PdL, Scandalo appalti: dopo Scajola nella bufera anche Denis Verdini

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binariomorto
00giovedì 29 aprile 2010 14:25
Coordinatore indagato per corruzione. Coinvolta anche Santanché
Perugia, gli 80 assegni
che accusano Scajola

Dalle carte dell'inchiesta nuove accuse a Balducci jr. E spuntano conti all'estero.
Una nuova ipotesi di corruzione a carico di Rinaldi, commissario per i Mondiali di nuoto.
Zampolini conferma ai pm: 900mila euro in nero per la casa del ministro
dai nostri inviati CARLO BONINI E FRANCESCO VIVIANO

PERUGIA - Il ministro per lo Sviluppo Economico Claudio Scajola ha mentito. Non è vero - come ha sostenuto replicando alla ricostruzione di "Repubblica" del 23 e 24 aprile scorso - che per comprare la casa che oggi abita a Roma si limitò ad accendere un mutuo di circa 600 mila euro e ad impegnare pochi contanti tratti dal suo conto corrente. Il 6 luglio del 2004, per acquistare la sua abitazione al civico 2 di via del Fagutale, è stata decisiva - come questo giornale ha riferito - una provvista in nero di 900 mila euro messa a disposizione dal costruttore Diego Anemone attraverso il suo architetto e progettista Angelo Zampolini. La circostanza non è più infatti un'ipotesi investigativa. É una evidenza confermata dalle dichiarazioni rese a verbale venerdì scorso dallo stesso Zampolini ai pm di Perugia, e soprattutto documentata dalla minuziosa ricostruzione del tragitto di quel denaro fatta dalla Guardia di Finanza. Un lavoro, per altro, ora non più coperto da segreto investigativo, perché il conflitto di competenza che si è aperto tra la Procura di Perugia e l'ufficio gip (che, come riferito ieri, ha respinto la richiesta di arresto di Angelo Zampolini, del commercialista Stefano Gazzani e dell'ex funzionario Claudio Rinaldi) ha infatti prodotto una prima discovery di atti istruttori al Tribunale del Riesame che oggi illumina definitivamente la "storia" di casa Scajola e con lei, i nuovi capitoli di questa indagine sulla "cricca" dei Grandi appalti.

Nell'ordine: la montagna di denaro utilizzata da Anemone per comprare il generale della Guardia di Finanza (oggi Aisi) Francesco Pittorru; l'iscrizione al registro degli indagati, per riciclaggio, di uno dei due figli di Angelo Balducci, Lorenzo, l'attore; la scoperta di conti esteri su cui vennero girate tangenti destinate ai funzionari pubblici; un nuovo episodio di corruzione di Claudio Rinaldi nella sua veste di commissario straordinario per i mondiali di nuoto del 2008; il 1 milione e 120 mila euro di false fatturazioni con cui Gazzani gonfiò i costi sostenuti dagli appaltatori delle opere del G8 della Maddalena per consentirgli di abbattere il proprio imponibile fiscale.

GLI 80 ASSEGNI DELLA DEUTSCHE BANK
Accusato di riciclaggio, Angelo Zampolini ammette con i pm di Perugia quel che non può negare, perché provato documentalmente. Nel luglio del 2004 l'architetto versa 900 mila euro in contanti sul proprio conto nella filiale 582 della "Deutsche bank" di Roma. Quindi li trasforma in 80 assegni circolari intestati a Barbara e Beatrice Papa, proprietarie dell'appartamento di via del Fagutale che Claudio Scajola, allora ministro dell'Attuazione per il Programma, ha deciso di acquistare. Il 6 luglio, giorno del rogito, gli 80 circolari di Zampolini vengono incassati dalle due sorelle Papa insieme ai 600 mila euro del "prezzo in chiaro" pagato dal ministro. Zampolini spiega di aver saputo che fosse Scajola l'acquirente della casa. E, nel difendersi dall'accusa di riciclaggio, conferma altre due circostanze che rendono insostenibile la posizione del ministro. La prima: i 900 mila euro utilizzati per gli assegni circolari - come ipotizzava la Finanza - vengono consegnati all'architetto da Diego Anemone. La seconda: è Anemone ad indicare a Zampolini l'uso che ne deve essere fatto. L'architetto sostiene di non aver fatto domande sul perché un costruttore dovesse contribuire per i tre quinti all'acquisto della casa di un ministro. Giura di aver dato corso alle istruzioni di Anemone in buona fede, non avendo ragione di sospettare una provenienza nera di quel denaro. La questione torna dunque ad essere affare tra Anemone e Scajola. L'odore della corruzione è forte. Così come probabile, a questo punto, che la storia di via del Fagutale traslochi presto da Perugia al Tribunale dei ministri.

I DUE APPARTAMENTI
L'operazione "via del Fagutale" ha avuto un prologo. Meglio, una "prova generale". E avrà un seguito. Con un beneficiario diverso. Quel Francesco Pittorru che, da generale della Finanza prima e da funzionario dell'Aisi poi, sarà utile alla "cricca" per ficcare il naso dove non dovrebbe (gli accertamenti fiscali sullo studio di Stefano Gazzani, commercialista del Gruppo Anemone). Il 2 aprile 2004 (tre mesi prima del "rogito" Scajola), Zampolini versa infatti 285 mila euro in contanti che gli sono stati consegnati da Anemone sul suo conto "Deutsche Bank", per poi trasformarli in 29 assegni circolari all'ordine di Monica Urbani, proprietaria della casa in via Merulana 17 (quartiere Esquilino), che il generale Francesco Pittorru ha deciso di acquistare per la figlia Claudia. É un bel regalo. Che evidentemente, però, non basta a spegnere gli appetiti del generale. L'8 giugno del 2006 Zampolini torna infatti alla "Deutsche" con un'altra rimessa di Anemone e un nuovo appartamento da comprare. Il contante, questa volta, è pari a 520 mila euro. Gli assegni circolari sono per quattro eredi (Rosa e Daniela Arcangeletti, Rosa Anna e Nello Ruspicioni), proprietari dell'appartamento di via Poliziano 8 (ancora quartiere Esquilino) dove il generale "casa e bottega" (la sede dell'Aisi non è lontana) ha deciso di accomodarsi con la moglie Anna Maria Zisi.

I REGALI PER LORENZO
La generosità di Anemone semplifica la vita anche di Lorenzo Balducci, figlio di Angelo. Sui conti di tale Achille Silvagni, cognato di Stefano Gazzani, viene versato e quindi trasformato in assegni circolari 1 milione e 100 mila euro di cui risulta beneficiaria la "Blu International G. F. srl", società di produzione del film "Uccidimi". Pellicola mai girata, di cui Lorenzo Balducci doveva essere protagonista. Ebbene, quel denaro - scrivono oggi i pm - sembra aver avuto quale "destinatario finale" proprio Lorenzo Balducci. Che, del resto, deve alla generosità di Anemone anche i 435 mila euro che Zampolini, secondo il solito schema contanti-assegni circolari, verserà nel 2004 per l'acquisto della sua casa nel centro di Roma.

LA CORRUZIONE DI RINALDI
La figura di Gazzani - che, per altro, per tutto il 2009, usa il suo studio come fabbrica di false fatture utili a gonfiare i costi sostenuti dagli appaltatori del G8 della Maddalena - è cruciale anche nella ricostruzione di un nuovo episodio di corruzione contestato a Claudio Rinaldi, già commissario per le opere dei mondiali di nuoto. Rinaldi autorizza il Gruppo Anemone all'ampliamento del Salaria Sport Village (il centro di Roma che Guido Bertolaso frequenta per i suoi massaggi) violando in un colpo solo ordinanze comunali, leggi regionali, vincoli paesaggistici. É un regalo che consente ad Anemone di risparmiare 9 milioni di euro. La ricompensa - scrivono i pm - "è una somma, allo stato non determinata" che "viene girata in conti esteri intestati a pubblici ufficiali". Uno, a san Marino, è di Rinaldi, intestato alla madre, Mimma Giordani.

Fonte: Repubblica
piperitapatty
00giovedì 29 aprile 2010 15:25
dopo essersi dimesso per colpa di quel "rompicoglioni" di marco biagi, che sia pronto per il bis?
Etrusco
00lunedì 3 maggio 2010 13:40
Re:
piperitapatty, 29/04/2010 15.25:

dopo essersi dimesso per colpa di quel "rompicoglioni" di marco biagi,
che sia pronto per il bis?




Non ti illudere: ormai con la nuova denominazione Partito delle LIBERTA' questi credono di poter essere al di sopra di ogni decenza,
altro che libertini o liberisti [SM=x44464]

Infatti:


Scajola contrattacca: non lascerò il Governo come nel caso Biagi. (LINK)

(1 maggio 2010)

Scajola, Berlusconi respinge le dimissioni. (LINK)
(30 maggio 2010)


A meno che non sia il Premier stesso ad "usare" gli altri ministri per farsi scudo: in fondo se commettono porcate peggiori delle sue possono tornare utili come "[SM=x44454]-do sacrificale" per l'opinione pubblica... [SM=x44452]
Etrusco
00lunedì 3 maggio 2010 13:55
L'inchiesta
«Portai gli assegni al ministero
e li diedi a Scajola per il rogito
»

I verbali di Zampolini.
E si indaga su un alloggio venduto a Rinaldi dal figlio di Lunardi


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(29 maggio 2010)


L'abitazione con vista sul Colosseo acquistata dal ministro Claudio Scajola e oggetto di attenzioni da parte dei magistrati.
(Ansa)

ROMA — «Il giorno del rogito portai gli assegni circolari direttamente al Ministero, dove si doveva stipulare l’atto.
Ricordo che erano presenti il ministro Claudio Scajola
, le due venditrici e il notaio.
Consegnai i titoli direttamente al ministro».
Così, nel verbale del 23 aprile scorso, l’architetto Angelo Zampolini, accompagnato dal suo legale Grazia Volo, racconta il suo ruolo nell’operazione immobiliare del 2004 per l’acquisto dell’appartamento al Colosseo. E smentisce categoricamente la versione fornita dallo stesso ministro che ha escluso di aver ricevuto altri soldi oltre ai 610.000 euro che risultano nel documento notarile.
Il racconto del professionista coincide con quello verbalizzato dalle due sorelle Papa, le proprietarie che si sono divise i 900.000 euro e li hanno depositati ognuna sui propri conti correnti.
In quel momento Zampolini non sa che agli atti è già stata acquisita la testimonianza di Laid Ben Fathi Hidri, l’autista tunisino di Angelo Balducci che ebbe il compito di prelevare i soldi in contanti e di consegnarli al professionista, come del resto aveva già fatto molte volte in passato. «Vi darò una versione che non vi sembrerà credibile — quasi si giustifica — perché io quei soldi li ho ricevuti da un cittadino tunisino che collaborava con Anemone, ma non saprei come rintracciarlo». I magistrati lo informano che i carabinieri del Ros lo hanno rintracciato e soprattutto che l’uomo ha già ammesso di aver consegnato «buste dal contenuto sconosciuto a vari soggetti, alcuni anche ministri».

