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Il Papello

Ultimo Aggiornamento: 22/01/2010 16:59
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19/10/2009 10:01




IL PROCURATORE NAZIONALE ANTIMAFIA PIERO GRASSO SVELA:
"LA TRATTATIVA C’È STATA"
"E HA SALVATO LA VITA A MOLTI MINISTRI: MANNINO, MARTELLI, ANDREOTTI E CARLO VIZZINI"
MA VIOLANTE SMENTISCE GRASSO:
"UNA BUFALA IL DOCUMENTO PUBBLICATO DALL'ESPRESSO"
"OCCORRE CAPIRE PERCHÈ È USCITO QUEL DOCUMENTO FASULLO E CHE COSA VOLEVA DIRE"
E IPOTIZZA SCENARI PIÙ OSCURI:
"LA MAGISTRATURA HA IN MANO UN DOCUMENTO DIVERSO"
(SE DAVVERO ESISTE IL "PAPELLO", CHI LO HA SCRITTO MATERIALMENTE, TOTÒ RIINA O VITO CIANCIMINO?
E QUANDO, A CAVALLO DELLE STRAGI DI CAPACI E VIA D’AMELIO O DOPO?)


[SM=x44466]


1 - SCONTRO GRASSO-VIOLANTE
Stampa.it


L'indagine della Procura di Palermo sulla presunta trattativa tra lo Stato e la mafia e i riscontri sull'attendibilità del documento con le richieste che avrebbe fatto Cosa nostra, il «papello», consegnato in fotocopia ai magistrati da Massimo Ciancimino, figlio dell'ex sindaco mafioso, accendono le polemiche politiche.


Molti sono gli interrogativi che rimangono aperti: la fotocopia con le 12 richieste di Cosa nostra è quello che viene definito il papello? E se non è quello, di quali altre carte è in possesso Massimo Ciancimino? E se davvero esiste il «papello», chi lo ha scritto materialmente, Totò Riina o Vito Ciancimino? E quando, a cavallo delle stragi di Capaci e via D'Amelio o dopo?

Chi sembra non avere dubbi è l'ex presidente della Camera Luciano Violante: «Quel documento pubblicato è una bufala: dico quello pubblicato, perchè altri magari no». Secondo Violante si tratta di una falso perchè nel documento «si fa riferimento a cose come il 41 bis o la dissociazione, che è un tema che verrà fuori molto tempo dopo» e occorre, quindi, «capire perchè è uscito quel documento che è fasullo e che cosa voleva dire».

Non solo. Violante ipotizza scenari più oscuri. «Ho l'impressione - avverte - che il documento che la magistratura ha in mano sia diverso da quello pubblicato. Sta ai magistrati capire cosa è successo: sta a noi spingere senza interpretazioni di parte, perchè la verità venga fuori».

Ma la trattativa, secondo il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, c'è stata e ha salvato la vita a molti ministri. «Per la verità le indagini precedenti avevano in qualche modo accertato l'esistenza di un tentativo di Cosa nostra di entrare in contatto col potere politico - dice Grasso a La Stampa- È processuale il contatto degli ufficiali del Ros, Mori e De Donno, con Vito Ciancimino. Ed è processualmente accertato che alla mafia, in cambio della resa dei vertici, fu offerto "un ottimo trattamento per i familiari", un "ottimo trattamento carcerario" e una sorta di "giusta valutazione delle responsabilità"».


E «anche via D'Amelio - sospetta Grasso - potrebbe essere stata fatta per "riscaldare" la trattativa. In principio pensavano di attaccare il potere politico e avevano in cantiere gli assassinii di Calogero Mannino, di Claudio Martelli, Giulio Andreotti, Carlo Vizzini e forse mi sfugge qualche altro nome. Cambiano obiettivo probabilmente perchè capiscono che non possono colpire chi dovrebbe esaudire le loro richieste. In questo senso si può dire che la trattativa abbia salvato la vita a molti politici».

