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Il pagellone definitivo della stagione di NBA

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    10 01/07/2023 10:17


    Il pagellone definitivo di Esquire della stagione di NBA



    Promossi e bocciati: Denver al top, Sacramento la sorpresa, Dallas il flop. Ma peggio di tutti ha fatto Ja Morant


    Di Alessio Caprodossi






     









    preview for Playoffs on NBA Lane

     





    Con la stagione in archivio e i freschi rimandi del draft e delle prime trade che hanno già spostato qualche pezzo da novanta, è tempo di bilanci per analizzare l’annata appena conclusa. In attesa di ripartire con i fuochi d’artificio garantiti dal mercato dei free agent, ecco il pagellone NBA: voti da 0 a 10, ma si parte prima dai più bravi, considerando non soltanto le squadre ma anche alcune superstar. Citati per quanto mostrato sui 28 metri, ma anche per quanto fatto al di fuori, perché il contorno conta eccome nel momento in cui eventuali errori o cattive condotte determinano squalifiche che penalizzano la squadra.

     

    Voto 10 ai Denver Nuggets


    Inevitabile partire con i Denver Nuggets campioni, perché hanno convinto per tutta la stagione, confermando ai playoff l’ottimo lavoro fatto dal management nel comporre il roster e quello di coach Michael Malone nel creare un amalgama perfetto tra prime punte e gregari. Il titolo della pazienza resterà nella storia nel nome di Nikola Jokic, dominatore assoluto del campionato, ma la crescita di Jamal Murray e la costanza di Michael Porter Jr. arrivati in Colorado via draft nel 2016 e nel 2018 dimostrano la bontà del progetto a lunga scadenza di Denver. Confermarsi sul trono NBA sarà più difficile di quanto sia stato vincere il primo anello nella storia della franchigia, ma con il quintetto base sotto contratto provarci è d’obbligo.



    Voto 9 ai Miami Heat


    La media tra una pessima regular season, chiusa in settima posizione, e playoff da favola a livello aritmetico darebbe una sufficienza piena, invece si sale alla grande perché la cultura di squadra ha permesso a Miami di alzare il livello quando più contava. Gli uomini di coach Erik Spoelstra hanno ribaltato tre volte il fattore campo e preso lo scalpo di Milwaukee Bucks, New York Knicks e Boston Celtics, inchinandosi solo all’ultimo atto. Arrivare laddove non era previsto è un gran pregio e, se ne facciamo una questione di talento (rispetto agli avversari affrontati), una vera impresa. Da vedere adesso cosa ha in mente Pat Riley per mettere un’altra superstar al fianco di Jimmy Butler, in modo da riproporsi come seria contender per l’Eastern Conference.



    Voto 8 ai Sacramento Kings


    Mike Brown coach dell’anno (all’unanimità), DeAaron Fox giocatore clutch della stagione, Monte McNair nominato executive dell’anno. Bastano queste riconoscimenti per sintetizzare l’annata dei Kings, tornati ai playoff dopo 17 anni di assenza centrando un terzo posto che deve essere un trampolino di lancio per una squadra giovane ma già molto consistente. Pur fuori al primo turno contro Golden State, trascinata a gara-7 (decisa dai 50 punti di Steph Curry), Sacramento ha giocato per ampi tratti il basket più spumeggiante della lega, finendo con il miglior attacco per offensive rating, scoprendo la leadership di Fox, la sicurezza Domantas Sabonis, la versatilità di Malink Monk e la presenza mentale del già pronto Keegan Murray, arrivato a via draft. La sicurezza è che anche l’anno prossimo in California ci sarà da divertirsi.

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    10 01/07/2023 10:17

    Voto 8 a Shai Gilgeous-Alexander


    Il fiore è sbocciato e Oklahoma si ritrova in casa una rosa luccicante che accende l’entusiasmo dei tifosi e le chances della squadra molto prima di quanto pianificato dall’ultimo ribaltone voluto dal General Manager Sam Presti. A inizio stagione, con Chet Holmgrem fuori tutto l’anno prima ancora di cominciare, si prospettava un’annata a perdere in proiezione Wembayama (il francese prima scelta di San Antonio al recente draft 2023), invece i Thunders hanno chiuso in decima posizione e perso la finale del play-in contro Minnesota. Gran parte del merito delle 40 vittorie in stagione è di Shai Gilgeous-Alexander, cresciuto sotto ogni punto di vista e capace di firmare 31.4 punti, 4.8 rimbalzi e 5.5 assist a serata.