Le case della «cricca
Tra loro ha fatto il nome dell’ex Ministro delle Infrastrutture Pietro Lunardi che adesso dice: «Conosco Balducci e Anemone, ma con loro ho sempre avuto rapporti regolari». I magistrati appaiono interessati ad alcune operazioni immobiliari e in particolare ad un appartamento nel quartiere Monti, a Roma, che il figlio di Lunardi ha venduto a Claudio Rinaldi, il commissario per i Mondiali di nuoto indagato dai pm di Perugia con l’accusa di essere inserito nella «cricca».
Vogliono chiarire i loro rapporti nell’ambito di un accertamento che riguarda tutti gli immobili gestiti dalla «cricca».
Quanto è stato scoperto sinora alimenta infatti il sospetto che in alcuni casi gli appartamenti siano stati utilizzati per ricompensare chi aveva consentito ad Anemone di aggiudicarsi appalti pubblici.
L’attenzione si concentra su uno scritto, sequestrato a Balducci al momento dell’arresto, che sembra dimostrare come lo stesso Provveditore non sia in grado di giustificare alcune «entrate» finanziarie poi utilizzate per l’acquisto di immobili intestati ai figli. Case che, dice l’accusa, sono state comprate con il denaro messo a disposizione, almeno in parte, dall’imprenditore Diego Anemone.

I finanziamenti occulti
Nel giugno 2009 Balducci e gli altri scoprono che la procura di Roma sta indagando sulle concessioni per i Mondiali di nuoto e, come dimostrano le intercettazioni, cercano di approntare una difesa credibile. Il Provveditore contatta l’avvocato Patrizio Leozappa. Gli chiede un incontro insieme al commercialista Stefano Gazzani «in modo tale che noi abbiamo la possibilità di chiudere un documentino». Lo scritto, che doveva servire da promemoria interno, viene invece trovato dagli investigatori.
La premessa è eloquente: «Le presenti note hanno l’obiettivo di illustrare in via di sintesi il quadro delle iniziative, aventi una certa rilevanza economica, intraprese nel corso degli ultimi anni dai componenti della famiglia dell’ingegner Angelo Balducci». Nel documento è scritto chiaramente come di alcune operazioni non ci sia traccia della provenienza dei soldi. Il primo capitolo sulle operazioni riguarda gli «Immobili intestati a Lorenzo Balducci», il figlio attore del provveditore alle opere pubbliche. Ed ecco l’annotazione: «Appartamenti di via della Pigna acquistati dalla società A.E.G. srl nell’anno 2004 al prezzo di euro 1.900.000 ( oltre Iva pari a euro 270.000). Furono pagati mediante mutuo bancario per euro 1.695.748 e con assegno bancario dell’ingegner Angelo Balducci per euro 270.000. La differenza di euro 204.251 deve essere giustificata. In atto non si forniscono indicazioni. Bisognerebbe consultare la venditrice A.E.G.. Appartamento di via Latina 43 con box in via Populonia 5 acquistato nel 2003 a prezzo di euro 86.000 da soggetti privati. Non c’è traccia nell’atto e nei conti bancari della famiglia di movimenti di tale cifra». Il secondo capitolo è invece dedicato agli «Immobili intestati a Filippo Balducci», l’altro figlio, socio di Anemone nel Salaria Sport Village. È scritto: «Appartamento in via Aldo Manuzio 36, acquistato da privati nel 2000 al prezzo di 49.579 quietanzato in atto. Appartamento in via dei Cartari 11, acquistato al prezzo di 1milione di euro, del quale risulta pagato con assegno dell’ingegner Angelo Balducci solo euro 130.000. Il saldo fu corrisposto mediante assegni circolari tratti dal conto corrente dell’architetto Angelo Zampolini per complessivi euro 670.000. Di euro 200.000 a saldo dell’operazione non c’è traccia bancaria». Le modalità di questo acquisto sembrano ricalcare in fotocopia quelle seguite per acquistare l’appartamento intestato al ministro Claudio Scajola.

Fonte: Fiorenza Sarzanini per il Corriere della Sera - 03 maggio 2010
Etrusco
00lunedì 3 maggio 2010 18:18
Da alcune indiscrezioni che stanno trapelando,
sembra che dagli ultimi sondaggi il caso Scajola stia facendo propendere per le sue dimissioni da Ministro che dovrebbero avvenire nelle prox ore.... [SM=x44474]


[SM=g1741324]
Etrusco
00lunedì 3 maggio 2010 23:15
Idee
L'appartamento di Scajola
e le falle nella tesi del ministro
«Le sue risposte continuano a sembrare deboli, soprattutto alla luce di quanto raccontato dai testimoni»



L'appartamento con vista sul colosseo del ministro Scajola.
(Eidon)

«Ho pagato la casa con un mutuo di 610 mila euro. Chi dice altre cose mente». Così il ministro Claudio Scajola rimane arroccato sulla propria posizione. Sono trascorsi ormai dieci giorni da quando si è saputo che nel 2004 avrebbe ricevuto 900 mila euro in assegni circolari dall’imprenditore Diego Anemone per comprare un appartamento di 180 metri quadrati vista Colosseo.
Ma nessuna spiegazione anche solo apparentemente credibile è stata fornita. Nessun nuovo elemento è stato offerto, rispetto alla versione iniziale. Anzi. Le sue risposte continuano a sembrare deboli, soprattutto alla luce di quanto raccontato dai testimoni e delle verifiche effettuate dalla Guardia di Finanza.

«Al momento del rogito il ministro ci diede gli 80 assegni», hanno dichiarato di fronte agli investigatori le proprietarie dell’immobile. E il riscontro è arrivato dall’analisi dei loro conti correnti, dove quei titoli risultano subito depositati. «Presi gli assegni, e li consegnai al ministro nel suo ufficio dove sapevo che si sarebbe stipulato l’atto», ha raccontato ai pubblici ministeri l’architetto Zampolini, che proprio Anemone avrebbe incaricato di gestire l’operazione. E il riscontro è arrivato dall’ex autista di Angelo Balducci che oltre un mese fa, dunque ben prima della divulgazione della notizia, aveva svelato di avergli consegnato i contanti.

Accusare le due signore di mentire sembra un azzardo, visto che quanto hanno messo a verbale le espone anche al rischio di concorrere nel reato di evasione fiscale non essendo stati mai dichiarati all’erario quei 900 mila euro.
Ma soprattutto Scajola non spiega per quale motivo i testimoni direbbero il falso. Nutrono risentimento nei suoi confronti? Esistono retroscena di questa vicenda che potrebbero averli spinti a incastrarlo?
Nulla risulta. Ma se così fosse, dovrebbe immediatamente denunciarlo.
«Andrò dai magistrati quando i miei impegni me lo consentiranno», ripete il ministro.


La sua versione ha preferito consegnarla ai giornali,
pur sottolineando di essere «contrario ai processi mediatici» che, invece, ha contribuito ad alimentare con una difesa altrettanto «mediatica». [SM=x44455]
E ha scandito: «Non mi dimetto». [SM=x44472]
Prima di pensare all’eventuale abbandono dell’incarico, basterebbe rendere pubblici i documenti che, a suo dire, servono a scagionarlo.
E così fugare ogni sospetto sui suoi rapporti con Anemone, imprenditore che s’è già dimostrato privilegiato nell’aggiudicazione degli appalti pubblici.

Fiorenza Sarzanini
03 maggio 2010


[SM=g1700002]
Etrusco
00martedì 4 maggio 2010 11:52
Re:
piperitapatty, 29/04/2010 15.25:

dopo essersi dimesso per colpa di quel "rompicoglioni" di marco biagi, che sia pronto per il bis?




Ed infatti si confermano le voci di corridoio che già circolavano ieri:
sta per annunciare le dimissioni da Ministro [SM=x44499]


Almeno lui un minimo di decenza ce l'ha.
piperitapatty
00martedì 4 maggio 2010 12:18
Re: Re:
Etrusco, 04/05/2010 11.52:


Ed infatti si confermano le voci di corridoio che già circolavano ieri:
sta per annunciare le dimissioni da Ministro [SM=x44499]
Almeno lui un minimo di decenza ce l'ha.



oddio mica tanto. praticamente è stato costretto da silvio, che cominciava ad avere dei dubbi.
è da giorni che piagnucola ed è anche un recidivo. la decenza l'ha persa dando del rompicoglioni a uno che poi è morto, imho

Etrusco
00martedì 4 maggio 2010 13:49
piperitapatty, 04/05/2010 12.18:



oddio mica tanto. praticamente è stato costretto da silvio, che cominciava ad avere dei dubbi.
è da giorni che piagnucola ed è anche un recidivo. la decenza l'ha persa dando del rompicoglioni a uno che poi è morto, imho





si, vero: decenza e moralità questi qua non sanno più nemmeno cosa siano
visto quel che stan facendo da 16 anni a questa parte [SM=x44463]

Comunque penso che le dimissioni Bis del Ministro Scajola
siano anche frutto delle palle incatenate che hanno sparato contro di lui i finiani (guidati dall'On.Bocchino).

Poi era facile intuire come sarebbe andata a finire leggendo i vari giornali di Sua Emittenza:

ad es.

Arjuna
00martedì 4 maggio 2010 15:48
La sfiducia e l'effetto boomerang

MARCELLO SORGI

Claudio Scajola vede appesantirsi giorno dopo giorno la sua posizione. Anche ieri le carte uscite dagli uffici giudiziari di Perugia, con i verbali degli interrogatori delle venditrici del famoso appartamento con vista sul Colosseo, hanno confermato la fondatezza delle accuse che lo riguardano e la debolezza della linea di difesa adottata finora, basata sui «non so» e non «mi risulta».

Adesso il ministro ha annunciato che risponderà in Parlamento, dopo l’appuntamento preso con i magistrati per il 14 maggio. Ma non andrà molto lontano se pensa di presentarsi alla Camera ripetendo quel che ha già detto, e definendo «attacco mediatico» le testimonianze raccolte fin qui dagli inquirenti, che gli contestano di aver ricevuto 900.000 euro in assegni circolari per acquistare la casa che ufficialmente dice di aver pagato 610.000 euro, e che invece sarebbe costata un milione e mezzo.

Denaro consegnatogli dall’architetto Angelo Zampolini, membro della «cricca» che con il costruttore Diego Anemone e il provveditore alle Opere pubbliche Angelo Balducci è al centro dell’inchiesta sugli appalti della Protezione civile.

Nel linguaggio colorito dei corridoi parlamentari, quando un ministro si trova in guai del genere, si dice che «è cotto». C’è però - c’è sempre stato -, un modo sicuro per rafforzare o consolidare la posizione di un membro del governo coinvolto in uno scandalo: presentare contro di lui una mozione di sfiducia, meglio se di sfiducia personale, in modo da aggiungere, alle normali difficoltà di approvazione di questo genere di documenti, un dotto dibattito politico giurisdizionale sull’ammissibilità degli stessi, e provocare così una stretta di solidarietà della maggioranza in favore della vittima.

La discussione sui principi, sul metodo e sull’interpretazione della Costituzione, a quel punto, diventa infatti preminente rispetto al merito dei fatti. In altre parole, aspettando di capire se veramente Scajola s’è comperato il famoso appartamento al Colosseo facendosene regalare i due terzi, o facendoselo pagare con assegni ricevuti in cambio di chissà che, il dibattito si sposterà sulla possibilità, per l’opposizione, di avanzare una richiesta di licenziamento del ministro prima che la magistratura abbia chiarito se è, sta per essere, o non è, inquisito. Ci sarà modo, a quel punto, per un qualsiasi esponente del centrodestra, tra i tanti che già adesso fanno quadrato, di proporre un rinvio, in attesa di approfondimento, della discussione. E per la Camera di approvarlo, senza per questo pagare il prezzo politico della protezione corporativa di un ministro che, agli occhi della gente, al minimo ha goduto di un privilegio inspiegabile, e per giunta in fatto di casa, cioè di un genere di prima necessità.

