Tarek Aziz condannato a morte
Era il numero 2 di Saddam Hussein
di Lorenzo Trombetta
BEIRUT/BAGHDAD - L'anziano e malato Tareq Aziz, ultimo ancora in vita dei collaboratori eccellenti del deposto regime di Saddam Hussein, è stato condannato a morte oggi dall'Alta corte di Baghdad per il suo coinvolgimento nelle persecuzioni contro i partiti sciiti iracheni negli anni '80, durante la guerra contro l'Iran, dove i musulmani sciiti sono la stragrande maggioranza. Gli avvocati difensori di Aziz, che ora hanno tempo un mese per fare appello, definiscono la sentenza "inaspettata" quanto "esagerata", e annunciano che chiederanno anche al Vaticano di intervenire per "metter fine all'ingiusto trattamento subito" dall'ex ministro degli esteri ed ex vice premier iracheno. Aziz, apparso oggi in aula visibilmente provato con indosso una camicia azzurra e con apparecchi acustici contro la sordità, ha ascoltato la sentenza appoggiato alla sbarra.
E' stato condannato alla pena capitale assieme all'ex ministro degli interni Saadun Shaker e al segretario personale del deposto rais, Abed Hammud. "Il fatto di aver accomunato Aziz a questi due personaggi è sicuramente un errore", ha affermato Mario Lana, presidente dell'Unione forense per la tutela dei diritti umani e consigliere per i diritti umani del collegio difensivo di Aziz, che segue tutti i processi che riguardano l'ex numero due iracheno. "Forse Aziz - ha detto Lana - è stato accomunato ad altri due imputati eccellenti che con tutta probabilità sono responsabili di questo crimine". In carcere sin dall'aprile 2003, l'ex vice premier sta scontando dal 2009 una pena di quindici anni per il suo coinvolgimento nell'uccisione di 42 commercianti di Baghdad avvenuta nel 1992. La sentenza odierna si riferisce invece alle responsabilità dell'allora regime di Saddam nelle epurazioni di alti quadri delle formazioni politiche sciite, in particolare del partito Daawa, all'epoca clandestino ma dal 2006 alla guida del governo con il premier uscente Nuri al Maliki. Secondo Ziad Aziz, figlio dell'ex ministro degli esteri iracheno, la condanna a morte inflitta al padre "é frutto di una sentenza politica". "E' una vendetta contro tutto quel che é successo in Iraq", ha affermato da Amman, in Giordania, Aziz jr. E sempre dalla capitale giordana, Badia al Aref, uno degli avvocati difensori più vicini all'ex vice premier, ha oggi annunciato che "la difesa ricorrerà in appello per far annullare questa sentenza, inaspettata ed esagerata".
Quando nel luglio scorso Tareq Aziz era stato trasferito da Camp Cropper, la prigione militare Usa nei pressi di Baghdad, al carcere iracheno di Kazimiya, nella capitale, in molti avevano temuto per le instabili condizioni di salute dell'ex braccio destro di Saddam, e l'avvocato giordano si era personalmente recato a Baghdad per chiedere alle autorità irachene di liberare il suo assistito. Aref, secondo cui Tareq Aziz sarebbe rimasto "scioccato" nell'ascoltare le parole del giudice, ha annunciato che gli avvocati difensori stanno preparando una lettera da inviare in Vaticano perché intervenga nella questione.
UE, ITALIA E S.SEDE, SI FERMI IL BOIA
di Eloisa Gallinaro
La sentenza non venga applicata: dall'Italia e dalla Comunita' internazionale tutta, da destra e da sinistra, l'appello contro la condanna a morte di Tareq Aziz e' unanime. Ed e' condivisa la convinzione che l'esecuzione dell'ex braccio destro di Saddam Hussein, a quasi dieci anni dalla caduta del regime, sia inutile e dannosa per le 'prove ' di evoluzione democratica dell'Iraq. Anche il Vaticano scende in campo facendo sapere che, pur nella massima prudenza, interverra' attraverso vie diplomatiche. Contro la pena capitale inflitta dall'Alta Corte di Baghdad al cattolico caldeo Aziz e' in prima linea il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che da Pechino, dove si trova in visita accompagnato dal ministro degli Esteri Franco Frattini, annuncia la richiesta all'Iraq di bloccare l'esecuzione e il sostegno alla presa di posizione di condanna dell'Unione europea. Secondo l'Alto rappresentante per la politica estera dell'Ue, Catherine Ashton, che chiedera' alle autorita' di Baghdad di bloccare l'esecuzione, la pena di morte ''non e' accettabile'' per l'Europa.
Una posizione condivisa, a nome dell'esecutivo, dal titolare della Farnesina, e una prima, netta, risposta, alla richiesta di Giovanni Di Stefano, uno degli avvocati di Tareq Aziz che, a suo nome, ha scritto due lettere - al governo e a papa Benedetto XVI - chiedendo aiuto per poter ''vivere in pace in Italia''. A un altro legale, Badia al-Aref, che preannuncia una richiesta al Vaticano perche' fermi l'esecuzione, risponde il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi. La Santa Sede - scrive Lombardi - si augura che ''la sentenza contro Tareq Aziz non venga eseguita, proprio per favorire la riconciliazione e la ricostruzione della pace e della giustizia in Iraq dopo le grandi sofferenze attraversate''. La decisione del tribunale iracheno ''non aiuta la costruzione di un nuovo Iraq democratico'' ed e' ''assolutamente inutile'' e' il commento dei sottosegretari agli Esteri Stefania Craxi e Alfredo Mantica. Il presidente dell'Udc, Rocco Buttiglione, chiede ''clemenza'' e Roberto Formigoni, governatore della Lombardia, vuole una ''mobilitazione internazionale'' per risparmiare la vita del ''volto ragionevole'' del regime di Saddam, come lo ha definito il Custode del Sacro Convento di Assisi, padre Giuseppe Piemontese.
''Un nuovo delitto'': cosi' Pietro Marcenaro (Pd), presidente della commissione Diritti Umani, giudica la condanna a morte dell'ex vice premier iracheno. Un coro di no all'esecuzione giunge anche dal Parlamento europeo: da David Sassoli, capogruppo Pd, a Mario Mauro, presidente dei deputati del Pdl. E mentre Emma Bonino pensa che la condanna sia ''un modo per tappargli la bocca'', Marco Pannella annuncia uno sciopero immediato della fame e della sete.
Fonte:
Repubblica