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Ombre in Vaticano: la misteriosa morte di Papa Giovanni Paolo I - Albino Luciani

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    00 23/06/2006 01:27



    Ne parlavamo QUI su questa discussione.........

    Lo strano caso della morte di Albino LucianiA cura di Giuseppe Ardagna

    Il 26 Agosto del 1978 Albino Luciani divenne ufficialmente Vescovo di Roma (cioè fu eletto Papa) e successore di Paolo VI. In Vaticano, parecchie persone non erano contente dellelezione di Luciani al soglio pontificio ma, forse, il più scontento di tutti era monsignor Marcinkus che fino allultimo istante aveva sperato nellelezione del candidato Giuseppe Siri.
    Ma chi era questo Marcinkus? Era una delle pedine fondamentali di quella partita a scacchi che da anni si giocava fra Vaticano e grandi banche e che metteva in palio la possibilità di vedere il proprio capitale aumentare sempre di più[1]. Marcinkus era il più alto in grado allinterno dello I.O.R., lIstituto per le Opere Religiose. Egli intuì immediatamente i pericoli dellelezione di questo pontefice che, sin dai suoi primi discorsi, aveva lasciato chiaramente intendere di voler far tornare la chiesa cattolica a quegli ideali di carità cristiana propri del primo cattolicesimo, rinunciando alle ricchezze superflue che troppo avevano distolto gli uomini di chiesa dai propri sacri compiti. Figuratevi il capo della banca vaticana come avrebbe mai potuto vedere un tipo del genere sul più alto gradino del proprio stato&

    Marcinkus diceva ai suoi colleghi: «Questo Papa non è come quello di prima, vedrete che le cose cambieranno»[2].
    Su due punti Luciani sembrava irremovibile: liscrizione degli ecclesiastici alla massoneria, e luso del denaro della chiesa alla stregua di una banca qualunque[3]. E lirritazione del Papa peggiorava al solo sentire nominare personaggi come Calvi e Sindona dei quali aveva saputo qualcosa facendo discrete indagini[4].
    In coincidenza con lelezione di Luciani venne pubblicato un elenco di 131 ecclesiastici iscritti alla massoneria, buona parte dei quali, erano del Vaticano. La lista era stata diffusa da un piccolo periodico «O.P. Osservatore Politico» di quel Mino Pecorelli destinato a scomparire un anno dopo lelezione di Albino Luciani in circostanze mai chiarite.[5] Secondo molti, O.P. era una sorta di «strumento di comunicazione» adoperato dai servizi segreti italiani per far arrivare messaggi allambiente politico. Pecorelli, tra laltro, era legato a filo doppio con Gelli come lo erano Sindona e Calvi[6].
    Ma, tornando alla lista ecclesiastico-massonica, questa comprendeva, fra gli altri, i nomi di: Jean Villot (Segretario di Stato, matr. 041/3, iniziato a Zurigo il 6/8/66, nome in codice Jeanni), Agostino Casaroli (capo del ministero degli Affari Esteri del Vaticano, matr. 41/076, 28/9/57, Casa), Paul Marcinkus (43/649, 21/8/67, Marpa), il vicedirettore de «Losservatore Romano» don Virgilio Levi (241/3, 4/7/58, Vile), Roberto Tucci (direttore di Radio Vaticana, 42/58, 21/6/57, Turo).[7]

    ......continua
    [Modificato da Etrusco 18/12/2011 22:12]
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    Scritto da: il tobas 20/07/2005 10.02


    Al proposito consiglierei di leggere il libro
    IN NOME DI DIO di David Yallop



    Un "suntino" qui:

    Lo strano caso della morte di Albino LucianiA cura di Giuseppe Ardagna

    Il 26 Agosto del 1978 Albino Luciani divenne ufficialmente Vescovo di Roma (cioè fu eletto Papa) e successore di Paolo VI. In Vaticano, parecchie persone non erano contente dell’elezione di Luciani al soglio pontificio ma, forse, il più scontento di tutti era monsignor Marcinkus che fino all’ultimo istante aveva sperato nell’elezione del candidato Giuseppe Siri.
    Ma chi era questo Marcinkus? Era una delle pedine fondamentali di quella partita a scacchi che da anni si giocava fra Vaticano e grandi banche e che metteva in palio la possibilità di vedere il proprio capitale aumentare sempre di più[1]. Marcinkus era il più alto in grado all’interno dello I.O.R., l’Istituto per le Opere Religiose. Egli intuì immediatamente i pericoli dell’elezione di questo pontefice che, sin dai suoi primi discorsi, aveva lasciato chiaramente intendere di voler far tornare la chiesa cattolica a quegli ideali di carità cristiana propri del primo cattolicesimo, rinunciando alle ricchezze superflue che troppo avevano distolto gli uomini di chiesa dai propri sacri compiti. Figuratevi il capo della banca vaticana come avrebbe mai potuto vedere un tipo del genere sul più alto gradino del proprio stato…

    Marcinkus diceva ai suoi colleghi: «Questo Papa non è come quello di prima, vedrete che le cose cambieranno»[2].
    Su due punti Luciani sembrava irremovibile: l’iscrizione degli ecclesiastici alla massoneria, e l’uso del denaro della chiesa alla stregua di una banca qualunque[3]. E l’irritazione del Papa peggiorava al solo sentire nominare personaggi come Calvi e Sindona dei quali aveva saputo qualcosa facendo discrete indagini[4].
    In coincidenza con l’elezione di Luciani venne pubblicato un elenco di 131 ecclesiastici iscritti alla massoneria, buona parte dei quali, erano del Vaticano. La lista era stata diffusa da un piccolo periodico «O.P. Osservatore Politico» di quel Mino Pecorelli destinato a scomparire un anno dopo l’elezione di Albino Luciani in circostanze mai chiarite.[5] Secondo molti, O.P. era una sorta di «strumento di comunicazione» adoperato dai servizi segreti italiani per far arrivare messaggi all’ambiente politico. Pecorelli, tra l’altro, era legato a filo doppio con Gelli come lo erano Sindona e Calvi[6].
    Ma, tornando alla lista ecclesiastico-massonica, questa comprendeva, fra gli altri, i nomi di: Jean Villot (Segretario di Stato, matr. 041/3, iniziato a Zurigo il 6/8/66, nome in codice Jeanni), Agostino Casaroli (capo del ministero degli Affari Esteri del Vaticano, matr. 41/076, 28/9/57, Casa), Paul Marcinkus (43/649, 21/8/67, Marpa), il vicedirettore de «L’osservatore Romano» don Virgilio Levi (241/3, 4/7/58, Vile), Roberto Tucci (direttore di Radio Vaticana, 42/58, 21/6/57, Turo).[7]