Antonio Di Pietro, che ieri ha presentato a nome del suo partito una mozione di sfiducia contro Scajola, tutto questo lo sa benissimo. Lo sanno anche, e si vede dal tono imbarazzato delle loro dichiarazioni, i suoi alleati del Pd, molti dei quali mal celano le perplessità sul «soccorso rosso» portato al ministro in difficoltà. A loro, anche stavolta, tocca la scelta: contendere a Di Pietro il monopolio degli arrabbiati che non si accontenterebbero neppure delle dimissioni di Scajola, e vorrebbero piuttosto vederlo appeso a testa in giù, o muoversi con più accortezza, e magari lasciarlo furbamente rosolare, per portarlo a poco a poco al giusto punto di «cottura».

Fonte
Etrusco
00mercoledì 5 maggio 2010 10:41

Fuori la verità

Dimettendosi da ministro,
Claudio Scajola ha dimostrato di avere sensibilità istituzionale. Di non voler coinvolgere il governo in una vicenda personale i cui contorni restano ancora enigmatici. E di aver capito che un ulteriore ritardo di questa scelta avrebbe sfidato lo sconcerto dell’opinione pubblica, stordita dalle rivelazioni sulle modalità molto, troppo particolari che hanno segnato la compravendita di una sua casa.

L’ex ministro Scajola avrà così modo di difendersi, come è suo inalienabile diritto, se e quando l’autorità giudiziaria dovesse metterlo formalmente sotto accusa. Ma dovrà anche fornire una versione univoca e convincente di quanto è realmente accaduto nel 2004.
Univoca:

perché dopo i primi giorni in cui Scajola ha perentoriamente negato alla radice di aver acquistato un appartamento avvalendosi dei 900 mila euro suddivisi in 80 assegni circolari forniti dal gruppo Anemone, adesso ammette che quel cospicuo versamento di denari ci può essere stato, ma a totale insaputa di chi ne avrebbe beneficiato.
Convincente:
perché gli italiani, popolo di proprietari di case
acquistate con i sacrifici, le ansie e i sudori che tutti coloro che accendono un mutuo conoscono, comprendono perfettamente l’assoluta singolarità e anomalia di una compravendita finanziata con somme tanto considerevoli senza che l’acquirente neppure ne fosse a conoscenza. [SM=x44452]

I reati, in questo caso, c’entrano poco.
Conta il fatto che in tutti i casi, che Scajola abbia torto o ragione, ci troveremmo di fronte a una vicenda grave e preoccupante. In un caso sarebbe davvero sorprendente scoprire che un politico di lungo corso, e avvezzo a ricoprire importanti incarichi istituzionali, sia così smemorato da dimenticare di aver ricevuto una somma tanto ragguardevole. O così sprovveduto da ignorarne addirittura l’esistenza, ritenendo in buona fede di aver pagato una cifra molto inferiore a quella effettivamente sborsata per acquistare una casa.
O, ma speriamo davvero che le cose non stiano in questo modo,
così bugiardo da negare reiteratamente persino l’evidenza delle testimonianze circostanziate e dei riscontri bancari
che attestano l'uso di quei 900 mila euro. Nel caso opposto, e cioè nel caso in cui Claudio Scajola fosse stato vittima di un «trappolone» per incastrarlo, ci troveremmo di fronte (altro che «processo mediatico») a una così colossale e capillare macchinazione ai danni di un politico, da far dubitare davvero della tenuta della nostra salute democratica.

Questo groviglio intricatissimo deve essere sciolto al più presto.
Dal ministro Scajola. Dalla magistratura che deve indagare con serenità ed equilibrio. Dalla classe politica che deve finalmente capire quanto sia importante non solo, come è ovvio, tenersi lontani dai reati, ma anche attenersi a standard etici di comportamento che si tende con troppa faciloneria ad ignorare.
Mettendo fine a quel senso di spensierata impunità che si tende ad esibire con troppa disinvoltura.
E i sacri princìpi del garantismo, stavolta, davvero non c’entrano.


Fonte:
Pierluigi Battista per il Corriere della Sera - 05 maggio 2010
binariomorto
00mercoledì 5 maggio 2010 14:17
Coordinatore indagato per corruzione
Appalti, c'è un'altra inchiesta
Perquisita la banca di Verdini

Dopo Scajola, spuntano altri nomi eccellenti dalle intercettazioni:
nel mirino ancora acquisti e mutui.
Un filo rosso collega i fascicoli su Carboni e i Grandi eventi


FIRENZE - La bufera giudiziaria che ha travolto il ministro Claudio Scajola è soltanto agli inizi. Un'altra inchiesta partita da Roma e che si incrocia con le indagini sulla "cricca" dei Grandi Eventi, gli appalti del G8, della Maddalena, fa tremare ancora il centrodestra. Un altro esponente eccellente del Pdl, il suo coordinatore, Denis Verdini, già indagato nell'inchiesta della procura di Firenze, è finito in un altro grande intreccio di affari e di tangenti. Ancora una volta la sua banca, già perquisita dai Ros il 20 febbraio scorso, è stata visitata ieri dai carabinieri su disposizione della Procura della Repubblica di Roma, che coordina l'indagine nella quale è indagato il faccendiere Flavio Carboni ed altri quattro personaggi che a vario titolo, avrebbero cercato ed ottenuto appoggi e promesse da alcuni politici per favorire alcuni imprenditori impegnati nell'eolico in Sardegna ed in altre regioni italiane e nella costruzione delle carceri e di altri appalti pubblici.

E non finisce qui. In quest'altra indagine, che appare quasi parallela a quella nella quale sono stati coinvolti ed arrestati i funzionari pubblici Angelo Balducci, Claudio Rinaldi, Fabio De Santis e l'imprenditore Diego Anemone, sono coinvolti altri deputati e senatori, che hanno chiesto ed ottenuto l'aiuto di Denis Verdini su intercessione del senatore Marcello Dell'Utri, il cui nome è più volte spuntato nelle intercettazioni telefoniche della Procura di Roma. La perquisizione compiuta nel Credito Cooperativo fiorentino di Denis Verdini ha portato anche ad una visita alla sede fiorentina de "Il Giornale" perché una traccia dei soldi transitati dalla banca del coordinatore di Forza Italia, indicava anche quella direzione. I punti d'incontro e di "convergenze parallele" dice un investigatore, dell'inchiesta di Firenze e Perugia sul G8, dei Grandi Eventi, della Maddalena, e quella recentemente avviata dalla Procura di Roma sono due, anzi tre: la Sardegna, la banca del coordinatore di Forza Italia, il Credito Cooperativo Fiorentino, di Denis Verdini, e la "Propaganda Fide" l'ente religioso del Vaticano che gestisce uno dei più grossi imperi immobiliari di Roma e d'Italia. Ed ancora una volta l'ipotesi di reato è quella di corruzione.

L'inchiesta della Procura di Roma, coordinata dal Procuratore aggiunto Capaldo era partita, come quella sul G8 e dei Grandi Eventi, dalla Sardegna, da Tempio Pausania e da Sassari, dai grandi affari già conclusi ed ancora da concludere sull'immenso business dell'eolico e sulla costruzione delle carceri dove Anemone ha piazzato anche alcune delle sue società, come quella di Bruno Ciolfi che si è aggiudicato l'appalto per la costruzione del carcere di Sassari. Gli investigatori hanno scoperto che alcuni notissimi imprenditori si sarebbero rivolti a Flavio Carboni per cercare ed ottenere appoggi politici, fornendo anche capitali in parte transitati nella banca fiorentina di Verdini e dirottate verso altre società che, come quella costituite da Anemone e dagli altri componenti della cricca, servivano, secondo gli investigatori, per distribuire tangenti a politici ed amministratori pubblici.

Sono in molti a tremare. Perché nelle intercettazioni di alcuni indagati spuntano nomi eccellenti. Che, allo stato, non sarebbero indagati. I loro nomi ricorrono spessissimo nelle conversazioni telefoniche tra Flavio Carboni ed un magistrato tributarista Pasquale Lombardi (indagato), che guida associazioni nelle quali figurano tra gli iscritti altri giudici e avvocati di grido. Lombardi sarebbe promotore di molti convegni su economia e attività societaria in Italia ed in Europa. Sarebbe stato Lombardi, secondo le indagini, a creare una sorta di rete di cui farebbero parte magistrati, politici ed imprenditori, tutti indirettamente intercettati dai carabinieri di Roma che da qualche anno monitoravano gli affari di Flavio Carboni. E quando le prime indiscrezioni su questa inchiesta sono comparse sui giornali, in molti hanno tremato. Anche Denis Verdini che ricevette una visita improvvisa e non preannunciata per paura delle intercettazioni telefoniche, di Pasquale Lombardi, visto e seguito dai carabinieri. Verdini, hanno accertato i carabinieri, avrebbe anche fatto un favore ad un senatore del suo partito per estinguere un mutuo. Ma di mutui, acquisti di immobili e ristrutturazioni, in questa inchiesta ce ne sono centinaia.

Fonte: Repubblica
Etrusco
00mercoledì 5 maggio 2010 16:39
procura di roma
PdL, Verdini indagato per corruzione
Il coordinatore coinvolto nell'inchiesta su illeciti negli appalti pubblici,

tra cui progetti sull'eolico in Sardegna


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(M.Gerevini, 10 aprile 2010)


ROMA - Denis Verdini, uno dei coordinatori nazionali del Pdl, è indagato dalla procura di Roma per corruzione nell'ambito dell'inchiesta riguardante un presunto comitato d'affari che si sarebbe occupato, in maniera illecita, di appalti pubblici, in particolare dei progetti sull'eolico in Sardegna.

Denis Verdini, coordinatore nazionale PdL.

(Photomasi)

L'INDAGINE - L’iscrizione di Verdini sul registro degli indagati è stata decisa dai responsabili degli accertamenti, i pm Ilaria Calò, Rodolfo Sabelli ed il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo. Nei giorni scorsi è stata anche perquisita la sede del Credito cooperativo fiorentino, di cui Verdini è presidente. Oltre a Carboni, nelle scorse settimane hanno ricevuto l’avviso proroga dell’inchiesta altre 4 persone: il costruttore Arcangelo Martino; Pinello Cossu, consigliere provinciale di Iglesias; Ignazio Farris, consigliere dell’Arpa della Sardegna; e un giudice tributario, Pasquale Lombardo. Molte delle ipotesi accusatorie sarebbero basate su intercettazioni, ma anche su un giro di assegni. Per questo si è proceduto al controllo dell’istituto di credito e di conti lì intestati. Le verifiche dei magistrati e dei carabinieri, sarebbero concentrate su diversi appalti pubblici, tra cui alcuni in Sardegna, connessi allo sviluppo di energie alternative.

IL MISTERO DEGLI ASSEGNI - Gli investigatori erano alla ricerca del passaggio di un certo numero di assegni dei quali gli inquirenti intendono accertare la provenienza e la destinazione.
In procura c'è un grande riserbo sulla natura delle indagini in corso.
Gli accertamenti su quello che si ritiene essere stato un giro di appoggi e di promesse per favorire alcuni imprenditori
sono stati avviati nel 2008 nel quadro di un'altra indagine avviata dalla Direzione distrettuale antimafia.
Verdini è già indagato a Firenze in un'indagine per l'assegnazione degli appalti nelle Grandi Opere.


Fonte: Corriere della Sera - 05 maggio 2010

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binariomorto
00giovedì 6 maggio 2010 14:33
Scajola e il “pagatore ignoto”.

Anemone e Zampolini che ristrutturarono la casa o Sarkozy, Obama e la Cia?


