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Crolla Forza Italia (PdL)

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24/11/2010 01:41

Quindi Sua Emittenza ora vorrebbe dare a bere a tutti gli italiani (all'infuori dei campani che hanno la realtà dei rifiuti sotto il naso tutti i gg.)
che l'emergenza rifiuti non esiste o che non sia nei termini dibattuti a Ballarò? [SM=x44452]
E che i cumuli di rifiuti che intasano le strade sono solo un'allucinazione creata dai suoi oppositori? [SM=x44501]

Beh, vediamo se i berluschini avranno almeno in quest'occasione un sussulto di dignità [SM=x44513]
[Modificato da Etrusco 24/11/2010 01:43]

_________________


Non condivido le tue idee, ma darei la vita per vederti sperculeggiare quando le esporrai.
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06/12/2010 19:00

«Il Presidende del Consiglo solo a sé, non gridi al complotto»

Fini assicura: "non ci saranno ribaltoni"

Lezione del presidente della Camera in un liceo di Roma: «Il premier Berlusconi sia un po' più umile»


Gianfranco Fini
Gianfranco Fini
Ribaltoni non ce ne saranno, ma, certo, «se qualcuno fosse più umile e pensasse di aver torto lui, invece di invocare sempre il complotto, se qualcuno dicesse che alcuni impegni non sono stati mantenuti, le cose sarebbero migliori». Gianfranco Fini non lo cita esplicitamente, ma alla platea di ragazzi che lo ascolta al liceo romano Orazio è chiaro che sta parlando di Silvio Berlusconi.

«NIENTE RIBALTONI» - A una consigliera municipale del PdL che gli chiede cosa ne pensi dei ribaltoni politici, Fini spiega che il «ribaltone è un sovvertimento della volontà popolare. Non credo che ci saranno ribaltoni»,

«Cosa ne pensa lei di tante Promesse non mantenute e di impegni disattesi da chi aveva promesso che la legge sarebbe stata uguale per tutti e poi si è occupato solo degli affari suoi?».

assicura il numero uno di Fli, che poi rivolge una domanda alla sua interlocutrice: Quindi l'affondo sul presidente del Consiglio:

«Se qualcuno fosse più umile e pensasse di aver torto lui, invece di invocare sempre il complotto,

se qualcuno dicesse che alcuni impegni non sono stati mantenuti, le cose sarebbero state migliori» spiega il Presidente della Camera. «La politica  è innanzitutto onestà intellettuale». E ancora: «C’è un momento in cui mi guardo allo specchio la mattina e mi dico che c’è un limite oltre il quale non si può andare, pena la dignità. Forse lei non ce l’ha ma è un problema suo», ha detto Fini in merito alle cosiddette "leggi ad personam".

«NOI VECCHI? LUI CATACOMBALE» - Oggi è intervenuto anche il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini, che ha replicato alle parole pronunciate domenica da Silvio Berlusconi all'indirizzo suo e di Fini. «Se siamo vecchi noi, ed è vero - ha detto il leader centrista -, lui allora è catacombale». «Noi  siamo vecchi ma non vogliamo una poltrona. Lui è più vecchio e vuole rimanerci sopra».

«LONTANO DAL FRASTUONO» - Dopo la lezione all'Orazio, il presidente della Camera ha preso parte, assieme al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, all'apertura dei lavori del sesto congresso dell'Ucei, l'Unione delle Comunità ebraiche italiane. «Io sono alfiere dell'Italia nei rapporti con la comunità ebraica con il nostro Paese. Sono qui per questo, lontano dal frastuono della politica italiana» ha detto il capo dello Stato.

 

Fonte: Corriere della Sera - Redazione online
06 dicembre 2010
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17/06/2011 13:44

Emorragia dal PdL: tocca a Cirielli?

Il fuoco incrociato in casa Pdl è appena iniziato, e il premier sta in mezzo. È così che da una legge definita “ex Cirielli” per via del fatto, che il suo stesso firmatario la sconfessò, a “ex” onorevole del Pdl, il passo è breve.

