Stragi e strategia della tensione

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Etrusco
00venerdì 1 settembre 2006 02:40
Napolitano: «Stragi, non è tutto chiaro». Piazza Fontana, 40 anni dopo
- LA STRATEGIA DELLA TENSIONE? MAI ESISTITA
- LE STRAGI FATTE PER BLOCCARE IL PCI? FAVOLE PER I GONZI
- LE INCHIESTE SUGLI ANNI DI PIOMBO? BUONE SOLO PER LE CARRIERE DI ALCUNI PM
– METTI PACE, DELLE CHIAIE, PRIORE E GALLI A DISCUTERE DI POTERI OCCULTI…

E. F. per “l’Unità”


La strategia della tensione? Mai esistita. Le stragi fatte per bloccare il Pci? Favole buone per i gonzi.
Le inchieste sugli anni di piombo? Buone pure quelle, ma solo per le carriere di alcuni magistrati.
Serata sugli anni di bui della Repubblica a Soveria Manelli, riflessiva località della presila calabrese, dove attorno a un tavolo si siedono Lanfranco Pace - ieri Pot-Op, oggi firma de «Il Foglio» di Ferrara - e Stefano Delle Chiaie, fondatore di Avanguardia nazionale e punta di diamante dell'eversione nera negli anni bui della Repubblica. In mezzo, a tentare vanamente di dare un senso all'operazione di riscrittura di quegli anni operata dai due protagonisti, il politologo Giorgio Galli e Rosario Priore, invitati a discutere del "Codice della democrazia, la casa di vetro e i poteri occulti".


(Piazza Fontana)


Due persone che se ne intendono:
il primo ha scritto tomi di analisi su quegli anni,
il secondo, da magistrato, ha indagato su alcuni importanti misteri d'Italia.
Che non esistono affatto e non sono poi così misteriosi.
Qui l'ex leader di Potere operaio e il braccio destro del comandante Junio Valerio Borghese si trovano d'accordo.
Parla Delle Chiaie.
«Ma quale golpe Borghese quali complotti? La verità che noi di destra eravamo gli eretici da perseguitare. Con le stragi non c'entriamo: il nostro fu un sogno macchiato».
Chiarisce Lanfranco Pace:
«Non ho mai creduto, neppure in quegli anni lì, alla teoria del complotto. Il golpe del generale De Lorenzo era una bolla di sapone. Piazza Fontana una disgrazia».

Stop! Il volto dei ragazzi che affollano la sala mostra lo stupore di chi ha letto una storia un po' diversa. Quello dei piu' anziani, meraviglia.
L'ex leader di Pot-Op chiarisce:
«Ma sì, una disgrazia. La banca doveva essere chiusa al pubblico, ma per un caso la gente si trattenne oltre l'orario. Esplose la bomba e ci furono i morti. Ma da quel momento si può datare l'inizio della lotta armata».


Di nuovo Delle Chiaie. «Ho viaggiato molto in Sudamerica, Bolivia Colombia, Cile, Argentina…». Parla della "Trilateral" americana, ma dimentica di raccontare qualche particolare sulle sue "collaborazioni" con i governi golpisti dell'epoca. Per fortuna, però, interviene di nuovo Pace, che lo tranquillizza.
«I camerati della strage di Bologna (Mambro e Fioravanti, ndr) non c'entrano».
Scuote la testa Delle Chiaie:
«Le stragi sono servite a far avanzare il Pci, che dopo ogni attentato guadagnava voti».

Rosario Priore si dice d'accordo, anche lui non crede alla teoria del complotto.
Il magistrato che ha indagato su Ustica, Moro e l'attentato al Papa, ha una sua singolare teoria:
«Le inchieste sulle stragi hanno contribuito a fortificare il potere della magistratura e le carriere di alcuni magistrati.
Ma se la magistratura ha giocato un ruolo determinante è perché gli altri poteri sono deboli.
La nostra Costituzione è afflitta dalla sindrome del tiranno e non vuole un esecutivo forte».