Il “pagatore ignoto” che, ad insaputa dell’allora ministro Scajola, avrebbe pagato due terzi (novecentomila euro) del prezzo totale della casa di Via Fagutale, “forse” può essere identificato, “forse” ha lasciato una traccia. C’è un documento del 16 settembre 2004, la casa era stata comprata a luglio dello stesso anno. E’ una Dia, una “Denuncia di inizio attività”, quella che tutti inviano al Comune quando appunto iniziano lavori di ristrutturazione edilizia di un appartamento. C’è scritto che “Scajola Claudio” ha dato l’avvio ai lavori e che il “progettista e direttore dei lavori” è l’architetto Angelo Zampolini, lo stesso che ha dichiarato ai giudici di aver portato alle due sorelle che vendevano l’appartamento gli ottanta assegni da 12.500 euro l’uno. Lo stesso che Scajola ha dichiarato di “conoscere poco” e di aver contattato solo “per un aiuto a cercare casa”. Dunque nel 2004 Scajola affida la direzione dei lavori a casa sua ad uno che “conosce poco”.
Nella Dia di Scajola c’è anche altro: la ditta che esegue i lavori, come da comunicazione al Comune di Roma, è la “A. M. P. srl”. Una ditta il cui proprietario è Daniele Anemone, il fratello del più noto Diego Anemone, il costruttore accusato di distribuire favori e tangenti in cambio di appalti pubblici. Devono essere stati quindi un caso, solo un caso maligno e una sfortunata coincidenza quelli per cui Scajola affida la ristrutturazione della sua casa all’architetto che più tardi confesserà di aver pagato la differenza di novecentomila euro e alla ditta del fratello dell’accusato di aver messo a disposizione il contante per il regalo. Caso e coincidenza che tracciano un identikit abbastanza preciso del “pagatore ignoto”, vuoi vedere che erano Anemone Diego tramite Zampolini Angelo? Scajola non poteva saperlo ovviamente e ovviamente solo per caso e coincidenza affida loro la ristrutturazione della casa così economicamente comprata. E solo per caso non si trova traccia della fattura con cui i lavori di ristrutturazione sono stati pagati.
Si ha notizia però che il ministro dimissionario di tanto caso e coincidenza sospetta e diffida. I suoi collaboratori fanno sapere che il governo francese non vedeva di buon occhio il piano nucleare italiano, chissà perchè dopo che Berlusconi e Sarkozy avevano firmato un’intesa con cui l’Italia acquistava tecnologia nucleare francese. E che gli americani volevano bloccare gli accordi italiani con Putin in materia di energia. Ecco dunque che tutto torna: il governo francese, la Casa Bianca e la Cia si sono messi d’accordo con Anemone e Zampolini, li hanno “infiltrati” a casa Scajola: missione pagargli la casa a sua insaputa, ristrutturargli l’appartamento e incastrarlo per farlo dimettere. Loro sfondavano muri e abbattevano i prezzi delle case, Scajola sfonda il muro di ogni fantasia con supremo sprezzo del ridicolo.

Fonte: blitzquotidiano
Etrusco
00giovedì 6 maggio 2010 17:49
binariomorto
00venerdì 14 maggio 2010 00:29
l'indignazione dell'opinione pubblica: non è tangentopoli, ma può esser peggio
Lista Anemone, pioggia di smentite sui 350 nomi

Berlusconi: non è una nuova Tangentopoli. Bersani: si vada in fondo o la corruzione dilaga


ROMA - Smentiscono tutti. Il primo risultato ottenuto della 'lista Anemone', l'elenco degli oltre 350 nomi e indirizzi di potenti sequestrato nel computer dell'imprenditore, é stato quello di scatenare una corsa tra politici, funzionari dello Stato e vip a chi prendesse per primo le distanze dalla cricca degli appalti. Chi, come il vicepresidente del Csm Nicola Mancino, sostenendo di non aver ricevuto regali da Anemone, chi come il capo della Protezione Civile Guido Bertolaso, affermando di aver pagato ogni lavoro svolto dalle sue ditte, e chi dicendo di non averlo mai conosciuto, come il giudice della Corte Costituzionale Gaetano Silvestri. Di certo c'é che i magistrati perugini Sergio Sottani e Alessia Tavarnesi, titolari dell'inchiesta sugli appalti, stanno valutando la possibilità di avviare accertamenti per capire come sia potuto finire sui giornali il documento.

L'elenco era inserito nelle migliaia di pagine, arrivate in procura a Perugia sia da Firenze sia da Roma (le inchieste sugli appalti del G8, dei mondiali di Nuoto e per il 150/esimo dell'Unità d'Italia finite a Perugia dopo il coinvolgimento del procuratore di Roma Achille Toro).

I magistrati proseguono inoltre gli accertamenti per ricostruire i movimenti del denaro utilizzato da Zampolini e di quello presente sui 263 conti correnti intestati a persone vicine all'imprenditore, sui quali sono in corso i controlli della Banca d'Italia per vedere se vi sono operazioni sospette: in quest'ottica si è svolto l'incontro con i pm fiorentini. La lista che sta facendo tremare la politica è un elenco di otto pagine, ognuna con una quarantina di nomi o indirizzi, con indicato sulla sinistra un numero progressivo e l'anno e sulla destra il nominativo o l'indirizzo. Tanti i nomi importanti: ci sono i giudici costituzionali Mazzella e Silvestri, il direttore del Dis (indicato come 'capo Ps') Gianni De Gennaro, Nicola Mancino e Guido Bertolaso, G.Carlo Leone, il produttore cinematografico Andrea Occhipinti, il generale della Gdf Francesco Pittorru, destinatario secondo l'accusa di due case pagate in parte con i fondi 'neri' di Anemone. Ci sono anche cognomi che potrebbero ricondurre a politici, come Vietti - il presidente dell'Udc si è affrettato a precisare che "nessun rapporto e mai intercorso tra me e gli imprenditori di cui si parla" - e Lupi. Un'ampia parte della lista è dedicata poi ai lavori fatti dalle imprese di Anemone nei palazzi del potere: il Viminale, le due sedi della Protezione Civile in via Ulpiano e via Vitorchiano, i ministeri dell'Economia e delle Politiche Agricole, un ufficio dei servizi a piazza Zama, diverse caserme della Guardia di Finanza, tra cui il comando generale e la caserma dei carabinieri a Tor di Quinto. Diversi i lavori svolti anche a palazzo Chigi, dove secondo l'elenco sarebbe stato fatto l'impianto di condizionamento sala stampa e degli interventi su 'parete falegnameria e mobiletti'. Stando alla lista la cricca avrebbe messo le mani anche sui lavori del palazzo dei congressi dell'Eur e sulla galleria Alberto Sordi. Nessuna sorpresa, invece, nel vedere indicata la congregazione dei 'Missionari del preziosissimo sangue': è l'ente religioso a cui appartiene Don Evaldo Biasini, il sacerdote che teneva il denaro contante che, sempre secondo l'accusa, Anemone avrebbe utilizzato per corrompere i funzionari pubblici.

BERLUSCONI,CHI SBAGLIA PAGA MA NO KILLERAGGIO MEDIATICO
(di Yasmin Inangiray)
Costretto al riposo forzato a causa di una laringite che gli ha impedito questa mattina di presiedere il Consiglio dei ministri, Silvio Berlusconi trascorre la giornata in riunioni a palazzo Grazioli. A via del Plebiscito arrivano tra gli altri il ministro della Giustizia Angelino Alfano, il governatore della Campania Stefano Caldoro ed il sottosegretario all'Economia Nicola Cosentino. Gli argomenti da discutere sono molti: La bufera mediatica intorno all'inchiesta di Perugia sugli appalti domina le conversazioni. Già ieri sera a cena con alcuni imprenditori il premier era tornato più volte sull'argomento: non si tratta di una tangentopoli - è stato il suo ragionamento - si tratta di singole persone che devono chiarire e nel caso fossero colpevoli é giusto che paghino. Sono però questioni, ha aggiunto lo stesso Cavaliere, che non minano la credibilità del governo. Nelle riflessioni con alcuni fedelissimi però Berlusconi non ha nascosto l'amarezza per quello che non esita a definire un "killeraggio mediatico". Ancora una volta, sarebbe stato lo sfogo del premier, finiscono sui giornali notizie coperte dal segreto investigativo.

Si tratta di una cosa assurda. Soprattutto con gli imprenditori, il presidente del Consiglio si sarebbe soffermato su un altro risvolto della vicenda: Stento a credere a queste cose, avrebbe osservato nel corso della cena, anche perché stiamo parlando di persone con una certa disponibilità economica che non hanno bisogno di compiere degli illeciti per acquistare immobili. E soprattutto non è possibile che ad essere lesa sia l'immagine del partito. Ecco perché, sarebbe stato il monito rivolto anche ai presidenti di Regione ancora alle prese con la composizione della giunta, bisogna stare attenti alle persone che si scelgono. Certo è che la vicenda non convince nemmeno il leader della Lega Nord Umberto Bossi: "Mi sembra un po' strana - dice il Senatur parlando di tutta l'inchiesta - un po' preparata, ho questa impressione...". Con gli imprenditori poi il Cavaliere avrebbe anche accennato alla scelta del successore al ministero Economico. Sulla promozione di Paolo Romani pare non ci siano più molti dubbi anche se il Cavaliere ha spiegato di voler chiudere il capitolo solo quando sarà convinto al cento per cento della scelta. Tant'é che starebbe anche valutando l'ipotesi di un tecnico che rilanci l'immagine del dicastero e che possa rappresentare un valore aggiunto.

Un'ipotesi che non sarebbe sgradita nemmeno agli industriali. Nessuna novità invece sembra esserci per quanto riguarda le tensioni interne al Pdl ed in particolare con il presidente della Camera Gianfranco Fini. "Non mi pongo il problema", avrebbe detto oggi il Cavaliere a più di qualche interlocutore, il politichese non mi interessa. I 'finiani' hanno dimostrato fino ad ora la loro lealtà nei numeri. Se questi dovessero mancare, è il ragionamento, affronteremo la questione. Diverso è invece quello che Berlusconi fa sull'Udc: c'é una maggioranza che ha ricevuto il mandato dagli elettori, ripete il Cavaliere ai suoi fedelissimi, e noi non cerchiamo nessuno ma è ovvio che la porta non è chiusa. Noi abbiamo il dovere morale di portare avanti il programma di governo. Se poi in Parlamento, avrebbe detto Berlusconi, i numeri dovessero cambiare si apre uno scenario diverso.

SCAJOLA: NO OCCUPAZIONE CASA, MA INSCENATA FINTA ASTA - Non si è trattato di una occupazione, come aveva annunciato il consigliere comunale di Roma, Andrea Alzetta, ma di un blitz di una trentina di giovani messo a segno davanti a casa dell'ex ministro Claudio Scajola, in via Fagutale nei pressi del Colosseo. Il gruppo, sul cavalcavia pedonale che si trova sulla strada ai piedi del palazzo, ha inscenato, intorno alle 17, un'asta immobiliare con tanto di tavolino, simulando la vendita dell'appartamento. I dimostranti hanno appeso due striscioni con su scritto "Fai la valigia": uno sul cavalcavia e uno davanti all'ingresso del palazzo. Il gruppo di giovani si è dileguato all'arrivo delle forze dell'ordine.

Fonte: ANSA
binariomorto
00venerdì 14 maggio 2010 00:39
Lista di Anemone, arrivano le smentite
Mancino: "Non ho mai ricevuto regali"

Le prime reazioni dopo dopo la pubblicazione dell'elenco dell'imprenditore
considerato una gigura centrale della "cricca" degli appalti.
Monorchio: "Sono sopreso". Silvestri: "Non ho case a Roma".
Bersani: "Nessuna cautela, bisogna andare fino in fondo"


ROMA - Politici, alti funzionari dello Stato e vertici delle forze di polizia. Ci sono più di 400 nomi nella lista sequestrata nel 2009 nel computer di Diego Anemone, 1 l'imprenditore considerato figura centrale della cricca degli appalti. Nell'elenco figurano, tra gli altri, l'ex ministro dello sviluppo economico, Claudio Scajola, l'ex ministro delle Infrastrutture, Pietro Lunardi, il capo della protezione civile, Guido Bertolaso, il direttore generale della Rai, Mauro Masi, il presidente di Trenitalia, Marco Zanichelli. E la corsa alla presa di distanze dal discusso imprenditore è partita. Mentre il Pdl, per bocca di Fabrizio Cicchitto, denuncia "l'ennesima lista di proscrizione".

