La salma, traslata dal cimitero privato, arriva in limousine. I fan: «Siamo qui per celebrarlo, non per piangere la sua morte»
EGLE SANTOLINI, INVIATA A LOS ANGELES
Alla fine il popolo di Jacko ottenne l’ostensione della salma. In una bara chiusa, ricoperta di rose rosse, trasportata dai fratelli in occhiali scuri e con il fiore all’occhiello, accompagnata dal canto dello spiritual «We Are Going To See The King», in un’entrata a effetto che da ieri fa parte dell’immaginario pop. Con una decisione tenuta segreta fino all’ultimo, il corpo di Michael Jackson è stato traslato, ieri mattina alle 10 locali, le 19 per il fuso italiano, dal cimitero di Forest Lawn sulle colline di Hollywood dove si era svolta la cerimonia privata di famiglia alla solenne celebrazione allo Staples Center, nel centro di Los Angeles, per un ultimo saluto dei 50 mila presenti, fra cui i 17 mila 500 fan estratti a sorte fra i milioni che avevano sperato di esserci. La corsa della limousine funebre, seguita miglio dopo miglio dalle telecamere in una ripresa dall’alto che ricordava irresistibilmente la famosa fuga in autostrada di O.J. Simpson, è stata il colpo di teatro in una giornata campale che ha sconvolto la vita di una Los Angeles capillarmente presidiata dalle forze dell’ordine, giocata fra le Hollywood Hills, la casa dei Jackson a Encino e lo stadio dei Lakers dove si è svolto il memorial.
Le lacrime all’alba
Alle sette di mattina, quando attacca a far caldo sotto il cielo caliginoso e qualcuno porta delle rose, c’è chi comincia a commuoversi all’angolo tra Figueroa boulevard e l’11ª strada: è il segnale che qualcosa di imprevisto sta per accadere. Proprio dietro allo sbarramento di polizia un ispanico sui 50 grida: «Jacko, porta i nostri saluti a Elvis!». E’ allora che la gente si mette ad applaudire.
Ma per tutta la notte tra lunedì e martedì i fan di Jackson già in possesso del braccialetto-lasciapassare color bronzo per entrare alla cerimonia dello Staples Center, quelli che sperano di entrare nonostante tutti li abbiano scoraggiati, e quelli che sono lì solo per vedere come butta, di lacrime ne hanno versate poche. Strano funerale, questo di Jacko: ci si aspettava un profluvio di pianto come per Lady Diana e invece è stata una cerimonia scarsa di fazzoletti, ma non per questo meno appropriata: piena di gioia, oltre che di nostalgia. «Così l’avrebbe voluta lui», commenta Al, venditore di magliette a 10 dollari l’una, ma anche sincero adepto al culto del Re: «Non siamo qui per piangere la sua morte ma per celebrare la sua vita». Un isolato più in là, le troupe tv assediano Cheryl e Helen Thomas, gemelle di Cardiff sui 55 perfette sosia di Kathy Bates in «Misery non deve morire», complete di cappelluccio, guantini bianchi, bandiera gallese istoriata con episodi della vita del santo. No, loro non erano state estratte alla lotteria, allo Staples Center non dovevano entrare. Ma visto che sono così pittoresche, un’inviata del canale britannico Sky il pass gliel’ha procurato: lo spettacolo prima di tutto.
Sotto il rombo degli elicotteri e la vigilanza di migliaia di poliziotti guidati da un signore con la faccia di Clint Eastwood, chief William Bratton, molti anche in versione ciclista, con elmetto e manganello, quello che si è snodato è stato infatti prima di tutto un rito squisitamente californiano, fatto di travestimenti e commerci, showbiz e senso del tragico, sincere emozioni collettive e perfetto uso della coreografia. Con un notevole beneficio, tra l’altro, per l’economia della città, visto l’incremento di prenotazioni, già dal weekend, su voli aerei e alberghi. Un guadagno quantificato da Jack Kyser, capo della commissione economia della contea di Los Angeles, nella cifra di 4 milioni di dollari. I mercanti sono arrivati fino al margine del tempio e qualcuno ha avuto da ridire sulla vendita di spille, t-shirt e manifesti a quella che dopotutto restava una sepoltura, sia pure della star più famosa del mondo. Ma tutto è sembrato in qualche modo ineluttabile: «Sono cresciuto con lui, ho compiuto 49 anni lunedì scorso, non mi vergogno di farci dei soldi», spiega Danny che vende magliette sul Wilshire boulevard. «Questo è il modo con cui, oggi martedì 7 luglio, mi guadagno la vita».
