ESCO(RT) PAZZO!
- "IL POMPIERE DELLA SERA" conferma: perso il Quirinale, rischia di non uscire sano da Sputtanopoli e teme Fini/D’Alema
- Ma il retroscena DI VERDERAMI non merita un richiamo in prima e i titoli parlano di “riscatto del premier”…
Francesco Verderami
1 - IL NUOVO CORSO DEL "POMPIERE DELLA SERA" SFRATTA VERDERAMI DALLA PRIMA PAGINA
Continuano a girare a pieno regime le rotative del
"Pompiere della Sera", il nuovo quotidiano che ha preso il posto del "Corriere" per seguire al meglio del vicende di Papi-Silvio e le serate da "esco(rt) pazzo".
Unico tra i quotidiani maggiori (quindi a differenza di Repubblica, Stampa e Messaggero), dedica il titolone di apertura in prima solo al centrodestra, il Pd finisce nel sommario, mentre per gli altri giornali sta nel titolo insieme al Pdl: "Il Pd rimonta" (Messaggero), "Il Pd resiste" (Stampa), "Il Pd vince al centrosud" (Repubblica).
Ma le mosse più pregevoli
riguardano come al solito
l'inchiesta barese che non soltanto finisce a pagina 20, ma rappresenta anche il cuore del consueto informatissimo retroscena di Francesco Verderami. Il retroscenista
finisce per non avere nessun richiamo in prima, anche se il suo articolo disegna uno scenario che conferma parecchie indiscrezioni pesanti di questi giorni:
Papi-Silvio avrebbe definitivamente perso qualsiasi speranza di Quirinale,
dove vorrebbe mandare nientemeno che Gianni Letta;
la vicenda delle escort potrebbe averlo fiaccato pesantemente con possibilità di ripresa solo sul lungo periodo; il premier ammaccato teme una trama Fini/D'Alema. Ovviamente i titoli raccontano qualcosa di un po' diverso:
"Il premier si prepara al riscatto: superlavoro e «rinuncia» al Colle".
2 - BYE BYE COLLE:
SILVIO DEVE DIRE ADDIO AL QUIRINALE, RISCHIA DI NON RIPRENDERSI DA SPUTTANOPOLI E TEME IL FANTASMA DI FINI E D'ALEMA
Francesco Verderami per "Il Corriere della Sera"
Le operazioni di immagine non servono, non hanno senso.
Ora che magistratura e media hanno squinternato il libro della sua vita privata, ora che le sue storie di festini e donnine sono di dominio pubblico, Berlusconi sa di avere un solo modo per tentare di uscire dall'angolo e riscattarsi politicamente: riproporre il profilo dell'«uomo del fare», che da presidente del Consiglio lavora nell'interesse del Paese. A testa bassa, senza concedersi divagazioni tattiche, allontanando da sé qualsiasi altro obiettivo se non l'azione quotidiana di governo.
Chissà se il Cavaliere due mesi fa, mentre i sondaggi gli consegnavano un primato senza paragoni, pensava davvero di trasferirsi al Colle. È certo che la scorsa settimana ha confidato di non puntare al Quirinale, «a me non interessa nulla la presidenza della Repubblica. Se e quando verrà il momento, il nostro candidato sarà Gianni». E «Gianni», Gianni Letta, che gli stava seduto a fianco, si è schermito con un sorriso dolente e un filo di voce: «Silvio... Parliamo d'altro». Può darsi che il Quirinale fosse realmente l'obiettivo di Berlusconi, è evidente che quel percorso è stato ostruito dagli ultimi eventi, come ha scritto la settimana scorsa il Sole 24 Ore. Di sicuro le priorità del premier oggi sono assai diverse. L'agenda inzeppata di impegni, l'idea di elaborare «un piano d'interventi per il 2010» dimostra come abbia intenzione di provare a invertire la tendenza. Non sarà facile. Il tarlo che dal caso Noemi ha iniziato a eroderne l'immagine e il rapporto con l'elettorato, si è alimentato con il caso di Bari. Così, giocoforza, dovrà cambiare anche il suo approccio in pubblico, perché il Cavaliere che divertiva e si divertiva mentre svolgeva i suoi compiti istituzionali non ha più appeal.
Non è scontato che la ferita si rimargini, comunque sarà un processo lungo, e passerà attraverso i risultati di governo. C'è l'ala meridionale del Pdl che spinge per un progetto di investimenti al Sud, c'è l'ala nordista che chiede interventi a favore delle imprese. Ma la crisi economica restringe i margini d'azione, e Berlusconi deve tenere nel cassetto «il vostro sogno che è il mio sogno», come ha detto nell'ultimo comizio elettorale: la riduzione delle tasse.
L'asse con Bossi l'ha aiutato a evitare che si aprissero crepe nella coalizione, e l'ha aiutato a conquistare la Provincia di Milano. Perché se ieri Podestà avesse perso, a nulla sarebbe valso il successo del Pdl in alcune storiche roccaforti «rosse» dell'Italia centrale. Ma l'abbraccio con la Lega alla lunga potrebbe diventare soffocante. A parte la trattativa che si è già aperta sulle candidature per le prossime Regionali, ieri il Carroccio ha chiesto che le riforme siano inserite nell'agenda programmatica che porterà al 2010. E il Cavaliere non può lasciare ai leghisti la regia del gioco come ha fatto con il federalismo fiscale, non può permettersi che sia Bossi a tessere il dialogo con l'opposizione sulle regole, questione sulla quale anche ieri ha insistito Fini.
È chiaro che il tema delle regole al momento ha una valenza tattica. In questo clima è impossibile trovare un accordo tra la maggioranza e il pezzo più importante dell'opposizione, il Pd, bloccato da Di Pietro, in chiara difficoltà di consensi e che fino all'autunno sarà impegnato in un congresso dilaniante e pieno di incognite.
Ma dietro la parola «riforme » si celano gli scontri di potere all'interno dei due schieramenti e l'intreccio di relazioni trasversali. Berlusconi ritiene di aver scorto un filo di collegamento tra Fini e D'Alema, «che lancia messaggi a cui non darò risposta», e intanto monitora quel che accade e non lo convince.
Dovrà governare, a testa bassa, per superare una crisi che per certi versi è surreale, perché non esistono alternative al Cavaliere. Ma c'è il rischio che alla lunga gli eventi possano delegittimare la sua leadership. A quel punto resterebbe la strada che ieri Cossiga gli ha indicato con la lettera al Corriere: tentare l'azzardo del voto anticipato, «perché è meglio la guerra della melma ». Una soluzione che per ora Berlusconi non contempla. Le forze gli servono per provare a uscire dal pantano.
[23-06-2009]