Per Antonio Di Pietro (Idv) e Gianpiero D'Alia (Udc), Violante deve riferire in commissione Antimafia, mentre il senatore Vizzini (Pdl), replica: «Sono certo che Grasso intenda riferirsi alla mia persona esclusivamente come minacciato di morte e non come possibile trattativista e lo invito su questo punto a precisare il suo pensiero».


Intanto in un'intervista a La Storia Siamo Noi, in onda domani sera su RaiDue, Agnese Borsellino, vedova del magistrato ucciso nella strage di via D'Amelio, rivela: «Stranamente negli ultimi giorni che precedettero via d'Amelio, mio marito mi faceva abbassare la serranda della stanza da letto, perchè diceva che ci potevano osservare dal Castello Utveggio».

Il castello Utveggio si trova sul monte Pellegrino e domina dall'alto la città di Palermo; secondo alcuni esperti di mafia sarebbe stato un punto di osservazione da parte di apparati dei servizi segreti.


2 - L'INTERVISTA A PIERO GRASSO:
UN «PAPELLINO» PER LIBERARE 5 CAPI DI COSA NOSTRA
Francesco La Licata per La Stampa


Il procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, è appena tornato da New York ed ha, quindi, seguito da lontano l'evolversi delle vicende legate alla trattativa fra Stato e mafia.


Procuratore, tornando ha trovato la novità del «papello» finalmente esibito da Massimo Ciancimino. E' una novità importante?
«Intanto bisogna fare una premessa obbligatoria: ogni entusiasmo investigativo va sottoposto a certezze che potranno scaturire soltanto dall'esito degli accertamenti di attendibilità di ogni documento e di ogni testimonianaza. Se tutto sarà provato si potrà dire che un passo avanti è stato fatto».

Sul «papello» è stato detto tutto e il contrario di tutto.
«Per la verità le indagini precedenti avevano in qualche modo accertato l'esistenza di un tentativo di Cosa nostra di entrare in contatto col potere politico. E' processuale il contatto degli ufficiali del Ros, Mori e De Donno, con Vito Ciancimino. Ed è processualmente accertato che alla mafia, in cambio della resa dei vertici, cioè della cattura di Riina e Provenzano, fu offerto "un ottimo trattamento per i familiari", un "ottimo trattamento carcerario" e una sorta di "giusta valutazione delle responsabilità", per dirla con le parole dell'allora capitano De Donno».

E' importante ciò per capire il presente?
«Lascia intuire il meccanismo che Riina ripete ogni volta che vuole in qualche modo dare vitalità ad una trattativa che risulta difficoltosa. Le proposte del Ros, infatti, sembrano minime a Ciancimino che, a sua volta, si rifiuta di trasmetterle a Riina - anche per timore di ritorsione nei suoi confronti - e perciò suggerisce di "congelare" tutto e prendere tempo. Le indagini ci diranno poi che Riina, invece, opta per eccelelare i tempi e vara la fase operativa per compiere un attentato nei miei confronti. Progetto che sfuma per un disguido tecnico ed anche perchè in quel momento viene catturato Totò Riina e si arriva all'arresto degli organizzatori della strage di Capaci. Ecco, anche via D'Amelio potrebbe essere stata fatta per "riscaldare" la trattativa».

Volevano un altro magistrato morto?
«In principio pensavano di attaccare il potere politico ed avevano in cantiere gli assassinii di Calogero Mannino, di Martelli, Andreotti, Vizzini e forse mi sfugge qualche altro nome. Cambiano obiettivo probabilmente perchè capiscono che non possono colpire chi dovrebbe esaudire le loro richieste. In questo senso si può dire che la trattativa abbia salvato la vita a molti politici».


