzato e concretizzato qualcosa dei loro disegni?
[SM=x44473]

[Modificato da Etrusco 10/02/2006 12.36]




Cavour: unità d'Italia;
Nitti: elettorale proporzionale, Cassa per il Mezzogiorno;
Einaudi: Banca d'Italia;
Gli altri citati hanno fortemente influenzato, in maniera diretta o indiretta, la Costituzione Italiana.
La destra politica, per favore, non confonderla con la dittatura fascista, quello fu un regime totalitario e non portò conquiste sociali, ma provvedimenti con un unico fine: l'annullamento dell'individuo a favore dello Stato. Per realizzare questo il fascismo non si pose scrupoli ed utilizzò contemporaneamente il terrore, la propaganda ed il populismo. Rivalutare lo strumento (leggi sociali) trascurando il fine(azzeramento delle coscienze e dello spirito critico) che il PNF si poneva è scorretto, oltre che pericoloso.
La Costituzione Italiana, affermando la centralità e l'intangibilità dell'individuo e ponendo lo Stato a difesa del cittadino (non viceversa) rappresenta la vittoria del pensiero liberale italiano, ti sembra poco?

[Modificato da ((Gianni)) 10/02/2006 15.00]

Etrusco
00venerdì 10 febbraio 2006 15:50
Re: Raramente finalizzato?

Scritto da: ((Gianni)) 10/02/2006 14.59


Cavour: unità d'Italia;
Nitti: elettorale proporzionale, Cassa per il Mezzogiorno;
Einaudi: Banca d'Italia;
Gli altri citati hanno fortemente influenzato, in maniera diretta o indiretta, la Costituzione Italiana.

La destra politica, per favore, non confonderla con la dittatura fascista, quello fu un regime totalitario e non portò conquiste sociali, ma provvedimenti con un unico fine:
l'annullamento dell'individuo a favore dello Stato.
Per realizzare questo il fascismo non si pose scrupoli ed utilizzò contemporaneamente il terrore, la propaganda ed il populismo.
Rivalutare lo strumento (leggi sociali) trascurando il fine(azzeramento delle coscienze e dello spirito critico) che il PNF si poneva è scorretto, oltre che pericoloso.

La Costituzione Italiana, affermando la centralità e l'intangibilità dell'individuo e ponendo lo Stato a difesa del cittadino (non viceversa) rappresenta la vittoria del pensiero liberale italiano, ti sembra poco?

[Modificato da ((Gianni)) 10/02/2006 15.00]




Si, la Costituzione italiana ha segnato una grande conquista per la nostra democrazia e liberalità.
La tua sintesi è molto utile per inquadrare meglio il presente e soprattutto per riflettere meglio sul topic di questa discussione:
cosa ne è oggi dei politici di Destra sopravvissuti dentro e fuori AN?
pasquale.60
00venerdì 10 febbraio 2006 15:59
altro è la destra storica, altro è "questa destra"

Scritto da: ((Gianni)) 10/02/2006 11.04
Sono anch'io perplesso nel ritenere di destra il governo Berlusconi, lo definirei piuttosto...un consorzio temporaneo tra imprese [SM=x44451] .
Caro Etrusco, prima di affermare che"...la nostra destra non è una destra dalle grandi tradizioni...", ti suggerisco di riflettere sulle figure di Cavour, Nitti, Gobetti, Giovanni Amendola, Salvemini, Einaudi, Orlando, Malagodi, i fratelli Rosselli: senso dello Stato ed antifascismo.



alla destra storica tanto di cappello. ma nel ventennio
fascista l'italia è cambiata e la destra è cambiata. Il fascismo intanto fu un fenomeno strano in cui, almeno all'inizio si confusero destra sinistra e nazionalismo. dopo la liberazione la destra si ridusse ad una corrente maggioritaria della democrazia cristiana (che non ha nulla a che vedere con la destra storica) e ai post fascisti del MSI. E oggi? questi schieramenti che dicono di essere al centro e a destra, cosa hanno a che fare con la destra storica? nulla, nulla di nulla.
Etrusco
00sabato 11 febbraio 2006 13:37
Re: altro è la destra storica, altro è "questa destra"

Scritto da: pasquale.60 10/02/2006 15.59


alla destra storica tanto di cappello. ma nel ventennio
fascista l'italia è cambiata e la destra è cambiata. Il fascismo intanto fu un fenomeno strano in cui, almeno all'inizio si confusero destra sinistra e nazionalismo.
dopo la liberazione la destra si ridusse ad una corrente maggioritaria della democrazia cristiana (che non ha nulla a che vedere con la destra storica) e ai post fascisti del MSI. E oggi? questi schieramenti che dicono di essere al centro e a destra, cosa hanno a che fare con la destra storica? nulla, nulla di nulla.



e non dimentichiamo il PLI di Altissimo....
Comunque oggi in Italia temo che manchi proprio la Politica: si è degenerato il modo di far politica... non più dialoghi e confronti, ma solo spot ad effetto, insulti e tanta volgarità che non serve a nessuno se non a chi deve nascondere i suoi errori ed insuccessi...

Divaghiamoci un po':

Da: "IL LIBRO DE KIPLI"]Da: "IL LIBRO DE KIPLI"
by Rokko Smithersons, suo originale divulgatore e collaudatore....


La nuova Destra

Non ce l'abbiamo con i neri e gli africani,
solo non vogliamo che ci rubino il lavoro.
Non ce l'abbiamo con gli omosessuali,
solo non vogliamo che ci contaminino col loro morbo.
Questa è una Destra nuova che vuole battersi per il
rispetto della civiltà e della democrazia.
Non ce l'abbiamo con gli zingari,
solo non vogliamo che mettano in pericolo
la nostra comunità.
Non ce l'abbiamo cogli extracomunitari
solo non vogliamo che occupino le nostre case.
Questa è uma Destra nuova che vuole mettersi
dalla parte del cittadino e del lavoratore.
La pelle, la lingua, la razza non c'entra.
E se non capite questo siete degli ebrei!

[Modificato da Etrusco 11/02/2006 13.38]

intergrigo88
00martedì 23 maggio 2006 23:33
Re:

Scritto da: Etrusco 09/02/2006 17.34
Dopo 60 anni finalmente abbiamo potuto vedere governare la Destra con Alleanza Nazionale (ex MSI) e gli altri partiti del centro destra, FI e UDC, che forse su alcune questioni sono anche più a dx di AN.
Facciamo un bilancio?