    Di Albino Luciani cominciò a circolare per la curia l’immagine di uomo poco adatto all’incarico, troppo «puro di cuore», troppo semplice per la complessità dell’apparato che doveva governare.
    La morte subitanea, dopo trentatre giorni di pontificato, suscitò incredulità e stupore, sentimenti accresciuti dalle titubanze del Vaticano nello spiegare il come, il quando ed il perché dell’evento. In questo modo, l’incredulità diventò prima dubbio e poi sospetto. Era morto o l’avevano ucciso?[8]
    Fu detto all’inizio che Luciani era stato trovato morto con in mano il libro «l’imitazione di Cristo», successivamente il libro si trasformò in fogli di appunti, quindi in un discorso da tenere ai gesuiti ed infine, qualche versione ufficiosa volle che tra le sue mani ci fosse l’elenco delle nomine che il Papa intendeva rendere pubbliche il giorno dopo.[9]

    Dapprima, l’ora della morte fu fissata verso le 23 e, quindi, posticipata alle 4 del mattino. Secondo le prime informazioni, il corpo senza vita era stato trovato da uno dei segretari personali del Papa, dopo circolò la voce che a scoprirlo fosse stata una delle suore che lo assistevano. C’erano veramente motivi per credere che qualcosa non andasse per il verso giusto.

    Qualcuno insinuò che forse sarebbe stato il caso di eseguire un’autopsia e questa voce, dapprima sussurrata, arrivò ad essere gridata dalla stampa italiana e da una parte del clero. Naturalmente l’autopsia non venne mai eseguita ed i dubbi permangono ancora oggi.

    Di questo argomento si occuperà approfonditamente l’inglese David Yallop, convinto della morte violenta di Giovanni Paolo I.

    Il libro dello scrittore inglese passa in rassegna tutti gli elementi di quel fatidico 1978 fino a sospettare sei persone dell’omicidio di Albino Luciani: il Segretario di Stato Jean Villot, il cardinale di Chicago John Cody, il presidente dello I.O.R. Marcinkus, il banchiere Michele Sindona, il banchiere Roberto Calvi e Licio Gelli maestro venerabile della Loggia P2.[10]
    Secondo Yallop, Gelli decise l’assassinio, Sindona e Calvi avevano buone ragioni per desiderare la morte del Papa ed avevano le capacità ed i mezzi per organizzarlo, Marcinkus sarebbe stato il catalizzatore dell’operazione mentre Cody (strettamente legato a Marcinkus) era assenziente in quanto Luciani era intenzionato ad esonerarlo dalla sede di Chicago perché per motivi finanziari si era attirato le attenzioni non solo della sua chiesa ma addirittura della giustizia cittadina e della corte federale. Villot, infine, avrebbe facilitato materialmente l’operazione[11].
    La ricostruzione fatta da Yallop degli affari di Sindona, di Calvi, di Gelli e dello I.O.R., conduce inevitabilmente all’eliminazione del Papa.
    Tuttavia la ricostruzione dello scrittore inglese pone alcuni problemi, primo fra tutti la netta sensazione che, in alcuni passi della ricostruzione, gli episodi, le date e le circostanze, tendano ad «esser fatte coincidere» troppo forzatamente.

    Tuttavia il lavoro investigativo di Yallop è comunque buono e non si può non tener conto del lavoro dell’inglese soprattutto considerando il fatto che troppi sono i dubbi inerenti le ultime ore di vita del Papa.

    Perché e soprattutto chi ha fatto sparire dalla camera del Papa i suoi oggetti personali? Dalla stanza di Luciani scompariranno gli occhiali, le pantofole, degli appunti ed il flacone del medicinale Efortil. La prima autorità di rango ad entrare nella stanza del defunto fu proprio Villot, accompagnato da suor Vincenza (la stessa che ogni mattina portava una tazzina di caffè al Papa) che verosimilmente fu l’autrice materiale di quella sottrazione.

    Perché la donna si sarebbe adoperata con tanta solerzia per far sparire gli oggetti personali di Luciani? Perché quegli oggetti dovevano sparire?

    Domande destinate a restare senza risposta anche in considerazione del fatto che la diretta interessata è passata a miglior vita.
    Una curiosità per chiudere l’argomento: sulla scrivania di Luciani fu trovata una copia del settimanale «Il mondo» aperta su di un’inchiesta che il periodico stava conducendo dal titolo: «Santità...è giusto?» che trattava, sotto forma di lettera aperta al pontefice, il tema delle esportazioni e delle operazioni finanziarie della banca Vaticana. «E’ giusto...» recita l’articolo «...che il Vaticano operi sui mercati di tutto il mondo come un normale speculatore? E’ giusto che abbia una banca con la quale favorisce di fatto l’esportazione di capitali e l’evasione fiscale di italiani?»[12].


    --------------------------------------------------------------------------------

    [1] Matillò R.D., L’avventura delle finanze Vaticane,Ed.Pironti, Napoli, 1988 ;
    [2] Ibidem
    [3] Ibidem
    [4] Ibidem
    [5] Ardagna G., La scoperta della lista P2 nella stampa italiana,Napoli, 2004;
    [6] Ibidem
    [7] Matillò R.D., L’avventura delle finanze Vaticane, Ed.Pironti, Napoli, 1988;
    [8] Ibidem
    [9] Ibidem
    [10] Yallop D., In God’s name, Ed.Pironti, Napoli, 1992;
    [11] Ibidem
    [12] Ibidem


    Fonte: http://www.disinformazione.it/albinoluciani.htm
    [Modificato da Etrusco 18/12/2011 22:13]
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    00 23/06/2006 01:32


    Scritto da: ilapaci 20/07/2005 16.02


    Come dicevo stamattina, lo stesso Pecorelli aveva previsto una breve carriera per Papa Luciani. Difficile andare contro chi comanda veramente robe del calibro dello Ior e restare in vita.

    Questa la pagina di OP:



    Quella delle patate lesse è spettacolare, uno stile notevolissimo.

    [Modificato da ilapaci 20/07/2005 16.02]




    [SM=x44515]

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  • Nikki72
    00 23/06/2006 09:59
    Re:


    Scritto da: Etrusco 23/06/2006 1.27
    Ne parlavamo QUI su questa discussione.........