Procuratore Grasso, ma trova normale che un'organizzazione criminale possa pensare di trattare con lo Stato?
«Normale no, anche se nella nostra storia recente i contatti tra potere legale e illegale non sono stati rari. Lo stesso "papello", di cui si parla tanto, aveva fatto - poco tempo prima - una diversa comparsa in forma minore. Un "papellino", si legge nelle carte processuali, potrebbe essere stato consegnato ai carabinieri del Ros, al col. Mori che nega l'episodio, da uno strano collaboratore dei servizi che chiedeva l'abolizione dell'ergastolo per i capimafia Luciano Liggio, Giovanbattista Pullarà, Pippo Calò, Giuseppe Giacomo Gambino e Bernardo Brusca. Anche quelle richieste ovviamente finirono nel nulla perchè irrealizzabili. Tranne poi a fare la ricomparsa in forma addirittura ampliata».


Si saprà mai la verità?
«Nostro dovere è di non smettere mai di cercarla, la verità. Tutto sembrava ormai sepolto, fino alla comparsa di nuovi testi come il pentito Gaspare Spatuzza e il figlio di Vito Ciancimino, Massimo. Molti protagonisti di quella stagione hanno ricordato particolari importanti, speriamo che chi sa non perda l'ultima occasione per far decollare le indagini».




Fonti: La Stampa [18-10-2009]







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19/10/2009 10:09










[Modificato da orckrist 19/10/2009 10:09]

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"Chi ha parlato, chi ca..o ha parlato? Chi è quel lurido str...o comunista checca pompinaro, che ha firmato la sua condanna a morte? Ah, non è nessuno, eh? Sarà stata la fatina buona del ca..o..."

Il più acerrimo nemico del Bremaz è Rurro Rurrerini.
(ma anche Ramarro Rurale, con il suo fedele servitore lo gnomo Corri Rorra, non scherza....)




Legionis praefectus more cinaedi communis currum regit.

"Siccome c'ho una certa immagine da difendere....."

Dice il saggio: "Viajare descanta, ma se te parti mona te torni mona."




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19/10/2009 10:44

Grasso: "C'erano contatti con la mafia
la strage Borsellino accelerò la trattativa"


ROMA - La trattativa con la mafia nei primi anni 90 c'è stata e anzi Cosa nostra aveva capito di poter ricattare lo Stato. A sostenerlo è il procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, intervistato dal Tg3 della sera. E le sue parole rilanciano la polemica esplosa in questi giorni dopo la consegna alla Procura di Palermo delle copie di quello che il figlio di Vito Ciancimino assicura essere il "papello" elaborato da Riina per avviare la trattativa tra Stato e mafia.

E Piero Grasso spiega: "Quando Riina dice a Brusca, come lui ci riferisce, che 'si sono fatti sotto' vuol dire che è scattato il meccanismo di ricatto nei confronti dello Stato: la strage di Falcone ha funzionato in questo modo. L'accelerazione probabile della strage di Borsellino può allora essere servita a riattivare, ad accelerare la trattativa con i rappresentanti delle istituzioni".

"Anche via D'Amelio - sospetta Grasso - potrebbe essere stata fatta per 'riscaldare' la trattativa. In principio pensavano di attaccare il potere politico e avevano in cantiere gli assassinii di Calogero Mannino, di Claudio Martelli, Giulio Andreotti, Carlo Vizzini e forse mi sfugge qualche altro nome. Cambiano obiettivo probabilmente perché capiscono che non possono colpire chi dovrebbe esaudire le loro richieste. In questo senso si può dire che la trattativa abbia salvato la vita a molti politici".

Intanto in un'intervista a La storia siamo noi, in onda domani sera su RaiDue, Agnese Borsellino, vedova del magistrato ucciso, rivela: "Stranamente negli ultimi giorni che precedettero via d'Amelio, mio marito mi faceva abbassare la serranda della stanza da letto, perché diceva che ci potevano osservare dal Castello Utveggio". Il castello Utveggio si trova sul monte Pellegrino e domina dall'alto la città di Palermo; secondo alcuni esperti di mafia sarebbe stato un punto di osservazione da parte di apparati dei servizi segreti.