"Il signor Anemone non mi ha fatto alcun regalo" dice il vicepresidente del Csm Nicola Mancino, citato nell'elenco. Che precisa: "Quando la società del gruppo Pirelli, proprietaria dell'immobile di corso Rinascimento, mise in vendita gli appartamenti, io acquistai quello da me locato, intestandolo a mia figlia". Successivamente, conclude, "per comprare un appartamento in via Arno mia figlia ha venduto quello di corso Rinascimento, mentre mia moglie ed io abbiamo venduto il nostro appartamento di Avellino".

"Sorpreso" anche l'economista Andrea Monorchio, ex ragioniere generale dello Stato: "Non ho mai avuto a che fare con cose così e vivo in una casa in affitto". Infine Gaetano Silvestri, giudice della Corte costituzionale, taglia corto: Non conosco Anemone e non ho case a Roma".

"Sono affittuaria dell' appartamento in questione dal 2003. L'appartamento è di proprietà di un ente, pertanto i lavori di ristrutturazione non sono stati commissionati dalla sottoscritta, ma dall'Ente prima del mio ingresso" precisa la giornalista di Mediaset Cesara Buonamici. Smentisce corsie preferenziali anche Bertolaso: "I lavori di Anemone sono stati sempre pagati regolarmente".

Le indagini. Accertamenti sulla diffusione della lista potrebbero essere avviati dalla procura di Perugia titolare del fascicolo. I magistrati stanno valutando in queste ore la decisione da prendere. Sembra tra l'altro che la lista fosse sconosciuta alla procura perugina fino alla pubblicazione da parte degli organi d'informazione.

Le reazioni politiche. Sul fronte politico il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani chiede che si vada "fino in fondo". "E' evidente che non si tratta di una summa di casi, è un meccanismo che ha origine in una intenzionale politica di allargamento degli appalti riservati e fuori gara, in una applicazione distorta delle direttive comunitarie" dice il segretario del Pd. mentre Umberto Bossi assicura: "Fin quando ci siamo io, la Lega e Tremonti, il governo non rischia, non lo buttano giù".

Fonte: Repubblica
Etrusco
10venerdì 14 maggio 2010 10:37
L’inchiesta - Lo sfogo del Premier che si trasforma in giustizialista
Berlusconi, amarezza e rabbia;
«Licenzierò chi ha sbagliato»
Il premier chiama Bertolaso per avere la sua versione dei fatti

ROMA — C’era una volta il garantismo granitico del Cavaliere.
Non è sparito, ma in questi giorni sta mutando: gli si affianca un’ansia preventiva
, che non punta l’indice contro le toghe, protagoniste comunque di «un inaccettabile killeraggio mediatico», ma contro gli uomini del suo partito o del suo governo. Oggi, prima ancora che qualcosa accada, prima ancora che arrivino notizie di reato, il presidente del Consiglio si dice pronto a «licenziare» (anche dall’esecutivo) chi verrà coinvolto, con fondamento, nelle inchieste dei magistrati. È curioso, ma ha una spiegazione. Il caso Scajola è un precedente, ha lasciato l’amaro in bocca. Altri casi sono annunciati, sono nell’aria da alcune settimane: circolano nei Palazzi romani, e anche nel salotto del premier, più sospetti e indiscrezioni che verbali d’inchieste nelle redazioni dei quotidiani.

Il Cavaliere è convinto che dopo l’ex ministro ligure potrebbe toccare ad altri, dunque si prepara.
«Non è una nuova Tangentopoli»
, dice, ma senza aggiungere che si tratta soltanto di singole mele marce. E allora il «licenziare chi sbaglia» è un concetto utile da veicolare ancora prima di verificare l’esistenza dell’errore. Lo ha detto due sere fa agli imprenditori ricevuti a Palazzo Grazioli. Ha aggiunto che non si capacita della leggerezza di tanti, anche nel Pdl, cui la politica ha concesso onori e denari e che invece si dimostrano, da quello che emerge dalle inchieste, alla stregua di ladri di polli. Seguirà forse un’accelerazione sul ddl anticorruzione, nelle prossime ore. Servirà anche a dire che il governo non sta con le mani in mano, che la partita della legalità non è soltanto appannaggio di Fini. Se la gente mi vota — è il ragionamento aggiunto dal Cavaliere — «è anche perché consapevole di quanto ho costruito da solo, prima di entrare in politica, sa che il mio spirito non può essere la ricerca di un arricchimento». Il corollario, molto negativo, riguarda coloro che non hanno il suo stesso patrimonio, ma certamente con la politica non sono finiti in miseria, eppure sembra che abbiano come unica mira quella di arricchirsi un po’ di più di quanto già non lo siano. Insomma anche se le inchieste che fanno discutere mirano comunque a indebolire il governo, nonostante il tritacarne mediatico inaccettabile per un Paese civile, le altre convinzioni del Cavaliere riguardano in questi giorni i suoi stessi collaboratori. Se arriveranno altri casi come quello Scajola, sarà inflessibile. Via dal partito e/o dal governo.

Nessuno sa al momento se i sospetti si trasformeranno in provvedimenti giudiziari.
Ma il Cavaliere, oltre alla comunicazione, affila anche piani di riserva.
I canali aperti con Casini
, e anche qualche telefonata diretta fra i due, servono nell’ottica del premier a rafforzare un governo eventualmente indebolito, forse anche ad aprire una stagione di vere riforme con l’apporto del nuovo partito della Nazione, in via di fondazione da parte dell’ex presidente della Camera. Ma i modi e le condizioni del premier, che fra l’altro coltiva anche lui i suoi buoni dubbi sull’operazione, non convincono del tutto i centristi: ci vuole una stagione nuova, dicono, un percorso politico che solchi una discontinuità con la prima fase della legislatura per ipotizzare collaborazioni. L’impressione è che tutti stiano lavorando, compreso il premier, con un orecchio alle possibili mosse delle Procure. La casella di Scajola resta vuota anche per questo motivo. La trattativa con Casini è segnata anche da queste dinamiche. Così come l’interminabile diatriba con Gianfranco Fini. Ieri sera Guido Bertolaso era di nuovo a colloquio con il premier, a Palazzo Grazioli, dopo esserci stato la settimana scorsa.

Allora si disse che voleva dimettersi e che il presidente del Consiglio avesse dovuto faticare oltre due ore per farlo desistere. Ieri sera sembra che il copione sia cambiato: sarebbe stato Berlusconi a chiedere l’incontro e ad esigere alcune spiegazioni dal suo sottosegretario. Il tutto nonostante l’indisposizione del capo del governo, che di mattina non ha presieduto il Consiglio dei ministri perché colto da una fastidiosa laringite e da qualche linea di febbre.

Font: Corriere della Sera - Marco Galluzzo
14 maggio 2010

Etrusco
10venerdì 14 maggio 2010 13:41
L’inchiesta - L’uomo chiave
Anemone ora parla e incastra il Generale dei Servizi segreti
Il costruttore della «cricca» smentisce Pittorru
Verifiche sugli indirizzi di politici e prelati


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Inchiesta G8: i difensori di Anemone: «Nessuna collaborazione»
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Diego Anemone

(Ansa)

PERUGIA — L’interrogatorio si è svolto poco prima che lasciasse il carcere. E per la prima volta Diego Anemone ha accettato di rispondere alle domande degli investigatori. Nel muro di silenzio che aveva eretto sin dal giorno del suo arresto, si è dunque aperta una crepa. Adesso non è escluso che la situazione possa cambiare. Dopo la scelta di collaborazione di Angelo Zampolini — l’architetto al quale erano state delegate le operazioni di compravendita di appartamenti per i potenti — anche il principale indagato decide di fornire indicazioni preziose per l’inchiesta. E così «incastra» il Generale dei Servizi segreti Francesco Pittorru, al quale aveva regalato due appartamenti al centro di Roma e tre ristrutturazioni.



Ora si va avanti. E proprio al giovane imprenditore si chiederanno chiarimenti su quella lista di 370 persone custodita in un computer della sua impresa. Politici, alti funzionari dello Stato, prelati, personaggi dello spettacolo: sono decine i «clienti» di Anemone. Le verifiche affidate alla Guardia di Finanza dovranno stabilire chi abbia goduto dei favori e chi invece abbia regolarmente pagato le fatture. E soprattutto quale di questi lavori «privati» sia legato alla concessione di appalti pubblici.

L’incontro all’alba
Sono le 5 di domenica scorsa, carcere di Rieti. Un ufficiale della Guardia di Finanza entra nella saletta colloqui e incontra Anemone prima che lui lasci la cella per scadenza dei termini di custodia cautelare. Esibisce un ordine di perquisizione. Spiega il motivo della sua visita. Qualche settimana fa è stato interrogato a Perugia il generale Pittorru. Ai pubblici ministeri Sergio Sottani e Alessia Tavarnesi ha raccontato che i soldi per l’acquisto delle due case erano un prestito. «Esiste una scrittura privata che lo dimostra - ha giurato - ed è custodita nella mia casa in Sardegna ». Chiede qualche giorno per avere la possibilità di recuperarla. I magistrati non credono alla sua versione, decidono di concedergli comunque il tempo richiesto. Ma quando il generale torna in Procura afferma che le carte gli sono state rubate e non può dimostrare quanto ha sostenuto. «Chiedete ad Anemone», aggiunge, sicuro che l’imprenditore confermerà la sua versione. Non va così. Dopo aver ricostruito i fatti, l’investigatore spiega ad Anemone che si dovrà procedere a controlli per rintracciare il documento. A questo punto lui accetta di parlare. E smentisce la versione fornita dallo 007. Chiarisce che tra loro non è mai stata stipulata alcuna scrittura privata e soprattutto spiega di non aver concesso al generale alcun prestito. L’investigatore non va oltre, ma le risposte di Anemone bastano a confermare l’accusa di corruzione già contestata a Pittorru. Ora è possibile che all’imprenditore sia chiesto conto di altre circostanze emerse dall’indagine. Mentre era detenuto si è sempre avvalso della facoltà di non rispondere. Quanto è stato scoperto finora e, soprattutto il rischio di commissariamento di tutte le sue aziende, potrebbero averlo però convinto a cambiare atteggiamento.

Gli indirizzi «coperti»
Un chiarimento potrebbe essere sollecitato quantomeno sul criterio di archiviazione degli appalti ottenuti tra il 2003 e il 2008 elencati in quella lista custodita nel computer del fratello Daniele. Era il 14 ottobre 2008. Nel corso della verifica fiscale avviata dalla Guardia di Finanza sull’"Anemone Costruzioni" fu trovato quel foglio. La segretaria Anna, allarmata, si premurò immediatamente di avvertire il «capo»: «Hanno aperto il pc e la cassaforte. Daniele ha detto che c’è questo mondo e quell’altro. Però sembrerebbe, da quello che sono riuscita a vedere perché mi sono messa lì vicino con una scusa, che stampavano gli elenchi di personale vecchio, lavori, ’ste cose qua». Effettivamente la lista è lunga e variegata.
Oltre a politici e prelati, ci sono numerosi ufficiali della Guardia di Finanza, funzionari dei ministeri, agenti di polizia e dei servizi segreti.
In alcuni casi compaiono soltanto gli indirizzi ed è su questo che si concentrano le verifiche per scoprire se questo accorgimento serva a proteggere personaggi di primo piano che potrebbero aver beneficiato di favori.
Guido Bertolaso dovrà chiarire ai magistrati come mai non abbia fatto cenno nel suo interrogatorio ai 3 interventi di ristrutturazione effettuati nei suoi appartamenti dalla ditta di Anemone, ammettendone soltanto uno.
Stessa domanda sarà rivolta all’Ingegner Rinaldi, che riceveva gli operai nelle sue dimore ed è accusato di aver agevolato l’imprenditore per i Mondiali di Nuoto e per altri appalti, anche se il suo avvocato Titta Madia nega che ci siano mai stati favoritismi. E si interrogherà di nuovo anche Mauro Della Giovampaola, pure lui inserito nella «cricca » come delegato di missione al G8 della Maddalena, che avrebbe ottenuto lavori per l’appartamento di sua madre.

