Stragi impunite di Mirco Dondi
L’Italia dal 1969 al 1980 è investita da una serie di attacchi alle sue istituzioni democratiche che non hanno eguali negli altri paesi dell’Europa occidentale.
La sfida più pericolosa è stata quella lanciata dal 1969 al 1974 con lo
stragismo, un fenomeno che la stampa inglese, per prima, ha inserito dentro a una
trama più complessa definendola
strategia della tensione.
Nella sentenza istruttoria sui fatti di
Peteano, la strategia della tensione è
identificata in una
“strategia di condizionamento” nel rapporto “tra sistema politico
e ambiente sociale”. Il delitto politico e la strage ne sono le attuazioni, ma al tempo
stesso
gli autori vengono protetti dagli apparati dello Stato.
Gli attentati che si consumano dal 1969 al 1974 sono una forma di
riequilibrio
degli assetti di potere ed è un disegno che, per buona parte,
proviene dall’interno
dello Stato. La guerra fredda è il contenitore, le pratiche di esecuzione sono la
guerra psicologica e la guerra non ortodossa, l’obiettivo è il nemico interno.
La guerra non ortodossa agisce nel segreto attraverso azioni coperte. La
guerra psicologica, è “una battaglia per le menti degli uomini” che ha nei media, e
nella stampa in particolare, il suo terminale di azione. Compito della guerra
psicologica è fare in modo che si affermi un’interpretazione dei fatti funzionale al disegno dell’attentato.
La guerra fredda è apparsa come la principale scusante ai comportamenti
illegali degli apparati che hanno infranto lo spirito della Costituzione e, di fatto, è
anche la ragione che ha impedito di comminare sentenze definitive di colpevolezza
per gli autori delle stragi e per i mai individuati mandanti.
Un’altra ragione che ha complicato il lavoro dei magistrati è stata la solida
reticenza di tutti gli imputati e il
lavoro di depistaggio dei servizi.
Soltanto con la fine della guerra fredda e con la ripresa delle indagini su
piazza Fontana da parte del giudice Guido Salvini all’inizio degli anni '90, i
collaboratori di giustizia hanno arricchito e confermato quelle che in passato erano
state soltanto ipotesi e intuizioni non completamente suffragate.
Si può ormai affermare con certezza che gli attentatori (e gli intuibili
mandanti) si sono mossi al confine tra soglia istituzionale ed estremismo nero, tra l’Italia e gli ambienti del Patto Atlantico.
Gli episodi più noti e gravi legati ad attentati con esplosivi sono 6:
1) piazza Fontana a Milano il 12 dicembre 1969 – 17 morti e 88 feriti;
2) treno Freccia del Sud il 22 luglio 1970 a Gioia Tauro – 6 morti e 54 feriti;
3) l’uccisione dei carabinieri a Peteano il 31 maggio 1972 – 3 morti e 3 feriti;
4) strage alla Questura di Milano il 17 maggio 1973 – 4 morti e 46 feriti;
5) piazza della Loggia a Brescia il 28 maggio 1974 – 8 morti e 94 feriti;
6) treno Italicus a San Benedetto Val di Sambro il 4 agosto 1974 – 12 morti e 105 feriti.
La giustizia di fronte a questi casi è stata latente, così come anche per i
processi legati ai tentativi di colpo di Stato, strategia parallela a quella delle stragi.
Per Peteano è stato condannato Vincenzo Vinciguerra perché reo confesso,
e Mirco Dondi – Docente di Storia contemporanea all’Università di Bologna – Direttore del Master di Comunicazione Storica
Gianfranco Bertoli per la strage alla questura di Milano perché colto in flagrante.
Pene per depistaggio sono state comminate a dirigenti dei servizi segreti per le stragi di piazza Fontana e Peteano.
Un enorme contributo conoscitivo è giunto dai 13 anni di lavori (1988 –
2001) della Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle
cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi.
Tuttavia anche i nuovi filoni di processi legati alla strage di piazza Fontana e
di piazza della Loggia celebrati negli anni '90 e negli anni Zero non hanno
prodotto sentenze di condanna definitiva (Brescia deve ancora terminare l’iter).
Nessuna condanna anche dopo la guerra fredda, quasi a sancire che per lo
Stato italiano si tratta di una vicenda chiusa, ormai da consegnare agli storici e in
questi casi la verità storica, per quanto riguarda ambienti e contesti, va molto al di
là della verità giudiziaria.
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