    Lo strano caso della morte di Albino LucianiA cura di Giuseppe Ardagna

    Il 26 Agosto del 1978 Albino Luciani divenne ufficialmente Vescovo di Roma (cioè fu eletto Papa) e successore di Paolo VI. In Vaticano, parecchie persone non erano contente dell’elezione di Luciani al soglio pontificio ma, forse, il più scontento di tutti era monsignor Marcinkus che fino all’ultimo istante aveva sperato nell’elezione del candidato Giuseppe Siri.
    Ma chi era questo Marcinkus? Era una delle pedine fondamentali di quella partita a scacchi che da anni si giocava fra Vaticano e grandi banche e che metteva in palio la possibilità di vedere il proprio capitale aumentare sempre di più[1]. Marcinkus era il più alto in grado all’interno dello I.O.R., l’Istituto per le Opere Religiose. Egli intuì immediatamente i pericoli dell’elezione di questo pontefice che, sin dai suoi primi discorsi, aveva lasciato chiaramente intendere di voler far tornare la chiesa cattolica a quegli ideali di carità cristiana propri del primo cattolicesimo, rinunciando alle ricchezze superflue che troppo avevano distolto gli uomini di chiesa dai propri sacri compiti. Figuratevi il capo della banca vaticana come avrebbe mai potuto vedere un tipo del genere sul più alto gradino del proprio stato…

    Marcinkus diceva ai suoi colleghi: «Questo Papa non è come quello di prima, vedrete che le cose cambieranno»[2].
    Su due punti Luciani sembrava irremovibile: l’iscrizione degli ecclesiastici alla massoneria, e l’uso del denaro della chiesa alla stregua di una banca qualunque[3]. E l’irritazione del Papa peggiorava al solo sentire nominare personaggi come Calvi e Sindona dei quali aveva saputo qualcosa facendo discrete indagini[4].
    In coincidenza con l’elezione di Luciani venne pubblicato un elenco di 131 ecclesiastici iscritti alla massoneria, buona parte dei quali, erano del Vaticano. La lista era stata diffusa da un piccolo periodico «O.P. Osservatore Politico» di quel Mino Pecorelli destinato a scomparire un anno dopo l’elezione di Albino Luciani in circostanze mai chiarite.[5] Secondo molti, O.P. era una sorta di «strumento di comunicazione» adoperato dai servizi segreti italiani per far arrivare messaggi all’ambiente politico. Pecorelli, tra l’altro, era legato a filo doppio con Gelli come lo erano Sindona e Calvi[6].
    Ma, tornando alla lista ecclesiastico-massonica, questa comprendeva, fra gli altri, i nomi di: Jean Villot (Segretario di Stato, matr. 041/3, iniziato a Zurigo il 6/8/66, nome in codice Jeanni), Agostino Casaroli (capo del ministero degli Affari Esteri del Vaticano, matr. 41/076, 28/9/57, Casa), Paul Marcinkus (43/649, 21/8/67, Marpa), il vicedirettore de «L’osservatore Romano» don Virgilio Levi (241/3, 4/7/58, Vile), Roberto Tucci (direttore di Radio Vaticana, 42/58, 21/6/57, Turo).[7]

    ......continua




    Sarei curiosa di vedere le reazioni del forum di Ratzi ad una discussione del genere! perché non la posti lì? io non posso, sono quasi scomunicata... [SM=x44452] o magari lo faccio, tanto ormai... [SM=x44474]

    [Modificato da Nikki72 23/06/2006 10.01]

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    00 25/06/2006 15:18
    Re: Re:

    Scritto da: Nikki72 23/06/2006 9.59




    Sarei curiosa di vedere le reazioni del forum di Ratzi ad una discussione del genere! perché non la posti lì? io non posso, sono quasi scomunicata... [SM=x44452] o magari lo faccio, tanto ormai... [SM=x44474]

    [Modificato da Nikki72 23/06/2006 10.01]




    Beh, dovrei presentarlo in tuttaltra veste
    intavolando la discussione sotto un diverso profilo....

    Ratzingher penso che c'entri ben poco con GP1

    Tu non eri moderatore su quel forum? [SM=x44473]
    E dopo la scomunica? Perchè poi? [SM=x44466]

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  • Nikki72
    00 01/07/2006 18:21
    Re: Re: Re:


    Scritto da: Etrusco 25/06/2006 15.18


    Beh, dovrei presentarlo in tuttaltra veste
    intavolando la discussione sotto un diverso profilo....

    Ratzingher penso che c'entri ben poco con GP1

    Tu non eri moderatore su quel forum? [SM=x44473]
    E dopo la scomunica? Perchè poi? [SM=x44466]




    Nel forum di Ratzi ci sono anche delle devote di Papa Luciani (e anche di GP2), quindi a volte capita che si parli di cose che vanno "oltre" Benedetto... il mio rapporto col forum (e in generale con tutto ciò che riguarda religione-chiesa ecc.) è piuttosto burrascoso e altalenante, un misto di amore-odio che a volte può creare problemi... è difficile spiegare però! [SM=x44464]

    [Modificato da Nikki72 01/07/2006 18.23]

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    Re: Re: Re: Re:

    Scritto da: Nikki72 01/07/2006 18.21




    Nel forum di Ratzi ci sono anche delle devote di Papa Luciani (e anche di GP2), quindi a volte capita che si parli di cose che vanno "oltre" Benedetto...

    un misto di amore-odio che a volte può creare problemi... è difficile spiegare però! [SM=x44464]

    [Modificato da Nikki72 01/07/2006 18.23]




    Chi ha conosciuto a 360° l'operato di Monsignor Albino Luciani quando operava nel Nord Est non può che rimpiangerlo amorevolmente e grande ammirazione....
    e non credo che occorra essere di origini venete per apprezzarlo.

    Ora però non vorrei che parlare di quest'eccellente esempio di cristianità possa creare in qualche modo dei problemi, quali? [SM=x44473]

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  • Nikki72
    00 18/07/2006 09:15
    Re: Re: Re: Re: Re:


    Scritto da: Etrusco 16/07/2006 17.26


    Chi ha conosciuto a 360° l'operato di Monsignor Albino Luciani quando operava nel Nord Est non può che rimpiangerlo amorevolmente e grande ammirazione....
    e non credo che occorra essere di origini venete per apprezzarlo.