Ma sono molti gli interrogativi aperti dall'indagine della Procura di Palermo sulla presunta trattativa tra Stato e mafia e i riscontri sull'attendibilità del famoso "papello". In proposito l'ex presidente della Camera Luciano Violante non ha dubbi: "Quel documento pubblicato è una bufala: dico quello pubblicato, perché altri magari no". Secondo Violante si tratta di una falso perché nel documento "si fa riferimento a cose come il 41 bis o la dissociazione, che è un tema che verrà fuori molto tempo dopo" e occorre, quindi, "capire perché è uscito quel documento che è fasullo e che cosa voleva dire".

Non solo. Violante ipotizza scenari più oscuri. "Ho l'impressione - avverte - che il documento che la magistratura ha in mano sia diverso da quello pubblicato. Sta ai magistrati capire cosa è successo: sta a noi spingere senza interpretazioni di parte, perché la verità venga fuori".

Rep

Ma tanto anche questa volta la verità non verrà fuori [SM=x44464]

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"Cinque anni fa la Puglia era conosciuta in Europa per inquinamento e criminalità. Oggi siamo una Regione-modello per il turismo, la cultura, la bellezza. Non abbiamo ceduto al ricatto delle imprese che volevano farci bere e respirare veleno per farci lavorare e abbiamo fatto comunque crescere l'economia. I pugliesi, oggi, sono orgogliosi di esserlo" - NICHI VENDOLA

"[...]però la tanto contestata Puglia ha dato tante soddisfazioni al suo capo: le escort a Palazzo Grazioli" - NICHI VENDOLA
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PippyZzetta
19/10/2009 11:34

tra l'altro non capisco perchè di pietro faccia lo scandalizzato, insomma le stragi ci sono state, poi non ci sono state più. la mafia ha il primo fatturato in italia, per cui di certo non è stata sconfitta.
è passata di livello...quello che è scandaloso è che borsellino non sia stato avvisato del dispaccio arrivato ai servizi relativamente a possibili attentati (che coinvolgevano anche di pietro, il quale è stato sposato fuori italia) e che continuasse ad andare dalla madre senza alcun tipo di protezione oltre la scorta.

ma si sa siamo il paese dei rompicoglioni alla marco biagi, figurati se borsellino non era un esaltato paranoico.... [SM=x44465]

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PippyZzetta
21/10/2009 09:40

solo a me lascia perplessa che mori definisca i mafiosi come una banda di "volgari assassini"?
mi pare un pelino riduttivo [SM=x44464]

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21/10/2009 12:10

Re:
piperitapatty, 21/10/2009 9.40:

solo a me lascia perplessa che mori definisca i mafiosi come una banda di "volgari assassini"?
mi pare un pelino riduttivo [SM=x44464]




Che sia la stessa arma del "qualunquismo" usata per creare ad arte la situazione: "tanto ce ne sono tanti altri anche peggiori"....

Chi ha interessi nell'insabbiamento di tutta la vicenda?

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PippyZzetta
21/10/2009 12:21

Re: Re:
Etrusco, 21/10/2009 12.10:




Che sia la stessa arma del "qualunquismo" usata per creare ad arte la situazione: "tanto ce ne sono tanti altri anche peggiori"....

Chi ha interessi nell'insabbiamento di tutta la vicenda?



mah guarda non voglio arrivare a pensare a tanto, anche se francamente non mi sembra per niente remota la possibilità dei una trattativa (anche perchè non è che sia spuntata fuori dal nulla adesso questa idea).
certo mori viene chiamato in causa in prima persona quindi si vorrà difendere, però trattarli come dei briganti comuni, considerando il potere che hanno, e che avevano già al tempo di don vito per quanto riguarda gli appalti, mi pare decisamente riduttivo [SM=x44464]

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14/01/2010 02:06

CIANCIMINO CIANCIA ANCORA
– “NON HANNO MAI PERQUISITO IL COVO DI TOTÒ RIINA PER NON FAR TROVARE CARTE CHE AVREBBERO FATTO CROLLARE L'ITALIA"
- "I SERVIZI DISSERO ALLA MAFIA DI NON INTERVENIRE per trovare moro” – “USTICA? FU UN AEREO FRANCESE"
– “RICORDO UN "PIZZINO SU DELL'UTRI E CUFFARO SCRITTO DA PROVENZANO”…


