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Iran

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    20 23/02/2006 12:20
    Re: Re:

    Scritto da: Arjuna 23/02/2006 12.04


    Se l'Iran è una nazione in mano alla cosidetta "minoranza" sciita non è affatto detto che un'invasione da parte degli USA porterebbe ad una reazione da parte di tutto il mondo musulmano.

    Forse è sbagliato pensare che ci sarebbe una reazione comune, dopotutto il mondo musulmano è composto da un miliardo di persone appartenente a varie nazioni, dubito che sia così compatto.



    E' compatto nell'odio contro gli infedeli occidentali.

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    Arjuna
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    20 23/02/2006 12:22
    Re: Re: Re:

    Scritto da: ((Gianni)) 23/02/2006 12.20

    E' compatto nell'odio contro gli infedeli occidentali.




    Mi sembra troppo semplicistico.

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    Disapprovo quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo.

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    20 23/02/2006 18:46
    Re: Re: Re:

    Scritto da: ((Gianni)) 23/02/2006 12.20


    E' compatto nell'odio contro gli infedeli occidentali.



    Informati meglio sull'Iran [SM=x44461]

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    20 23/02/2006 19:22
    gli usa non potranno mai invadere l'iran per un semplice motivo:
    l'iran ha una milizia formata da tutte gli uomini adulti della popolazione... ognuno di loro armato di kalashnikov...
    immaginate 200000 soldati che cercano di combattere contro 6 milioni di iraniani... [SM=x44511]

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    Grazie a chi mi ha aiutato con il questionario per la tesi, ho finalmente raggiunto le 500 interviste :D
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    20 07/06/2017 10:26


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    • Iran, sparatoria in corso con ostaggi in Parlamento. Colpi d'arma da fuoco anche al monumento Khomeini. Già 7 morti


    Iran, sparatoria e ostaggi in Parlamento.
    Colpi d'arma da fuoco anche al monumento Khomeini. 7 morti


    3 persone hanno fatto irruzione nella sede del Parlamento a Teheran e hanno fatto fuoco, feriti una guardia e due civili




    Paura a Teheran con il Parlamento e il mausoleo di Khomeini sotto attacco. Quattro uomini hanno aperto il fuoco questa mattina nel palazzo del Parlamento iraniano ferendo almeno otto persone tra cui due civili e uccidendo almeno sette persone tra cui una guardia. I tre uomini armati che hanno fatto irruzione questa mattina nel palazzo avrebbero preso quattro ostaggi. Gli uomini imbracciavano Kalashnikov e armi Colt. Lo ha riferito all'agenzia di stampa Irna un parlamentare, Qolam-Ali Jafarzadeh Imenabadi, aggiungendo che, oltre alla guardia uccisa, altre due sono rimaste ferite. 

    Colpi di arma da fuco sono stati uditi presso il monumento dedicato all'Ayatollah Khomeini a Teheran dove sarebbero entrati in azione quattro terroristi, incluso un attentatore suicida. Una persona è rimasta uccisa nell'esplosione innescata dall'attentatore suicida. Alcune fonti parlano anche di una decina di feriti. La Fars aggiunge inoltre che oltre all'attentatore suicida, un altro assalitore è rimasto ucciso in uno scontro a fuoco, un secondo si sarebbe suicidato ingerendo una capsula di cianuro, e un terzo, una donna, sarebbe stata catturata

    Un'esplosione e' stata udita alla metropolitana del Mausoleo di Khomeini a Teheran: lo scrive l'agenzia di stampa iraniana Fars. La metropolitana si trova a due passi dal Mausoleo ed alcuni media ipotizzano si tratti di un terzo attacco.

