Pugnali volanti in Vaticano

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Etrusco
00martedì 22 settembre 2009 18:07



VIAN CON IL VENTO (MAGISTER DI VITA!)
- AL POSTO DELL'ALTARE METTETE UN RING!
- IL DIRETTORE DELL´OSSERVATORE ROMANO "ISPIRATORE" OCCULTO DI UN ARTICOLO ANTI-RUINI
- FELTRI PUBBLICA UN PEZZO CON FIRMA FITTIZIA CHE DEMOLISCE LA COPPIA RUINI-BOFFO
- SANDRO MAGISTER, RUINATISSIMO VATICANISTA DELL'ESPRESSO, MASCHERA IL 'PAP'OCCHIO'


1- MAGISTER: "VIAN ISPIRATORE DI UN ARTICOLO ANTI-RUINI"
O.l.r. per "la Repubblica"


Il direttore dell´Osservatore Romano, Giovanni Maria Vian, sarebbe l´«ispiratore» occulto di un articolo pubblicato sabato scorso su Il Giornale nel quale si accusa il cardinale Ruini di aver difeso Dino Boffo, «mettendo a repentaglio l´immagine della Chiesa».
Lo scrive nel suo blog Settimo Cielo il vaticanista Sandro Magister.
«Elucubrazioni», tagliano corto in Vaticano.

Mentre Vian ironizza: «L´amico Magister è uno dei più colti, raffinati e acuti vaticanisti. Per questo le sue recenti incursioni nel Fantavaticano, lasciano presagire un suo sicuro successo anche in questo genere letterario di cui sono appassionato».



2- ULTIME SUL CASO BOFFO E "IL GIORNALE". UN RETROSCENA
Dal blog di "Settimo Cielo" di Sandro Magister


Sul "Giornale" di sabato 19 settembre,
Diana Alfieri ha difeso la giustezza della campagna condotta dal quotidiano diretto da Vittorio Feltri contro "l'idoneità morale" di Dino Boffo.
Ha accusato la conferenza episcopale italiana e in particolare il cardinale Camillo Ruini
d'aver mantenuto Boffo alla direzione dei media cattolici "mettendo con ciò a repentaglio l'immagine della Chiesa agli occhi dei suoi stessi fedeli".

Ha escluso che il direttore dell'"Osservatore Romano" Giovanni Maria Vian e la sua collaboratrice Lucetta Scaraffia abbiano a che fare con "la falsa congiura laicista" messa in circolo per "salvare la faccia a Boffo e ai suoi santi protettori". Ha rivendicato uno zio partigiano di Vian per comprovare la sua ruggine con Gianfranco Fini. E ha concluso con una lunga citazione del papa che invoca "purezza e verità".

L'articolo è riprodotto integralmente più sotto, a partire dal suo sopratitolo: "Retroscena".

Ma il retroscena più interessante è un altro. Diana Alfieri non è una persona in carne ed ossa. È un "nom de plume", una firma fittizia d'uso corrente al "Giornale", come Telesio Malaspina a "L'espresso". Il "non de plume" serve a coprire l'autore vero, la persona reale che è in definitiva l'ispiratore ultimo dell'articolo. Cioè, in questo caso, Giovanni Maria Vian.

Di certo, non c'è "summa" meglio costruita di questo articolo per svelare il pensiero del direttore dell'"Osservatore Romano" in merito all'attacco che ha portato Boffo alle dimissioni. Un pensiero già in precedenza niente affatto recondito, e ribadito fin dall'esordio dell'articolo con le parole stesse di Feltri: "Sono affari interni alla Chiesa".

Pubblicato all'antivigilia del consiglio permanente della CEI, l'articolo è in effetti tutto intraecclesiastico. Da combattimento. La scelta dei nuovi direttori di "Avvenire", di Sat 2000 e di RadioInBlu fa parte della partita. Vian ha sempre detto d'avere il sostegno pieno del segretario di Stato vaticano, il cardinale Tarcisio Bertone.

Dirige "L'Osservatore Romano", che come marchio non ha pari. Al "Corriere della Sera" è fonte primaria per le notizie di Chiesa. È ospite di riguardo al "Giornale" di Feltri. È eminenza grigia al "Giornale di Brescia", di cui ha candidato il direttore per succedere a Boffo. Se piegasse anche "Avvenire" si concentrerebbe in lui un potere mediatico di prima grandezza.

Da professore di filologia, Vian sbocciò al giornalismo proprio grazie a Boffo, che lo valorizzò come editorialista di "Avvenire". E con lui e per lui scrisse molto, fino all'ultimo. Oggi, sullo stesso Boffo e dintorni, ecco invece che cosa ha pubblicato "il Giornale".



3 - RETROSCENA: QUELLA FALSA CONGIURA LAICISTA PER COPRIRE LA VERITÀ SU BOFFO
di Diana Alfieri


Aveva detto bene Vittorio Feltri, direttore del "Giornale", nel giorno delle dimissioni di Dino Boffo dalla direzione di Avvenire: «Sono affari interni alla Chiesa». E infatti tra i contraccolpi tardivi del caso Boffo, il più rilevante sembra essere lo stato di autointossicazione acuta che si sta producendo nel mondo cattolico.

Nell'approccio alle conseguenze dello scandalo s'era notato fin da subito un diverso atteggiamento fra i due poteri della Chiesa: la Segreteria di Stato vaticana da una parte e la Conferenza episcopale italiana dall'altra. A questa spaccatura si sono date svariate interpretazioni.

Tutti i giornali laici hanno cercato di leggervi motivazioni squisitamente politiche: la ragione per cui Boffo sarebbe stato smascherato per i suoi poco onorevoli trascorsi giudiziari sarebbe da ascriversi ai ripetuti attacchi sferrati da "Avvenire" ai comportamenti privati del premier e alla politica di rigore del governo sull'immigrazione.