Si continua oggi, con i professori Marco Dolcetta, Aldo A. Mola e Maurizio Blondet che dovranno fare una qualche correzione ad una storia riscritta con penne intinte nell'inchiostro di tragiche vicende personali.
Catilina.Ancona
00venerdì 6 ottobre 2006 13:37
Re:

Scritto da: Etrusco 01/09/2006 2.40
- LA STRATEGIA DELLA TENSIONE? MAI ESISTITA
- LE STRAGI FATTE PER BLOCCARE IL PCI? FAVOLE PER I GONZI
- LE INCHIESTE SUGLI ANNI DI PIOMBO? BUONE SOLO PER LE CARRIERE DI ALCUNI PM
– METTI PACE, DELLE CHIAIE, PRIORE E GALLI A DISCUTERE DI POTERI OCCULTI…

E. F. per “l’Unità”


La strategia della tensione? Mai esistita. Le stragi fatte per bloccare il Pci? Favole buone per i gonzi.
Le inchieste sugli anni di piombo? Buone pure quelle, ma solo per le carriere di alcuni magistrati.
Serata sugli anni di bui della Repubblica a Soveria Manelli, riflessiva località della presila calabrese, dove attorno a un tavolo si siedono Lanfranco Pace - ieri Pot-Op, oggi firma de «Il Foglio» di Ferrara - e Stefano Delle Chiaie, fondatore di Avanguardia nazionale e punta di diamante dell'eversione nera negli anni bui della Repubblica. In mezzo, a tentare vanamente di dare un senso all'operazione di riscrittura di quegli anni operata dai due protagonisti, il politologo Giorgio Galli e Rosario Priore, invitati a discutere del "Codice della democrazia, la casa di vetro e i poteri occulti".


(Piazza Fontana)


Due persone che se ne intendono:
il primo ha scritto tomi di analisi su quegli anni,
il secondo, da magistrato, ha indagato su alcuni importanti misteri d'Italia.
Che non esistono affatto e non sono poi così misteriosi.
Qui l'ex leader di Potere operaio e il braccio destro del comandante Junio Valerio Borghese si trovano d'accordo.
Parla Delle Chiaie.
«Ma quale golpe Borghese quali complotti? La verità che noi di destra eravamo gli eretici da perseguitare. Con le stragi non c'entriamo: il nostro fu un sogno macchiato».
Chiarisce Lanfranco Pace:
«Non ho mai creduto, neppure in quegli anni lì, alla teoria del complotto. Il golpe del generale De Lorenzo era una bolla di sapone. Piazza Fontana una disgrazia».

Stop! Il volto dei ragazzi che affollano la sala mostra lo stupore di chi ha letto una storia un po' diversa. Quello dei piu' anziani, meraviglia.
L'ex leader di Pot-Op chiarisce:
«Ma sì, una disgrazia. La banca doveva essere chiusa al pubblico, ma per un caso la gente si trattenne oltre l'orario. Esplose la bomba e ci furono i morti. Ma da quel momento si può datare l'inizio della lotta armata».


Di nuovo Delle Chiaie. «Ho viaggiato molto in Sudamerica, Bolivia Colombia, Cile, Argentina…». Parla della "Trilateral" americana, ma dimentica di raccontare qualche particolare sulle sue "collaborazioni" con i governi golpisti dell'epoca. Per fortuna, però, interviene di nuovo Pace, che lo tranquillizza.
«I camerati della strage di Bologna (Mambro e Fioravanti, ndr) non c'entrano».
Scuote la testa Delle Chiaie:
«Le stragi sono servite a far avanzare il Pci, che dopo ogni attentato guadagnava voti».

Rosario Priore si dice d'accordo, anche lui non crede alla teoria del complotto.
Il magistrato che ha indagato su Ustica, Moro e l'attentato al Papa, ha una sua singolare teoria:
«Le inchieste sulle stragi hanno contribuito a fortificare il potere della magistratura e le carriere di alcuni magistrati.
Ma se la magistratura ha giocato un ruolo determinante è perché gli altri poteri sono deboli.
La nostra Costituzione è afflitta dalla sindrome del tiranno e non vuole un esecutivo forte».

Si continua oggi, con i professori Marco Dolcetta, Aldo A. Mola e Maurizio Blondet che dovranno fare una qualche correzione ad una storia riscritta con penne intinte nell'inchiostro di tragiche vicende personali.



Ma, allora, tutti quei tipetti, Giannettini, Maletti, Labruna, che si son trovati invischiati nella vicenda...tutta gente dei Servizi...che ci faceva ? Passava per caso ? Mah...