    Numeri da quarto miglior cannoniere del campionato e da piazza d’onore come giocatore più migliorato dietro a Lauri Markkanen, solo perché Shai in passato aveva già dimostrato molto più del finlandese di Utah. L’abilità di bucare la difesa alternando penetrazioni e tiri dalla media lo hanno portato al primo All Star Game e ad esser selezionato nel primo quintetto stagionale. Oltre a segnare 6.9 punti in più rispetto all’anno precedente, a fronte di meno di un minuto in più trascorso in campo, il 90% ai liberi e il 51% dal campo indicano che siamo davanti a un top 10 del gioco. E a Oklahoma lo sanno bene, per questo c’è tanta fiducia per il futuro a breve e medio termine.




    Voto 7 ai New York Knicks


    Buonissima la stagione dei Knicks, tornati protagonisti ai playoff grazie al successo contro la più quotata Cleveland. Peccato, poi, che contro Miami si sia vista la brutta copia della squadra compatta ed energica ammirata sino ad allora. L’annata si chiude però con una certezza: da Barrett a Quickley, passando per Grimes e Robinson, c’è un valido supporting cast (età media 25 anni) su cui costruire una squadra da titolo. A guidarla c’è Jalen Brunson, che al primo anno ha incantato e conquistato il Garden, anche ma non solo per i 24 punti e 6.2 assist a partita (49% dal campo e 41% da tre), perché l’ex Dallas ha dimostrato di avere leadership e soluzioni quasi sempre efficaci, playoff inclusi.


    Probabile che per diventare una vera contender i Knicks debbano disfarsi di Julius Randle (top scorer della squadra con 25.1 punti a gara e incluso nel terzo quintetto All-NBA), troppo instabile e in parte prevedibile nelle scelte offensive negli incroci da dentro o fuori. Coach Tom Thibodeau ha instillato nella squadra il dogma difensivo ed è un punto fermo per la dirigenza, solo che per vincere serve almeno un piano B e la capacità di variare lo spartito per reagire alle intuizioni avversarie. E per salire questo gradino, forse, nella Grande Mela serve qualcun altro.




    Voto 7 a Paolo Banchero


    I riflettori puntati sono serviti per illuminare il talento della prima scelta del draft 2022, che se non è ancora l’uomo franchigia di Orlando è destinato a diventarlo in tempi brevi. Con 20 punti e 6.9 rimbalzi e una serie di numeri che, oltre al premio Rookie dellanno quasi all’unanimità, gli valgono il confronto con mostri sacri come LeBron James, Kevin Durant, Carmelo Anthony e Luka Doncic, l’ala ha ribaltato la stagione dei Magic iniziata con 5 vittorie nei primi 25 incontri e finita con 34 vittorie e 48 sconfitte. Cifre a parte, di Banchero ha colpito l’intelligenza e l’abilità nel lucrare tiri liberi (12esimo in tutta la lega davanti a Harden, Jokic e Booker solo per citarne alcuni) e capacità di finire al ferro, oltre al buon tiro dalla media e una costante presenza mentale sui due lati del campo.


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    10 01/07/2023 10:18

    Già considerato come principale minaccia offensiva dagli avversari, deve migliorare nel pescare i compagni quando viene raddoppiano e nel tiro da fuori. Il biglietto da visita nel complesso è stato eccellente, peccato che sia svanito il sogno di vederlo in maglia Azzurra, in quanto ha scelto di giocare con Team Usa.




    Voto 6,5 ai Los Angeles Lakers


    Una stagione sull’ottovolante per la L.A. gialloviola, cominciata con il freno a mano tirato (2-8 le prime 10 gare) e capovolta dopo le trade invernali che hanno riempito alcuni buchi nel roster e cambiato il volto della squadra. I 19 giocatori partiti in quintetto sintetizzano confusione e porte girevoli fino all’arrivo di Hachimura, Beasley, Russell e Vanderbilt, che insieme all’emergente Austin Reaves hanno aiutato LeBron James e Anthony Davis nella rincorsa alla post season iniziata con il successo al play-in contro Minnesota.


    Le serie vinte ribaltando il fattore campo con Memphis e Golden State hanno mostrato una squadra viva, più disponibile a piegare le gambe in difesa e meno dipendente da LeBron in attacco. Certo, legare le tue fortune alle ginocchia di cristallo di Davis è come giocare alla lotteria, però con Darvin Ham al timone i Lakers hanno imboccato una strada da percorrere. Tenendo a mente che il gap dai Nuggets è parecchio ampio.




    Voto 6 ai Golden State Warriors


    Regular season dai due volti, con ruolino di marcia eccellente in casa e disastroso record in trasferta. Tante le pause all’interno delle gare e con il cast di supporto che ha ripetutamente fatto scena muta, tutto è passato dalle mani di Steph Curry. Che pur deliziando ancora una volta gli occhi degli appassionati, ha dovuto alzare bandiera bianca dinanzi alla maggior organizzazione dei Lakers nel secondo turno playoff. Cui i Warriors sono arrivati solo dopo aver vinto gara-7 in casa di una Sacramento con Fox a mezzo servizio.