    Ora però non vorrei che parlare di quest'eccellente esempio di cristianità possa creare in qualche modo dei problemi, quali?
    [SM=x44473]





    No, i "problemi" riguardano la sua morte: cioè se tu in un forum di cattolici vai ad insinuare che Luciani possa essere stato ucciso... è un'ipotesi che loro manco prendono in considerazione, per loro è morto perché "il Signore l'ha chiamato a sé", mi spiego? non sono mai riuscita a portare avanti discorsi che riguardassero l'Opus Dei, per esempio, perché c'è gente che ha perfino l'avatar di Escrivà ( [SM=x44476] ) e ancora meno su faccende riguardanti IOR ecc. sanno benissimo naturalmente che nella Chiesa non sono tutti angioletti ma è piuttosto difficile affrontare questi argomenti obiettivamente. [SM=x44464]
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    Re: Re: Re: Re: Re: Re:

    Scritto da: Nikki72 18/07/2006 9.15




    No, i "problemi" riguardano la sua morte: cioè se tu in un forum di cattolici vai ad insinuare che Luciani possa essere stato ucciso... è un'ipotesi che loro manco prendono in considerazione, per loro è morto perché "il Signore l'ha chiamato a sé", mi spiego? non sono mai riuscita a portare avanti discorsi che riguardassero l'Opus Dei, per esempio, perché c'è gente che ha perfino l'avatar di Escrivà ( [SM=x44476] ) e ancora meno su faccende riguardanti IOR ecc. sanno benissimo naturalmente che nella Chiesa non sono tutti angioletti ma è piuttosto difficile affrontare questi argomenti obiettivamente. [SM=x44464]



    L'importante è che non ti chiudano la discussione brutalmente quando affronti degli argomenti "scomodi" a cui non sanno arginarti con argomentazioni logiche e credibili...

    La prox volta che si intavola una discussione simile fammi avere il link, che mi piace vedere come si sviluppa e se è possibile metterci il mio contributo. [SM=x44451]

    [SM=x44475]

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    00 26/08/2006 15:36
    pochi giorni fa avevo aperto una discussione su questo argomento
    ma riferendomi a un nuovo articolo uscito sui giornali.
    Non mi ricordo se in attualità o in chiacchiere [SM=x44473]
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    00 25/09/2006 20:36
    Stasera su Rai3: ore 23,40 "La Storia Siamo Noi"
    Attualità
    Per una Storia Sociale d'Italia 1945-2000.

    Si approfondirà sul
    presunto omicidio del Papa Giovanni Paolo I
    prematuramente scomparso dopo appena 1 mese di pontificato.

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    Re:


    Scritto da: Etrusco 25/09/2006 20.36
    Stasera su Rai3: ore 23,40 "La Storia Siamo Noi"
    Attualità
    Per una Storia Sociale d'Italia 1945-2000.

    Si approfondirà sul
    presunto omicidio del Papa Giovanni Paolo I
    prematuramente scomparso dopo appena 1 mese di pontificato.




    Non avevo mai visto questa puntata! [SM=x44466] devo dire che mi ha fatto un po' rivalutare l'ipotesi della morte naturale, anche se sono sempre dell'idea che ci sia qualcosa di molto strano in questa storia... [SM=x44467] p.s. ho aperto la cartella dedicata agli "intrighi" [SM=x44451]
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    Re: Re:

    Scritto da: Nikki72 28/09/2006 21.02




    Non avevo mai visto questa puntata! [SM=x44466] devo dire che mi ha fatto un po' rivalutare l'ipotesi della morte naturale, anche se sono sempre dell'idea che ci sia qualcosa di molto strano in questa storia... [SM=x44467] p.s. ho aperto la cartella dedicata agli "intrighi" [SM=x44451]



    Mi ha shoccato un po' la testimonianza del fratello di Albino Luciani... non ha alcun dubbio lui... gli avranno fatto il lavaggio del cervello....

    Comunque non sapevo di quella suora mistica che aveva profetizzato all'allora Monsignor Luciani come sarebbe morto in Vaticano....
    Lo scrisse anche sul libro (al quale un personaggio famoso fece la prefazione, ma non ricordo nessun riferimento a quel libro: fu stampato solo in Germania in un limitato numero di copie...)

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    00 25/10/2006 01:35
    LIBRI: ROMA, TUTTE LE VERITA' SULLA MORTE DI PAPA LUCIANI

    Roma, 28 set. (Adnkronos/Adnkronos Cultura)
    - Ad investigare le misteriose circostanze della morte di Papa Luciani e' dedicato 'La morte del Papa', il romanzo che Luis Miguel Rocha ha pubblicato per la casa editrice Cavallo di ferro.

    L'autore avanza un'ipotesi che era gia' stata sostenuta da David Yallop nel suo saggio 'In nome di Dio' e cioe' che Albino Luciani sia stato ucciso perche' stava indagando sulla gestione del capitale del Vaticano.

    La figura di Papa Luciani, se pur solo per 33 giorni, ha lasciato il segno. Il rifiuto iniziale della cerimonia di incoronazione, la scelta di un nome doppio, l'abbandono del plurale maiestatis sono tutti segnali di un forte cambiamento che il Papa voleva portare. Sopratutto Papa Luciani voleva che la Chiesa tornasse ad uno stato di poverta' evangelica.
    ''Il romanzo 'La morte del papa' e' stato scritto come 'su commissione''', ha affermato Luis Miguel Rocha. ''La mia fonte - ha continuato Luis Miguel Rocha - un uomo non noto al pubblico, proveniente dal mondo dei servizi segreti e che ha preso parte al complotto per l'uccisione di papa Luciani ha richiesto precisamente una forma 'romanzesca', in cui realta' e finzione fossero ben miscelati.
    La fonte ha deciso per motivi a noi non noti, che la verita' sulla morte di Papa Luciani deve essere svelata''.

    Trentatre' giorni sono bastati per spaventare un gruppo di uomini mossi dal denaro e dal potere. Trentatre' giorni sono bastati per spingerli ad eliminarlo senza scrupoli. Albino Luciani e' stato ucciso perche' voleva fare pulizia nei Palazzi Vaticani. Stava per prendere decisioni che avrebbero comportato molti cambiamenti non solo nella Santa Sede ma anche nei governi di alcuni paesi. non posso dire chi furono gli esecutori materiali, ma i mandanti si': Marcinkus, Calvi e Gelli''.

    (e nel libro spunta anche il nome di Cossiga..)


    Rocco Barile 03.10.06 14:22 dal Blog BeppeGrillo.it

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    00 14/03/2007 01:07
    PADRE CAMISASCA RACCONTA:
    PAOLO VI ERA STRAORDINARIO, FU TRADITO DAI SUOI ALLEATI
    – FU UN ERRORE NEGARE L’AUTOPSIA SU PAPA LUCIANI
    – DI GIOVANNI PAOLO II DON GIUSSANI DICEVA: “È UN LEONE”
    – RATZINGER PER WOJTYLA ERA UN ARGINE E UN RIFERIMENTO…




    Aldo Cazzullo per il “Corriere della Sera”



    Spesso si è trovato da solo con Wojtyla e Giussani.
    Altre volte il cardinale Ratzinger veniva a cena da lui nell'appartamento romano che divideva con un altro sacerdote cresciuto in CL, Angelo Scola.
    Massimo Camisasca, storico di Comunione e Liberazione, di cui è stato per quindici anni l'ambasciatore in Vaticano, pubblica “Il vento di Dio” (Piemme, pagine 128, 10 euro), in cui racconta la propria storia e quella della Fraternità San Carlo, la comunità di sacerdoti da lui fondata e presente oggi in quindici paesi, dal Kenya alla Siberia.