Le altre liste
Nei computer sequestrati negli uffici di Anemone e tra i documenti trovati nelle case degli indagati ci sono numerosi appunti che potrebbero svelare i nomi di nuovi beneficiari illustri dei favori elargiti dal costruttore. In particolare ci si concentra sui manager di Stato che lo avrebbero agevolato nell’aggiudicazione degli appalti pubblici. E sulla concessione dei finanziamenti alle sue società. Per questo un ruolo chiave viene assegnato dagli inquirenti al commercialista Stefano Gazzani, che si occupava delle transazioni finanziarie. Il suo nome è inserito nell’elenco delle operazioni sospette segnalate dalla Banca d’Italia: trasferimenti di denaro in Italia e all’estero che potrebbe celare il versamento di tangenti, ma anche l’acquisto di altri appartamenti. I pubblici ministeri hanno sollecitato il suo arresto e già oggi il tribunale del Riesame di Perugia potrebbe rendere nota la decisione, stabilendo così se questa parte dell’indagine debba restare nel capoluogo umbro o se invece vada trasferita a Roma come aveva deciso il giudice delle indagini preliminari e ribadito l’avvocato di Gazzani, Bruno Assumma.
Il «verdetto» appare determinante per il futuro dell’inchiesta.
L’eventuale trasmissione del fascicolo nella capitale, ne provocherebbe infatti la frammentazione, mentre Sottani a Tavarnesi hanno evidenziato la necessità di procedere alle verifiche «in uno stesso contesto, visto che ci si trova di fronte a un’associazione a delinquere che agiva per pilotare gli appalti pubblici» e procurare un arricchimento ai suoi componenti e a tutti coloro che erano in grado di aiutarla.
La dimostrazione
è in quei lussuosi appartamenti che Anemone contribuì ad acquistare, oltre che per Scajola e Pittorru, anche per il genero di Ercole Incalza, potente braccio destro dei ministri delle Infrastrutture Lunardi e Matteoli.

Fonte: Corriere della Sera - Fiorenza Sarzanini
14 maggio 2010

piperitapatty
10venerdì 14 maggio 2010 14:01
dì la verità etrusco! anche tu ti sei fatto rifare le tapparelle da anemone [SM=x44452] [SM=x44452] [SM=x44452]


ma vedi sta gente [SM=x44465]
Etrusco
00venerdì 14 maggio 2010 14:21
Re:
piperitapatty, 14/05/2010 14.01:

dì la verità etrusco! anche tu ti sei fatto rifare le tapparelle da anemone [SM=x44452] [SM=x44452] [SM=x44452]


ma vedi sta gente [SM=x44465]




SSshht! Non lo dire forte altrimenti mi mettono sotto indagine anche a me [SM=x44474]

Comunque trovo improbabile che questo Anemone abbia fatto i lavori gratis o scontatissimi a più di 470 persone: quanti appalti avrebbe mai dovuto aggiudicarsi poi per non andarci in perdita? [SM=x44466]
A questo punto prima di mettere tutti questi nomi davanti al ventilatore mediatico bisognerà aspettare che le indagini facciano un minimo di chiarezza su eventuali illeciti commessi.

PS per le tapparelle in effetti devo confessare che le ho cambiate quasi gratis: me le son fatte spedire direttamente dalla fabbrica senza intermediari [SM=x44499]
pps non so perchè, forse per la primavera, ma sei molto sensuale quando dici "tapparelle" [SM=x44450]
Arjuna
00venerdì 14 maggio 2010 16:05
Re: Re:
Etrusco, 14/05/2010 14.21:


Comunque trovo improbabile che questo Anemone abbia fatto i lavori gratis o scontatissimi a più di 470 persone: quanti appalti avrebbe mai dovuto aggiudicarsi poi per non andarci in perdita? [SM=x44466]
A questo punto prima di mettere tutti questi nomi davanti al ventilatore mediatico bisognerà aspettare che le indagini facciano un minimo di chiarezza su eventuali illeciti commessi.



Come mai oggi sei così garantista? [SM=x44473] [SM=x44452] [SM=x44466] [SM=x44467]

Dì la verità, anche tu hai avuto dei favori da Anemone. [SM=x44451]
Etrusco
00sabato 15 maggio 2010 21:48
Arjuna, 14/05/2010 16.05:



Come mai oggi sei così garantista? [SM=x44473] [SM=x44452] [SM=x44466] [SM=x44467]

Dì la verità, anche tu hai avuto dei favori da Anemone. [SM=x44451]




Siete proprio dei gran ficcanaso tu e la Pippy [SM=x44494]
Ebbene si, lo confesso,
però le tapparelle me l'hanno cambiate tutte a mia insaputa,
forse è stata tutta una manovra per incastrarmi ed infamarmi agli occhi del condominio,
forse è proprio un condomino che così facendo voleva indurmi a traslocare via...


[SM=x44456]


Quanto ad Anemone invece passi pure che il suo fatturato è schizzato all'improvviso da un anno all'altro da 4 a 70 Milioni€
ma se avesse fatto regalie a 370'000 famiglie sarebbe un giro colossale approssimativamente intorno all'ordine di grandezza del miliardo di €, sarebbe gravissimo, quindi preferisco pensare che sia improbabile, o almeno lo spero. [SM=x44461]
Arjuna
00lunedì 17 maggio 2010 14:26
Balducci e la pista che porta allo Ior

Pronta una rogatoria presso la Santa Sede per un conto del "gentiluomo di Sua Santità"
FRANCESCO GRIGNETTI
PERUGIA

Porta in Vaticano, una delle piste su cui lavorano gli investigatori dell’inchiesta sui Grandi Appalti. E’ noto il ruolo di Angelo Balducci, il potente presidente del Consiglio superiore dei Lavori pubblici, che rivestiva importanti incarichi Oltretevere. Dal 2002 era infatti «consultore» della congregazione di Propaganda Fide, nonché supervisore del suo immenso patrimonio immobiliare (appartamenti e palazzi stimati 6 miliardi di euro), e Gentiluomo di Sua Santità. In questa veste, però, Balducci era titolare di un conto corrente presso la banca vaticana Ior. E perciò, nella raffica di rogatorie internazionali ce ne sarebbe anche una pronta per il Vaticano. Negli anni passati, il Vaticano non ha mai risposto a tali richieste di collaborazione giudiziaria. Lo Ior è sempre stata una banca inarrivabile per i giudici, sia che si trattasse di Banda della Magliana, o di delitto Calvi, o di fondi neri di politici italiani.

Ma da qualche mese c’è una nuova dirigenza e si trascina anche una spiacevole querelle diplomatica con il governo italiano. Dal Vaticano, quindi, hanno promesso di adeguarsi rapidamente alle direttive europee antiriciclaggio. Che Balducci abbia un conto corrente presso lo Ior, fu lui stesso a dirlo a un magistrato. Era qualche anno fa e lo interrogava il pm di Potenza, il giovane Henry John Woodcock, il quale, intercettando le telefonate del cerimoniere pontificio, monsignor Franco Camaldo (coinvolto nell’inchiesta sugli affari di Vittorio Emanuele di Savoia), fu incuriosito da un misterioso bonifico di Balducci al monsignore. Questa fu la spiegazione di Balducci: siccome monsignor Camaldo, suo fraterno amico, era stato truffato nel corso di una spericolata operazione immobiliare, ed era giù di morale, lui aveva deciso di aiutarlo con un prestito di 280 mila euro a fondo perduto.

Camaldo diede una risposta ancora più sorprendente: aveva partecipato a una operazione per comprare a Marino, nei Castelli romani, la villa principesca che era appartenuta a Carlo Ponti e Sofia Loren per farne la sede di una associazione massonica, ma il tutto si era rivelato una truffa e perciò era ricorso a Balducci. Woodcock non fu granché convinto da queste risposte, ma non aveva elementi per procedere oltre. I suoi colleghi di Perugia, ora, intendono convocare Camaldo quando prima per interrogarlo. Vogliono capire meglio questa storia dei 280 mila euro che Balducci versò al prelato. Il sospetto, evidente, è che tanta generosità non fosse estranea agli strepitosi affari immobiliari che Balducci, aiutato dalla sua nuova veste di supervisore al patrimonio immobiliare, stava portando a termine.

E che monsignor Camaldo fosse dietro la sua nomina a Gentiluomo di Sua Santità, l’ha raccontato egli stesso alla «Stampa» qualche giorno fa. Nel dicembre 2003, per dire il genere di affari, il Vaticano vendette un complesso immobiliare in piazza della Pigna, alle spalle del Pantheon. Ad acquistare era un immobiliarista altoatesino, Peter Paul Pohl, che comprò e subito rivendette. Il nuovo acquirente era la Immobilpigna Srl, ovvero Diego Anemone e Balducci stesso. A Pohl, utilizzando i conti correnti di Zampolini, furono versati 1 milione 450 mila euro in due tranches. «Il contratto innanzi al notaio - ha spiegato nei giorni scorsi il signor Pohl - venne stipulato in data 8 aprile 2004 con la Immobilpigna, il cui legale rappresentante era Diego Anemone, che incontrai solamente in occasione della firma del contratto di acquisto».

Dopo breve tempo, però, gli appartamenti di piazza della Pigna furono ristrutturati (e di questo intervento se ne trova traccia nella Lista Anemone) e ceduti. Ma questa volta si vendette a prezzo di mercato e il guadagno per la Immobilpigna di Anemone & Balducci fu davvero notevole.

Fonte
piperitapatty
00lunedì 17 maggio 2010 14:59
Re: Re: Re:
Arjuna, 14/05/2010 16.05:



Come mai oggi sei così garantista? [SM=x44473] [SM=x44452] [SM=x44466] [SM=x44467]

Dì la verità, anche tu hai avuto dei favori da Anemone. [SM=x44451]



infatti! sento puzza di bruciato [SM=x44451] io su quella lista non ci sono [SM=x44469]
Arjuna
00mercoledì 19 maggio 2010 12:26
Ora Berlusconi teme l'attacco di otto Procure

Caso Scajola, equivoci finiti.
L'ex ministro cena ad Arcore
UGO MAGRI
ROMA

Per giorni aveva sfogato il suo sdegno nei confronti di Scajola, la personale «delusione» del Cavaliere era stata raccolta sul Colle perfino dal Presidente Napolitano ma, praticamente, non c’era stato colloquio privato in cui Berlusconi avesse trattenuto l’irritazione verso l’ex ministro dello Sviluppo per il calo di popolarità che gli sta causando. Finché tra i due qualcosa di colpo è cambiato. E dev’essere un «qualcosa» parecchio sostanzioso, perché il capo del governo non solo ha cessato di lamentarsi con i vari interlocutori. Ha pure ripreso i contatti con il «reprobo» dimissionario, si sono sentiti più volte al telefono e addirittura l’altra sera hanno cenato insieme. Nel villone di Arcore, cioè a casa del premier. Fatto in sé significativo. Chi inviterebbe nel proprio salotto un personaggio del quale dubita sul piano morale? Vuol dire che questi dubbi, se mai erano esistiti, ora non sussistono più (tesi accreditata nel giro di Scajola).