    Con l’addio di Bob Myers, lo stratega che ha contribuito a creare la dinastia nella Baia di San Francisco, Golden State si è mossa per restare competitiva: spedito a Washington Jordan Poole e il suo contratto da 140 milioni di dollari che inizia il prossimo anno, i Warriors hanno preso Chris Paul che, al netto delle precarie condizioni fisiche, consente alla franchigia di continuare con Klay Thompson e Draymond Greenper un ultimo giro prima di ricostruire.




    Voto 5 ai Phoenix Suns


    Delusione e ripartenza veloce in Arizona, dopo l’uscita anticipata dai playoff con effetto déjà-vu. Dai malanni di Chis Paul che salta le gare decisive, all’impalpabilità di Deandre Ayton, tutt’altro che favorito dal gioco di squadra e in pole-position per andare altrove, nonostante Kevin Durant che fa canestro ma predica nel deserto, con il solo Devin Booker a brillare prima di naufragare sotto i colpi di Denver, che nella sfida diretta ha evidenziato la differenza tra una squadra e un gruppo di figurine in cerca d’autore.


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    10 01/07/2023 10:18

    La rabbia dei Suns si è sfogata subito con il licenziamento di Monty Williams e la chiamata di Frank Vogel (campione 2020 con i Lakers), ma anche con l’addio a Chris Paul e l’arrivo nella valle del sole di Bradley Beal, altra bocca di fuoco per dare l’assalto al titolo. Oltre a infrangere abbondantemente il tetto salariale fissato dalla NBA, l’arrivo del realizzatore ex Wizards non sembra l’incastro ideale per un team che conta su due eccezionali marcatori e giocatori che prediligono l’isolamento, con le solite libertà che si concedono sull’altro lato del campo. Mossa da all-in per una franchigia rimasta senza scelte fino al 2030, un azzardo che potrebbe trasformarsi in giubilo o fragoroso flop. Vedremo come girerà la monetina.




    Voto 4 ai Boston Celtics


    Conta zero il secondo posto a Est in regular season, perché i Celtics dovevano giocarsi il titolo e invece non sono arrivati neppure alle Finals. Colpa loro e delle scelte poco sensate di una dirigenza con le idee appannate. L’addio forzato a Ime Udoka e la promozione del debuttante Joe Mazzulla ha mostrato i suoi limiti ai playoff, quando l’ex assistente 34enne è stato portato a scuola da Spoelstra. Ma i colpevoli sono anche e soprattutto i giocatori, stritolati in una serie di alti e (tanti) bassi, quanto incapaci di trovare alternative al tiro da fuori. Le sei sconfitte casalinghe subite da Atlanta (1), Philadelphia (2) e Miami (3) sintetizzano i limiti della squadra, venuta meno anche nel consueto Celtics Pride. Imperdonabile.


    A differenza del passato recente, la dirigenza si è mossa subito e a sorpresa per ridisegnare la squadra: via il simbolo Marcus Smart, mandato a Memphis, dentro Kristaps Porzingis, reduce dalla miglior stagione a livello di cifre in maglia Wizards (cui Boston ha girato Danilo Gallinari). Serviva un lungo di stazza con tiro per ridurre il peso dell’attacco dal duo Tatum-Brown, ma è tutto da vedere se il lettone sarà un fattore in difesa e, prima ancora, a livello fisico, poiché in nove stagioni ha saltato 285 gare, oltre a un’anno intero ai box per la rottura dei legamenti del ginocchio sinistro.




    Voto 4 ai Los Angeles Clippers


    Primi per distacco alla voce sfortuna, i Clips continuano a essere la barzelletta della lega. Perché spendono come pochi altri e ogni anno restano a secco di gioie. Affidarsi al duo Kawhi Leonard-Paul George si è rivelata la scelta sbagliata, non tanto a livello tecnico, bensì dal lato fisico, perché ogni stagione una delle due stelle (o entrambe) finiscono ai box per infortunio. Dopo i mancati playoff dell’anno scorso, quest’anno L.A. è stata eliminata al primo turno dai Suns, rimediando quattro sberle dopo il successo iniziale fuori casa. Leonard si conferma refrattario alle regole di gruppo e si autogestisce, George è consapevole di aver perso lo smalto del passato, in regia, al di là della carica di Russell Westbrook, manca l’uomo in grado di creare gioco e innescare l’attacco e in questo vortice di amarezze Steve Ballmer spende vagonate di dollari in cambio dei sberleffi che continuano a ricevere i Clippers.


