Scritto da: sunalone 11/11/2006 17.09
mi spiace...
Israele il diritto ad esistere all'interno delle risoluzioni ONu la ha e nessuno lo tocca!!
il problema è che ad Israele cio' non basta e vuole più terra, più risorse, etc etc
Il problema è che prima di Israele in quelle terre non c'era deserto ma ci abitavano i palestinesi... vorrai con educazione cercare di conviverci o come accade invece tentare solo di scacciarli/schiacciarli!
Quando ha l'obiettivo di continuare a passare per vittima ed hai alle spalle la protezione degli USA in cui la lobby ebrea è potentissima... puo' capitare di trascurare la brutta figura internazionale...
PS: io contesto le scelte dello stato Israele non i diritti dei fedeli ebraici, questo per chiarezza.
'Nessuno lo tocca' mi sembrano parole molto grosse quando si leggono frasi come:
"Decine di miigliaia di militanti di Hamas in piazza per dire no al riconoscimento di Israele.
“Noi chiediamo a Dio di punire il cosiddetto stato di Israele e i suoi alleati, di punire chi lo riconosce e chi ci chiede di riconoscerlo” ha dichiarato il deputato di Hamas Mushir al-Masri"
E ancora:
"A dispetto della pomposa cerimonia con cui la forza multinazionale Onu si sta dispiegando in modo caotico e disordinato nel Libano meridionale, i venti di guerra stanno per rialzarsi. Israele è sempre la protagonista ma, rispetto all’ultimo conflitto libanese, il suo avversario non è più uno soltanto. Anzi,
paradossalmente Hezbollah non sarebbe neanche, almeno nelle prime fasi, l’avanguardia dei nuovi attacchi, lasciando l’iniziativa ad altri: Siria, Hamas e Iran.
MODELLO HEZBOLLAH
Completato l’aggiornamento dell’arsenale,
la Siria continua a dispiegare le sue batterie missilistiche in punti di lancio strategico, conservando lo stato di allerta attivato con il conflitto estivo Israele-Hezbollah. Il canale di comunicazione Siria-Hezbollah è tenuto aperto dal trait d’union di una frangia clandestina dell’esercito e dell’intellingence siriani, operativa in Libano sin dall’inizio degli anni ’80. Si tratta del Partito Socialnazionalista (!) Siriano, fondato a Beirut nel 1932 e composto da cristiano-ortodossi. Oggi è anche il secondo partito più forte in Siria dopo il partito Baath. Gli intermediari libanesi, eterogenei ma tutti concentrati nella città portuale di Tripoli, sono milizie sunnite e cristiano-maronite, ognuna in controllo di un quartiere della città.
Sotto agli occhi dei volenterosi dell’Onu la Siria continua indisturbata il suo traffico illegale di armi verso Hezbollah: le ultime forniture riguardano missili anti-carro che Damasco ha acquistato dalla Russia di Putin e ha poi girato ad Hezbollah. Prima il ministro della difesa russo ha negato, poi si è rimangiato la parola scaricando la responsabilità sull’assenza di controlli all’export bellico. Poco importa se le armi passano sotto al naso della babilonica flotta internazionale di stanza nelle acque libanesi. Conta invece che la Russia abbia una forte presenza nei due principali porti libanesi e che i due battaglioni inviati in Unifil 2 siano musulmani ceceni. L’ultimo sequestro di armi russe sono 39 missili anti-carro nascosti in una postazione di Hezbollah nel Libano del Sud. Molti sono ancora conservati nel loro involucro originale e recano il numero di serie. Le tappe del loro viaggio sono evidenti: Mosca-Damasco-Hezbollah.
Non c’è però bisogno di muoversi nell’ombra della clandestinità per smerciare armi in Libano. Basta anche farlo alla luce del sole, come fa l’Italia. Tra il 1998 e il 2003 le officine Galileo di Finmeccanica hanno fornito a Damasco i visori notturni per i suoi carri T-72, per una commessa di oltre cinquecento miliardi di lire. Quella volta la Siria fu l’intermediario di altri – cioè l’Iraq in procinto di essere attaccato dagli USA. Anche oggi tutto è limpido: l’Italia sta per vendere al governo libanese una batteria di missili Aster 15, prodotto in una joint-venture franco-italiana con Thomson-CSF, Aerospatiale e Alenia/Finmeccanica. Gli Aster 15 sono gli unici terra-aria con possibilità di controllo attivo per correggerne la traiettoria. Alta tecnologia richiede esperti in grado di istruire il primitivo esercito libanese, i cui ufficiali sono per metà sciiti.
Ad Hezbollah bastano poche infiltrazioni per acquisire il know-how, e disporre di un’arma per neutralizzare i raid aerei israeliani. Sotto allo scudo UNIFIL, Siria ed Hezbollah stanno rafforzando la loro posizione spostando dalla loro parte l’equilibrio del potere con Israele. Anche nell’ipotesi di un inconcludente conflitto, le alture del Golan finirebbero comunque sul tavolo dei negoziati internazionali, sferrando un duro colpo alle difese di Israele, proprio come sta avvenendo adesso per il sud del Libano.
