Riserva del Sacro Monte di Varallo

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Etrusco
00martedì 15 dicembre 2009 14:11
Valsesia
Monte di Varallo
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Il Sacro Monte di Varallo costituisce, tra i Sacri Monti esistenti, l'esempio più antico e di maggior interesse artistico.

Consta di una basilica e di 45 cappelle affrescate e popolate da oltre 800 statue ed è situato nel comune di Varallo, in Valsesia.

Assieme agli altri Sacri Monti situati tra il Piemonte e la Lombardia
è stato dichiarato a Parigi il 4 luglio 2003 patrimonio mondiale dell'umanità [1].

L'area in cui sorge fa parte di una riserva naturale della Regione Piemonte, la Riserva naturale speciale del Sacro Monte di Varallo.


Punti d'interesse naturalistici e artistici...





La Mappa


La storia

L'idea dell'edificazione di un Sacro Monte posizionato su di un'imponente parete rocciosa che sovrasta l'abitato di Varallo fu concepita nel 1481 dal frate francescano Padre Bernardino Caimi. Alla base del progetto vi era il desiderio di riprodurre, a beneficio dei fedeli, i luoghi emblematici della Terra Santa: doveva rappresentare un'alternativa al pellegrinaggio, divenuto pericoloso, in una Palestina occupata dai Turchi; di qui l'espressione Nuova Gerusalemme, successivamente impiegata per identificare il Sacro Monte.

In aggiunta, vi era un'intenzione pedagogica, cara alla spiritualità francescana, di promuovere l'immedesimazione dei fedeli con la figura di Gesù Cristo: da qui il progetto di un percorso devozionale sulle tracce della memoria dei luoghi sacri al cattolicesimo, popolata con le scene del racconto evangelico.

Nei 1486, ricevute - grazie anche ai buoni rapporti con Ludovico il Moro - le necessarie autorizzazioni e contando su importanti donazioni, Padre Caimi poté vedere iniziare l'edificazione della chiesa di Santa Maria delle Grazie, annessa al convento francescano, e contestualmente quella delle prime cappelle del Sacro Monte.

Nel 1491 risultavano terminate le cappelle del Santo Sepolcro, dell'Ascensione e della Deposizione (da quest'ultima proviene verosimilmente il Compianto ligneo, opera dei milanesi fratelli De Donati, ora alla Pinacoteca civica di Varallo).

La morte, nel 1499, di Padre Caimi non arrestò il programma di edificazione, stante anche la notorietà che il Sacro Monte iniziava ad avere come meta di pellegrinaggi devozionali e l'approvazione ricevuta dal Ducato di Milano.
Importanza dell'opera di Ferrari ed Alessi [modifica]
Antica veduta della piazza del Tempio

Regista - dal 1507 al 1528 - dell'impresa del Sacro Monte fu un pittore, scultore ed architetto di Valduggia, Gaudenzio Ferrari, progettista di alcune cappelle, autore di numerose statue (dapprima lignee, poi in terracotta) e di affreschi che fanno da sfondo alle scene sacre. Suo è anche, a conti fatti, il lascito poetico che segnerà le produzioni artistiche successive.

Quando Ferrari lasciò il Sacro Monte, il luogo sacro aveva ormai una relativa maestosità scenica. Con la credita dell'afflusso dei fedeli (tra i pellegrini illustri si ricorda Sant'Angela Merici, fondatrice delle Orsoline, il duca Francesco II Sforza, la futura madre di san Carlo Borromeo ed altri ancora), altri artisti gli subentrarono, a cominciare dai suoi allievi Bernardino Lanino, Giulio Cesare Luini, Fermo Stella da Caravaggio; più tardi salirono al Monte, tra gli altri, Giacomo Paracca di Valsolda (l'artefice della crudelissima Strage degli innocenti) e i fratelli Della Rovere detti i Fiammenghini.

Negli anni 1565-68 i lavori proseguirono sotto la direzione dell'architetto Galeazzo Alessi, che concepì una nuova disposizione delle cappelle, non più su base topologica (con l'evidenza dei luoghi di Nazaret, di Betlemme ed altri), ma cronologica, per seguire le tappe del cammino terreno di Gesù.
Basilica dell'Assunta: Assunzione di Maria in cielo

A partire dalla seconda metà del Cinquecento è san Carlo Borromeo a occuparsi della sorte del Sacro Monte. Il santo vi fa visita per ben quattro volte ed il suo carisma accresce ancor più il prestigio della Nuova Gerusalemme. Un sacello presso la Cappella del Sepolcro ricorda il luogo in cui il Santo amava raccogliersi in preghiera.