Edmondo Cirielli, proprio nei giorni in cui il governo è ad un passo dal baratro, sarebbe pronto a dargli una spallata. Originario della provincia di Salerno, non può fare a meno di prendere atto che la situazione rifiuti in Campania, dal suo governo non è mai stata risolta. «Adesso basta, mi dichiaro indipendente dal partito, non voglio essere succube della Lega Nord» con questo tono Cirielli annuncia dalle colonne del Mattino di Napoli la sua scissione dal partito.

La provincia di Salerno è di nuovo soffocata dall’emergenza rifiuti, la discarica di Sardone domenica verrà chiusa, e la situazione diventerà ingestibile. «Rischiamo di restare con i rifiuti in strada: non ci sono alternative o vanno in discarica o restano in strada». Le alternative sono il conferimento fuori regione che il governo deve ancora sbloccare, e la discarica di Macchia Soprana che per essere operativa attende ancora il parere del Ministero dell’Ambiente. «Il governo, si è preso un impegno ad emanare un decreto. Di fronte a questa sensibilità se il Consiglio dei ministri, non emanerà il provvedimento per colpa dei ricatti della Lega, sono pronto a uscire dal partito e a iscrivermi al gruppo misto alla Camera», Cirielli lancia il suo ultimatum, e stavolta a suonare le trombe non saranno solo i leghisti del nord. «Non posso più accettare questa situazione: il bene dei miei cittadini e del mio territorio viene prima del partito. Sono pronto a guidare una marcia dei sindaci salernitani su Roma». A quanto pare, in casa Pdl il sud sembra ribellarsi al nord, e questo è solo l’inizio della fine.

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03/09/2011 11:40

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Silvio e Giulio al duello finale.

La frattura tra Berlusconi e Tremonti è di visione strategica, collegata alla linea economica.

Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi con il ministro dell'economia Giulio Tremonti durante il voto nominale alla Camera sulla manovra economica il 15 luglio 2011 (Ansa)
Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi con il ministro dell'economia Giulio Tremonti durante il voto nominale alla Camera sulla manovra economica il 15 luglio 2011 (Ansa)
C' è il capo d'azienda Berlusconi Silvio che si vanta di non aver mai licenziato nemmeno uno dei suoi cinquantamila e passa dipendenti. E c'è il capo di governo Silvio Berlusconi che se potesse avrebbe già licenziato il titolare dell'Economia, ma si lamenta di non poterlo fare, «perché non ho il potere di revoca, dovrei chiedere le dimissioni di tutti i ministri per riuscirci. E figurarsi se in un momento come questo...» .

Non è più una questione di rapporti personali, non è più nemmeno un problema di contesa per la leadership. La frattura tra Berlusconi e Tremonti è di visione strategica, collegata alla linea economica.

È come se militassero in coalizioni contrapposte, «perché non esiste - si lamenta il Cavaliere - che in questi anni Giulio sia passato per il capo del partito del rigore e io per il capo del partito della spesa. Io sono il capo del partito della crescita». Perché «a forza solo di tagli», è la sua tesi, si finisce per «ammazzare il Paese».



Di screzi e battute dissacranti tra i due c'è una vasta antologia, pari solo a quella tra il premier e il presidente della Camera. Negli anni, Tremonti ha paragonato Berlusconi a un «nonnetto», e Berlusconi ha visto in Tremonti un «cospiratore». Ora invece c'è solo spazio per elogi e lodi: il titolare di Via XX Settembre sottolinea infatti come «Silvio sia l'unico capace di raccogliere ancora consensi», mentre il Cavaliere vede nel suo ministro «un tecnico con capacità fuori dall'ordinario». Ma è proprio questo reciproco riconoscimento delle doti altrui che fa capire come la storia sia davvero arrivata al capolinea.