    Secondo l'agenzia di stampa iraniana Tasnim, uno degli assalitori del Parlamento iraniano, il Majlis, è riuscito a lasciare l'edificio e sta sparando in strada. Secondo il giornale online Shargh, un altro si sarebbe barricato in una stanza del complesso molto ampio del Parlamento e avrebbe detto di avere una cintura esplosiva.
    [Modificato da Etrusco 07/06/2017 10:28]

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    20 07/06/2017 11:48
    Anche a Teheran? ma che succede? sono tutti impazziti in questi ultimi mesi?
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    20 07/06/2017 13:56
    Re:
    raggio di luna78, 07/06/2017 11.48:

    Anche a Teheran? ma che succede? sono tutti impazziti in questi ultimi mesi?



    a questo punto riflettendoci bene ha ragione Francesco l'Argentino, "Cristiani,Ebrei, Musulmani, c'è tanto bisogno di pregare per la pace"

    Se la preghiera porta tranquillità, e vaffanculo!! preghiamo tutti
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    Pipallo
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    20 07/06/2017 15:48
    Re:
    raggio di luna78, 07/06/2017 11.48:

    Anche a Teheran? ma che succede? sono tutti impazziti in questi ultimi mesi?




    e sembra che oggi anche a Londra ci sia stato un nuovo attentato... [SM=x44466]
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    Arcanna Jones
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    10 07/06/2017 16:17
    Re:
    raggio di luna78, 07/06/2017 11.48:

    Anche a Teheran? ma che succede? sono tutti impazziti in questi ultimi mesi?




    L'Iran sta diventando un'altra polveriera, poi adesso che Trump ha rotto quel dialogo che Obama era riuscito a tessere, c'è pericolo che la situazione possa deteriorarsi peggio delle previsioni... [SM=x44464]
    peccato, perchè nella lotta contro l'ISIS l'Iran è importantissimo...
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    00 07/06/2017 16:23
    ma che c'entra trump?
    l'iran combatte l'isis......si forse ma comunque finanzia altri gruppi terroristici tipo hezbollah ,hamas ecc.....

    vuoi vedere che non facevano attentati prima che trump cercasse di rimediare al vergognoso trattato di obama che sta per dotare di ordigni atomici un paese che vuole cancellare israele dalle carte geografiche
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    Arcanna Jones
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    20 07/06/2017 18:45
    Trump rientra in gioco in virtù dei recenti accordi coi sauditi.

    Tu che sai tutto, Jaena, dicci un po' chi finanzia il Qatar...?
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    Etrusco
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    10 08/06/2017 11:22

    Lo scontro nel mondo sunnita dietro la crisi del Qatar





    Qatar+Isolated+Map



    Politici e media europei quasi non ci hanno fatto caso ma da almeno tre anni è in atto un violento scontro all’interno dell’islamismo sunnita tra le correnti salafita/wahabita (cui si richiamano molti partiti, milizie e gruppi eversivi quali al-Qaeda e lo Stato Islamico) e la fratellanza Musulmana.


    Uno scontro che in realtà esiste dalla fine degli anni ‘20 del secolo, scorso quando da Hassan al-Banna fondò la fratellanza Musulmana, ma che si è ingigantito con le cosiddette “primavere arabe” che determinarono la caduta di regimi che hanno lasciato vuoti di potere che tutte le monarchie del Golfo hanno voluto evitare potessero venire riempiti da aneliti di democrazia di stampo occidentale.


    Il confronto tra le due ideologie oggi non è sugli obiettivi da perseguire, poichè i movimenti citati puntano tutti a instaurare uno Stato dominato dalla sharia, ma sui metodi.


    Se Salafiti e Wahabiti definiscono la democrazia “demoniaca”, i Fratelli Musulmani la considerano invece lo strumento per portare al potere un movimento politico che nasce dal basso, rovesciando regimi e monarchie assolute con il voto popolare, per costruire sul voto lo Stato islamico.


    Gli esempi più evidenti di affermazione dei Fratelli Musulmani sono rappresentati dal governo egiziano di Mohammed Morsi, salito al potere in seguito alle elezioni del 2012 e rovesciato un anno dopo, mentre cercava di imporre l’islamizzazione dello Stato egiziano, da rivolte popolari sostenute dai militari del generale Abdel Fattah al-Sisi, l’attuale presidente appoggiato da Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti (EAU).