    Don Camisasca, lei arrivò a Roma nei giorni della fine di Paolo VI. E ne scrive come di un grande Papa sconfitto.
    «Paolo VI era un uomo straordinario. Capace, lui così timido e riservato, di gesti di grande affetto: come quando incontrò nelle logge papali Dina Bellotti, la pittrice, che gli disse di essere appena rimasta vedova. Lui chiese al suo segretario, don Macchi: "Abbiamo il suo numero?". E poi, rivolto a lei: "D'ora in avanti non sarà più sola".
    «Con Jean Guitton si erano conosciuti un 8 dicembre e si giurarono che, in qualsiasi parte del mondo fossero stati, ogni 8 dicembre si sarebbero rivisti. I Dialoghi con Paolo VI di Guitton non sono un vero libro-intervista, ma la summa di un incontro durato tutta la vita. Montini lo ringraziò con un biglietto in latino: "Nimis bene de me scripsisti", hai scritto troppo bene di me. «Quanto agli scritti di Montini, il suo stile letterario mi affascina. Sono un suo accanito lettore».

    Perché Papa sconfitto, allora?
    «Perché fu tradito dai suoi alleati, che deformarono il suo disegno di rinnovamento della Chiesa portandolo ben oltre le intenzioni originarie. Paolo VI sente su di sé il problema della modernità, ne è attraversato. Wojtyla lo scavalca, si sporge oltre. Giussani era un po' come lui, anche se lo univa a Paolo VI un'idea manzoniana del cattolicesimo, per cui la fede si manifesta attraverso le opere».

    Tra Montini e Wojtyla c'è Giovanni Paolo I. Che idea si è fatto della sua fine?
    «Arrivo in stazione da Milano e mi avvertono che il Papa è morto. Mi precipito in Vaticano.
    La nipote di Luciani, Lina, figlia di sua sorella, mi accompagna da lui. Ebbi l'impressione di un infarto devastante; i tratti erano quasi irriconoscibili, il volto blu.
    Fu un errore negare l'autopsia e non raccontare la verità sulle circostanze del ritrovamento.

    Però l'ipotesi dell'avvelenamento è ridicola: è impossibile avvicinare il Papa in Vaticano con intenzioni malvagie, vigilato com'è dalle guardie svizzere».

    È vero che Luciani voleva intervenire nello IOR e rimuovere Marcinkus?
    «Innanzitutto voglio ricordare che il suo brevissimo pontificato creò un cambiamento di clima nella Chiesa,
    assolutamente imprevedibile:
    apparvero in lui, sul suo volto e nelle sue parole, la bellezza e la semplicità del Cristianesimo.
    Quanto a Marcinkus e allo Ior, penso di sì, che volesse mettere mano a delle riforme profonde.

    Ma è vero soprattutto che subì il Papato, lo avvertì come un macigno piombatogli addosso.
    Magee, il suo segretario in seconda, mi ha raccontato delle emicranie che lo inducevano a entrare nelle stanze dei segretari — cosa che Montini nella sua regalità non faceva mai — per chiedere un caffè.
    L'ultima sera si alzò da tavola per rispondere al telefono ed ebbe una conversazione concitata con il cardinal Colombo sulla scelta del nuovo patriarca di Venezia.
    Tornato a tavola, chiese ai commensali di recitare la preghiera per la buona morte».


    Come mai il cardinale di Milano pensava di poter influenzare il Papa?
    «Era stato uno dei più votati in conclave, secondo una voce cui non credo sarebbe stato addirittura eletto per poi rifiutare. Soprattutto, Luciani avvertiva la necessità di consultarsi con tutti.
    Mi hanno raccontato che, quando fu eletto, si presentò alla Curia dicendo: "Sono nelle vostre mani".

    Wojtyla, uscito dal conclave, indicò Dsiwisz, poco più di un ragazzo, dicendo a cardinali ottuagenari: "D'ora in avanti obbedite a lui".
    Per questo, all'uscita del suo primo incontro con lui, Giussani continuava a ripetere, entusiasta: "È un leone!".
    Aveva intuito che Giovanni Paolo II avrebbe ribaltato la situazione: da una Chiesa impaurita dalla modernità a una Chiesa che non ha più paura e ritorna più forte di prima sulla scena della storia».

    Davvero Wojtyla pensava, come scrive Dsiwisz, che a tentare di ucciderlo fossero stati i sovietici?
    «Certo. E non ne faceva mistero
    .

    Ricordo un incontro con Giussani, Scola e me, il 13 settembre 1985, il giorno prima del riconoscimento della Fraternità San Carlo.
    Wojtyla era convinto che l'attentato fosse stato organizzato oltre la cortina di ferro, da gente che sapeva come uccidere.
    "Russia e America sono entrambe pericolose; pericolosi sono capitalismo e marxismo, ma l'Urss è più pericolosa perché sorretta da un'ideologia, mentre il mondo capitalista è grossolano ed egoista"».

    L'America sullo stesso piano della Russia?
    «Già prima della caduta del Muro, Giovanni Paolo II avvertiva fortissima la preoccupazione per l'edonismo e il consumismo.
    Questo non gli impedì di avere un rapporto di sintonia e di simpatia con Reagan».

    A quegli anni risale la sua consuetudine con Ratzinger.
    «Due sere all'anno veniva a cena nella casa che dividevo vicino a Santa Maria Maggiore con Scola. Mangiava pochissimo, mentre Wojtyla prima dell'attentato era un mangiatore robusto.
    Aveva e ha il dono di esprimere in modo semplice verità profonde. Spesso Giussani si rivolgeva a lui per essere certo che l'audacia delle sue formulazioni non lo portasse al di fuori della tradizione della Chiesa. Ratzinger si fermava a meditare profondamente. Poi lo rassicurava, con la grazia e la sicurezza intellettuale che gli appartengono».


    (Papa Ratzinger - Foto Ansa)


    Qual era il rapporto tra Wojtyla e Ratzinger?
    «Ratzinger era molto prezioso per Wojtyla, che sentiva di aver bisogno di un argine e di un riferimento.
    E il futuro Benedetto XVI non esitava a esercitare questa funzione con serietà e lealtà, quando lo riteneva necessario».


