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Lucio Magri

  • Messaggi
  • fabius039
    00 30/11/2011 21:12
    Suicidio assistito in Svizzerra

    Il suicidio assistito di Lucio Magri
    Polemiche tra laici e cattolici
    La Binetti: scelta negativa. Welby: serve rispetto




    ROMA - Mercoledì scorso per l'ultima volta Lucio Magri s'era affacciato a Montecitorio e, incontrandoli in Transatlantico, aveva salutato così i vecchi amici della politica: «Ho deciso, vado in Svizzera, il mio tempo è passato, non ho più niente da rivendicare, grazie di tutto...». Inutili i tentativi di dissuaderlo. Sopraffatto dalla depressione e annichilito dalla morte della sua inseparabile compagna, Mara Caltagirone, stroncata da un tumore tre anni fa, Magri venerdì scorso ha fatto l'ultima scelta radicale della sua vita: il suicidio assistito. È partito da solo per Zurigo e due giorni fa, in una clinica specializzata, il fondatore del il manifesto, l'eretico del Pci e leader storico della sinistra italiana, a 79 anni ha chiuso gli occhi per sempre. La sua salma, per problemi burocratici, arriverà forse solo venerdì, o addirittura sabato, al cimitero di Recanati, dove sarà sepolta nella tomba che lui stesso aveva fatto costruire per la moglie.

    Di sicuro, Lucio Magri avrebbe voluto andarsene in silenzio. «Niente pubblicità, niente funerali, niente necrologi. Vorrei evitare cerimonie pubbliche, rimembranze, etc...», aveva lasciato scritto in una lettera all'amico Famiano Crucianelli. Ma la sua scelta inevitabilmente ora suscita qui da noi aspre polemiche, tra laici e cattolici, visto che in Italia l'eutanasia - la «dolce morte» - è vietata per legge. «Agghiacciante e di cattivo esempio la pubblicità data al suicidio assistito di Magri, oltretutto la depressione oggi viene curata con successo in milioni di pazienti nel mondo...», accusa Melania Rizzoli, deputata del Pdl. «La morte di Magri è un atto amaro ma non va associata ad una scelta di libertà - commenta Eugenia Roccella, ex sottosegretario alla Salute del governo Berlusconi -. Si tratta comunque di un suicidio, anche se assistito. Un gesto senza speranza». Per Gaetano Quagliariello, vicecapogruppo del Pdl al Senato, «non è possibile pretendere che scelte personali, che ritengo in contrasto con il diritto naturale, le compia lo Stato». Molto critica pure Paola Binetti, parlamentare dell'Udc: «Rispetto la persona e il mistero della libertà umana, ma mi auguro che questa scelta non diventi un modello».

    La radicale Antonietta Farina Coscioni, invece, attacca: «Magri riteneva intollerabile vivere. Per porre fine al suo dolore, però, è dovuto emigrare in Svizzera, con un biglietto di sola andata. Questo perché viviamo in un Paese dove vige una regola ipocrita: quella del si fa ma non si deve dire...». Per Mina Welby, la moglie di Piergiorgio Welby, «la scelta dell'individuo è l'unica cosa che conta, quindi massimo rispetto». E Beppino Englaro, il papà di Eluana, è perentorio: «Nessuno può entrare nella coscienza di una qualsiasi persona». «Ma non dividiamoci ancora tra pro vita e pro morte - è l'appello finale di Ignazio Marino, senatore del Pd - il tifo da stadio non è giustificabile di fronte alla fragilità umana».
    Fabrizio Caccia

    Corriere della sera
  • fabius039
    00 30/11/2011 21:20
    Fine-vita, Farina Coscioni: Morale e ipocrita e senza misericordia quello che costringe Magri a “emigrare” e a viaggi con biglietto di sola andata o a gesti estremi come quello di Mario Monicelli, per porre fine a una vita fatta di dolore insopportabile



    Spero, voglio sperare che la vicenda umanissima di Lucio Magri, che ha deciso di non soffrire più, e ha posto fine al suo dolore, sia di ammonimento e insegnamento.
    Magri riteneva intollerabile vivere, preda di una depressione che lo faceva scivolare inesorabilmente in un “buio” provocato da ragioni pubbliche e private che sono insondabili e non vanno giudicate. Per porre fine al suo dolore, ha però dovuto “emigrare”, un viaggio con un biglietto di sola andata, in Svizzera. Questo perché viviamo in un paese dove vige una regola ipocrita, quella del “si fa ma non si deve dire”: la regola dove la maggioranza dei medici e degli infermieri quando vengono interpellati, ammettono che sì, a volte la morte può essere preferibile a un residuo di vita fatta di dolore insopportabile e inutile; dove l’eutanasia si pratica al di là di ogni regola e controllo, perché la mano pietosa di un medico e di un infermiere compie quell’estremo gesto di misericordia che la legge e una “morale” immorale vieta; dove o lo si fa clandestinamente, oppure si è costretti a emigrare come Magri, o si devono compiere gesti di “rivolta” estrema come Mario Monicelli. Dovremmo sapere quanti anziani che si tolgono la vita in modo tragico, gettandosi da una finestra, da un ponte, o impiccandosi, lo fanno perché malati incurabili e vittime di atroci dolori, perché non hanno la possibilità di una morte pietosa e dignitosa che vorrebbero, e viene loro negata. Ma perfino un’indagine conoscitiva del fenomeno, è stata negata.
    Rendo omaggio a Lucio Magri, come già lo resi a Mario Monicelli, vittime e martiri di questa morale assurda e ipocrita come lo furono Luca Coscioni, Piergiorgio Welby e Giovanni Nuvoli e i tanti di cui non conosciamo neppure il nome.
    Continuerò, con le mie compagne e i miei compagni radicali la lotta per la dignità della vita e del morire, così come la chiedeva, anzi la ESIGEVA Indro Montanelli e tanti con lui. Perché non si sia più costretti a gesti estremi come Monicelli, a viaggi solo di andata, come Magri.

