00 24/10/2011 20:41
Animazione giapponese gli allievi crescono bene
Il cinema d’animazione giapponese, dopo l’affermazione in tutto il mondo di alcuni lungometraggi del grande Hayao Miyazaki, è oggi considerato un punto di riferimento sicuro per potersi godere un film raffinato, elegante e soprattutto adatto ai grandi e ai piccoli spettatori. Nel senso che lo stile di Miyazaki - in generale quello degli animatori dello Studio Ghibli che produce i film - è tale da attrarre il pubblico indipendentemente dalle storie raccontate. O meglio, anche le storie sono il più delle volte attraenti, ma è in primo luogo il modo in cui gli eventi e i personaggi sono rappresentati a costituire il punto di forza di un cinema indubbiamente affascinante.
Ciò è riscontrabile in questo film d’esordio di Hiromasa Yonebayashi, da lunghi anni dipendente della Ghibli, il quale, sotto il controllo di Miyazaki, che ne ha scritto la sceneggiatura in collaborazione con Keiko Niwa, ricavandone il soggetto dal romanzo The Borrowers di Mary Norton, ha saputo realizzare un’opera bellissima. Si tratta di Arrietty , il cui sottotitolo è «Il mondo segreto sotto il pavimento». Ed è appunto questo "mondo segreto", fatto di esseri viventi alti dieci centimetri che si comportano come gli uomini, a costituire lo sfondo ambientale su cui si svolge la vicenda. Siamo in una villa alla periferia della città, in mezzo al verde, dove si trasferisce il giovane Sho prima di essere operato al cuore. Nel sottosuolo della villa («sotto il pavimento») vive la bella Arrietty con i suoi genitori. Sarà l’incontro imprevisto fra Arrietty e Sho a creare il dramma, cioè la necessità della minuscola famigliola di abbandonare la casa e fuggire altrove.
Un dramma che in realtà è solo lo spunto per uno spettacolo che si basa essenzialmente sulla descrizione della vita quotidiana dei tre piccoli personaggi, simile alla nostra se non fosse per il fatto che essi devono procurarsi i mezzi per vivere giorno per giorno, sottraendo qualcosa agli altri. Ed è questa contrapposizione, con tutte le conseguenze del caso, a trasformare la storia in una sorta di visione simbolica della vita, basata sul comportamento dei singoli e sul contrasto fra i "grandi" e i "piccoli". Ma ciò che conta e affascina è lo stile di Yonebayashi per molti aspetti uguale a quello di Miyazaki - per mezzo del quale ogni personaggio acquista una sua propria identità e il rapporto fra l’uno e l’altro si arricchisce attraverso la naturalezza e la delicatezza dei vari movimenti. Uno stile che, nel rappresentare l’ambiente interno ed esterno della casa in modo raffinato ed elegante con immagini tanto seducenti quanto trascinanti, riesce a creare un’opera piena di fascino visivo, non certo meno bella di quelle bellissime di Miyazaki.



di GIANNI RONDOLINO
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