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    10 01/07/2023 10:19

    Voto 3 ai Milwaukee Bucks


    I playoff sono finiti dopo 10 minuti di gara-1 del primo turno, quando l’infortunio di Giannis Antetokounmpo ha spento i sogni di gloria di tutto il Wisconsin. Inutile il primo posto ottenuto nella stagione regolare, a poco o nulla è servito il rientro di Khris Middleton, insufficiente è stato il contributo di coach Mike Budenholzer, che ha perso nettamente il confronto con Spoelstra, favorendo l’upset della numero 8 del seeding contro i principali favoriti per il titolo. Salutato l’allenatore del primo storico anello, i Bucks hanno affidato la panchina ad Adrian Griffin, ex giocatore proprio a Milwaukee e assistente in grande ascesa che con le sue idee ha convinto il greco. Tempo per costruire, però, non c’è, perché con Giannis che a dicembre spegnerà 29 candeline bisogna vincere subito, anche se prima bisogna capire cosa succederà a figure chiave come Brook Lopez e lo stesso Middleton, che possono scegliere di accasarsi altrove.




    Voto 2 ai Philadelphia 76ers


    Potrebbe sembrare un voto troppo negativo per una squadra eliminata in gara-7 al TD Garden di Boston. Non lo è, invece, perché contro quei Celtics si poteva e doveva vincere, specie dopo aver avuto il match point in casa in gara-6. A deludere è l’insieme del pacchetto, perché Joel Embiid non ha colto l’occasione per dimostrare di essere un MVP a tutto tondo (aggiustando le cifre nella serie grazie ai liberi, giocata non al meglio delle condizioni per un infortunio al ginocchio), perché come si prospettava James Harden non riesce a tenere il livello da All-Star per troppe gare ravvicinate e perché Doc Rivers ha confermato di non essere propriamente il più ispirato dei coach in giro per gli States. Infatti è stato subito licenziato dai 76ers, che ora si affidano a Nick Nurse per compiere quel passo in avanti mancato finora.


    Il boss Daryl Morey proverà a disfarsi di Tobias Harris, al suo ultimo anno di contratto (da 39.2 milioni di dollari, primo stipendio della franchigia) e dare maggior spazio a Tyrese Maxey, ma tutto sta nel riuscire a costruire un roster in grado di combinare i punti di forza suoi e di Embiid, portando nella città dell’amore fraterno dosi massicce di sacrificio e personalità.




    Voto 1 ai Dallas Mavericks


    Flop dell’anno per la finalista della Western Conference dello scorso anno, che dopo un inizio sufficiente (29-26 fino alla finestra di mercato di febbraio) ha imboccato la strada del precipizio con l’arrivo di Kyrie Irving. Seppur l’ex Brooklyn non abbia sfigurato, fornendo il contributo e rispettando la leadership di Luka Doncic, i Mavs hanno completamente omesso la fase difensiva, concludendo l’annata nel peggiore dei modi: multa di 750mila dollari per non aver schierato i giocatori migliori nella sfida contro Chicago. L’obiettivo di Dallas era evitare il play-in nel tentativo di salvare la prima scelta al draft (risalente allo scambio con New York per Porzingis).


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    10 01/07/2023 10:19

    L’esperimento Irving-Doncic si è rivelato un fallimento (9-18 il record), tuttavia almeno al draft i Mavericks hanno salvato la faccia pescando due buoni role-player (Dereck Lively e Olivier-Maxence Prosper), anche se il colpo migliore è l’addio di Dāvis Bertāns, spedito a Oklahoma con il contrattone da 33 milioni di dollari per i prossimi due anni. Un buon inizio per risalire la china.




    Voto 0 a Ja Morant


    La premessa è che gli sportivi non debbano essere considerati modelli di vita, semplicemente perché non lo sono e non è richiesto dal loro incarico. A fronte della (troppa) importanza che la società garantisce alle stelle dello sport, però, sarebbe buon senso evitare di cacciarsi nei guai. Ancor più farlo due volte di seguito, cadendo nello stesso errore. Ecco perché il voto di Ja Morant è il più basso che si può dare. Sospeso per 8 gare a marzo dopo una diretta Instagram in cui si mostrava con un’arma in mano in un night club di Denver, due mesi più tardi la stella dei Grizzlies ha bissato con un’altra live Instagram mentre è in compagnia di una pistola. Già questo lascia intuire che il ragazzo abbia qualche problema da risolvere, oltre a non brillare per sagacia. Inevitabile la mano pesante del commissioner Adam Silver, che ha inflitto 25 gare di sospensione che Morant salterà al via della prossima stagione. Evidenti i danni tecnici per Memphis, mentre al giocatore saranno decurtati 7,6 milioni dallo stipendio annuale di 33,5 milioni. Le parole di scuse ripetute nel giro di due mesi fanno sorridere, speriamo solo che Morant (e chi gli sta intorno) abbia imparato la lezione, così da concentrarsi d’ora in poi solo sul basket.