Attilio Bolzoni e Franco Viviano per "la Repubblica"



Il covo di Totò Riina non l'hanno mai perquisito "per non far trovare carte che avrebbero fatto crollare l'Italia". E la cattura del capo dei capi è stata voluta da Bernardo Provenzano dentro quella trattativa che, fra le uccisioni di Falcone e di Borsellino, la mafia portò avanti con servizi segreti e ufficiali dei reparti speciali dei carabinieri. É la "cantata" di Massimo Ciancimino, quinto e ultimo figlio dell'ex sindaco di Palermo, sui misteri siciliani. Ventitré verbali desecretati - milleduecento pagine - e depositati al processo contro il generale Mario Mori, accusato di avere favorito la lunga latitanza di Provenzano dopo quell'arresto "concordato".


Ciamcimino padre e figlio

Ma se sulla cattura di Totò Riina esistono già atti ufficiali d'indagine che smontano la versione dei carabinieri, le altre rivelazioni del rampollo di don Vito svelano tanto altro di Palermo. Dalla fine degli anni '70 sino all'estate del '92. É la sua verità, ereditata per bocca del padre. La storia di alcuni delitti eccellenti, il sequestro di Aldo Moro, la strage di Ustica, i rapporti di Vito Ciancimino con l'Alto Commissario antimafia Emanuele De Francesco e il suo successore Domenico Sica. É l'impasto fra Stato e mafia che ha governato per vent'anni la Sicilia.



IL COVO DEL CAPO DEI CAPI
Massimo Ciancimino conferma il patto fra Bernardo Provenzano e i carabinieri del Ros, mediato da don Vito, per la cattura di Riina: "Una delle garanzie che mio padre chiese ai carabinieri, e che loro diedero a mio padre, era che nel momento in cui si arrestava Riina bisognava mettere al sicuro un patrimonio di documentazione che il boss custodiva nella sua villa".

E ha aggiunto: "Provenzano riferì a mio padre che Totò Riina conservava carte e documenti di proposito con un obiettivo: se l'avessero arrestato avrebbero trovato tante di quelle cose, di quelle carte, che avrebbero fatto crollare l'Italia. Mio padre commentò con me il fatto dicendo che quello era un atteggiamento tipico di Riina. Secondo lui, conoscendo bene molti di questi documenti, sarebbero stati conservati apposta dal Riina con il solo fine di rovinare tante persone in caso di un suo arresto, visto che solo una spiata poteva far finire la sua latitanza".



LA TRATTATIVA FRA LE STRAGI DEL 1992.
Il negoziato con Cosa Nostra iniziò dopo l'uccisione di Falcone. Da una parte Totò Riina. Dall'altra il vice comandante dei Ros Mario Mori, il capitano Giuseppe De Donno e "il signor Franco", un agente dei servizi segreti legato all'Alto commissariato antimafia. E in mezzo Vito Ciancimino. Se in un primo momento Totò Riina è stato un terminale della trattativa per fermare le bombe, dopo la strage Borsellino "è diventato l'obiettivo della trattativa". Racconta ancora il figlio dell'ex sindaco: "Della trattativa erano informati i ministri Virginio Rognoni e Nicola Mancino, questo a mio padre l'ha detto il signor Franco e gliel'hanno confermato il colonnello Mori e il capitano De Donno".

La trattativa dopo le stragi. Nel 1993, un anno dopo Capaci e via D'Amelio, la trattativa mafiosa è andata avanti. E al posto di Vito Ciancimino ormai in carcere, sarebbe stato Marcello Dell'Utri a sostituirlo nel ruolo di mediatore: "Mio padre sosteneva che era l'unico a poter gestire una situazione simile... ha gestito soldi che appartenevano a Stefano Bontate e a persone a lui legate".