Per quel che è la mia sensibilità sono un po' nauseato dai metodi con cui hanno legiferato:
imponendo a colpi di fiducia emendamenti e leggi varie, anche su questioni assai delicate, compreso lo stravolgimento della Costituzione della Repubblica italiana.

Non mi è mai piaciuto chi arriva ed impone arrogantemente le sue idee dicendo: "E' così, punto e basta!"
togliendo ogni spazio al sano e democratico confronto parlamentare.

Tra l'altro AN sta perdendo coesione sui principi cardini della Destra:
Patria = si è vilmente e oppurtunisticamente prostituita alla Lega Nord (gettando nel cesso il Tricolore che è al vertice della gerarchia costituzionale!)
Famiglia = scardinamento delle tematiche sociali (solo Alemanno e Storace le difendono un po')
Si pensa che per difendere la famiglia sia sufficiente la legge sulla legittima difesa... senza pensare agli effetti devastanti della Legge Biagi...
Dio = forse stanno agevolando i cattolici anche troppo tra ICI, scuole private etc.





criticate tanto quelli dei forum di destra, riportate le frasi che scrivono e andate avanti a prenderli per il culo per post e post, e nemmeno vi accorgete di quante s [SM=x44474] [SM=x44474] [SM=x44474] [SM=x44474] [SM=x44474] [SM=x44474] [SM=x44474] e sparate.


[SM=x44472] [SM=x44472] [SM=x44472]


io non ci devo più venire nelle sezioni di attualità di 'sto forum, mi si alza la pressione [SM=x44472] [SM=x44472] [SM=x44472] [SM=x44472] [SM=x44472]
bremaz
00martedì 23 maggio 2006 23:49
Re: Re:

Scritto da: intergrigo88 23/05/2006 23.33




criticate tanto quelli dei forum di destra, riportate le frasi che scrivono e andate avanti a prenderli per il culo per post e post, e nemmeno vi accorgete di quante s [SM=x44474] [SM=x44474] [SM=x44474] [SM=x44474] [SM=x44474] [SM=x44474] [SM=x44474] e sparate.


[SM=x44472] [SM=x44472] [SM=x44472]


io non ci devo più venire nelle sezioni di attualità di 'sto forum, mi si alza la pressione [SM=x44472] [SM=x44472] [SM=x44472] [SM=x44472] [SM=x44472]



Premettendo ke ormai è inutile parlare con te, visto ke continui a comportarti come un bambino, nonostante sperassi ke, dopo la tensione del periodo elettorale, ti calmassi un pò, come buona parte degli utenti della sezione, ti faccio notare come un utente non di sinistra abbia espresso la sua posizione con calma e tranquillità impostando un dialogo con un altro utente da sempre critico verso la destra italiana (ke tu probabilmente dall'alto del tuo approfondimento definiresti "comunista").
Ebbene, come vedi l'espressione libera di opinioni è avvenuta nella più assoluta tranquillità, da te minata e rovinata.
Semplicemente, rifletti prima di postare, invece di fare questa guerra ignorantotta e immatura. Non ne fai una bella figura, partendo dai tuoi presupposti da ragazzetto un pò arrogante.
Etrusco
00mercoledì 24 maggio 2006 00:06
Re: Re:

Scritto da: intergrigo88 23/05/2006 23.33


...e nemmeno vi accorgete di quante s [SM=x44474] [SM=x44474] [SM=x44474] [SM=x44474] [SM=x44474] [SM=x44474] [SM=x44474] e sparate.


[SM=x44472] [SM=x44472] [SM=x44472]




Sarei seriamente interessato a capire il tuo punto di vista:
dove sarebbero le incongruenze di cui ti lamenti?

Ti riferisci al fatto che sono forse proprio le tematiche fuori luogo?
Oppure solo il procedimento dialettico argomentativo? [SM=x44473]
Etrusco
00mercoledì 19 marzo 2008 23:39
Tratto da un vecchio articolo di Narrator

29.11.2003
La crisi di Alleanza Nazionale e la destra liberale


E' difficile organizzare un discorso sulle ultime uscite di Fini
senza riconoscere il dramma di chi cerca di superare la fase storica del Msi da ormai dieci anni.
Questa prospettiva non può essere dimenticata nel comprendere cos'è successo l'altro giorno, quando abbiamo visto il vicepremier indossare la kippà, il copricapo ebraico.
Santomassimo, sul "Manifesto" del 25 novembre, nota che sta nascendo una nuova destra, alternativa a quella berlusconiana; e che però non si tratta di una destra morbida, come proverebbe la legge repressiva sulle droghe e nonostante la proposta di far votare gli immigrati.[...]

Ben altro è comunque il peso del dibattito. Marco Tarchi, sul "Giornale" del 28 novembre, ha paventato il rischio di non capire dove Fini stia andando. Tarchi non è uno qualunque: oltre a insegnare Comunicazione Politica a Firenze, era uno dei delfini di Almirante nel vecchio Msi. Forse il più "promettente"; ma gli fu preferito proprio Fini.

Sempre il 28 novembre, Adriano Sofri, su "La Repubblica", lucidamente delinea un percorso accelerato negli ultimi mesi da parte di Fini:
prima il voto agli immigrati,
poi il libro sulla Costituzione europea prefatto da Giuliano Amato,
poi il ripudio del nazionalismo in favore di un più moderato patriottismo,
ora le dichiarazioni in terra d'Israele che vanno molto al di là di quanto gli era stato chiesto dagli ebrei.

