il segreto più segreto della Guerra Fredda

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Etrusco
00mercoledì 14 novembre 2007 02:04
Perseo: George Koval
LA SPIA CHE VENNE DALL’IOWA – PUTIN SVELA L’IDENTITÀ DI PERSEO, LO 007 CHE S'INFILTRÒ NEL PROGETTO MANHATTAN SU ORDINE DI STALIN E “PASSÒ I SEGRETI DELL'ATOMICA USA” - GEORGE KOVAL È MORTO A 94 ANNI. PER “L’AMICO VLADIMIR” È UN EROE DELLA RUSSIA…




Paolo Valentino per il “Corriere della Sera”



Per decenni i russi lo avevano indicato solo con un nome mitologico: Perseo, il figlio di Zeus che uccise la Medusa, pietrificò Atlante e liberò Andromeda. Era il segreto più segreto della Guerra Fredda. Taceva Mosca, di cui era l'orgoglio. E taceva Washington, che non poteva certo rendere pubblica la spy story forse più imbarazzante del Dopoguerra.

Ma il 2 novembre scorso, ci ha pensato Vladimir Putin a rivelare chi fosse veramente George Koval, morto ultranovantenne a Mosca nel gennaio 2006. Nel conferirgli postuma la massima onorificenza militare, quella di eroe della Federazione Russa, il leader del Cremlino lo ha celebrato come «il solo agente dell'intelligence sovietica che riuscì a infiltrare il Manhattan Project», il progetto che tra il 1941 e il 1946 diede agli Stati Uniti l'arma nucleare.
«Il suo lavoro accelerò di molto i tempi per la costruzione della bomba atomica dell'Unione Sovietica», ha detto Putin, anche lui creatura dei servizi e mai a disagio quando si tratta di celebrare le imprese dei suoi antesignani.


(Vladimir Putin con i soldati russi - Foto Lapresse)


Una delle spie più importanti del Ventesimo secolo. Di rilevanza pari, se non superiore a George Blake, il doppio agente inglese del cosiddetto gruppo di Cambridge, che proprio ieri il Servizio segreto russo ha festeggiato, concedendogli un'altra decorazione. Negli Anni 50, Blake, che vive a Mosca e fa ancora professione di lealtà al socialismo, consegnò ai sovietici i nomi di centinaia di agenti occidentali. Venne scoperto, processato e condannato a 42 anni di carcere, ma nel 1966 fuggì dalla prigione londinese dov'era rinchiuso.

George Koval però è stato qualcosa di più. Rivista, riconnessa e finalmente raccontata da storici, ex agenti dell'intelligence americana e vecchi amici, la storia di Koval è infatti da manuale dello spionaggio, vicenda personale e familiare straordinaria ma reale, in grado di far impallidire la fantasia dei migliori scrittori del genere.

Era americano, George Koval, nato nel 1913 nell'Iowa dei campi di granturco, da Abraham e Ethel Koval, ebrei con la passione del comunismo.
Giocava bene a baseball, parlava l'inglese con l'accento del Midwest. «Era amichevole, sensibile e molto intelligente», ricorda Stewart D. Bloom, fisico nucleare che fu suo compagno al City College di Manhattan, considerato la Harvard dei poveri, dove l'esercito lo aveva mandato a studiare ingegneria elettronica.

Era il 1943 e George Koval era già una talpa, incredibilmente piazzata dal Gru, i servizi militari sovietici, nel cuore del sistema di sicurezza e di difesa degli Stati Uniti. Com'era stato possibile? Militanti duri e puri, stalinisti incrollabili, nel 1932, al culmine della Grande Depressione, i suoi genitori erano emigrati con George non ancora ventenne in URSS, per stabilirsi a Birobidzhan, la mini-repubblica siberiana creata da Stalin per farvi abitare gli ebrei. Due anni dopo, studente fra i più bravi dell'Istituto Mendeleev, George era stato reclutato dall'intelligence militare e nel 1940 rispedito negli Stati Uniti, all'inizio sotto falso nome.

Pochi anni dopo, ripresa la sua vera identità e spacciandosi per orfano, Koval era già arruolato nell'esercito americano, dov'era subito iniziato il suo cursus honorum. Al Manhattan College, George si era tenuto alla larga da ogni impegno politico.
Viveva nell'Hebrew Orphan Asylum e nessuno trovava strano che fosse dieci anni più vecchio dei suoi compagni. «Aveva credenziali perfette — ha detto il professor Bloom —, ma ricordo che una volta lo vidi completamente assorto nei suoi pensieri: ora forse penso di sapere a cosa stesse pensando».

La svolta della vita avvenne nel 1944, quando il Manhattan Project era ormai entrato nella fase decisiva e accusava scarsità di personale specializzato. A Oak Ridge, nel Tennessee, Koval lavorò alla produzione delle barre di combustibile, una delle parti più difficili del progetto. In realtà, «aveva accesso a tutti gli impianti», da Los Alamos a quello segretissimo di Dayton, come ha spiegato al “New York Times” il fisico Arnold Kramish, che lavorò con lui alla bomba. Koval aveva anche l'incarico di verificare le condizioni di nocività delle installazioni.

Come Dalmar, il suo nome in codice, comunicasse con i suoi controllori, quali informazioni su design e assemblaggio della bomba abbia dato al Gru, ancora oggi rimane un segreto. Ma la prima detonazione atomica sovietica, nel 1949, colse tutti di sorpresa. Nessuno si era aspettato tempi così brevi.

A quel punto George Koval era già rientrato da tre anni a Mosca, dov'era tornato al Mendeleev, da docente. Perfino il baseball si era messo alle spalle: la Rossiiskaia Gazeta lo ha descritto come appassionato di calcio. Negli USA, L'Fbi aveva nel frattempo ricostruito la sua carriera, i suoi vecchi compagni erano stati interrogati, troppo tardi il mosaico della beffa era stato composto. E per 60 anni un imbarazzato silenzio era sceso sulla vicenda. Come il suo alias del mito, George-Perseo l'aveva fatta grossa.


Dagospia 13 Novembre 2007
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