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    Oppure dal regime di Recep Tayyp Erdogan che sta applicando con freddo e astuto metodo il programma della Fratellanza di islamizzazione della un tempo laica società turca. Erdogan gode dell’appoggio di Doha ma nel conflitto siriano ha accettato aiuti provenienti anche dalle altre monarchie del Golfo offrendo il suo territorio come retrovia per ogni milizia che combattesse il regime di Bashar Assad.


    Anche il movimento palestinese Hamas, che controlla Gaza sostenuto da Iran e Qatar, è stato membro della Fratellanza Musulmana  applicandone il programma politico ma ha ufficialmente rotto con il movimento il mese scorso, fiutando l’aria e cercando un avvicinamento con Riad.


    Il confronto tra sauditi e Qatar, giunto oggi nuovamente ai ferri corti dopo una crisi analoga determinatasi nel 2014, non è privo di aspetti paradossali.


    Entrambi i Paesi arabi sono membri della Coalizione contro lo Stato Islamico anche se non hanno mai ricoperto un reale ruolo militare contro un nemico che gode di ampi sostegni presso l’opinione pubblica sunnita delle monarchie del Golfo.


    Riad e Doha combattono i ribelli sciti Houthi nello Yemen anche se ora il diktat saudita ha indotto gli altri Stati sunniti a estromettere il Qatar da questa alleanza anti-iraniana.


    Bahrein e Arabia Saudita accusano il Qatar di sostenere le rivendicazioni delle comunità scite appoggiate dall’Iran che nei due Paesi arabi subiscono repressioni violentissime ma si tratta di una forzatura come dimostra il reiterato impegno del Qatar, che pure evita toni ostili verso l’Iran, nel sostenere in Siria le milizie della Fratellanza che combattono le truppe di Damasco e i loro alleati hezbollah libanesi e iraniani.


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    Tra l’altro proprio in Siria le diatribe tra sauditi e Qatar vennero ricomposte nel disegno comune di far cadere il regime di Damasco con la costituzione, nel maggio 2015, dell’Esercito della Conquista che riunì sotto una sola bandiera le milizie fino ad allora rivali salafite filo-saudite, di al-Qaeda (Fronte al-Nusra) e della Fratellanza filo Qatar. Milizie che combatterono con successo fino ai rovesci subiti nell’ultimo anno soprattutto a causa dell’intervento militare russo.


    Paradossale anche che il Qatar cavalchi la Fratellanza Musulmana pur essendo anch’esso un emirato dominato da una monarchia assoluta ed ereditaria dove non si sono mai tenute elezioni. Del resto le ambiguità nelle guerre arabe si sprecano.


    Basti pensare che in Libia, dove il Qatar sostiene le forze della Tripolitania mentre Egitto, sauditi ed EAU appoggiano il maresciallo Haftar, Doha finanzia non solo i Fratelli Musulmani ma anche il partito salafita al-Watan fondato dall’ex qaedista Abdelhakim Belhadj. Nel 2011 i fondi di alcune organizzazioni caritatevoli islamiche qatarine fornirono armi e danaro a diversi gruppi jihadisti che presero il controllo del Nord del Malì al punto che Parigi rischiò di arrivare ai ferri corti con la monarchia araba tradizionalmente molto legata alla Francia


    Ciò nonostante le accuse di terrorismo rivolte a Doha da Riad e dalle altre capitali del Golfo (ma non dall’Oman che tradizionalmente media le crisi tra le monarchie sunnite e con l’Iran) fanno quasi sorridere se si considera l’elevato numero di cittadini sauditi che combattono con l’Isis (almeno 3mila, secondi solo ai tunisini) e i fondi inviati al Califfato attraverso le blande leggi bancarie del Kuwait, alleato di ferro dei sauditi.


    Del resto è difficile non vedere un legame tra il repentino isolamento del Qatar da parte degli altri paesi del Gulf Cooperation Council (la “Nato del Golfo” che lega le monarchie sunnite agli USA) e la recente visita a Riad dei Donald Trump, allineatosi con Riad al punto da dimenticare gli stretti legami tra sauditi e terrorismo jihadista (dall’11 settembre all’Isis) e da definire l’Iran sponsor dei terroristi.