Fini, in occasione delle precedenti elezioni europee del 1999, aveva tentato un ben più modesto passo, accogliendo Mario Segni e il suo delfino Diego Masi nelle liste di An.
Ora, e poco prima delle elezioni europee del 2004, da posizione governativa, si mostra molto più sicuro di sé nella costruzione di una nuova identità per la destra.
Non lo dice mai, ma in questo modo riconosce una verità storica che era sempre passata sotto silenzio anche per l'ostracismo dell'Arco Costituzionale:
e cioè che, contrariamente all'opinione corrente, non esiste una sola destra; ma la destra moderata e liberale era rimasta finora incagliata in vecchi schemi sociali ormai superati, ed era finora rappresentata per lo più da persone decedute: Longanesi, Guareschi, Prezzolini e Montanelli.
Troppo poco perché avesse dignità nel dibattito politico.
E invece, forse, l'obiettivo di Fini è ridarle vita in uno spazio europeo, dove la destra liberale è ben più presente che in quello italiano, e con una prospettiva futura e non più (solo) passata.
Una destra liberale, che si rifa alla Destra Storica che ha fatto l'Italia, viveva in Alleanza Nazionale fino a qualche anno fa: era forse troppo presto per proporre d'eliminare la fiamma dal simbolo di An, ma qualche parlamentare ci provò a Verona sul finire degli anni '90. Oggi è sulla bocca di tutti, questa proposta, nel bene e nel male.
Passaggio necessario?
...
Oggi non è così importante che la fiamma sia tolta dal simbolo elettorale di An: di fronte al nuovo corso di Fini, e alla sua brusca accelerazione, dobbiamo soltanto sperare che nel medio termine sia costruito un bipolarismo più sano e una lotta politica più rispettosa degli avversari, al cospetto di valori finalmente comuni.

scritto da narrator alle ore 10:54
Etrusco
00martedì 18 maggio 2010 21:18
Tutto sta nel definire cosa sia, questa destra. Per noi è aperta, laica e umana
Caro gasparri, ecco perché siamo a destra anche noi

di Filippo Rossi

Maurizio gasparri, in un’intervista pubblicata il 19 gennaio sul Riformista, si domanda se noi di Ffwebmagazine siamo abbastanza “di destra”. Almeno, dice, se siamo di destra quanto lui. E allora, premesso che – come sa chi ci legge – cerchiamo, quando è possibile, di ragionare oltre di una categorizzazione politica che si delinea ancora sulle fratture novecentesche, proviamo a rispondere. Dicendo innanzitutto che, tanto per chiarire le cose, noi siamo e ci sentiamo pienamente “a destra”.

Certo, tutto sta a definire cosa sia questa “destra”. Calando nella realtà una parola astratta, declinando nella concretezza del tempo e dello spazio quella che è solo un’etichetta.
Ebbene, la nostra destra parte dalla centralità dell’individuo. Dalla dignità della persona, dal rispetto della sua sfera di autonomia, di autodeterminazione, di libertà. Che sia libertà dai dogmi imposti, da uno Stato padrone, dal pensiero unico. E, per forza di cose se si crede nella libertà dell’individuo, si deve credere e praticare il rispetto delle differenze. Come in un mosaico, policromatico ma allo stesso tempo armonico, che non annulla le diversità ma le inserisce in un contesto, unitario e molteplice allo stesso tempo.

La nostra destra crede in una politica “prospettica”: una politica fatta di “visione”, che guarda al futuro, immaginandolo e costruendolo. Una destra “eroica”, e una politica che non si trinceri in un eterno presente fatto di paura e di difesa, che non si nutra di perpetue emergenze, che non si serva dei “valori” e delle “identità” come fossero vessilli da sbandierare per spaventare presunti nemici. E allora questa destra non può che essere “aperta”, umana. Caritatevole, per usare una bella parola che viene dal lessico cristiano.

La nostra destra crede nel principio della “laicità”.
Serena, positiva e non battagliera, certo. Ma sempre e comunque laicità. E non solo quando si parla di rapporti tra fede e politica. Ma anche quando laicità significa obiettività e flessibilità di giudizio: crediamo in una destra, per capirci, che non si lancia nella difesa “a prescindere” di un poliziotto che sbaglia.

La nostra destra crede anche nella pacatezza. Intanto, perché quando si hanno idee non c’è bisogno di gridare.
E poi perché la responsabilità (parola che fa senza dubbio parte del bagaglio politico e culturale della destra) implica la moderazione e la ricerca del dialogo. Perché parlare con l’“avversario”, quando c’è da disegnare il futuro del paese, non vuol dire cedere all’inciucio, tradire o svendere le proprie convinzioni. Vuol dire, semplicemente, avere a cuore il destino di una nazione: una destra che sia davvero patriottica, insomma.

E la nostra destra crede ancora – per quanto demodé ciò possa sembrare – nella moralità.
Una moralità vera e praticata quotidianamente, fatta di buon gusto e di buon senso, di etica e di decoro. Attenzione, niente a che vedere con quei fumosi “valori” declamati alla bisogna, e agitati come un corpo contundente da chi, alle volte, li calpesta per primo.

Si potrebbe continuare ancora. Ma sono questi, in sostanza, i cardini su cui impostiamo questa nostra destra. E pazienza se per qualcuno non è “destra” abbastanza. A noi basta, e piace, così.

Ffw - Filippo Rossi - 19 gennaio 2010
Etrusco
00martedì 18 maggio 2010 21:34


E le discriminanti più "scomode" sono la legalità e il senso dello Stato
Ma chi decide cos'è "di destra"?
di Flavia Perina


I numeri sono chiari, e adesso si può cominciare a parlare di politica. Nel "mare magnum" delle dichiarazioni degli "ex colonnelli" l'argomentazione che più colpisce l'abbiamo trovata ieri in un'intervista a Giorgia Meloni (ma il giorno prima era evocata in quella di Ignazio La Russa, e Maurizio gasparri ne ha fatto da tempo un suo cavallo di battaglia).
È la "questione ideologica", quella che Giorgia sintetizza dicendo: «Io ho una storia, fatta di An, destra, giovani, conservatorismo etico», una storia «che va difesa», quasi che Gianfranco Fini fosse al di là di quella storia, o addirittura se ne fosse messo al di fuori.
Come ha spiegato, appunto, Gasparri: «Il problema vero è che io sono rimasto sulle posizioni che abbiamo sempre espresso: lui invece è diventato un innovatore, ha cambiato idea su tante cose».
Per poi chiedersi: ma se un capo di partito cambia idea, dirigenti e militanti devono adeguarsi?

Adesso che i posizionamenti politici sono trasparenti, che ci si è schierati pro e contro, questo è il primo argomento su cui essere trasparenti. Crediamo, ad esempio, che abbia fatto molte più cose "di destra" la finiana Giulia Bongiorno fermando, correggendo o limando provvedimenti come la prescrizione breve (che avrebbe cancellato 600mila processi), piuttosto che tutti gli ex An (noi compresi) messi insieme. Senza la sua competenza e determinazione avremmo mortificato le forze dell'ordine che su quei 600mila casi hanno indagato, schiaffeggiato le vittime che hanno speso tempo e quattrini per avere giustizia, probabilmente premiato i colpevoli.
Chi si fregia del titolo di difensore dei valori della cosiddetta "vera destra" dovrebbe spiegarci a quale punto della graduatoria mette la legalità.
E a quale il senso dello Stato e dell'interesse nazionale, e un'idea repubblicana che non si basi sulla sopraffazione dei più deboli ma sulla garanzia di un diritto uguale per tutti.