La cena è proseguita in chiacchiere poiché l’ex ministro è arrivato verso le nove di sera e se n’è ripartito per la Liguria quando mezzanotte era già passata. A tavola c’era pure l’avvocato Ghedini che esercita a tempo pieno la difesa del premier, ma nei ritagli curerà quella di Scajola, essendone stato scelto quale legale. Si è parlato, com’è ovvio, dell’inchiesta. Del famoso appartamento con vista sul Colosseo. Degli 80 assegni circolari che sono serviti per saldare l’acquisto. I tre si sono interrogati su quanto può rivelare l’architetto Zampolini, a lungo in udienza dai pm di Perugia.

E prima o poi anche a Scajola toccherà fornire spiegazioni. I magistrati sono curiosi di accertare la vicenda (lui continua a protestarsi innocente, «risulterà chiaro che non ho fatto nulla di illecito»), vorrebbero capire meglio anche certi accenni sfuggiti alla moglie dell’ex-ministro, incappata in una intervista che ha fatto sobbalzare parecchi a Palazzo Chigi poiché, nel difendere il marito, lo mostrava preoccupato di proteggere altri molto più su di lui. Insomma, ce n’è abbastanza per animare una conversazione franca e sincera col premier. Scajola gli ha mostrato carte, documenti, con l’aiuto di Ghedini ha dipinto un quadro probatorio rassicurante. Che esclude contraccolpi ulteriori sul piano politico e di governo.

Poi il discorso è scivolato sulle inchieste. A Roma il tam-tam degli allarmi continua, chi transita per Montecitorio viene sopraffatto dalle chiacchiere spesso frutto di cortocircuiti tra politici e giornalisti. Al centro le solite paure del Cavaliere che, incontrando la scorsa settimana alcuni parlamentari della Campania, s’era lasciato andare sulle «otto procure» al lavoro per incastrarlo, una in più di quelle che vengono alla memoria (Perugia, Firenze, Roma, Cagliari, Napoli, Milano e Palermo).

Rifà capolino ad Arcore la tesi del complotto, che il premier aveva abbandonato salvo pentirsi, perché Berlusconi non si fida: vede troppe «manine» che seminano dossier, alcuni in forma anonima e altri spuntati dal nulla come la famosa lista dei clienti di Anemone, che la stessa Procura di Roma ribadisce, stizzita, di non aver mai ricevuto dagli apparati investigativi, salvo ritrovarsela sui giornali. «Chi è il regista?», si domanda il premier. In attesa del prossimo blitz.

Fonte
Arjuna
00mercoledì 19 maggio 2010 12:36
Zampolini tre ore dai pm "Ecco i segreti di Anemone"

L'architetto ammette: «E' vero, viaggiavo con un sacco di soldi: credevo di fare dei favori»
FRANCESCO GRIGNETTI
INVIATO A PERUGIA

Tre ore davanti ai magistrati. E l’architetto Angelo Zampolini fa un altro passo avanti nella sua collaborazione con la giustizia, quella collaborazione che all’ultimo istante non l’ha fatto finire in carcere e che ora è temutissima da tutti gli altri indagati di questa inchiesta. Zampolini infatti, sostenuto dal suo avvocato Grazia Volo, ha scelto la via della «lealtà» con la giustizia. E ha confermato ancora una volta di essere stato il braccio esecutivo di Diego Anemone. Molte volte un esecutore cieco. Ha spiegato che dall’imprenditore riceveva valigette zeppe di soldi, che lui si prestava a cambiare in banca in tanti assegni circolari di valore basso - per sfuggire alla normativa antiriciclaggio - che poi servivano a pagare in tutto o in parte gli appartamenti per alcuni eccellenti.

D’altra parte sarebbe stato ben difficile per Zampolini negare l’evidenza: ci sono le segnalazioni della sua banca, il tracciato degli assegni, le dichiarazioni di chi li ha incassati, e persino la testimonianza del tunisino Fahdi, ex autista di Balducci, che racconta di come gli portava le valigette. Anche ieri, perciò, durante l’interrogatorio di Zampolini, sono risuonati i nomi di Scajola, Pittorru, Balducci jr, e di Alberto Donati, il genero del superdirigente alle Infrastrutture Ercole Incalza. «Ma io pensavo di fare un favore a Balducci», ha spiegato. Già, perché a Zampolini era chiara la connessione Anemone-Balducci in tutta questa storia.

E’ più chiara, ora, anche la storia della lista Anemone (a proposito: Zampolini ha spiegato agli inquirenti la genesi di alcuni lavori che lì risultano e che furono seguiti da lui): fu sequestrata assieme a tanta altra documentazione nell’ottobre 2008 dalla Guardia di Finanza «nell’ambito - fa sapere con nota ufficiale il comando provinciale di Roma delle Fiamme Gialle - di una verifica fiscale d’iniziativa, tutt’ora in corso di svolgimento». Con il che, le notizie sono due: la Finanza, siccome si muoveva per una verifica fiscale, non ritenne di dover informare la magistratura delle scoperte fatte; quell’accertamento fiscale a carico delle imprese di Diego Anemone a tutt’oggi, quasi due anni dopo, non è stato ancora concluso. I Finanzieri negano poi con decisione che la lista sia «stata consegnata alla Procura della Repubblica di Roma e/o all’ex Procuratore Aggiunto dalla Capitale dott. Achille Toro». Una precisazione doverosa che anticipa le risposte a cui sarebbero stati chiamati dal magistrato di Perugia. La procura di Roma, a sua volta, ha ribadito di non essere mai stata a conoscenza della cosiddetta lista Anemone.

Dunque la lista non fu «consegnata» ai magistrati di Roma perché la Finanza la ritenne ininfluente ai fini delle indagini penali. Achille Toro, a sua volta, non sarebbe stato informato della sua esistenza. Ma a volte le precisazioni alimentano nuovi dubbi. Già, perché i magistrati di Perugia lavorano su un’ipotesi che è facile raccontare: Achille Toro, dopo la parentesi di capo di gabinetto del ministro del Trasporti nel governo Prodi, rientrò in magistratura nell’estate 2008. A settembre già coordinava informalmente le inchieste per i reati contro la pubblica amministrazione. In quello stesso periodo, dalla Sardegna approdava alla procura di Roma l’inchiesta potenzialmente esplosiva sul G8 in preparazione alla Maddalena. C’erano già delle intercettazioni esplicite su «buste di ringraziamento» e su «appalti».

I nomi di Balducci, Anemone e Della Giovampaola erano nei rapporti dei carabinieri. Un pm, Assunta Cocomello, fu incaricata di approfondire l’inchiesta, ma con l’ordine di informare ad ogni passo il capo della procura, Giovanni Ferrara, e soprattutto il procuratore aggiunto Toro. E fu quest’ultimo, in quei mesi, e poi tra gennaio e febbraio 2009, a dare battaglia pur di impedire che da Roma si intercettassero i telefoni di Balducci e di Anemone. Di più. Ha messo a verbale il pm Cocomello che «Toro, al quale avevo illustrato l’indagine tutta svolta fino a quell’epoca dal Nucleo ecologico dei carabinieri, mi ha segnalato l’opportunità che le indagini, per la loro complessità e natura, venissero svolte dalla Guardia di Finanza». E allora diventa plateale il sospetto dei magistrati di Perugia: forse Achille Toro preferiva un reparto sugli altri? Forse pilotava in qualche modo gli eventi? I magistrati Sergio Sottani e Alessia Tavarnesi fanno la domanda esplicita e la collega Cocomello risponde: «Non mi sembra».

Fonte
Etrusco
00domenica 23 maggio 2010 18:21
Fabio Bogo per Repubblica
...
Quali sono i rapporti che legano il “direttorissimo” Augusto Minzolini con l’imprenditore della “Cricca” Diego Anemone?

La domanda anima i sottoscala dei palazzi del potere da ieri, quando “Repubblica” ha rivelato che
il direttore del Tg1, ospitato in un appartamento di “Propaganda Fide”, ha avuto la casa ristrutturata proprio da Anemone e Zampolini.
E qualche maligno nel vortice di telefonate del fine settimana segnala un particolare:
il giorno dell’uscita dal carcere di Anemone due settimane fa, il Tg1 delle 20 ha dato le dichiarazioni dell’indagato prima di tutti, anche delle agenzie di stampa.

L’imprenditore, infatti, è uscito la mattina presto di domenica 9 maggio, restando in silenzio stampa per tutto il giorno. Solo a sera ha diramato un comunicato stampa (“Ho sempre lavorato onestamente”), diffuso dall’agenzia Ansa con un primo lancio flash delle 20.24.
Ma non è stata l’agenzia di stampa ad arrivare prima. Circa 15 minuti prima, alle 20.11, ampi stralci del lungo comunicato con le dichiarazioni di Anemone erano già contenuti in un servizio in onda sul Tg1, già pronto e montato, firmato da Flavia Lorenzoni.
Filo diretto tra Minzolini e Diego?

23-05-2010

Arjuna
00lunedì 24 maggio 2010 15:08
La mappa degli inquilini del “sistema Anemone”

Dai generali della Guardia di Finanza ai vertici di Polizia, dai servizi segreti al presidente di Trenitalia, fino ai nomi di spicco del mondo della comunicazione. Sono loro a comparire nella lista dei personaggi coinvolti nel giro di abitazioni che ruotano intorno all’imprenditore Anemone, uomo cardine dell’inchiesta sugli appalti. A pubblicare l’elenco di nomi e cognomi è il Giornale di Vittorio Feltri, che non risparmia un lungo pezzo in prima pagina sotto il titolo “Tutte le case della cricca”.

Sono tanti e diversi però, i contatti di ognuno di questi personaggi con l’imprenditore Anemone, rapporti tra i quali è necessario saper distinguere: nell’elenco ci sono, infatti, le case comprate con gli assegni dell’architetto di Diego Anemone, Angelo Zampolini, quelle in cui hanno lavorato le squadre di operai alle dipendenze di Anemone e quelle legate alla congregazione di Propaganda Fide di cui Angelo Balducci era consultore, ma anche gli alloggi “istituzionali” messi in sicurezza dall’imprenditore romano. Non tutti nascondono misteri, dunque.

Sulla «lista Anemone», precisa lo stesso quotidiano “gli inquirenti sono ancora al lavoro. E molti di coloro che sono usciti allo scoperto, ammettendo di aver commissionato i lavori all’imprenditore da poco scarcerato, assicurano comunque di aver pagato tutto regolarmente, e di tasca propria”.

La mappa, compilata spulciando tra gli atti giudiziari dell’inchiesta sugli appalti di G8 e grandi eventi comincia dalla casa del dimissionario ministro Claudio Scajola, a Roma, a pochi metri dal Colosseo, comprata nel 2004 con l’aiuto di quei 900mila euro in assegni circolari emessi da Zampolini. Nel gruppo di case individuato dalla finanza per conto dei pm perugini inseguendo gli assegni firmati Zampolini c’è poi l’abitazione in via Merulana e in via Poliziano, del generale della finanza, distaccato all’Aisi, Francesco Pittorru.

Sempre nel centro di Roma, c’è poi la casa di Alberto Donati, genero del manager delle Infrastrutture Ercole Incalza, in via Emanuele Gianturco, non lontana da piazza del Popolo, comprato ancora grazie all’aiuto fornito dagli assegni circolari di Zampolini.