    Dagospia 13 Marzo 2007

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    00 28/09/2008 14:14
    Uno dei pontificati più brevi della storia: dal 26 agosto al 28 settembre 1978
    «In 33 giorni entrò nel cuore della gente»
    Sua Santità Papa Benedetto XVI ricorda Papa Luciani nel trentesimo anniversario della morte:
    «Scelse come motto l'umiltà»


    Sua Santità Giovanni Paolo I, «il Papa del sorriso»

    ROMA - «Bastarono 33 giorni perché Papa Luciani entrasse nel cuore della gente.
    Nei discorsi usava esempi tratti da fatti di vita concreta, dai suoi ricordi di famiglia e dalla saggezza popolare».
    Papa Ratzinger ha ricordato con queste parole Giovanni Paolo I, di cui oggi ricorre il trentesimo anniversario della morte.
    «La sua semplicità - ha sottolineato - era veicolo di un insegnamento solido e ricco, che, grazie al dono di una memoria eccezionale e di una vasta cultura, egli impreziosiva con numerose citazioni di scrittori ecclesiastici e profani.
    È stato così un impareggiabile catechista
    , sulle orme di san Pio X, suo conterraneo e predecessore prima sulla cattedra di san Marco e poi su quella di san Pietro».
    Di Luciani Ratzinger ha anche citato alcune frasi, che testimoniavano la sua umiltà:
    «Dobbiamo sentirci piccoli davanti a Dio.
    Non mi vergogno di sentirmi come un bambino davanti alla mamma:
    si crede alla mamma, io credo al Signore, a quello che Egli mi ha rivelato»,
    aveva detto Giovanni Paolo I in un'udienza generale. «Queste parole - ha commentato oggi il Papa teologo - mostrano tutto lo spessore della sua fede».

    IL SUO INSEGNAMENTO - Un'altra frase di Luciani ricordata oggi da Ratzinger riguardava l'umiltà:
    «anche se avete fatto delle grandi cose, dite: siamo servi inutili. Invece la tendenza, in noi tutti, è piuttosto al contrario: mettersi in mostra».
    «Egli - ha commentato il Papa di oggi - scelse come motto episcopale lo stesso di san Carlo Borromeo: Humilitas.
    Una sola parola che sintetizza l'essenziale della vita cristiana e indica l'indispensabile virtù di chi, nella Chiesa, è chiamato al servizio dell'autorità».
    «Mentre ringraziamo Dio per averlo donato alla Chiesa e al mondo, facciamo tesoro - ha esortato i fedeli presenti nel cortile della residenza estiva di Castegandolfo del suo esempio, impegnandoci a coltivare la sua stessa umiltà, che lo rese capace di parlare a tutti, specialmente ai piccoli e ai cosiddetti lontani».


    28 settembre 2008

    Notizie correlate:


    Nel 30° anniversario della sua morte

    VENEZIA, venerdì, 26 settembre 2008 (ZENIT.org).- Si è concluso questo venerdì un Congresso sulla figura di Albino Luciani, Papa Giovanni Paolo I, nella Diocesi di Venezia, della quale fu Patriarca prima di essere eletto Papa.

    Il Congresso, dal titolo “Papa Luciani, dal Veneto al mondo”
    , ha voluto sottolineare nel 30° anniversario della sua morte non il suo breve pontificato, ma la sua opera come sacerdote e Vescovo. I partecipanti si recheranno nel fine settimana a Roma, dove domenica celebreranno un'Eucaristia nella Basilica di San Pietro.

    Domenica l'attuale Patriarca di Venezia, il Cardinale Angelo Scola, celebrerà una Messa commemorativa nella Cattedrale di San Marco, alla quale parteciperà il movimento Comunione e Liberazione.

    Passione missionaria

    Nel corso del Congresso, ricorda “L'Osservatore Romano”, tra gli altri aspetti della personalità di Papa Luciani è stato sottolineato il suo grande amore per le missioni, come si deduce dai suoi molti scritti sulla questione.

    In particolare, si è dedicata attenzione a una Lettera alla Diocesi di Venezia pubblicata nell'ottobre 1996 dopo una visita compiuta in Burundi. La Lettera, spiega l'esperto Roberto Morozzo della Rocca, spiegava che il futuro Papa era “un uomo pratico refrattario a questioni ideologiche”.

    L'allora Patriarca di Venezia aveva molto a cuore il rapporto tra la missionarietà e l'autonomia delle Chiese locali,
    che nel Concilio provocò un ampio dibattito.

    Per lui non c'era contrasto tra queste realtà, visto che “la Chiesa è unica ed è la medesima in Veneto e all'altezza dell'Equatore
    , il Vangelo è unico per tutti, la grazia si effonde sugli uni come sugli altri, e in ogni caso chi ha l'ultima parola è il Vescovo locale, non una teoria intellettuale”. (stoccata a IOR e P.Marcinkus...)

    Ciò che contava, secondo il futuro Pontefice, era l'evangelizzazione.

    Per Morozzo della Rocca, la sua visione della questione missionaria “mostra un Vescovo che vive il primato della pastoralità, un moderato che non vuole perdere il buono delle tradizioni ma anche vuole capire la realtà presente”.





    Albino Luciani pastore umile e obbediente, quindi libero

    Senza compromessi per difendere l'unità


    Si è chiuso venerdì 26 settembre a Venezia, presso l'Istituto Veneto di Scienze, Lettere e Arti, il convegno "Albino Luciani dal Veneto al mondo" organizzato in occasione del trentesimo anniversario della morte di Giovanni Paolo i. Pubblichiamo l'intervento conclusivo del cardinale patriarca di Venezia.

    di Angelo Scola
    Cardinale patriarca di Venezia


    Le circostanze storiche mi hanno portato in questi mesi a dovermi chinare, in più occasioni, sulla figura dei tre patriarchi veneziani del secolo scorso che poi sono diventati Papi. Tutti e tre, in gradi diversi, sono ormai nell'orizzonte della santità canonicamente riconosciuta.

    Debbo riconoscere che affrontare, come patriarca e nella città di Venezia, la figura del servo di Dio Papa Giovanni Paolo i a chiusura del presente convegno mi è risultata, tra le tre, l'impresa meno agevole e nello stesso tempo la più stimolante. E ciò anche perché diretti protagonisti degli anni, certamente complessi, del ministero patriarcale di Albino Luciani sono ancor oggi attivi nella vita veneziana. Ma soprattutto mi sembra di poter serenamente affermare che all'interno della nostra Chiesa veneziana continuano a convivere due atteggiamenti profondamente diversi verso la figura di Albino Luciani.