Ecco, se è naturale che a un ex Forza Italia venga in mente, ad esempio, di dichiarare che si deve fare «la riforma istituzionale che ci conviene di più»,
non è normale che un'idea così sia sostenuta da uno "di destra".

Se non sorprende il controcanto di Silvio Berlusconi su Roberto Saviano (peraltro pubblicato da Mondadori), eroe civile della lotta ai clan, stupisce che le uniche osservazioni critiche siano arrivate dai "finiani": chi aspira a interpretare la destra-destra dovrebbe ancora avere nelle orecchie, per dirne una, la relazione di Beppe Niccolai all'antimafia, le assemblee del FdG con Paolo Borsellino, gli stessi comizi di Almirante in Sicilia. Come fa a stare zitto? Come fa a far finta di niente?

Perché ci sono solo i "finiani" nel comitato che chiede la verità per Stefano Cucchi,
vittima innocente che ci ricorda tanti dei nostri?
Come mai gli eredi più titolati della tradizione della destra, una tradizione che aveva in massimo conto la partecipazione, sono i più distratti davanti al problema dell'astensionismo?

Perché è il "finiano" Pasquale Viespoli il solo che sentiamo parlare con passione di Sud o di patto generazionale per salvare i giovani da un futuro immobile e precario?
E come mai, tra le tante fondazioni e think thank che gli ex colonnelli hanno costituito, è toccato solo i "finiani" del Secolo aver dedicato convegni e approfondimenti giornalistici non retorici a personaggi che hanno fatto la storia della "nostra" destra come Giano Accame, Tony Augello o Marzio Tremaglia, di cui domani ricorre il decimo anniversario della prematura scomparsa,
o al vero e formidabile "sdoganatore" già negli anni Ottanta della destra politica italiana che fu Bettino Craxi?

Il fatto è che il vero Dna della destra, più che sul crinale della retorica dei valori e delle cosiddette questioni di coscienza, dove il nostro mondo - fin dall'epoca del divorzio - ha sempre giudicato normale esprimersi liberamente, ruota intorno alle discriminanti ben più scomode (almeno nell'era berlusconiana) del senso dello Stato e della legalità, della protezione dei deboli e della valorizzazione del merito oltre i diritti di casta.
Facile fare la morale in tema di coppie di fatto, che non incide sul "core busisness" di nessuno.
Ma il coraggio della destra, a nostro giudizio, si mostra anche altrove.
Anzi, soprattutto altrove.

Flavia Perina - Pubblicato sul Secolo d'Italia del 21 aprile 2010
roadrunner
00martedì 18 maggio 2010 21:39
Re:
Etrusco, 18/05/2010 21.18:






...d'altronde...lui...in merito al post berlusca...e' quello che io come scrissi tempo fa...si e' messo in testa un'idea meravigliosa... [SM=x44452]

...ormai e' chiaro, visto che e' disposto anche a far pessime figure come questa, pur di farsi notare agli occhi del grande capo fra i vari pretendenti al trono, sgomitanti come gli assistenti del primario durante il giro delle visite in clinica in un famoso film con alberto sordi... [SM=x44450]
Etrusco
00lunedì 27 settembre 2010 01:17
L'immagine della destra italiana:
"Più in basso è difficile"


Molti lettori si chiedono se la storia di un piccolo appartamento («50-55 metri quadrati») possa dominare per parecchie settimane la vita pubblica italiana. La risposta, purtroppo, è sì, soprattutto se il caso scoppia dopo una lunga stagione di scandali, veleni e accuse incrociate. A chi scrive sui giornali piacerebbe parlare anche d’altro, ma un giornalista americano disse molti anni fa che la stampa consegna le notizie come il lattaio consegna il latte del mattino. E quello che si beve oggi in Italia è di pessima qualità.

Eppure questa rappresentazione è parziale. Se potessimo dimenticare per un momento il quartierino di Montecarlo, rovesciare il cannocchiale e sbirciare in tutti i piccoli appartamenti di cui è piena la penisola, constateremmo che tra la rappresentazione pubblica dell’Italia e l’esistenza quotidiana dei suoi cittadini esiste una distanza abissale. Non è una novità. Abbiamo sempre saputo che il Paese è afflitto da una sorta di schizofrenia. Quando discute di politica o scende in campo come militante per un partito o un movimento, l’italiano esprime giudizi radicali, denuncia situazioni intollerabili, minaccia azioni violente, propone soluzioni estreme. Quando organizza la sua vita, amministra i suoi soldi e fa le sue scelte quotidiane, è generalmente un buon calcolatore dei costi e benefici di una qualsiasi decisione, piccola o grande, che attenga ai suoi personali interessi.

Ne abbiamo la prova quando diamo un’occhiata alle statistiche sul risparmio delle famiglie, sui consumi, sul numero delle aziende private e delle partite Iva, su quello delle case che appartengono a chi le abita. Ne abbiamo una prova ancora più convincente quando constatiamo che i fenomeni più interessanti e positivi dell’economia nazionale non sono quelli pianificati dall’alto, ma accadono spesso quando le api della società nazionale fanno sciame e producono risultati che gli economisti e i sociologi non avevano previsto e dovranno cercare di spiegare a posteriori. Siamo rivoluzionari, se non addirittura eversivi, quando parliamo, ma siamo moderati quando amministriamo la nostra vita e i nostri beni. Queste sono le qualità che ci permettono di sopravvivere nei momenti difficili, questi sono gli ammortizzatori della nostra vita quotidiana.

Ma presentano parecchi inconvenienti. La somma di alcuni milioni di buone scelte individuali non produce necessariamente una buona politica nazionale. La somma degli interessi personali non è l’interesse di tutti. Vi sono circostanze in cui un Paese deve adattarsi a grandi cambiamenti e fare scelte cruciali, necessariamente collettive e valide per tutti. Quella che stiamo attraversando è una fase storica in cui il futuro dell’Italia, come quello di qualsiasi altro Paese dell’Unione europea, dipende dalle sue decisioni in materia di educazione, ricerca scientifica, riforme istituzionali, energia, infrastrutture.