[SM=x44473]
Etrusco
00giovedì 10 dicembre 2009 13:05
Piazza Fontana, 40 anni dopo


presenti Mario Calabresi, figlio del commissario, e Licia Pinelli, vedova dell'anarchico
Napolitano: «Stragi, non è tutto chiaro»
Il presidente a Milano incontra i familiari delle vittime di piazza Fontana:
«Una lezione che non va dimenticata»


NOTIZIE CORRELATE:
*
Piazza Fontana, 40 anni dopo. Una strage da riscrivere
Foschini (7 dicembre 2009)


*
«Ero lì, fui salvato per una telefonata»
di Giacomo Ferrari (7 dicembre 2009)




Giorgio Napolitano

(Lapresse)

MILANO - «Nelle stragi italiani non tutto è chiaro e limpido». Lo ha detto il presidente Giorgio Napolitano, a Milano per incontrare i familiari delle vittime della strage di piazza Fontana del 12 dicembre 1969, di cui sabato ricorre il 40esimo anniversario.

«NON TUTTO CHIARO» - «Ammiro il vostro impegno, la vostra tenacia in questi 40 anni, la passione civile, l'impegno che mostrate per alimentare la memoria collettiva e la riflessione, due cose alle quali l'Italia e la coscienza nazionale non possono abdicare - ha detto il presidente -. Quello che avete vissuto voi mi auguro diventi parte della coscienza nazionale. Ho già detto che comprendo il peso che la verità negata rappresenta per ciascuno di voi, un peso che lo Stato italiano porta su di sé». «La riflessione - ha aggiunto - è necessaria perché ciò che è avvenuto nella nostra società non è del tutto chiaro e limpido e non è del tutto stato maturato. Continuate a operare per recuperare ogni elemento di verità, io vi sarò sempre vicino e vi rinnovo solidarietà e ammirazione».

«LEZIONE DA RICORDARE» - La strage di piazza Fontana, ha detto ancora il presidente, ci ha consegnato «una lezione che non dobbiamo mai dimenticare, ci insegna che dobbiamo evitare che in Italia i contrasti e le legittime divergenze possano sfociare in tensioni tali da minacciare la vita civile». In Prefettura erano presenti anche Mario Calabresi, direttore de La Stampa e figlio del commissario Luigi Calabresi ucciso negli anni '70, e Licia Pinelli, la vedova dell'anarchico Giuseppe Pinelli. Napolitano ha sottolineato che questo incontro è la continuazione ideale del suo impegno, avviato il 9 maggio al Quirinale, con la celebrazione della seconda giornata della memoria delle vittime delle stragi e del terrorismo: in quell'occasione riuscì a ottenere la presenza delle vedove del commissario Calabresi e dell'anarchico Pino Pinelli, che davanti a lui si scambiarono una stretta di mano in segno di conciliazione. «Il mio impegno è quello di chiedere giustizia per tutte le vittime del terrorismo. Mi chiedo se in altri Paesi fatti come quelli vissuti in Italia tra la fine degli anni '60 e gli anni '80, quelli del terrorismo prima subdolo e poi ideologicamente dichiarato, si siano verificati. Credo si possa dire che molti Paesi abbiano consolidato la loro democrazia passando attraverso drammi simili». Nel pomeriggio il presidente assiste alla prima della Scala e martedì mattina visita la biblioteca Ambrosiana.


07 dicembre 2009
www.corriere.it/politica/09_dicembre_07/napolitano-stragi-milano-piazza-fontana_d92c6b92-e329-11de-b4bf-00144f02aabc.shtml?fr=box_pr...
sperminator
00giovedì 10 dicembre 2009 13:13
e' abbastanza chiaro che il tutto fece parte della cosiddetta strategia della tensione, ovvero destabilizzare in un primo momento per stabilizzare in un secondo momento, sull' onda emotiva ... [SM=x44458]
Etrusco
00giovedì 13 dicembre 2012 11:19
Stragi impunite di Mirco Dondi

L’Italia dal 1969 al 1980 è investita da una serie di attacchi alle sue istituzioni democratiche che non hanno eguali negli altri paesi dell’Europa occidentale.