    Da una parte esiste, e si va rafforzando, una memoria riconoscente e grata. La sua figura emerge spontaneamente nei ricordi della grande maggioranza dei fedeli quando li si incontra, ad esempio, in occasione della Visita pastorale. Sono assai numerosi tra il popolo quanti, con una punta di sano orgoglio, dicono, ad esempio, di essere stati cresimati dal futuro Giovanni Paolo i o menzionano episodi significativi di rapporto con Lui. Dall'altra non mancano, in qualche membro del clero e in taluni intellettuali, voci di critica, talora anche aspra, nei confronti del patriarca Luciani, che rivelano ferite non completamente rimarginate.

    Non è mia intenzione, né peraltro ne avrei i mezzi, formulare un giudizio sintetico sulla figura e sull'azione di questo mio venerato predecessore. Vorrei tuttavia aprire queste mie riflessioni fornendo una chiave di lettura sul ministero veneziano di Luciani. Non nascondo di volerlo fare proprio in quanto pastore, con l'intento di pacificare lo sguardo di tutti i veneziani su questa grande personalità della ancor recente storia della Chiesa. Per far questo partirò proprio dall'episodio, assai noto, della difficile vicenda legata al referendum per il divorzio.

    Erano gli anni della contestazione anche ecclesiale, anni difficili perché segnati da circostanze nuove, complesse e di problematica decifrazione. Nella sua qualità di pastore della Chiesa veneziana e di figura eminente della Chiesa italiana, Luciani dovette sovente esporsi. Fu soprattutto nell'aprile del 1974, in occasione del referendum sul divorzio, che prese posizione non nominando un successore all'assistente della Fuci, che si era dimesso, e sciogliendo la Comunità studentesca di San Trovaso che si era pronunciata a favore del mantenimento della legge. A esse aveva permesso sperimentazioni liturgiche e ricerche bibliche anche piuttosto avanzate per allora, ma non tollerò che si esprimessero pubblicamente contro la dichiarazione ufficiale dei vescovi italiani sul referendum. Si produsse in tal modo una "significativa frattura" che certamente segnò gli anni successivi della vita diocesana.

    Come leggere oggi le scelte dell'allora patriarca?
    Mi sembra di essere rispettoso dei fatti nell'affermare che le scelte del patriarca furono dettate dall'amorevole cura del pastore. Egli ebbe in primo luogo a cuore il bene di tutto il popolo di Dio, soprattutto dei semplici. Pertanto non esitò ad assumere una posizione decisa e anche impopolare quando percepì minacciata l'articolata unità della Chiesa che gli era stata affidata. Non scese a compromesso con avanguardia alcuna, fosse profetica o meno, per evitare opposizione tra i fedeli e i loro pastori che si erano pubblicamente espressi. Prese con dolore una posizione chiara, ben sapendo di dover ferire taluni protagonisti. Una posizione che, nell'ottica classica dell'obbedienza cristiana, da Luciani sempre scrupolosamente perseguita anzitutto in prima persona, implicava precisi risvolti disciplinari.

    Leggere questa scelta con le categorie sempre riduttive di conservazione e progresso non renderebbe, tra l'altro, giustizia a un tratto essenziale della personalità di Luciani. Mi riferisco al fatto che lungo tutto l'arco del suo ministero egli si impegnò incessantemente per affinare le ragioni delle sue scelte. Basti pensare al lavoro di riflessione e di studio nonché al cambiamento di posizioni teologiche che comportò per lui la partecipazione al Concilio vaticano ii e l'assunzione, che fu piena, di Humanae vitae.
    Ulteriore segno di questa obiettiva apertura di mente e di cuore fu il fatto che egli tentò poi, per come poté e seppe, un abbraccio costruttivo con tutti. Infatti il patriarca continuò a cercare il contatto con i preti in qualche modo coinvolti nelle vicende della contestazione, riconoscendone pubblicamente le competenze, affidando loro importanti servizi diocesani o chiedendone, anche da Papa, la collaborazione.

    Preziosa conferma di questo atteggiamento profondamente pastorale si può trovare nel Messaggio urbi et orbi di domenica 27 agosto 1978 quando, appena eletto Papa, Luciani ritorna sulla necessità di superare le tensioni interne alle Chiese. Lo fa nel contesto della riflessione sulla responsabilità di tutti i "figli della Chiesa": "Chiamiamo anzitutto i figli della Chiesa a prendere coscienza sempre maggiore della loro responsabilità (...) Superando le tensioni interne, che qua e là si sono potute creare, vincendo le tentazioni dell'uniformarsi ai gusti e ai costumi del mondo, come ai titillamenti del facile applauso, uniti nell'unico vincolo dell'amore che deve informare la vita intima della Chiesa come anche le forme esterne della sua disciplina, i fedeli devono essere pronti a dare testimonianza della propria fede davanti al mondo".

    Questa mia personale lettura della nota vicenda veneziana mi consente di identificare due importanti criteri della singolare immedesimazione di Luciani all'essenza del cristianesimo. Su di essi vorrei ora brevemente soffermarmi per lumeggiare ulteriormente il valore della persona e del ministero del servo di Dio. Mi sembra di poterli individuare in un affettivo ed effettivo senso di appartenenza alla Chiesa vissuto con profonda gratitudine e, in secondo luogo, in un'acuta consapevolezza della natura missionaria del popolo di Dio. La vicenda dolorosa relativa al referendum poteva incrinare, agli occhi di Luciani, sia l'appartenenza ecclesiale, sia la testimonianza missionaria dei cristiani nel mondo.

    Quanto al primo criterio, l'appartenenza grata al popolo di Dio, altro non fu che l'esplicitarsi della coscienza del mistero della Chiesa, profondamente radicata in lui fin dall'infanzia. Il vescovo Luciani la comunica con sapienza catechetica straordinaria e, soprattutto, con amore incondizionato alla Sposa di Cristo nel suo magistero sia a Vittorio Veneto, sia a Venezia.

    Sono tante le testimonianze in proposito: "È dunque una fortuna appartenere alla Chiesa: inseriti in essa, si diventa cosa così grande, che Cristo stesso si chiama felice di averci come suoi. Per Cristo, noi siamo un premio, un'ambita conquista, una sposa ardentemente desiderata e teneramente amata". Noi siamo una sposa, dice il patriarca.