Un Paese in cui i singoli cittadini e le loro corporazioni gestiscono oculatamente il loro tran-tran quotidiano, ma esprimono una classe politica faziosa e rissosa, prende inevitabilmente le curve della storia con una snervante lentezza.
La crisi politica di questi mesi non è soltanto uno spettacolo desolante.
Proietta verso il mondo l’immagine di un Paese su cui non è possibile fare affidamento e sottrae tempo prezioso a quello che andrebbe impiegato per il rinnovamento economico e istituzionale del Paese.

Dal 22 aprile, il giorno della rissa tra Berlusconi e Fini alla direzione del PdL, il governo appare paralizzato, ripiegato acidamente su se stesso. Fra i costi maggiori di questa interminabile crisi vi sarà l’aumento del ritardo che abbiamo accumulato da quando i nostri amici e concorrenti hanno cominciato a camminare più rapidamente di noi.
Vi è infine un altro pericolo di cui i politici dovrebbero essere maggiormente consapevoli. Il Paese non li ama. Se un partito o un leader conta di prevalere sull’avversario conquistando il consenso della maggioranza degli italiani, non si faccia illusioni. Raramente, nella storia dell’Italia repubblicana, i nostri rappresentanti hanno goduto di minore credito.
Raramente sono stati meno rispettati e stimati. Non è un fenomeno soltanto italiano.

Anche altrove, dall’America di Obama alla Francia di Sarkozy, vi è un malumore diffuso. Ma è particolarmente visibile in un Paese che non ha ancora una forte coesione nazionale.
Questa crisi è il peggiore servizio che la classe politica possa rendere all’Italia nel 150° anniversario della sua esistenza.

Sergio Romano
26 settembre 2010
Arjuna
00lunedì 27 settembre 2010 16:28
16 anni di berlusconismo hanno cambiato il volto del paese
Da ItaliaOggi.it

Forse è presto per stendere un bilancio della fase politica dominata dalla presenza di Silvio Berlusconi, che ancora detiene la presidenza del consiglio e pensa, forse un po' ottimisticamente, di potervisi mantenere fino alla fine naturale della legislatura e che, comunque, presiede la maggiore formazione politica del paese. Tuttavia, quale che sia l'evoluzione politica immediata, è abbastanza chiaro che la parabola del berlusconismo aggregante si va esaurendo, anche se non è chiaro se sarà seguita da un'alternativa o da una nuova versione basata su un sistema di alleanze diverso. Quello che comunque si può già valutare è l'impatto concreto che ha avuto sul paese una nuova aggregazione dei moderati non più centrale e inamovibile come fu in sostanza quella democristiana, ma sottoposta alla concorrenza di un blocco alternativo costruito attorno alla maggiore formazione di sinistra. Questo, il bipolarismo competitivo, è nel campo del sistema politico il principale lascito del berlusconismo, destinato a incidere anche sulla forma di stato e di governo, come di fatto riconoscono anche i suoi oppositori. Anche il sistema delle relazioni economiche e sociali in questo quindicennio ha subito trasformazioni irreversibili. Il vecchio sistema contrattuale basato sul privilegio assoluto degli occupati a tempo indeterminato e sui contratti nazionali di categoria egualitari e privi di articolazione territoriale è ormai in via di superamento. Anche la centralizzazione istituzionale, che era anche espressione politica della centralità di un rapporto tra capitale a lavoro ingessato, sembra destinata a dissolversi, anche se non è ancora chiaro se per la via ordinata di un federalismo condiviso o attraverso strappi e contrapposizioni territoriali come quelle che precedettero la «discesa in campo» del 1994. L'altra trasformazione che pare destinata a durare riguarda la percezione dei servizi e delle funzioni pubbliche, dall'amministrazione alla scuola alla giustizia, verso le quali si sta generalizzando una richiesta di efficienza e di severità, che mette al primo posto l'interesse degli utenti, contrapposto all'autoconservazione di privilegi corporativi, definiti di «casta». L'agenda berlusconiana, anche se non è stata realizzata appieno e nel modo migliore dai governi di centrodestra, si è affermata come agenda ineludibile per l'Italia, e anche le forze attualmente all'opposizione debbono confrontarsi con questi temi se vogliono risultare effettivamente competitive. Un'alternativa basata sul ritorno alle condizioni precedenti, erroneamente descritte talora come un'epoca «felice», non è solo politicamente poco efficace, è irrealizzabile nei fatti.

Fonte



Etrusco
00martedì 12 ottobre 2010 11:49
Vargas LLosa, premio Nobel per la letteratura 2010:

"...quello italiano mi sembra un caso molto interessante per studiare i pericoli che la Democrazia corre anche nei Paesi occidentali. Il berlusconismo è una vera e propria deriva populista della democrazia. Nel consenso che Berlusconi ha ottenuto in questi anni presso l’elettorato italiano vedo l’illusoria ricerca, da parte della gente, di un uomo forte, che sappia far fronte ai problemi lasciati irrisolti dai governi precedenti. Ma è,... appunto, un’illusione. Perché l’autoritarismo non risolve affatto i problemi, ma ne crea di nuovi."



Etrusco
00domenica 15 gennaio 2012 19:47
Etrusco
00mercoledì 19 settembre 2012 23:28
Etrusco
00mercoledì 5 giugno 2013 16:42

domenica 2 giugno 2013

Quelli che con la destra (e la sinistra) l’hanno fatta finita da tempo…

 
 

Luciano Lanna


Diceva Mao Zedong che se grande è la confusione sotto il cielo la situazione va ritenuta eccellente. Si tratta di una massima che, per stare all’attualità italiana, vale anche per la velocissima semplificazione del quadro politico-parlamentare italiano che è in atto attraverso tutta una serie di fenomeni. Non solo per l’irruzione caotica e confusa del M5S, per l’implosione del centrosinistra e del Pd, per l’estinzione delle forze parlamentari e politiche di ormai lontana ascendenza missina o, infine, per l’evidenza ormai di dominio pubblico del soggetto politico berlusconiano quale semplice e disincantato aggregato di interessi lobbistici.