    Accusa paradossale se si considera che nell’estate de 2014 furono tre reggimenti di pasdaran iraniani a impedire che Baghdad cadesse nelle mami dell’Isis. Così come è curioso che la Casa Bianca sostenga Riad contro il Qatar che ospita il comando aereo del Central Command statunitense e la base di al-Udeid da dove vengono gestite le operazioni contro l’Isis.


    Grazie alle immense ricchezze garantite dall’export del gas, il piccolo Qatar (appena 300 mila cittadini con oltre 2 milione di lavoratori stranieri) sfida la leadership saudita nella Penisola Arabica e il crescente ruolo internazionale degli EAU con una politica estera aggressiva, ma soprattutto minaccia con l’ideologia della Fratellanza la legittimità stessa dei Saud e delle altre monarchie regnanti su un mare di petrodollari.


    Lo scontro in atto tra case regnanti nell’islamismo sunnita ha da tempo propaggini rilevanti anche in Europa dove Salafiti e Fratelli Musulmani si contendono con centinaia di milioni di investimenti il controllo di moschee e fedeli in nome di un Islam che per entrambe le ideologie ha ben poco di moderato.


    da Il Mattino


    Immagini Reuters, Washingtin Post e 13ABC












    Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli



    Nato a Bologna, dove si è laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 ha collaborato con numerose testate occupandosi di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportages dai teatri di guerra. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Collabora con i quotidiani Il Sole 24 Ore, Il Foglio, Libero, Il Mattino e Il Corriere del Ticino, con i settimanali Panorama e Oggi e con i periodici Limes, Gnosis e Focus Storia. E' opinionista delle reti tv RAI, RSI, Mediaset, Sky, La7 e radiofoniche Rai, Capital e Radio24. Ha scritto Iraq Afghanistan - Guerre di pace italiane.





     



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    Beh, finche' si eliminano tra di loro... facciano pure. Anzi, avanti cosi!

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    10 08/06/2017 23:05
    Re:
    Quak150, 08/06/2017 16.43:

    Beh, finche' si eliminano tra di loro... facciano pure. Anzi, avanti cosi!




    Il problema è che siamo troppo coinvolti e ci tirano in mezzo pure a noi, non hai visto come pure Trump è corso a corteggiare i sauditi?
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    10 03/01/2018 13:45
    La motivazione delle proteste in Iran è economica, ogni città ha la sua oltretutto. Quindi niente veli, niente minigonne, niente ideologie politiche. Infatti le proteste non hanno una leadership.
    Perché confondere le idee in questo modo?
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    10 03/01/2018 13:46

    La scintilla di Ahmadinejad è sfuggita di mano
    Corruzione, scandali politici, truffe ai risparmiatori, ricostruzione post-terremoto. Le proteste in Iran hanno radici economiche, non politiche
    31/12/2017 www.huffingtonpost.it/nicola-pedde/la-scintilla-di-ahmadinejad-e-sfuggita-di-mano_a_23320546/?utm_hp_ref=it-...

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    10 03/01/2018 13:47
    Le proteste in Iran hanno radici economiche, non politiche.

    Le violente dimostrazioni scoppiate in Iran nel corso degli ultimi giorni sono il prodotto di una complessa concatenazione di eventi che, seppur prevedibili ed in un certo senso annunciati, hanno in ogni caso colto di sorpresa non solo gli analisti occidentali, ma anche le stesse autorità politiche della Repubblica Islamica dell'Iran.

    A dispetto dei toni adottati da buona parte della stampa internazionale, tuttavia, la dimensione degli eventi in corso in Iran è – almeno al momento – collocabile nell'ambito della protesta, più che della rivolta, in questa fase riconducibile ad una miscela di sentimenti generati dalla crisi economica, dalla frustrazione nel rapporto con gli Stati Uniti ma anche dalle crescenti diatribe politiche e giudiziarie interne al paese.

    Ahmadinejad sotto accusa.