La sfida più pericolosa è stata quella lanciata dal 1969 al 1974 con lo
stragismo, un fenomeno che la stampa inglese, per prima, ha inserito dentro a una
trama più complessa definendola strategia della tensione.
Nella sentenza istruttoria sui fatti di Peteano, la strategia della tensione è
identificata in una “strategia di condizionamento” nel rapporto “tra sistema politico
e ambiente sociale”.
Il delitto politico e la strage ne sono le attuazioni, ma al tempo
stesso gli autori vengono protetti dagli apparati dello Stato.
Gli attentati che si consumano dal 1969 al 1974 sono una forma di riequilibrio
degli assetti di potere
ed è un disegno che, per buona parte, proviene dall’interno
dello Stato. La guerra fredda è il contenitore, le pratiche di esecuzione sono la
guerra psicologica e la guerra non ortodossa, l’obiettivo è il nemico interno.


La guerra non ortodossa agisce nel segreto attraverso azioni coperte. La
guerra psicologica, è “una battaglia per le menti degli uomini” che ha nei media, e
nella stampa in particolare, il suo terminale di azione. Compito della guerra
psicologica è fare in modo che si affermi un’interpretazione dei fatti funzionale al disegno dell’attentato.
La guerra fredda è apparsa come la principale scusante ai comportamenti
illegali degli apparati che hanno infranto lo spirito della Costituzione e, di fatto, è
anche la ragione che ha impedito di comminare sentenze definitive di colpevolezza
per gli autori delle stragi e per i mai individuati mandanti.
Un’altra ragione che ha complicato il lavoro dei magistrati è stata la solida
reticenza di tutti gli imputati e il lavoro di depistaggio dei servizi.
Soltanto con la fine della guerra fredda e con la ripresa delle indagini su
piazza Fontana da parte del giudice Guido Salvini all’inizio degli anni '90, i
collaboratori di giustizia hanno arricchito e confermato quelle che in passato erano
state soltanto ipotesi e intuizioni non completamente suffragate.
Si può ormai affermare con certezza che gli attentatori (e gli intuibili
mandanti) si sono mossi al confine tra soglia istituzionale ed estremismo nero, tra l’Italia e gli ambienti del Patto Atlantico.

Gli episodi più noti e gravi legati ad attentati con esplosivi sono 6:
1) piazza Fontana a Milano il 12 dicembre 1969 – 17 morti e 88 feriti;
2) treno Freccia del Sud il 22 luglio 1970 a Gioia Tauro – 6 morti e 54 feriti;
3) l’uccisione dei carabinieri a Peteano il 31 maggio 1972 – 3 morti e 3 feriti;
4) strage alla Questura di Milano il 17 maggio 1973 – 4 morti e 46 feriti;
5) piazza della Loggia a Brescia il 28 maggio 1974 – 8 morti e 94 feriti;
6) treno Italicus a San Benedetto Val di Sambro il 4 agosto 1974 – 12 morti e 105 feriti.


La giustizia di fronte a questi casi è stata latente, così come anche per i
processi legati ai tentativi di colpo di Stato, strategia parallela a quella delle stragi.
Per Peteano è stato condannato Vincenzo Vinciguerra perché reo confesso,
e Mirco Dondi – Docente di Storia contemporanea all’Università di Bologna – Direttore del Master di Comunicazione Storica
Gianfranco Bertoli per la strage alla questura di Milano perché colto in flagrante.
Pene per depistaggio sono state comminate a dirigenti dei servizi segreti per le stragi di piazza Fontana e Peteano.

Un enorme contributo conoscitivo è giunto dai 13 anni di lavori (1988 –
2001) della Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle
cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi.
Tuttavia anche i nuovi filoni di processi legati alla strage di piazza Fontana e
di piazza della Loggia celebrati negli anni '90 e negli anni Zero non hanno
prodotto sentenze di condanna definitiva (Brescia deve ancora terminare l’iter).
Nessuna condanna anche dopo la guerra fredda, quasi a sancire che per lo
Stato italiano si tratta di una vicenda chiusa, ormai da consegnare agli storici e in
questi casi la verità storica, per quanto riguarda ambienti e contesti, va molto al di
là della verità giudiziaria.
Link
detraers975
00domenica 6 gennaio 2013 13:07
le stragi italiane resteranno sempre in un alone di mistero perchè la nazione non è pronta ad accettare determinate verità.
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