E cominciamo da uno di questi fenomeni, quello che ci coinvolge di più: l’irrilevanza della destra, ormai prossima alla sua estinzione istituzionale e parlamentare. Da questo punto di vista, dobbiamo dire che se un contenitore, confuso e ambiguo, come quello che convenzionalmente veniva definito con il termine “destra” esce di scena, maoisticamente non può scaturirne che una situazione “eccellente” da punto di vista della chiarificazione e della fine degli equivoci politici. Sotto quel termine (e quello “spazio”, inteso non solo nell’accezione concettuale) si coagulavano infatti pulsioni, tensioni, aspirazioni e progetti non sempre coincidenti, definendo una polarità più nel senso del “vediamo quanti ne mettiamo insieme” che in quello di aggregare energie coerenti e consapevoli in direzione di una precisa e definita funzione politica. Sia ben chiaro: la stessa cosa vale per il contenitore, a sua volta contraddittorio e ambivalente, che per tanto tempo è stato definito “sinistra”. Proprio per questo c’è solo da essere contenti e soddisfatti della fine delle aggregazioni che nascevano, sotto l’urto tardivo della guerra fredda, più per mettere insieme persone contro qualcosa che per quello che queste condividevano realmente tra di loro. Che poi l’etichetta di “destra”, soprattutto dopo il 1993, sia servita soprattutto per garantire posti elettivi e istituzionali e tenere compattate (in una logica partitocratica) persone, ambienti e gruppi, è tutta un’altra storia. Ci appare quindi incomprensibile la reazione – che traspare da alcuni loro articoli – di persone che pure conosciamo bene come lo storico Alessandro Campi e il giornalista Alessandro Giuli, i quali nell’analizzare la crisi finale della cosiddetta destra italiana sembrerebbero lasciar trasparire una certa qual “nostalgia” per la destra che avrebbe potuto essere. Di più: quasi un inspiegabile rammarico per la destra che non c’è più ed eclissatasi solo per una presunta insipienza della sua classe dirigente… Eppure, noi pensavamo, sinceramente, che i due, in realtà, avendo mosso la loro formazione in quel contesto – confuso ma decisamente creativo – che tra gli anni Ottanta e i primi Novanta si era mosso all’insegna di una sintesi nuova e di una contaminazione tra posizioni, non avrebbero dovuto provare nessuna nostalgia per fantomatiche destre, conservatrici o tradizionaliste esse siano. Era quello delle “nuove sintesi”, del resto, il contesto al quale s’è avvicinato e formato chi scrive, quel clima che – come ha scritto il politologo Pasquale Serra – aveva portato alcuni da destra a superare il paradigma neofascista, al fine di “entrare in relazione con i nuovi fermenti della società civile, ormai non più racchiudibili dentro l’universo di Marx o di Freud”. È quanto attestava anche il politologo Marco Revelli, secondo il quale tra la metà dei Settanta e quella degli Ottanta si espresse un’area di frontiera sensibile a una lettura innovativa degli autori del pensiero della crisi (Nietzsche, Heidegger, Ernst Jünger, Carl Schmitt ma anche Ezra Pound, Céline, Henry Miller…) e a una, contemporanea, rilettura libertaria del pensiero spiritualista (di Gurdjieff, Steiner, Scaligero, Adriano Olivetti, dello stesso Evola…) in grado di definire codici adeguati a interpretare la contemporaneità: “Quell’abitudine al pensiero – sottolineava appunto Revelli – ha permesso a molti un’evoluzione convergente con l’area democratica delle culture politiche di questo paese”. È in questo preciso milieu, in cui si tentavano di coniugare modernità e tradizione, libertarismo e spiritualità, che emergevano quegli esperimenti metapolitici ma anche movimentisti i quali, tra la fine dei Settanta e la metà degli Ottanta, hanno accompagnato la cosiddetta Nuova Destra, la generazione Campo Hobbit, la rivista Linea, alcune mobilitazioni delle componenti rautiane e niccolaiane del Msi di quegli anni… Niente però nel complesso che avesse a che vedere, per chi s’era accostato a “quegli ambienti”, con la creazione di una Grande Destra, conservatrice o reazionaria, niente a che vedere con pulsioni autoritarie, nostalgiche, patriottarde, stataliste, razziste, moraliste, integraliste e via dicendo… Era il contesto in cui le stesse posizioni più evolutive del Fronte della Gioventù e del Msi dei primi anni Ottanta – garantismo, ecologismo, critica all’imperialismo e all’interventismo militare americano, mandare la Dc all’opposizione, unità generazionale per il rinnovamento – definivano una faglia di trasversalismo con altre aree politico-culturali, soprattutto giovanili: Cl, i Verdi, i radicali, i socialisti martelliani, etc. etc. etc. Si vada a leggere l’introduzione di Beppe Niccolai a Fascismo immenso e rosso di Giano Accame per rendersene conto… E  sul finire degli anni Novanta, non ci si era quasi tutti riconosciuti nel senso del titolo del bel libro di Stenio SolinasPer farla finita con la destra, divenuto quasi uno slogan? Ecco perché oggi, quando tutte le ipotesi destrorse sono state sconfitte, chi s’è formato in quel contesto dovrebbe solo gioire e verificare che già allora si stava nella posizione giusta… Poi, è vero, tra il 1993 e il 1995, nacque An, e poi il bipolarismo e il centrodestra, e molti si illusero che si trattasse del momento tanto atteso. Non fu così per chi scrive, che non aderì mai a quei progetti, ritenuti anzi come una battuta d’arresto e un passo indietro rispetto al rinnovamento di cui l’Italia aveva bisogno…

 
 
 

Oggi, comunque, non  è solo un bene che il quadro si sia semplificato attorno ai contenuti e ai progetti piuttosto che ai recinti  e alla logica da tifoseria ma tutto questo dovrebbe essere vissuto e pensato come la realizzazione di un obiettivo a lungo atteso. Non a caso, come in molti – si pensi solo a Massimo Cacciari – lo dicevamo infatti da anni e anni: qui ci si deve definire (e dividere) su scelte di campo reali e scelte concrete non su astratte appartenenze di schieramento (tutte da verificare). Si è infatti libertari o autoritari? Riformatori o moderati? Innovatori o populisti? Riformisti consapevoli o, invece, superficialmente pronti a farsi incantare dalle sirene della propaganda? Insomma, che in Italia possano nascere polarità attorno a questioni, scelte e programmi non dovrebbe più essere ormai solo un auspicio ma un processo in atto da favorire e incrementare nelle sue potenzialità di sviluppo.