    L'antefatto di questa crisi è riconducibile allo scandalo finanziario emerso nel 2011, che ha portato alla fuga e al successivo arresto di alcuni imprenditori e banchieri iraniani di spicco, accusati di aver operato una truffa ai danni dello Stato del valore di circa 2,8 miliardi di dollari, attraverso la produzione di documenti falsi con i quali hanno poi ottenuto crediti dalle banche per l'acquisizione di industrie statali illegalmente avviate alla privatizzazione.

    Uno scandalo che ha portato al successivo arresto di numerosi imprenditori e uomini di finanza, tra cui Mahmoud Reza Khavari, ex direttore generale della Bank Melli prontamente fuggito in Canada, e Bababk Zanjani, imprenditore multimilionario arrestato e successivamente condannato a morte.

    Queste operazioni illecite vennero condotte nel corso del secondo mandato presidenziale di Mahmood Ahmadinejad, e alcuni dei suoi più stretti collaboratori sono stati arrestati o indagati per concorso in corruzione, stringendo sempre più il cerchio delle responsabilità che, secondo molti, sono direttamente riconducibili all'ex presidente.

    Tra i principali detrattori di Mahmood Ahmadinejad c'è il ministro della giustizia Sadegh Amoli Larijani, ma anche la stessa Guida Ali Khamenei ha più volte espresso critiche sull'operato e la trasparenza dell'ex presidente, scoraggiandone apertamente la ricandidatura alle ultime elezioni presidenziali (dove venne infatti squalificato dal Consiglio dei Guardiani).

    Lo scorso 27 dicembre, la Guida ha nuovamente attaccato Ahmadinejad nel corso di una cerimonia pubblica del Consiglio di Coordinamento per la Propagazione Islamica, sostenendo che "coloro che hanno avuto tutte le istituzioni e le risorse economiche del Paese sotto il loro controllo non hanno titolo per giocare il ruolo delle opposizioni, mentre dovrebbero essere piuttosto chiamati a rispondere delle proprie responsabilità". Un'accusa diretta e particolarmente grave, che si inserisce nel quadro di una crescente pressione del Ministero della Giustizia nei confronti dell'ex presidente Ahmadnejad e dei suoi più stretti collaboratori, che in molti ritengono possa trasformarsi a breve in un vero e proprio caso giudiziario.

    Le proteste in corso in Iran sono invece iniziate il 28 dicembre scorso, propagandosi inizialmente nelle città del nord come Mashad, Rasht, Kermanshah e alcuni centri minori, attraverso una combinazione di meccanismi che non in pochi hanno ricondotto alla capacità di influenza dell'ex presidente Ahmadinejad, che ha costruito il suo potere proprio sulla capacità di favorire l'economia e le rendite di posizione soprattutto dei dipendenti pubblici di queste città, conquistandone in tal modo la fiducia e il sostegno.

    La ragioni della protesta.

    Se un ruolo non irrilevante nella genesi delle proteste in atto può essere riconosciuto ad Ahmadinejad e alla sua non trascurabile base di sostegno politico, è tuttavia doveroso individuare le molte altre concause che hanno contribuito alla crescita e alla diffusione del fenomeno, individuando responsabilità che non risparmiano nemmeno il presidente Rohani.

    Molti piccoli episodi hanno contribuito a determinare la rabbia della popolazione, spingendola poi nelle strade e nelle piazze. Tre finanziarie private, ad esempio – la Samen Alhojaj, la Caspian Financials e la Aman Financial Institution – sono di fatto fallite nelle scorse settimane, e i risparmiatori chiedono oggi la restituzione delle somme investite, accusando il governo di collusione con i vertici delle istituzioni finanziarie. Tutte e tre le finanziarie offrivano ritorni sugli investimenti a dir poco esorbitanti, attraendo in tal modo migliaia di risparmiatori in quella che sembra delinearsi a tutti gli effetti come una truffa sul modello delle ben note "piramidi finanziarie". Ciononostante, i risparmiatori truffati non accettano accuse di dabbenaggine e chiedono al contrario alle istituzioni pubbliche di far fronte ai debiti accumulati dalle finanziarie.