Sul resto il disaccordo è totale, e gli interventi sul decreto hanno reso incolmabile la distanza. L'ultima querelle è figlia del diverbio sull'aumento dell'IVA. «L'avessimo fatta subito, saremmo stati tranquilli», impreca sottovoce Berlusconi, che ha visto convalidata la sua tesi dopo la difficile giornata di ieri, segnata dalle critiche di Bruxelles sui contenuti della manovra, e dall'impennata dello spread tra i Btp italiani e i Bund tedeschi. «Con l'Iva - secondo il premier - avremmo dato un segnale chiaro ai mercati e all'Europa», senza peraltro avere problemi con gli altri Paesi dell'area dell'Euro, «visto che la Germania, per esempio, ha un'imposta più alta».

Ed è vero che ieri il ministro dell'Economia si è affannato a spiegare agli uomini della commissione e ad alcune cancellerie la bontà della manovra e la validità dei suoi obiettivi, ma anche in questo caso Berlusconi ritiene che vada smentita «la storiella in base alla quale Giulio conterebbe più di me in Europa. È il contrario». A parte il fatto che all'estero c'è un deficit di credibilità dell'intero sistema politico, non c'è dubbio che l'uomo dei «conti in ordine» qualche colpo ultimamente l'abbia perso. Fino a qualche mese fa Tremonti era in cima alle simpatie del Paese, corteggiato dall'opposizione, indicato come possibile presidente del Consiglio, 1° nella classifica dei ministri con un indice di gradimento oltre il 50% che faceva ingelosire il Premier. Se in men che non si dica è precipitato di circa 20 punti, c'è un motivo. A danneggiarlo nei sondaggi pare sia stato il modo in cui la crisi economica si è di colpo avvitata, costringendo così il governo a intervenire per fronteggiare l'emergenza.

Per questo Tremonti è finito nel mirino della pubblica opinione. Più che per il «caso Milanese», che pende comunque come una spada di Damocle sul capo del ministro e rischia di azzopparlo definitivamente se la Camera accogliesse la richiesta d'arresto per il suo ex consigliere politico. Anche se nel Pdl si chiedono quanto a lungo potrebbe resistere Tremonti a fronte di nuove rivelazioni provenienti dall'inchiesta giudiziaria, non è così che Berlusconi vorrebbe sciogliere il rapporto con il titolare di Via XX Settembre.

Eppoi «non è il momento», prima è necessario che si fermi o quantomeno rallenti l'ottovolante della crisi, prima serve che il governo porti a compimento la manovra. Poi, semmai il Cavaliere fosse ancora in sella, si renderebbe necessario discutere con la Lega un piano che consenta al centrodestra di rilanciarsi in vista delle elezioni. E siccome serviranno quasi certamente altri interventi, ci sarà un nodo da sciogliere: chi gestirà l'economia?

«Non possiamo affidare una nuova manovra a chi finora le ha sbagliate tutte», hanno sussurrato alcuni esponenti di governo all'orecchio del premier. E non c'entrano gli ultimi tagli ai dicasteri che hanno mandato su tutte le furie ministri come Maroni, La Russa e la Gelmini. Il nodo è politico, ed è stato posto pubblicamente dal responsabile del Viminale, secondo cui «l'Economia va spacchettata, perché non possiamo avere due presidenti del Consiglio». Quel messaggio è stato colto da Berlusconi, che - grazie anche ad Alfano - ha riaperto un canale di dialogo con Maroni...


03 settembre 2011 09:00© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere della Sera


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16/09/2011 10:41

Il retroscena

Il PdL e il dubbio che cresce:
"c'è un problema di credibilità"

La linea è «resistere». Ma la sortita di Pecorella segnala le prime crepe

ROMA - Finché a schierarsi contro Berlusconi sono stati l'establishment politico, le Procure e quella sorta di complesso finanziario-industriale che va sotto il nome di poteri forti, il centrodestra si è vantato di esser sempre riuscito a rompere l'assedio. Ma ora che contro Berlusconi è entrato in campo Berlusconi, tutto si è fatto maledettamente complicato. Perché è vero che l'eventuale declassamento del rating per l'Italia preoccupa più delle inchieste giudiziarie, ma è altrettanto vero che per il gruppo dirigente del Pdl e della Lega è diventato difficile difendere in pubblico lo stile di vita privato del Cavaliere e le sue frequentazioni.