“Destra addio”, allora? Certo, e forse era pure ora! Oltretutto, la scomparsa di una capacità attrattiva e propulsiva definita da questa (come da qualsiasi altra omologa) etichetta topografica sarà secondo noi preliminare alla ridefinizione di un contesto generale di ri-mobilitazione politica. In questo processo di semplificazione, penso anche che il ruolo svolto – magari inconsapevolmente e forse anche “suo malgrado” – da Gianfranco Fini sia stato determinante e decisivo. Non solo, infatti, la sua clamorosa e plastica rottura con Berlusconi ma, soprattutto (e più nel profondo), i suoi cosiddetti strappi dal 2003 in avanti hanno via via rotto l’incanto di pensare il confronto politico solo come un gioco di collocazione spaziale nei termini “o di qua o di là”. Riportando, finalmente, la dialettica politica attorno alle questioni reali e schmittianamente “decisive”: diritti o no agli immigrati? “Ius soli” o “Ius sanguinis”? Cittadinanza estesa o no ai nuovi italiani? Riforme economiche e sociali oppure chiusura nei meccanismi consolidati? Adesione consapevole e convinta a uno Stato garante di diritti oppure scorciatoia autoritaria in nome della solita ragion di Stato?

 
 
 
 
L’errore, se errore c’è stato, è stato semmai quello di non essere andati fino in fondo nel dire che il Re è nudo e che la politica è altro dall’identificazione e dalla rappresentazione di un oggetto e uno spazio definito destra. L’evocazione da parte di qualche giornalista e studioso vicino a Fini di una presunta “destra nuova” o di altre amenità simili hanno solo ingenerato confusione, equivoci e sollecitato illusioni in coloro che minimizzavano e disinnescavano la portata degli strappi di Fini parlando banalmente della costruzione di “un’altra destra”.
Operazione che era tutto l’opposto, per fare un caso che mi ha coinvolto di quell’enorme azione di destrutturazione e ri-definizione attraverso l’immaginario che è stato compiuto scrivendo e pubblicando Fascisti immaginari. Rileggendo infatti tutti gli autori, i filoni, le opere, le suggestioni estetiche, le icone che hanno attratto e rappresentato un certo mondo – che era quello del neofascismo più evolutivo e del post-fascismo più innovativo e mutuatosi sulle orme del cosiddetto, affascinante anche se ambiguo e contraddittorio, “fascismo di sinistra” – emergeva in primo piano un’essenza che, in modo trasversale e in tutta la sua complessità spesso anche contraddittoria, si fissava in una matrice indiscutibilmente libertaria, oltre la destra e la sinistra. Che spesso non era né rivendicata né teorizzata consapevolmente – ma semmai anche rimossa e censurata nel discorso pubblico – ma che però restava come determinante e sintomatica, quasi fosse il comune denominatore impronunciabile di tutta un’antropologia e una geografia simbolica. E proprio da questo particolare approccio – fondato sull’immaginario – transitavano la passione di certi ambienti per autori irregolari e di frontiera sia, come ha acutamente annotato Simonetta Fiori suMicromega, il “rileggere in chiave libertaria alcuni esponenti della cultura della crisi”, al fine di interpretare adeguatamente la complessa grammatica dei diritti nella società del Novecento.  Non a caso interrogare seriamente alcuni degli autori presentati e “liberati” in Fascisti immaginari – da Giuseppe Berto a Gaspare Barbiellini Amidei, da Indro Montanelli a Hugo Pratt, da Max Bunker a Lucio Battisti, da Beppe Niccolai a Gualtiero Jacopetti, da Roberto Calasso a James Hillman, da Enrico Ruggeri a Giampiero Mughini – non conduceva affatto a intercettare un universo di nicchia e recintatosi a destra ma, semmai, a liberare da ogni ghetto una cultura (anche politica) a vocazione potenzialmente maggioritaria. E che “di destra” proprio non era… Giuseppe Berto, scrittore di best seller e sceneggiatore di film di successo, era stato prigioniero non cooperatore a Hereford, era stato pubblicato da Leo Longanesi, era avverso all’antifascismo ma non si definiva certo di destra. “Io non voto”, disse qualche mese prima di morire nel 1978, “io il mio dovere lo faccio scrivendo: ho votato due volte per un amico socialista e quando mi sono accorto che non capiva nulla ho smesso di votare…”. E lo stesso Hugo Pratt, di famiglia fascista e il cui Corto Maltese ha affascinato come quasi nient’altro l’immaginario neofascista, si definiva oltre le categorie, simpatizzò con i socialisti e i radicali… Gli esempi potrebbero essere ancora moltissimi, ma non servono. Rileggendo Fascisti immaginari – il libro che ho scritto con Filippo Rossi – si potrebbe comprendere come il meglio di tutto un immaginario si sarebbe potuto esprimere solo e soltanto “oltre la destra”, oltre quella logica, insomma, che qualcuno ha voluto chiamare “identitaria” ma la quale in realtà avrebbe dovuto essere correttamente definita “autoreferenziale” e “autosufficiente”…
Tutta questa potenzialità e questo particolare impasto di contaminazione è stato poi ben rappresentato dal Secolo d’Italia tra il 2005 e il 2011, nel periodo in cui ne sono stato caporedattore e poi direttore responsabile (pur essendo io un giornalista indipendente che non aveva mai aderito ad An) e che va ben oltre la pur importante attenzione verso artisti come Jack Kerouac, Guccini, Vasco Rossi, Nanni Moretti o De André apparsa su quella testata (e che molti detrattori hanno rilevato come se fosse stata l’unica azione allora svolta su quelle pagine). Forse non è bello e non è professionale passare alla prima persona ma, soprattutto dopo che è uscito un libro sulla storia di quel giornale e questa fase è stata completamente annullata o oscurata, è il caso di ricordarlo in quanto è estremamente utile ai fini di tutto il ragionamento che stiamo svolgendo. Di quel Secolo(non mi riferisco ovviamente, alle cose che si pubblicavano per ordinario dovere di cronaca e necessità di seguire alcune vicende, e che sono le stesse che si pubblicavano anche prima e dopo…), infatti,  diventarono firme autorevoli, di prima pagina o con rubriche fisse, miei amici e persone con cui avevo un’interlocuzione da anni come Fiorello Cortiana, che provenendo da Lotta Continua aveva fondato col suo amico Alex Langer i Verdi in Italia; come l’ex vicesindaco craxiano di Torino Enzo Biffi Gentili; come Umberto Croppi, Peppe Nanni & Monica Centanni, ovvero l’esperienza più coerente e conseguente della generazione neodestra e dei Campi Hobbit; come Omar Camiletti, ex indiano metropolitano e protagonista del ’77 romano prima di diventare un esponente autorevole dell’Islam italiano; come l’ecologista “profondo” Eduardo Zarelli; come Pier Paolo Segneri e Francesco Pullia, rappresentanti del partito radicale; come il vaticanista Gianni Valente, ex ciellino e autorevole esponente di un certo mondo cattolico; come l’ex militante di Amnesty Giuliano Compagno... Per non dire degli articoli di un ex di Lotta Continua come Leonardo Tirabassi, del recupero delle firme di Franco Cardini e di Giano Accame, dei contributi “gratuiti” di Giampiero Mughini, di Pierluigi Battista, di Antonio e Gianni Pennacchi, dei disegni regalati da Pablo Echaurren, del dialogo in prima pagina con Alberto Asor Rosa… Se a questi apporti si aggiungono le scelte che personalmente volli in prima pagina e provenienti dal meglio della redazione (come l’articolo sulla necessità di capire il veltronismo o il primo “attacco” al velinismo berlusconiano) si potrebbe capire come e perché quel giornale in quella fase era diventato “interessante” ed era finito nella “strategia dell’attenzione” degli addetti ai lavori. Invito chiunque ad andare a vedersi nella collezione delSecolo di quegli anni i temi, i libri, gli autori sui quali creammo interesse e sconfinammo riuscendo oltretutto a trasformare quella testata in un foglio autorevole e consultato dagli altri giornalisti. Fu inevitabile, comunque, la sintonia tra questo lavoro e quanto andava maturando e determinando Gianfranco Fini nello stesso (e parallelo) periodo… Apertura ai diritti degli immigrati, rivalutazione del Sessantotto, scioglimento degli equivoci sul razzismo e l’antisemitismo, fine delle posizioni legge & ordine, emersione inedita di un post-femminismo nuovo e complesso, dialogo con la sinistra più aperta… D’altronde anche i numeri di Charta Minuta, la rivista di Fare Futuro, cui collaborai con alcune idee (sulla questione giovanile, sull’immaginario, sul no al cattivismo e al politicamente scorretto) estesero la percezione di questa “rupture”con la destra e avviarono l’interlocuzione con intellettuali come Gianluca Nicoletti, Franco Bolelli o Giuseppe Conte… Era destra o sinistra tutto questo? Ma chi se ne fregava… Era, semmai e finalmente, la prospettiva di una sintesi nuova e potenzialmente maggioritaria, tanto che questa sensibilità si ritroverà, pur frammentata, in tante battaglie degli ultimi anni: dalla primavera referendaria del 2012 all’astensionismo consapevole più recente, dalle aperture trasversali di Pisapia e Crocetta sino a certi temi evocati (e spesi male) da Beppe Grillo…
 