    Nelle aree recentemente colpite dal terremoto la protesta prende invece corpo intorno alle migliaia di persone che hanno perso la propria abitazione in conseguenza del sisma, e che oggi accusano il governo e le società immobiliari che hanno realizzato gli immobili (alcune riconducili alla struttura economico-finanziaria della Sepah-e Pasdaran) non solo di inefficienza nei soccorsi, quanto soprattutto di frode nelle modalità di realizzazione degli immobili, rivelatisi non anti-sismici.

    In buona parte delle città settentrionali interessate dalle proteste, invece, la popolazione ha soprattutto accusato il governo Rohani di inefficienza, corruzione e abbandono, dopo anni di promesse che non si sono mai concretizzate. È la disoccupazione il principale motore del malcontento, che soprattutto nelle città di provincia e nelle fasce giovanili raggiunge percentuali elevatissime, ormai difficilmente sostenibili.

    A questo si aggiunge il malcontento per la dilagante corruzione, per i numerosi scandali che interessano le èlite politiche ed economiche del paese, attraverso un susseguirsi di scandali che una stampa articolata ed eterogenea non manca di commentare e condannare, nel perenne dualismo tra le forze conservatrici e quelle di ispirazione pragmatico-riformista.

    Ultimo, ma non certo meno rilevante, ad alimentare la protesta e il malcontento verso la gestione politica e amministrativa del presidente Rohani possono essere individuati alcuni centri del sistema politico più conservatore. In questo ambito trovano quindi spazio sia figure dell'apparato politico-economico, interessate a screditare le politiche di apertura alla comunità internazionale e soprattutto il JCPOA, sia esponenti del sistema clericale come ad esempio l'Ayatollah Hossein Noori Hamedani, che ha prontamente sostenuto i manifestanti nell'ottica di indebolire il programma politico del presidente.

    Attraverso questo meccanismo di propagazione, quindi, la protesta è arrivata ben presto nelle strade della capitale, interessando anche in questo contesto gruppi molto diversi tra loro per estrazione ed approccio ideologico. Le motivazioni che spingono quindi anche un numero non indifferente di abitanti di Tehran alla protesta sono essenzialmente connesse ad una vasta quanto eterogenea radice, genericamente riconducibile al generale malcontento per la crisi economica, la perdurante stasi del JCPOA e la contestuale aspettativa sugli investimenti stranieri che non arrivano in Iran, la dilagante corruzione e una generale inquietudine sul piano della politica estera e soprattutto regionale.

    Su quest'ultimo punto è da segnalare come, per molti iraniani, se da una parte l'Iran ha dimostrato di saper gestire i propri interessi politici e militari nella regione (sconfiggendo lo Stato Islamico, difendendo Bashar al-Asad al potere e ristabilendo il controllo governativo in Iraq), dall'altra parte queste vittorie militari e politiche non hanno portato né stabilità, né pace, nella regione, determinando anzi la sensazione di una crescente tensione con gli Stati Uniti e gli attori regionali, potenzialmente atta a determinare un nuovo quanto devastante conflitto.

    Le dinamiche della crisi.

    Un fattore di particolare interesse nell'analisi delle proteste in atto è rappresentato dalla natura assolutamente acefala dei fenomeni di piazza. L'insieme degli eventi che caratterizza le tensioni di questi giorni in Iran è determinato quindi dalla sommatoria di molte diverse e del tutto distinte proteste, alimentate da sorgenti diverse tra loro e solo in parte riconducibili a volontà o capacità politiche particolari.

    Se alcuni di questi fenomeni sociali possono essere idealmente riconducibili all'attività delle forze politiche d'opposizione – o quelle ultra-radicali dell'ex presidente Ahmadinejad nell'intento di provocare disordini che possano impedire l'azione della giustizia nei suoi confronti – è altrettanto evidente che molte altre attività non hanno alcun legame, né ideologico né motivazionale, con tali forze o gruppi di interesse.

