Come riportato nell'articolo relativo – pubblicato sulla rivista Nature Chemistry – le molecole sintetizzate da Strano & co. sarebbero in grado non solo di trasformare l'energia solare in elettricità, ma anche di “autoripararsi”, proprio come i fosfolipidi delle foglie. E questo grazie all'aggiunta o alla rimozione di un semplice additivo (in Natura la stessa cosa avviene per mezzo dell'ossigeno).
Inevitabile quindi non pensare subito a un'applicazione nel campo delle energie rinnovabili, solare in primis. Uno dei problemi che ogni costruttore deve affrontare, infatti, è la durata delle celle fotovoltaiche: l'azione continua del sole, alla lunga, comporta un lento degrado del sistema e un abbassamento delle prestazioni. Perché dunque non prendere spunto dalla Natura e creare delle strutture autoriparanti con cui, in futuro, costruire dei pannelli solari molto più longevi ed efficaci?
Detto, fatto. Non proprio: ci sono voluti anni perché il team di ricerca sintetizzasse le molecole e creasse simili strutture, e chissà quanti altri ne passeranno prima di vedere una loro applicazione comparire nel mercato globale. Tuttavia, gli esperimenti condotti finora hanno dimostrato che strutture molecolari di questo tipo hanno un'efficienza di conversione dell'energia solare di circa il 40%, ovvero il doppio di quella attualmente in commercio. Inoltre, Strano garantisce che, con opportune modifiche, si potrà arrivare addirittura al 100%. Un obiettivo che la Natura, da millenni, ha già realizzato.
Roberto Zambon