I POLLI DI RENZO
possono anche aver ragione
Di Leonardo Libero, Febbraio 2005
Pubblicato su
www.aspoitalia.net per gentile concessione dell’autore
Racconta il Manzoni ne “I Promessi Sposi” che Renzo Tramaglino, andando a chiedere un parere al dottor Azzecca-garbugli, gli portava in omaggio quattro capponi vivi, legati per i piedi e a testa in giù; e che quelli, ignari di essere affratellati da un comune destino, la pentola, si beccavano fra loro. Da lì il modo di dire “comportarsi come i polli di Renzo”. Ben diverso sarebbe stato il caso, e giuste le beccate di tre capponi al quarto, se essi avessero saputo che per una crudele ingiustizia loro soli sarebbero finiti in pentola mentre l’altro sarebbe rimasto per sempre ad ingrassare nel pollaio.
In Italia, sembra che sia oggi proprio quello il caso degli operatori interessati a fonti rinnovabili diverse dall’eolica, come la solare, la mini-idro o la biomassa;
ovvero quello è per lo meno
un forte sospetto, giustificato da una singolare successione di fatti:
- il 23 settembre 2004 viene costituito l’Osservatorio Nazionale sulle Fonti Rinnovabili (*), col compito di “orientare le scelte del governo nel settore”; ne fanno parte 14 egregie persone fra le quali il dr. Oreste Vigorito, presidente dell’ANEV – Associazione Nazionale Energia dal Vento -, ma non esponenti delle associazioni interessate a ciascuna delle altre fonti;
- il 16 ottobre 2004 si sposa a Roma, nella famosissima chiesa di S. Agostino, il dr. Simone Togni, esponente dell’ANEV e figlio del prof. Paolo Togni, Capo di Gabinetto del Ministro dell’Ambiente, Altero Matteoli; testimoni per lo sposo, il ministro Matteoli e il Presidente dell’ANEV, Oreste Vigorito;
- il 15 novembre 2004, in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, il ministro Matteoli afferma che “L’Italia punta sul vento” perchè “per il fotovoltaico non siamo preparati”.
Se è in questi ambiti e in questo modo che si decide la politica energetica italiana, sembrerebbe superfluo qualsiasi commento.
Però il Vangelo dice di porgere l’altra guancia a chi ci dà uno schiaffo, ma che cosa fare dopo il secondo schiaffo non lo dice (Guareschi – Don Camillo); ed è un fatto che in Italia, e solo in Italia,
i sostenitori delle fonti rinnovabili prendono schiaffi da vent’anni.
Credo quindi giusto esporre i motivi, largamente condivisi nel nostro ambiente, che mi fanno ritenere sbagliata quella scelta;
senza purtroppo poter escludere – nel paese in cui è stata architettata la Cip6 - che
suo vero scopo sia “dimostrare” che di elettricità dalle fonti rinnovabili, quelle vere, se ne ricava poca e giustificare così il sotterfugio furbastro delle “assimilate”.
Un trucco con un precedente di una decina anni fa in materia di
auto elettriche che le grandi Case mondiali – con la lodevole eccezione delle tre francesi – avevano
presentato in versioni invendibili, per poter poi dire “Vedete, non si vendono”.
Inciso: chi per caso mi sospettasse di malanimo verso l’eolico, può leggere la
lettera del 21 dicembre 2004 con cui l’ASPO ha chiesto al Presidente della Regione Sardegna di far emendare la legge regionale n. 8 del 25/11/2004, legge che ha inopinatamente
bloccato le installazioni di generatori eolici, anche se già approvate, in tutta la regione.
E vedrà che fra i 25 firmatari di quella lettera ci sono anch’io, perché mi è sembrato giusto firmarla.
Non trovo giusto invece, già solo a lume di logica, che
nel Paese definito non per caso “del Sole”, a fonte rinnovabile di elezione sia stato scelto il vento;
oltretutto con la giustificazione che
“per il fotovoltaico non siamo preparati”;
come se non fosse di dominio pubblico che quella impreparazione è frutto del ventennale
ostruzionismo di un’azienda di stato, l’Enel, dell’
ignavia di un ente di stato, l’Enea,
e della
sottrazione di 60.000 miliardi di lire che in 12 anni ha subìto dallo stato il settore fonti rinnovabili;
fra le quali, in Italia, la solare è la più importante.
Una impreparazione per superare la quale la prima e sola cosa da fare è levare il fotovoltaico dal ghetto in cui è stato fin qui tenuto e restituirgli la sua giusta quota parte di quei 60.000 miliardi.
Davvero c’è da chiedersi se un ministro di un grande paese industriale, che dice certe cose, prima di dirle non pensi a come sarà giudicato, anche all’estero, lui e il governo di cui fa parte.
All’ipotesi peggiore, che abbia parlato senza sapere, non voglio nemmeno pensare.
Quanto agli
altri motivi che rendono secondo me
insensato “puntare sul vento”, per lo meno in modo quasi-esclusivo,
essi mi sembrano questi:
a) l’obiettiva scarsità di siti adatti in Italia;
b) il fatto che quegli impianti - a differenza dei fotovoltaici, connessi o no a rete –
sottraggono inevitabilmente nuovo spazio all’agricoltura o ad altre attività, in un paese industrializzato, densamente popolato e con grossi interessi paesaggistici da difendere; da cui,
c)- le difficoltà di vario tipo da superare per installarli nei pochi siti adatti che ci sarebbero (come il caso Sardegna dimostra);
d) il fatto che non potendo quegli impianti essere collocati vicino a dove l’elettricità è richiesta, essi soddisfano solo in minima parte, o per niente, l’esigenza di decentralizzare la produzione elettrica; che è soddisfatta invece, nel modo migliore oggi possibile, dal fotovoltaico disseminato e connesso a rete.
Tornando al Manzoni, egli prosegue raccontando che quando Azzecca-garbugli viene a sapere contro Chi avrebbe dovuto esprimere il suo parere, butta senza indugi fuori di casa Renzo e i suoi polli.
La mia (nostra) speranza è che dal 1600 ad oggi la Libertà di dire pubblicamente cose vere, ma che spiacciono ai potenti di turno,
e la possibilità di essere presi in considerazione,
qualche progresso lo abbiano fatto.
Leonardo Libero
(*) NOTA – Stando al pochissimo che un cittadino non iniziato può capire da quel malsano esercizio di crittografia che è la delibera dell’Autorità per l’Energia n. 46 del 27 marzo 2004 (articolo 2 – 2.1 – vii), sembrerebbe che l’Osservatorio abbia un costo, non trascurabile (come se le tariffe elettriche italiane non fossero già fin troppo alte),
e che quel costo abbia cominciato a gravare sulle tasche degli utenti, attraverso una sua “componente tariffaria”, da aprile 2004.
Mentre l’Osservatorio stesso, se le mie informazioni sono giuste,
esiste solo da settembre.
L’ennesimo schiaffo statale insomma, e questo a tutti.
L. L. - 22 gennaio 2005
Pubblicato su Aspo Italia