    Associazione Luca Coscioni
  • fabius039
    00 30/11/2011 21:27
    Lucio Magri, un messaggio nefasto
    Non possiamo condividere o giustificare il suicidio assistito di Lucio Magri. Sono gesti estremi che esprimono l'incapacità di rispondere con proposte di vita al mondo della sofferenza.

    30/11/2011



    «Ho deciso di morire». «La vita mi è divenuta insopportabile». Così, Lucio Magri, 79 anni, giornalista e fondatore de Il Manifesto, militante attivo nella politica, intraprende il viaggio della morte. Si è fatto sapere che ha deciso in piena lucidità, con consenso libero e informato, quale è richiesto dalla procedura medica della clinica svizzera. È spontanea l’obiezione: come può essere libera e consapevole la domanda del suicidio assistito che viene da una persona in condizione di profonda depressione psicologica?

    Il primo e doveroso sentimento è la pietà, la compassione (patire con) per Lucio Magri e per gli amici e colleghi di lavoro che a lui erano profondamente legati. Hanno tentato di dissuaderlo, ma questa volta senza successo. Nessuno può pretendere di giudicare la persona, il grado di libertà-responsabilità di decisioni così estreme. Il giudizio ultimo è affidato alla sua coscienza e, se credente, a Dio, giusto e misericordioso giudice.

    Il rispetto e la comprensione della persona, tuttavia, non conducono a condividere o giustificare gesti così estremi. Nessuno ha un dominio incondizionato e assoluto sulla vita, così che possa arbitrariamente decidere se, come e quando darsi la morte. Se il non credente non arriva a comprendere che il padrone della vita è Dio, di certo può comprendere che il padrone della vita non è lo Stato. Questo, di conseguenza, non può concedere a nessuno, meno che meno al medico, la licenza di uccidere.

    La nota stonata viene da chi cavalca questo dramma, e altri ancora, per rendere giuridicamente possibile, anche in Italia, l’eutanasia o il suicidio assistito. In realtà, le cliniche della morte, dove ci sono, sono espressione di una società incapace di rispondere con proposte di vita a chi chiede la morte; lanciano un messaggio nefasto al mondo della sofferenza e della solitudine; fanno passare per legittima e doverosamente da assecondare una domanda che non è altro che il grido del disperato; falsificano e snaturano il ruolo del medico e le strutture ospedaliere.

    I problemi della vita, l’infelicità, la solitudine, non si risolvono con il dare la morte.
    Luigi Lorenzetti, teologo

    Famiglia Cristiana
  • fabius039
    00 30/11/2011 21:30
  • fabius039
    00 30/11/2011 21:38
    Sucidio assistito in Svizzera confermato per gli stranieri




    15 05 2011

    Suicidio assistito legittimo, confermato in Svizzera il diritto anche ai non residenti. Oggi gli abitanti del cantone di Zurigo, il più popoloso della Svizzera, hanno votato no a larga maggioranza (80 per cento, secondo le priezioni) ai due quesiti referendari avanzati da partiti conservatori con l'intento di fissare dei paletti per impedire a cittadini non residenti di essere aiutati a morire in Svizzera.

    Il quesito presentato dall'Unione democratica federale (Udf, di ispirazione cristiana) chiedeva al Parlamento svizzero di rendere punibile qualsiasi forma di istigazione e di aiuto al suicidio, mentre quello avanzato dal Partito Evangelico proponeva di porre fine al "turismo della morte", limitando l'assistenza al suicidio a chi risiede nel cantone da almeno dieci anni.
    Ogni anno circa 200 persone ricorrono alla morte assistita in Svizzera, dove il suicidio assistito è consentito dal 1941 a condizione che non sia legato ad alcun motivo egoistico ed è ammesso solo in modo passivo, cioè procurando ad una persona i mezzi per suicidarsi, ma non aiutandola a farlo.
    Un fenomeno che resta comunque marginale in Svizzera, dove si registrano in media 1.400 suicidi all'anno, pari al 2,2% del totale dei decessi. A offrire assistenza anche agli stranieri in Svizzera è l'associazione Dignitas (www.dignitas.ch), che nel 2010 ha assistito 19 italiani.
    Attualmente sono tre i Paesi Ue che hanno legalizzato il suicidio assistito: Olanda, Belgio e Lussemburgo, In Svizzera la legge consente l'aiuto al suicidio se prestato senza motivi egoistici. In Svezia, Germania, Danimarca e Spagna è consentita l'eutanasia, attiva o passiva.
    Negli altri Paesi Ue, Italia compresa, il suicidio assisito è vietato in qualsiasi forma. Dice Eugenia Roccella, sottosegretario alla Salute: «Non credo ci saranno migrazioni verso la Svizzera da parte degli italiani ma quanto avvenuto dimostra come l'occidente abbia preso una strada pericolosa, la cultura della morte come diritto individuale è sempre più diffusa».
    Ribatte Luca Coscioni, (lista Bonino Pannella) osserva che mentre Zurigo conferma la possibilità di chiedere e ottenere il suicidio assistito, l'Italia «ne proibisce anche il dibattito».
    "Il suicidio assistito in Svizzera è ammesso solo per i malati con gravissime patologie e solo un terzo circa di coloro che ne fanno richiesta sono accettati".
    Emilio Coveri, presidente della Exit Italia, l'associazione che dal 1996 lotta per vedere riconosciuto il diritto "a una morte dignitosa" accoglie con sollievo la notizia del risultato del referendum che respinge la proposta di limitare la possibilità di questa scelta i soli residenti.

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