Anche gli esponenti di Casa Savoia, a partire dalla visita di Carlo Emanuele I, nel 1584, dimostrarono uno speciale interessamento nei riguardi di questo luogo sacro.
I cambiamenti del Seicento [modifica]

Dopo un qualche rallentamento dei lavori nell'ultima parte del XVI secolo, all'inizio del XVII secolo si ebbe una vistosa ripresa della costruzione del grandioso complesso sotto l'impulso e l'attenta sovrintendenza del vescovo di Novara Carlo Bascapè, che segue nella dottrina e nelle opere il magistero di san Carlo Borromeo.

Si aggiunsero nuove cappelle dedicate ai momenti salienti della Passione di Cristo, alla cui decorazione furono chiamati artisti come il pittore perugino Domenico Alfano, lo scultore di origine fiamminga Giovanni Wespin, detto il Tabacchetti ed, infine, un artista di prima grandezza nel panorama del panorama pittorico lombardo del primo Seicento, Pier Francesco Mazzucchelli detto il Morazzone.
La Scala Santa e la Basilica [modifica]

Ma le tappe artisticamente più significative - che ruotavano attorno alla costruzione del Palazzo di Pilato con la Scala Santa, costruita sul modello di quella romana di San Giovanni in Laterano - ebbero come protagonisti artisti locali provenienti da Alagna Valsesia appartenenti ad una medesima famiglia: si trattava dell'architetto e scultore Giovanni d'Enrico e dei suoi fratelli pittori, Melchiorre ed Antonio. Quest'ultimo - noto con il nome di Tanzio da Varallo - raggiunse i fratelli al Sacro Monte di ritorno dal suo apprendistato romano, autore degli affreschi delle cappelle della Passione.

Sempre in quegli anni - esattamente nel 1614 - per impulso di Bescapè, ebbe inizio la costruzione della Basilica dell'Assunta, su disegni di Bartolomeo Ravelli e di Giovanni d'Enrico. La sua costruzione si sviluppò per tappe successive protraendosi sino al 1713.

Nel 1649, dopo il completamento del presbiterio e del coro, si trasportò al suo interno l'antica statua lignea della Madonna Dormiente (posta attualmente nella settecentesca cripta chiamata Scurolo e riconosciuta come opera precoce di Gaudenzio Ferrari) che divenne oggetto di speciale devozione.

Nel 1678 anche la cupola della basilica poteva considerarsi terminata, con la collocazione delle statue policrome in terracotta che la decorano in guisa di Paradiso.

I secoli successivi videro il completamento della facciata della basilica assieme a rifacimenti e ad alcune estensioni del complesso delle cappelle. Notevoli, a partire dal primo Novecento, sono i sempre più urgenti impegni manutentivi. L'ultimo, in ordine cronologico, ha riguardato il restauro nel 2006 il restauro della Cappella della Crocifissione.
Vedute del Sacro Monte [modifica]

Cappelle dell'Annuncizione (gruppo con le cappelle II, III, IV)


Cappella XXVI, Il pentimento di S. Pietro


Particolare della piazza del Tempio


Facciata della Basilica
Il profilo artistico [modifica]
Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Cappelle del Sacro Monte di Varallo.

Il fascino della complessa architettura della "Nuova Gerusalemme" e la reputazione di Gaudenzio Ferrari non sono riusciti, sino a tempi relativamente recenti, ad attrarre l'attenzione degli storici dell'arte. Nel 1855, un pittore inglese, direttore della National Gallery, così si esprimeva a proposito delle statue che popolano le cappelle: "Il Sacro Monte è una assurda eposizione di statue dipinte e vestite nello stile di Madame Tussaud (ma molto inferiori ad esse), anche se i soggetti sono di natura sacra.".

Tra i pochi visitatori dell'Ottocento capaci di cogliere appieno, senza artificiose partizioni in generi artistici, il genio di Gaudenzio Ferrari ed il suo ruolo di regista del Sacro Monte, va menzionato l'eccentrico scrittore inglese Samuel Butler: una lapide nel loggiato ne ricorda l'appassionato soggiorno.

Ancora nella sesta decade del secolo scorso, tra gli storici dell'arte - tranne poche eccezioni riguardanti per lo più studiosi di arte piemontese e lombarda - il giudizio sul Sacro Monte rimane ancorato allo stereotipo dell'"arte popolaresca", e le sue statue sono considerate "pupazzi da presepe".