La mappa della famiglia Balducci. Una mappa a parte – spiega il quotidiano – è quella della famiglia Balducci: il figlio di Angelo, Filippo, ha un appartamento in via dei Cartari, in una traversa di Corso Vittorio Emanuele II. “Appena fuori dalle mura Aureliane la casa di residenza di Angelo Balducci, 23 vani in via delle Mura Latine, intestati alla moglie Rosanna. Ad Angelo sono intestate due case lì accanto, in via Latina, e una terza in via dei Colli della Farnesina. Filippo, oltre alla casa di via dei Cartari ha altri tre appartamenti. Quattro immobili anche l’altro figlio Lorenzo, di cui uno in via della Pigna attenzionato dagli inquirenti. A entrambi i coniugi sono intestati due immobili e una villa a Montepulciano (che emerge dalle intercettazioni perché la moglie richiede interventi di manutenzione ad Anemone), e Balducci possiede anche una casa a San Giorgio di Pesaro e una a Sappada, nelle Dolomiti”.

Tornando all’elenco, la società Fin Posillipo compare a Roma nella lista di Anemone con un immobile nella centralissima via della Scrofa.

Gli inquilini di Propaganda Fide. Nelle vicinanze, in vicolo della Campana, c’è poi la casa del professor Adalberto Thau, cugino della moglie di Balducci. Anche lui – sostiene il quotidiano – sarebbe “annotato” dall’imprenditore. Allo stesso portone c’è anche casa di Antonio Marano, vicedirettore generale della Rai e inquilino delle case di proprietà vaticana di Propaganda Fide.

In via della Conciliazione compaiono anche le case del commissario Agcom Giancarlo Innocenzi, protagonista delle intercettazioni telefoniche disposte dalla Procura di Trani e oggi all’attenzione del Tribunale dei Ministri nella quali Innocenzi veniva sollecitato dal Presidente del Consiglio a intervenire per bloccare una puntata di “Anno zero” sul caso Mills.

Sempre qui abita il presidente dell’Enac Vito Riggio, entrambi in affitto negli appartamenti di proprietà vaticana di Propaganda Fide, di cui Balducci è stato per anni consultore laico. Tra i consultori anche Francesco Silvano, ex manager Telecom vicino a Comunione e Liberazione, e Pasquale De Lise, oggi influente presidente del Consiglio di Stato. Per anni i tre hanno lavorato a fianco del cardinale Crescenzio Sepe, fino all’arrivo di Benedetto XVI, quando il cardinale va a Napoli e alla Congregazione arriva l’indiano Ivan Dias, ex arcivescovo di Bombay. Un ricambio fortemente voluto dal Papa, secondo quanto rivela il quotidiano La Repubblica.

In via del Governo Vecchio, in un’altra casa di Propaganda, il subcommissario per l’Abruzzo della Protezione Civile Luciano Marchetti, mentre il nuovo prefetto dell’Aquila, Giovanna Maria Rita Iurato, è nell’elenco di Anemone «per lavori di falegnameria». In via de’ Coronari, abitano il direttore del Tg1 Augusto Minzolini e il presidente di Trenitalia, Marco Zanichelli. Ancora in centro c’è il palazzetto dell’ex ministro Pietro Lunardi, in via dei Prefetti, acquistato sei anni fa proprio dalla congregazione religiosa. Lunardi ha poi detto di aver incaricato Anemone per dei lavori in una sua proprietà di Parma.

Lo stesso Balducci aveva avvicinato in passato il capo della polizia Antonio Manganelli per proporgli un appartamento in via dei Prefetti. Manganelli rifiutò e, come Gianni De Gennaro, prese casa a Parioli, in via Civinini. In entrambe le case ha lavorato l’impresa di Anemone, ma senza mai finire i lavori. Quegli appartamenti sono di proprietà dell’Enasarco, ente che nella capitale ha diversi appartamenti, anche di proprietà di molti vip.

Ai Parioli c’è una delle case di Guido Bertolaso, in via Bellotti Bon, dove sono comparsi gli operai di Anemone. Il capo della Protezione civile però è nell’elenco del costruttore a causa dell’appartamento di via Giulia, all’angolo con via del Polverone. In Corso Rinascimento aveva casa invece il vicepresidente del Csm Nicola Mancino. Qui ancora una volta fu la ditta Anemone a curare i lavori di messa in sicurezza. “Quando Mancino vendette l’immobile per trasferirsi nel quartiere Trieste-Salario – fa sapere il quotidiano – richiamò l’imprenditore, ma stavolta a sue spese”. Non lontano c’è via Ofanto, dove Anemone aveva annotato il generale della finanza, e vicedirettore dell’Aisi, Paolo Poletti.

I legami tra Anemone e le case portano inoltre a Claudio Rinaldi, ex commissario straordinario per i mondiali di nuoto del 2009 che avrebbe lavorato negli immobili di Rinaldi in via Appia, via Aosta e via Nazionale. La sede della Medea – società di Mauro Della Giovampaola – era invece in via XX Settembre.

Publio Fiori, ex sottosegretario, ora con Rutelli, nella sua casa di via Ruffini, a Prati, ha avuto gli operai di Anemone in casa, ma ha ricordato di aver «sempre pagato gli importi stabiliti mediante assegni e dietro presentazione di fattura». Andrea Monorchio, ex ragioniere generale dello Stato è stato annotato accanto all’indirizzo via Sistina. Monorchio ha detto di non aver mai conosciuto Anemone, e che «i lavori di ristrutturazione li ha fatti il proprietario». In via Gregoriana, c’è poi la casa su tre livelli di Bruno Vespa, affittuario di Propaganda Fide. Stesso proprietario per la la giornalista del Tg5 Cesara Buonamici, che vive non lontano, in via della Vite.

Fonte
Arjuna
00giovedì 3 giugno 2010 15:15
Zampolini parla: "Pagavo io l'affitto del pied-à-terre di Guido Bertolaso"

Collabora il braccio destro del costruttore Anemone: «Balducci favorì Di Pietro per due case»
GUIDO RUOTOLO
INVIATO A PERUGIA

Un’altra scossa arriva da Perugia. E vede traballare sempre di più la posizione del sottosegretario Guido Bertolaso, capo del dipartimento della Protezione civile, già coinvolto nell’inchiesta sui «Grandi eventi», indagato per corruzione per i suoi rapporti con Diego Anemone e la sua «cricca». Adesso arriva la mazzata finale con l'accusa che il suo appartamento di via Giulia veniva pagato mensilmente dall’amico costruttore.

Chissà se è solo un caso che proprio l’altro ieri è tornato sull’argomento che ormai è prossimo a lasciare gli incarichi, dopo nove anni. Ricordate l’architetto Angelo Zampolini, il factotum dell’imprenditore Diego Anemone, quello che è diventato un implacabile accusatore della «cricca»? Bene, è tornato a parlare e oltre a inguaiare Bertolaso ha messo in difficoltà Di Pietro sostenendo che avesse buoni rapporti con Balducci che addirittura gli ha procurato due appartamenti. Il 18 maggio scorso è andato a Perugia e ha messo a verbale: «La casa di via Giulia di Guido Bertolaso la pagavo io, con i soldi che mi dava Anemone, che l’aveva anche ristrutturata».

La casa di via Giulia. Quando uscì l’indiscrezione, la Protezione civile fece pure un comunicato nel quale sostenne che quel piccolo appartamento (innocente) fu messo a disposizione di Guido Bertolaso da «un amico» e «per un breve periodo». Si favoleggiò pure, per giustificare quell’appartamento, che servisse per farsi un riposino. «Repubblica» scovò il proprietario dell’appartamento, Raffaele Curi, che si lamentò dei pagamenti in ritardo del «factotum» di Bertolaso. Ecco, il «factotum» era l’architetto Angelo Zampolini: «Pagavo in contanti - mette a verbale - e una volta il proprietario si lamentò per il ritardo di sei mesi nel pagamento dell’affitto. Gli portai i soldi tutti insieme».

Quel giorno, il 18 maggio scorso, i pm di Perugia chiesero all’architetto anche dei rapporti tra Angelo Balducci e dell’onorevole Antonio Di Pietro. Quel giorno Zampolini rimase sul vago.Quattro giorni dopo, il 22 maggio, l’architetto (una miniera di «notizie criminis») torna in Procura, a Perugia, e prosegue nei suoi ricordi, più nitidi almeno sul punto dei rapporti tra Di Pietro e Balducci. E continua a mettere a verbale le sue accuse.

Di Pietro e Balducci. L’ex ministro dei Lavori pubblici, a metà febbraio, intervistato dal «Riformista» era stato costretto a difendersi dalle accuse di aver promosso l’ex Provveditore ai lavori pubblici di Roma: «Non è vero. L’ho spostato due volte dagli incarichi. Non potevo licenziarlo. Da presidente del Consiglio dei Lavori pubblici l’ho spostato a capo del Dipartimento per le infrastrutture». E ieri si è difeso di nuovo: «Escludo in modo categorico di aver preso nè uno nè due appartamenti in affitto da Propaganda Fide nè a nome mio nè a nome dell’Italia dei Valori. Chiederò agli inquirenti di saperne di più su questa vicenda per poter tutelare il mio nome e quello del partito da eventuali millantatori».

Ecco, l’architetto Zampolini, grande frequentatore di quella «cricca» composta tra gli altri proprio da Anemone e Balducci, ha ricordi diversi: «Non è vero - esordisce - che Balducci fu cacciato da Di Pietro. I due erano in buoni rapporti. Ricordo che grazie all’intervento di Balducci, Di Pietro ottenne due appartamenti in affitto da Propaganda Fide». Non solo: «Balducci disse che Di Pietro lo pressava perché voleva essere introdotto in Vaticano».

Angelo Balducci, consultore della congregazione «Propaganda fide», proprietaria di un vasto patrimonio immobiliare nel cuore della capitale stimato in circa nove miliardi di euro. Ha i ricordi nitidi, l’architetto Zampolini: «Ricordo che uno dei due appartamenti si trovava in via della Vite e credo che Di Pietro l’ha utilizzato come sede del partito (in realtà è sede del giornale di Idv, ndr). So che la ristrutturazione di quell’appartamento fu fatta da Anemone e che l’affitto era minimo». Una prassi. Anche Cesara Buonamici, la conduttrice del Tg5, ha un appartamento nello stesso stabile di via della Vite. E quando uscì il suo nome tra quelli della lista Anemone, la giornalista precisò: «I lavori di ristrutturazione non sono stati commissionati dalla sottoscritta ma dall’ente».

Torniamo all’esponente di Italia dei Valori. Prosegue l’architetto: «L’altro appartamento preso in affitto si trova in via Quattro Fontane. Credo che sia utilizzato dalla figlia di Di Pietro. Anche in questo caso la ristrutturazione è stata fatta da Anemone. Fu Anemone, o uno dei suoi collaboratori, che mi disse che stava facendo i lavori di ristrutturazione per Di Pietro».

Zampolini racconta un inedito ministro dei Lavori pubblici: «Di Pietro osteggiava i lavori per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, che invece erano sostenuti dal presidente Prodi e da Rutelli. Ha acconsentito quando nell’elenco dei lavori è stato inserito l’Auditorium di Isernia, un appalto di 20 milioni di euro».

E infine, quasi volendosi togliere un sassolino dalla scarpa, l’architetto Zampolini parla di sé, o meglio delle discriminazioni che sostiene di aver subito: «Quando iniziarono i lavori per il 150° anniversario e per La Maddalena, i miei progetti furono scartati per far lavorare l’architetto Stefano Boeri, su indicazione di Prodi e Rutelli, e l’architetto Napoletano su indicazione di Walter Veltroni».

Fonte
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