    In tal modo, quindi, sembra potersi delineare un quadro nell'ambito del quale, a fronte dell'iniziativa di alcuni gruppi politici interessati a screditare la politica dell'esecutivo presieduto da Rohani, una pluralità di sentimenti e recriminazioni sociali ha trovato il modo di veicolare una protesta diffusa quanto articolata, che dalle periferie del paese si è ben presto spostata in direzione della capitale.

    Una manovra maldestra delle opposizioni, quindi, grazie alla quale un insieme ben più vasto ed eterogeneo di istanze economiche e sociali ha preso la strada della pubblica protesta, non certo in supporto delle posizioni conservatrici quanto piuttosto nel quadro di una generale e del tutto indipendente forma di contestazione.

    La natura del sentimento che ha spinto e continua a spingere migliaia di iraniani nelle strade è quindi di tipo socio-economico, senza di fatto un'agenda di natura politica, come ben dimostra l'assenza di una leadership.

    Molti iraniani, in sintesi, protestano perché si sentono traditi dalle istituzioni che non hanno saputo portare i benefici promessi in sede di campagna elettorale, sommando a queste ragioni l'insieme dei tanti problemi che caratterizza la società iraniana odierna, come la disoccupazione, la corruzione e l'emergenza abitativa nelle grandi città. Un collettore di protesta, quindi, alimentato inizialmente dalle opposizioni per ragioni di interesse squisitamente di fazione, e sfuggito di mano portando sul tavolo della politica le molte ragioni del malcontento popolare. Un sentimento generale, quindi, che non è diretto solo contro Rohani e il suo esecutivo, ma anche – e forse soprattutto – verso quelle componenti del sistema di riferimento dell'ambito conservatore che nell'immaginario collettivo rappresenta l'ostacolo ad ogni ipotesi di modernizzazione e sviluppo del Paese.
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    10 03/01/2018 19:33
    Re:
    Ignazzio, 03/01/2018 13.45:

    La motivazione delle proteste in Iran è economica, ogni città ha la sua oltretutto. Quindi niente veli, niente minigonne, niente ideologie politiche. Infatti le proteste non hanno una leadership.
    Perché confondere le idee in questo modo?




    Dobbiamo tener presente che scendere in piazza per protestare in Iran è molto più pericoloso di quanto potrebbe esserlo in Europa come in tutto ili resto dei paesi occidentali, quindi avranno sicuramente dei motivi più che validi dai loro punti di vista [SM=x44458]

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    00 08/01/2023 20:43
    Re: Re:
    Etrusco, 03/01/2018 19:33:




    Dobbiamo tener presente che scendere in piazza per protestare in Iran è molto più pericoloso di quanto potrebbe esserlo in Europa come in tutto ili resto dei paesi occidentali, quindi avranno sicuramente dei motivi più che validi dai loro punti di vista [SM=x44458]




    Infatti i giovani che in queste ultime settimane scendono in strada a protestare vengono spesso arrestati, malmenati e alcuni persino condannati a morte.

    Ma la cosa più inaccettabile è che vengano arrestate anche ragazzine di 14 anni, come quella che è stata stuprata dai poliziotti durante la carcerazione.

    E' questo che vogliono le guide spirituali dell'Iran? [SM=x44491]

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    00 09/01/2023 19:37
    Re: Re: Re:
    jennyn, 08/01/2023 20:43:




    Infatti i giovani che in queste ultime settimane scendono in strada a protestare vengono spesso arrestati, malmenati e alcuni persino condannati a morte.

    Ma la cosa più inaccettabile è che vengano arrestate anche ragazzine di 14 anni, come quella che è stata stuprata dai poliziotti durante la carcerazione.

    E' questo che vogliono le guide spirituali dell'Iran? [SM=x44491]




    Ho sentito di quella ragazzina arrestata e stuprata dalla polizia morale iraniana....
    sono ridicoli: prima dicono che le vergini non si toccano, poi però nel chiuso delle carceri iraniani fanno l'esatto contrario di quello che predicano.

    A che serve allora tutta questa pagliacciata sul velo col quale le donne iraniane dovrebbero coprirsi doverosamente il capo? [SM=x44467]
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