Chi più di altri ha contribuito ad affermare il valore del Sacro Monte - divenuto per lui oggetto di un innamoramento artistico che è durato per tutta la sua vita - è lo scrittore, drammaturgo e critico d'arte Giovanni Testori. A lui la municipalità di Varallo ha voluto dedicare una piazza all'inizio del percorso che porta alle cappelle. Sua è l'espressione "gran teatro montano", utilizzata per connotare il complesso architetturale del Sacro Monte e l'effetto scenico delle cappelle, con gli attori principali, plasticati in terracotta policroma, posti in primo piano, ed una serie di astanti che si affacciano illusivamente dalle pareti affrescate, come nella figurazione di una "laude medievale" che coinvolge un intero paese.

Gaudenzio Ferrari, negli anni di permanenza a Varallo, mette al servizio dell'edificazione del gran teatro montano le sue qualità di architetto, pittore, scultore: un impegno appassionato, che non conosce momenti di ripiego. dalle statue della cappella dell'Annuncizione (ca. 1510) al formidabile complesso di statue ed affreschi che vibrano di drammaticità nella cappella della Crocifissione (1520-23).

Ad essi la critica di Testori restituisce la dignità di uno dei punti alti dell'arte rinascimentale in Italia, sia pure di un'arte che, per essere apprezzata, richiede l'abbandono dei canoni estetici "aurei" della più celebrata cultura umanistica, per lasciarsi attrarre dalla "realtà umana" di una terra e di un paese per il quale è "il cuore che governa le ragioni della forma" e non viceversa.

Così Testori si esprime a proposito delle statue-manichino dell'Annunciazione:
« Come se la poesia potesse salir in cielo solo per creature nutrite di mitologia e di potenza, e non anche per creature nutrite della loro povertà, della loro incommensurabile fiducia nel fatto di essere nate lì, in una valle, in un paese, e di dover Il tutto risolvere della loro esistenza; e lì trovare i propri dei. Finanche gli dei della bellezza. Ché mai visi furon più colmi di luce; mai labbra più straripanti di tenerezza e d'amore. »

(G. Testori, Elogio dell'arte novarese, 1962)

Gaudenzio Ferrari, il patriarca del Monte, è l'autore delle statue e dei dipinti delle cappelle V (I Magi a Betlemme), VIII (Presentazione al Tempio), XXXVIII (Crocifissione), XL (La Pietà); sue sono anche statue che troviamo nelle cappelle II (Annunciazione), VI (Natività), VII (Adorazione dei pastori); XXXII (Gesù sale la scala del Pretorio), e, verosimilmente, anche la statua del Cristo morto nella cappella del Santo Sepolcro e quella della Madonna Dormiente, ora posta nello "Scurolo" della basilica.

L'impronta lasciata da Gaudenzio Ferrari fa dunque emergere sopra la parete di Varallo una sorta di "genius loci", che riesce a tenere legate a sé - pur nella evoluzione dei linguaggi adottati - le opere dei tanti artisti che, nei secoli, si avvicendano nella fabbrica del Sacro Monte. Le stesse raccomandazioni dei committenti esortano gli artisti a riprendere i moduli compositivi di Gaudenzio; ed è tale genio del luogo a manifestarsi in modo spontaneo nelle opere di chi, come i fratelli D'Enrico (Giovanni, Melchiorre, ed Antonio), ha respirato l'aria di quella stessa valle.

È sempre Testori a porre in risalto la grandezza di quell'infaticabile plasticatore, capace di straordinario realismo, che fu Giovanni d'Enrico. Le sue migliori statue tengono il confronto con quelle di Gaudenzio. Il lavoro di architetto e le statue che egli ha realizzato in una ventina di cappelle lo consacrano, dopo il patriarca Gaudenzio, come secondo regista del Monte.

A Varallo si esprime anche, con tutta la sua capacità di dar forma pittorica ad una gamma estremamente variegata di tipi umani, con fisionomie ed espressioni velocemente tratteggiate, la forza poetica del fratello minore di Giovanni d'Enrico, noto come Tanzio da Varallo: un altro artista che Testori ha amato moltissimo.

In effetti, tra i punti più alti di teatralità e di senso di angoscia presenti nella "Nuova Gerusalemme", si devono menzionare le cappelle (Gesù al tribunale di Pilato, Gesù davanti ad Erode, Pilato si lava le mani) che vedono la collaborazione dei due fratelli:
« [In queste cappelle] tutto viene da un'urgenza di vita in atto, di rappresentazione colta nel suo massimo movimento e perciò tutto sta perennemente aperto come sul palcoscenico di un teatro che abbia la forza di trascinare continuamente a sé nuova vita e nuova morte. »
Etrusco
00martedì 15 dicembre 2009 16:09
Sacro Monte o Nuova Gerusalemme di Varallo Sesia

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