Il tè di Campanellino
Seduta su un muretto, la ventiquattrenne Damaris, single, nera, losangelena, culla il suo bambino di cinque mesi: chi l’ha detto che Jacko ha toccato solo il cuore dei ragazzi degli Anni 80? Chiedetelo anche ad Akiko, giapponese di 24 anni dal viso intinto nel cerone, agghindata come una cosplayer. Chiedetelo, ma non vi risponderà, perché di inglese sa, forse, 20 parole. Riesce a far capire solo che Michael le ha cambiato la vita, e che ha deciso di partire d’impulso. Scott Avig, 32 anni, viene da Detroit. E’ bianco, ma è vestito di un elegantissimo zoot suit, l’abito della festa dei neri. L’identità razziale si confonde, come Jacko ci ha insegnato sulla propria pelle martoriata: «L’ho visto cinque volte, una a New York, indimenticabile, due giorni prima dell’attacco alle Torri Gemelle. Purtroppo una sesta volta non ci sarà». Linda Swisher di San Diego, una signora più vicina ai 70 che ai 60, rossa, minuta, porta al bavero una spilla con Peter Pan. Lavorava per la Walt Disney e, negli Anni 50, è stata una delle ragazze che ha fatto da modello a Campanellino per i disegnatori del cartone animato. Racconta anche che ieri tutte le Campanellino hanno tenuto un tè funebre per Jacko in una casa della San Fernando Valley. Al morto la circostanza sarebbe piaciuta.
Verso le 10 un quarto ora locale, sotto la brutta cupola dello Staples Smokey, Robinson comincia a leggere i messaggi di condoglianze alla famiglia. A quei genitori disprezzati dal comune sentire che, oggi, sono soprattutto un padre e una madre sopravvissuti al figlio. A Paris Katherine, la figlia di undici anni che chiuderà la cerimonia salutando dal palco «il miglior papà del mondo».
Scrive Diana Ross, scrive Nelson Mandela. Il presidente nero Obama ha rilasciato una dichiarazione alcune ora prima, da Mosca, comparando Jacko a Elvis, ai Beatles e a Frank Sinatra. Danno il loro contributo Stevie Wonder e Magic Johnson, Lionel Richie e Jennifer Hudson. C’è persino Brooke Shields, a cui negli Anni 80 fu attribuita un’improbabile storia d’amore con Jackson. Non c’è Lisa Marie e non c’è neppure Debbie, la seconda moglie infermiera, che lunedì fuori da un ristorante cinese ha insultato i giornalisti che le chiedevano se fosse disposta a combattere per i propri figli. Liz Taylor si è sfilata all’ultimo, ma c’è chi dice che, in serata, parteciperà a una veglia in un albergo, forse con Liza Minnelli. Le tivù trasmettono il video di «Thriller», la perla nella corona della vita artistica del re del pop, la clip più vista e venduta nella storia. Con i suoi morti insepolti e danzanti, oggi fa un certo effetto.
Fonte
la stampa
Disapprovo quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo.
(Voltaire)
ma difendiamo anche la grammatica Italiana
Sai cosa scrivere? Allora posta!
Non sai cosa scrivere? Allora spamma!
<-- IO -->
I videogiochi non influenzano i bambini. Voglio dire, se Pac Man avesse influenzato la nostra generazione ora staremmo tutti saltando in sale scure, masticando pillole magiche e ascoltando musica elettronica ripetitiva."
(Kristian Wilson, Nintendo Inc., 1989)
Pochi anni dopo nacquero le feste rave, la musica techno e l'ecstasy...