HAMAS 2.0
Adesso c’è anche un altro acquirente interessato alle armi siriane, ma non solo: Hamas, che si prepara alla prova di forza definitiva contro Al Fatah. A Damasco è stabilmente ospitato il leader politico di Hamas, Khaled Meshaal, protetto dai tentativi di arresto da parte di Israele. Il (pre)potente ministro dell’interno del governo Hamas, Said Siam, si è incontrato a Damasco, nella prima settimana di ottobre col suo collega siriano, Bassad Adbul Majid, per un intero fine settimana.
Per annientare gli odiati rivali di Fatah e le loro milizie (brigate dei martiri di Al Aqsa, Forza 17, i Tanzim)
servono arsenali ma soprattutto istruttori per adottare il modello Hezbollah. Sarebbe questa l’evoluzione della specie necessaria per trasformare Hamas in una sofisticata macchina da guerra capace di resistere al ruolo compressore dell’esercito israeliano (IDF), non solo su Gaza ma anche in Cisgiordania. Ufficialmente Hamas riconosce questa “cooperazione” ma sposta il suo oggetto dalle tecniche di guerra alle tecniche di polizia, ma il risultato finale non cambia. Anzi cresce, perché il sostegno siriano è funzionale all’emarginazione delle milizie fedeli a Mahmoud Abbas, acquisendo Hamas il monopolio palestinese della resistenza anti-israeliana esattamente come fa Hezbollah in Libano.
NON SOLO NUCLEARE
Più in disparte, ma solo ufficialmente, è l’Iran. Dopo aver visitato la Siria, il ministro degli interni Said Siam è stato ricevuto a Teheran il 12 ottobre scorso. L’accordo sembra la fotocopia di quello con la Siria.
Dal forziere degli ayatollah piovono quattrini, circa 60 milioni di dollari, per armare ed istruire le brigate Al Qassam. L’addestramento sarà tenuto dalle Guardie Rivoluzionarie, e avrà luogo nell’Iran meridionale per un ciclo di sei settimane, al termine del quale Hamas sarà pronta a dispiegare una forza d’urto notevolmente più efficace. La caratteristica più saliente delle Guardie Rivoluzionarie (chiamate anche “pasdaran”, cioè guardiani) è che formano un esercito (con tanto di aviazione, marina ed intelligence) autonomo dalle forze armate iraniane, alle dirette dipendenze del potere teocratico. Se per Hamas è una novità, per Hezbollah la cooperazione con Teheran risale all’invasione israeliana del Libano nel 1982 e non si è mai interrotta. L’intesa con l’Iran è una vera fratellanza, simboleggiata dalla bandiera di Hezbollah che riprende il logo della Guardia Rivoluzionaria. I pasdaran hanno attivato un’unità speciale, la “forza di Gerusalemme”, guidata da Qassem Suleimani. Il cervello politico che invece manovra sia Hezbollah che Hamas è lo storico ambasciatore iraniano a Damasco, Alì Akbar Mohtashamipour, ora a capo del quartiergenerale per il sostegno all’Intifada, centro specializzato che offre assistenza medica e logistica ai terroristi feriti nei territori occupati.
Il piano che potrebbe scattare presto prevede un attacco congiunto di Siria-Hezbollah ed Iran contro Israele, per annientarne la capacità offensiva estromettendo la stella di David dall’interferire all’infuori dei suoi confini – profondamente ridefiniti sia con il Libano che soprattutto con i territori palestinesi.
NO ISRAELE? NO USA
Iran e Siria stanno dunque lavorando allo stesso progetto, che è quello di sdoppiare il fronte del conflitto sui confini di Israele. Un Libano sempre più fagocitato da Hezbollah si avvicina ad una striscia di Gaza dove Hamas diventa la forza indiscussa. La morsa su Israele si chiude nel momento in cui sia Hezbollah che Hamas, sostenute dagli stessi sponsor, riescono a coordinare le loro energie. E’ ciò che sta accadendo. In una visuale più ampia, un Israele attaccato ai fianchi diventa incapace di lanciare bombardamenti sulle installazioni nucleari iraniane, affossando così la politica estera americana in Medioriente. Neutralizzando il potenziale deterrente di Israele, Siria, Libano ed Iran riescono ad allargare i margini delle loro manovre, restringendo quelli americani, specialmente in Iraq ed Afghanistan, posizioni troppo difficili da mantenere – entrambe." fainotizia.radioradicale.it/filtra/hamas
Questo per uscire dal solito coro di Israele in piena guerra espansionista.
Sicuramente la scelta degli americani di piazzare lì Israele nel dopoguerra furono quantomeno infelici (anche se comodi per loro). Ma ora che vogliamo fare? Facciamo sloggiare Israele? Dove lo mandiamo?
Aggiungo anche che non è di sicuro una guerra che si stà combattendo per quei 4 palestinesi che potrebbero tranquillamente essere già emigrati in un qualsiasi stato arabo circostante (tu non lo faresti per sfuggire a una guerra che prosegue da 50 anni e non sembra finirà mai?). E' una guerra di religione e di conquista, non nascondiamoci dietro a un dito. Gli estremisti islamici non possono tollerare uno stato ebraico nelle loro terre riconoscimento internazionale o no.
Per quanto riguarda gli americani il discorso è diverso, per loro sì, si tratta di potere e influenza internazionale.
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"Nothing gained without cost is valued. Freedom has a cost, and all will bear it so all will value and preserve it." — Terry Goodkind