L'OMICIDIO MATTARELLA
Il Presidente della Regione siciliana, ucciso il 6 gennaio del 1980, per Vito Ciancimino fu "un omicidio anomalo". Spiega suo figlio: "Dopo il delitto, mio padre chiese spiegazioni ai servizi segreti... un poliziotto poi gli disse che c'era la mano dei servizi nella morte di Mattarella. Ci fu uno scambio di favori su quell'omicidio.. ".



Aldo Moro - rapimento 1978

IL SEQUESTRO MORO
Il figlio di don Vito dice che suo padre è sempre stato legato all'intelligence fin dal sequestro di Moro. "La prima volta che mio padre mi ha raccontato di contatti di Cosa Nostra con apparati dello Stato risale al sequestro. E mi ha detto che era stato pregato, e per ben due volte, di non dare seguito alle richieste per fare pressioni su Provenzano perché si attivasse per aiutare lo Stato nelle ricerche del rifugio di Aldo Moro".



DON VITO E GLADIO
"Mio padre faceva parte di Gladio", ha rivelato Massimo. E ha spiegato: "Mi disse che all'origine c'era mio nonno Giovanni che, all'epoca dello sbarco degli Alleati in Sicilia, era stato assoldato come interprete". Il figlio di don Vito ricorda poi che il padre aveva costituito le prime società di import export "insieme a un colonnello americano" e che ha partecipato "a diversi incontri" organizzati dalla struttura militare segreta.


Mino Pecorelli [IMG]http://www.dagospia.com/img/foto/12-2008/8884_tn.jpg
[/IMG]
L'UCCISIONE DEL PREFETTO DALLA CHIESA
É la parte più "omissata" dei verbali di Ciancimino. Suo padre gli aveva parlato dell'uccisione di Carlo Alberto dalla Chiesa e dell'omicidio del giornalista Mino Pecorelli "che sono legate", poi il verbale è ancora tutto coperto dal segreto.

LA STRAGE DI USTICA
Nei racconti del figlio dell'ex sindaco c'è il ricordo dell'aereo precipitato in mare il 27 giugno del 1980: "Quella notte mio padre fu chiamato dal ministro della Difesa Attilio Ruffini che gli disse che era successo un casino: fece chiamare anche l'onorevole Lima. Si seppe subito che era stato un aereo francese che aveva abbattuto per sbaglio il Dc 9, ma bisognava attivare un'operazione di copertura perché questa informazione non venisse fuori".


Dell'Utri in Aula - Depone Spatuzza - Da Repubblica 9

GLI AUTISTI SENATORI
Massimo Ciancimino, ricordando di un "pizzino" inviato da Provenzano a suo padre dove si faceva riferimento "a un amico senatore e al nuovo Presidente per l'amnistia", ha confermato che i due erano Marcello Dell'Utri e Totò Cuffaro. Poi ha spiegato dove ha conosciuto l'ex governatore: "L'ho incontrato nel 2001 a una festa dell'ex ministro Aristide Gunnella, credevo di non averlo mai visto prima. Si è presentato e mi ha baciato. Poi, l'ho raccontato a mio padre che mi ha detto: 'Ma come, non te lo ricordi, che faceva l'autista al ministro Mannino?


Anche lui aspettava in macchina, fuori, come te che accompagnavi me ... Poi ho collegato... perché quando accompagnavo mio padre dall'onorevole Lima fuori dalla macchina aspettava pure, con me, Cuffaro e anche Renato Schifani che faceva l'autista al senatore La Loggia. Diciamo, che i tre autisti eravamo questi... andavamo a prendere cose al bar per passare tempo.. Ovviamente, loro due, Cuffaro e Schifani, hanno fatto altre carriere: c'è chi è più fortunato nella vita e chi meno... ma tutti e tre una volta eravamo autisti".


Attilio Bolzoni e Franco Viviano per "la Repubblica" [13-01-2010]
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