Silvio Berlusconi
Silvio Berlusconi
Certo non è in questo modo che cadrà il premier, capace di sovvertire le leggi della fisica in politica e di rafforzarsi in Parlamento con nuovi arrivi, proprio nel momento di maggior debolezza. Ma la navigazione a vista cui il governo e la coalizione sono costretti permette così solo di sopravvivere, non di ipotecare il futuro puntando alla vittoria nelle urne. Perciò nel Pdl si affannano a cercare di invertire la tendenza, e il vertice di partito tenuto ieri senza Berlusconi è stato il tentativo - come dice il capogruppo Gasparri - di «costruire il futuro viste le difficoltà del presente».

Non c'è dubbio che tutti siano solidali con il premier, vittima di un'«offensiva giudiziaria perpetrata con ogni mezzo», però le carte delle inchieste consegnano un Berlusconi che scredita Berlusconi. Sarà pure «il reale obiettivo delle indagini», come sostengono i fedelissimi del Cavaliere, ma tutto ciò sta determinando un problema di «credibilità» per l'esecutivo e la maggioranza, perché impedisce al centrodestra di intestarsi i risultati dell'azione politica e di governo: ad esempio il varo della manovra economica. E di questo ai vertici del Pdl sono tutti consapevoli.

Lo stato dell'arte e la prospettiva di una débâcle elettorale accrescono lo sconcerto e il malcontento, che covano da tempo nella maggioranza. Non sono una novità le critiche verso Berlusconi di Salvini, leghista di rito maroniano, secondo cui il Cavaliere «ha esaurito il suo mandato, la voglia, la possibilità e la forza». I ripetuti affondi, l'ha spiegato ieri il sindaco di Verona Tosi - altro dirigente leghista vicino al titolare del Viminale - «non sono delle critiche all'alleanza, quindi al Pdl, ma a qualche scelta del premier». Traduzione: la coalizione sopravvivrebbe al Cavaliere.

Va messa quindi nel conto la possibilità che l'area della Lega fedele al ministro dell'Interno possa sfruttare il «caso Milanese» per sparigliare i giochi, utilizzando l'eventuale voto segreto alla Camera per la richiesta di arresto dell'ex consigliere politico di Tremonti. Ed è in questo filone che viene inserito il fantomatico progetto di sostituire in corsa Berlusconi con Alfano a palazzo Chigi, operazione che sarebbe coltivata dal leader dell'Udc Casini, dal dirigente cattolico del Pd Fioroni e dal segretario della Cisl Bonanni, con la complicità proprio di Maroni. Un'ipotesi a cui il coordinatore del Pdl Verdini non dà credito e che interpreta come «l'ennesimo tentativo di golpe, in tono minore, dopo quello fallito il 14 dicembre».

In effetti ancora ieri, Alfano e i vertici del partito hanno concordato sulla necessità di arrivare fino al 2013 con Berlusconi alla guida del governo, sapendo che allora il Cavaliere passerà la mano. La parola d'ordine dunque è «resistere», per evitare di offrire a Casini la possibilità di accaparrarsi pezzi del Pdl e della coalizione che, in caso di crisi dell'esecutivo, salterebbero. L'obiettivo è semmai quello di rafforzarsi sul territorio con i congressi, e al tempo stesso di aprire una trattativa con il capo dell'Udc, così da giungere in vista delle urne a un'intesa, ma da una posizione di forza e non di debolezza. Il terreno per coltivare l'accordo sarebbe stato trovato: il quoziente familiare sul versante economico e la legge elettorale sul versante politico.