 
 
 
Che io personalmente sollecitassi una maggiore determinazione su questa linea potrei anche argomentarlo con un piccolo ma significativo episodio. Quando l’editore Coniglio ci propose di raccogliere il meglio degli articoli delSecolo e di Charta Minuta che attestassero l’emersione di questo nuova soggettività politica feci infatti di tutto – ma non li convinsi – a non titolare come poi decise l’editore In alto a destra, propendendo per ipotesi più corrette come Oltre la destra o ancora meglio, Più “nuova” che “destra”… Sul destino dell’aggregazione attorno a Fini, oltretutto concordo in pieno con Umberto Croppi: “Doveva diventare il coagulo di una aggregazione di tipo nuovo, più vasto, con altri protagonisti. La costituzione di un partito, che Fini stesso ha subito, tant’è vero che più volte ha parlato di un superamento di Fli, era una necessità di passaggio molto limitante, che conteneva già nella sua nascita tutti gli elementi che l’hanno poi portato a diventare un frammento…”. Concordo, anche perché ho dal mio piccolo sempre messo in guardia – anche con articoli su Il futurista – dalle tentazioni minoritarie che consistevano nel ritagliarsi uno spazio da destra laico-liberale (sulle orme da consenso “zero virgola” da vecchio Pli e inseguendo posizioni equivoche sui cosiddetti temi etici, quando sarebbe bastato seguire cattolici come Franco Cardini o Giovanni Reale) o quello da destra giustizialista “alla Travaglio”. Per non dire dell’equivoca percezione “centrista” fatta passare per ragioni tattiche ed elettorali. Lo spazio naturale era invece quello che aveva portato alle sintonie con Massimo Cacciari, con Giacomo Marramao, con Roberto Vecchioni, con il Premio Strega Antonio Pennacchi, con Umberto Ambrosoli, con Antonello Venditti, con gli studenti in protesta sui tetti di architettura a Roma, che aveva portato al recupero dei rapporti con figure come Tomaso Staiti…
Ripeto: il fallimento della (successiva) involuzione residuale, piccolo-partitica (e tardo-destrorsa) cui Fini ha dovuto alla fine soccombere (anche per ragioni di compromesso con i parlamentari ex An che l’avevano seguito nella rottura) non inficia però minimamente la giustezza dell’intuizione iniziale e la conseguenza finale degli “strappi”. L’aver spinto su “quel” metodo sta – seppure ancora faticosamente e con un travaglio pur complesso e articolato –  riconducendo infatti tutta la politica italiana a doversi ridefinire. E che Gianfranco Fini abbia contribuito a far finire il “mito incapacitante” di costruire una destra in quanto tale è comunque – la conferma starà agli storici e ai politologi di domani – un suo oggettivo merito politico. Il resto, sta a chi saprà interpretare e guidare i processi che verranno. Ma il punto di non ritorno è stato senz’altro segnato. È il caso di ripetere quell’aforisma di Nietzsche che era molto caro ai tanti irregolari (anche probabilmente a quelli oggi pentiti) dei primi anni Ottanta: “Abbiamo lasciato la terra e ci siamo imbarcati sulla nave. Abbiamo tagliato i ponti alle nostre spalle, e non è tutto: abbiamo tagliato la terra dietro di noi. Ebbene, navicella: guardati innanzi! Guai se ti coglie la nostalgia della terra, come se là ci fosse stata più libertà. E non esiste più terra alcuna”. 
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