Come se il nodo da affrontare fosse quello dei rapporti fra la Santa sede e Palazzo Chigi. Invece la questione sollevata dal "Giornale" aveva tutt'altro aspetto, e certo non secondario per i credenti: l'idoneità morale - qui non si discute quella professionale - del direttore di "Avvenire" a rappresentare il mondo cattolico. Una faccenda ben più scottante, per chi frequenta i sacramenti, che non le notti allegre di Silvio Berlusconi.

Non stupisce che i giornali della sinistra abbiano scritto che dalle sorti di Boffo sarebbero dipese quelle del rapporto fra la Chiesa e il governo Berlusconi: nel nostro Paese si tende a dare una lettura politica a qualsiasi fatto, immiserendo ogni vicenda a un referendum pro o contro il Cavaliere. Lascia invece sbalorditi che a dilettarsi in questo sport nazionale siano stati giornali di area cattolica o del centrodestra.

Il primo a riprendere la fantomatica ricostruzione di una congiura anti Pdl a favore di un grande centro che comprenderebbe anche Gianfranco Fini è stato "Libero". Sfruttando notizie risapute ai più, e comunque non certo segrete, a cominciare dalla conoscenza personale che lega il direttore dell'"Osservatore Romano", Giovanni Maria Vian, a Ernesto Galli della Loggia e all'ex direttore del "Corriere della Sera", Paolo Mieli, il quotidiano ha proposto con successo (è stato ripreso lunedì dal "Foglio" di Giuliano Ferrara) uno scenario di congiura laicista contro la Chiesa.

Ne ha fatto le spese anche la storica Lucetta Scaraffia, colpevole d'essere moglie di Galli della Loggia nonché collaboratrice tanto dell'"Osservatore" quanto del "Corriere", bersagliata per un articolo giudicato da "Libero" addirittura antipapista (dimenticando, però, che la presunta nemica di Giovanni Paolo II citava a favore del suo ragionamento un'enciclica del Papa polacco, l'"Evangelium Vitae").

L'assurda ricostruzione è stata prontamente ripresa il giorno dopo da "Avvenire" e poi dal sito del vaticanista dell'"Espresso", Sandro Magister, notoriamente molto vicino al cardinale Camillo Ruini. «Un dato certo è che alcuni circoli cattolici, assecondati da prelati, mostrano un febbrile interesse a che prenda vita in Italia una nuova formazione politica di centro, nella quale i cattolici e la Chiesa possano trovarsi "di casa". Questo interesse appare acuito dopo la tempesta che ha investito Avvenire, con le dimissioni del suo direttore Dino Boffo», ha suggerito Magister nel suo blog.

Se non che l'insistenza dei media cattolici vicini a Ruini nell'avvalorare la cervellotica congettura cozza contro alcuni dati di fatto che smontano la tesi del complotto. Fra questi, la scarsa simpatia che corre fra Vian e Fini, rivelata mesi fa dalla durezza con cui il direttore dell'"Osservatore" ha risposto alle insinuazioni del presidente della Camera sulle presunte colpe della Chiesa nella Shoah. Fini si sarà anche completamente ripulito dal suo ingombrante passato, ma si dà il caso che lo zio di Vian, Ignazio, sia stato uno dei più illustri eroi della Resistenza.

L'inconsistenza dello scenario di congiura prospettato da chi tenta di buttare lo scandalo in politica nella speranza di salvare la faccia a Boffo e ai suoi santi protettori fa il paio con la strategia diversiva applicata da chi a suo tempo volle mantenere il direttore di "Avvenire" alla direzione dell'intera galassia dei media cattolici nonostante fosse a conoscenza delle molestie a sfondo sessuale sanzionate dal giudice di Terni: se è tutto un gioco politico, nessuno si chiederà se la denuncia del "Giornale" è vera e se le gerarchie della Cei hanno peccato di poca prudenza, o di eccessiva indulgenza, mettendo a repentaglio l'immagine della Chiesa agli occhi degli stessi fedeli.

Le parole pronunciate da Benedetto XVI domenica scorsa all'Angelus sono cadute su questo scenario - che si potrebbe definire, dal punto di vista cristiano, miserabile - come una sciabolata di luce che ne cambia completamente la prospettiva: «Mi piace citare uno scritto di San Giovanni Crisostomo, uno dei grandi Padri della Chiesa», ha detto il Papa. «Uno può anche avere una retta fede nel Padre e nel Figlio, così come nello Spirito Santo, ma se non ha una retta vita, la sua fede non gli servirà per la salvezza.

Quando dunque leggi nel Vangelo: "Questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio", non pensare che questo verso basti a salvarci: sono necessari una vita e un comportamento purissimi». E alla fine, affidandosi alla Madonna: «Impariamo da lei a testimoniare la nostra fede con una vita di umile servizio, pronti a pagare di persona per rimanere fedeli al Vangelo della carità e della verità». Purezza e verità. Più chiaro di così...

Continuando a prospettare retroscena politici inesistenti, certi cattolici lasciano cadere nel vuoto le parole del pontefice, non le ascoltano, non pensano d'essere chiamati a rispondere sul piano alto da lui proposto come l'unico su cui la Chiesa deve affrontare questa crisi.

Anzi, abbassando il livello della discussione, sembrano ansiosi soprattutto di sfuggire all'obbligo di affrontare il nodo vero della questione, cioè quello della verità sul caso Boffo. E, quando si nega la verità, la si occulta, poi è facile costruire e avvalorare false versioni, ricostruzioni rocambolesche, cioè continuare nella menzogna.
Proprio quello che il Papa ha chiesto di non fare.


(Da "il Giornale" di sabato 19 settembre 2009).



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