    Si può intravedere fin da questo passaggio l'uso del linguaggio nuziale - oggi finalmente più corrente - per descrivere i misteri cristiani che lo porterà a parlare di Dio come Madre già nella prima omelia in San Marco: "Dio è madre e tale madre, nei nostri confronti, che mai a nessun patto, dimenticherà il frutto del proprio seno". Come è noto questo tema e linguaggio fece scalpore quando lo riprese in un ormai celebre Angelus.

    E passando dal tema sponsale a quello della Chiesa-corpo egli afferma:
    "Siamo Corpo, perché ciascuno di noi non sta alla Chiesa come una parte qualunque sta a un tutto qualunque, ma come un organo qualificato sta a un corpo animato (...). Un occhio (...), una mano, un braccio concorrono al bene di tutto il corpo e ciascuno in modo proprio, con risorse distinte. Così un vescovo, una suora, un padre di famiglia, un giovane impegnato danno alla Chiesa ciascuno un proprio apporto, particolare e diverso".

    Ne consegue allora che la Chiesa è il luogo della comunione e dell'amore effettivo e "per questa comunione ognuno di noi sa di essere amato da Dio e dai fratelli, si sente impegnato a contraccambiare amore, a sviluppare le iniziative esterne di carità già nella Chiesa primitiva chiamate "segno di comunione"". Riferendosi a un'espressione di Paolo vi il patriarca sostiene poi che tale comunione, continuamente esposta al rischio di venire stravolta e strumentalizzata, può essere pienamente vissuta solo mantenendosi "nella filiale obbedienza".

    Né si può sottacere che al tema dell'appartenenza ecclesiale rettamente inteso appartiene per Luciani il tema del mondo.
    La Chiesa non può essere spiegata se non in relazione al mondo e alla sua salvezza.
    A causa di questo aspetto dominante, la Chiesa appare come una realtà essenzialmente eccentrica, definibile solo in base a una duplice costitutiva relazione: a Cristo e alla sua missione, da una parte, e al mondo, verso cui è continuamente ed essenzialmente inviata, dall'altra. Da qui la profonda convinzione che la vita della Chiesa è viva nel cuore degli uomini, anche di quelli che non condividono la sua verità e non accettano il suo messaggio.
    Nel Messaggio urbi et orbi Giovanni Paolo I si mostra ben cosciente della "insostituibilità della Chiesa cattolica" in ordine allo sforzo comune a tutta la famiglia umana di dare risposta ai problemi lancinanti del momento.

    In questa prospettiva ecclesiologica, chiaramente alimentata dal Concilio Vaticano II che Luciani approfondì con la partecipazione, non comune, a ben tre Assemblee del Sinodo dei vescovi, emerge anche la forte sottolineatura della natura missionaria della Chiesa.
    Scrivendo ai veneziani in occasione della giornata missionaria del 1971, il patriarca individua nella evangelizzazione, cioè nella diffusione della Buona Novella, il compito prioritario della Chiesa. Nel suo nucleo centrale, esso consiste nell'annuncio che Dio ci ha immensamente amato, da sempre, e ha preparato per l'umanità un efficace piano di salvezza, che si viene attuando nella storia, attraverso l'incarnazione del Cristo. La Chiesa non può non evangelizzare, ma per farlo deve essere particolarmente attenta alla realtà sempre storicamente determinata dell'uomo. Per stare all'azione veneziana di Luciani mi preme ricordare due dati. Lo stile della sua visita pastorale e il mandato ai catechisti.

    In questo contesto, il patriarca sottolinea alcuni elementi problematici:
    il fatto che l'evangelizzazione porti con sé indirettamente influenza sociale e politica, civilizzazione e riti religiosi
    , richiede attenzione a non confondere tali aspetti con il Vangelo, ma anche a non credere che tra loro ci sia un abisso.
    Allo stesso modo il rapporto con il potere politico va affrontato con grande equilibrio: la Chiesa deve insegnare, anche con i fatti, che l'autorità civile va rispettata, ma nello stesso tempo deve denunciarne gli eventuali abusi.
    Compito della Chiesa è, infatti, promuovere lo sviluppo integrale dell'uomo, di ogni uomo, proponendo la visione cristiana dell'esistenza, nella fedeltà alla Parola di Dio. Questo significa considerare anche l'importanza dei problemi legati alle diverse culture, di cui la Chiesa non può non tener conto, pena il trascurare l'uomo e mortificare il Vangelo. Gli verrebbe impedito di penetrare tutti gli ambiti dell'esperienza umana per sostenere la libertà nel compito di dare risposta ai grandi interrogativi dell'esistenza.

    Come si può notare, le riflessioni del patriarca sembrano in qualche modo anticipare i contenuti della III Assemblea Generale del Sinodo dei vescovi del 1974, dedicata all'evangelizzazione, e la conseguente, insuperata Esortazione apostolica di Paolo vi Evangelii nuntiandi, pubblicata l'8 dicembre 1975; ma anche il Convegno della Chiesa italiana del 1976 su "Evangelizzazione e promozione umana".
    Lo stesso Luciani sarà, successivamente, uno dei più convinti sostenitori e dei più lucidi commentatori dell'esortazione pontificia. Nelle sue presentazioni del testo, il patriarca parte dalla consapevolezza che il cristiano ha il dovere di conservare nella sua purezza intangibile il patrimonio della fede, ma ha anche quello di presentarlo agli uomini del nostro tempo in modo non solo comprensibile, bensì capace di toccare davvero il loro cuore.
    Appartenenza ecclesiale e coscienza missionaria vissute come l'esito, non privo di dramma, di due virtù che il servo di Dio esercitò in modo eccellente: l'umiltà e l'obbedienza. Lo si vede assai chiaramente ripercorrendo i suoi scritti, soprattutto quelli catechistici - come il suo grande predecessore sulla cattedra di Marco prima e di Pietro poi, Pio x, fu un grande catecheta - e quelli pastorali. E il cemento che tenne unite queste due virtù fu la libertà propria dei figli di Dio. Questa tocca il suo vertice nella decisione dell'amore oggettivo la cui essenza è il "per sempre". Non a caso, come ho già avuto modo di richiamare a Canale d'Agordo lo scorso mese di agosto, quasi al termine della sua vita, appena eletto Papa, Albino Luciani ce ne diede piena testimonianza: "Io ricordo come uno dei punti solenni della mia esistenza il momento in cui, messe le mani in quelle del mio vescovo, ho detto: "Prometto". Da allora mi sono sentito impegnato per tutta la vita e mai ho pensato che si fosse trattato di una cerimonia senza importanza".

    (©L'Osservatore Romano - 27 settembre 2008)

    [Modificato da Etrusco 28/09/2008 15:10]