Paradossalmente, proprio ciò che arrecava (e arreca ancora) fastidio al Cavaliere, cioè il partito, si è trasformato in un indispensabile strumento di difesa, l'ultimo che gli è rimasto insieme ai numeri in Parlamento. Ma il Berlusconi che scredita Berlusconi sta arrecando danni a Berlusconi. Al punto che un parlamentare finora legatissimo al premier, come il suo ex legale di fiducia, Pecorella, si è convinto che «in questa fase di emergenza» serva «un nuovo governo, di larghe intese, anche senza Berlusconi». Nel Pdl non è l'unico a pensarlo. Il malumore si manifesta in vari modi: è stato notato, per esempio, come mercoledì gli scaioliani abbiano votato tutti insieme la fiducia sulla manovra solo alla seconda «chiama». Riti da Prima Repubblica che si rinnovano nel finale della Seconda. Anche se non è così che cadrà il Cavaliere.

Fonte: Corriere della Sera -
16 settembre 2011 09:18© RIPRODUZIONE RISERVATA

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06/10/2011 02:09

Mentre ieri Tremonti dalla Spagna invocava "Elezioni subito"
e Berlusconi gli rispondeva che se fosse per lui lo avrebbe strozzato su pubblica piazza (NB questo nel "Partito dell'Amore")

oggi il SottoSegretario Crosetto: "Tremonti si dimetta"

mercoledì 05 ottobre 2011, 20:23
Crosetto alla Zanzara: "Tremonti si dimetta"
di Nico Di Giuseppe

Il sottosegretario alla Difesa alla Zanzara tuona contro il ministro dell'Economia: "Si dimetta se pensa che questo Governo è un ostacolo alla crescita dell’Italia. Se fossi Berlusconi sarei furibondo"


"Tremonti è un problema. Si dimetta se pensa che questo Governo è un ostacolo alla crescita dell’Italia. Se fossi Berlusconi sarei furibondo". Intanto a essere furibondo è il sottosegretario alla Difesa, Guido Crosetto, che intervenendo alla Zanzara su Radio 24 tuona contro il ministro dell'Economia, a seguito delle dichiarazioni rilasciate ieri sulla salute economica dell'Italia.

"Se uno dice una cosa è perché la pensa. Il problema è lui, perché non presenta proposte e non produce risultati. Se in un’azienda una persona non produce nessun risultato, viene mandato a casa"
, ha aggiunto Crosetto.

Fonte: Il Giornale (della famiglia Berlusconi)

[Modificato da Etrusco 06/10/2011 02:10]
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07/10/2011 13:43

il caso

La fronda di Pisanu e Scajola
L'idea di un Berlusconi bis

Intesa nella cena dei 17: forse faremo un documento

Claudio Scajola e Giuseppe Pisanu (Ansa)
Claudio Scajola e Giuseppe Pisanu (Ansa)
ROMA - Vittorio Feltri invita a non sottovalutarli: Scajola e Pisanu, dice, «rappresentano una minaccia seria nell'arte di pugnalare alle spalle, non sono gli ultimi arrivati, sono democristiani». Loro, esponenti del Pdl da tempo in posizione critica l'uno soprattutto rispetto al partito, l'altro anche nei confronti del premier, al quale ha chiesto un passo indietro, oggi in Parlamento da tutti vengono indicati come i possibili congiurati. Gli uomini che potrebbero davvero far cadere il governo in quello che già viene evocato come «un nuovo 14 dicembre», ma stavolta a esito rovesciato.

Va detto che i loro movimenti sono proprio quelli di chi desta sospetti: Beppe Pisanu da giorni incontra scontenti, delusi, arrabbiati esponenti del PdL che vanno a chiedergli cosa fare, come e quando. Ma soprattutto, non è un segreto che - in sintonia con Claudio Scajola che ha incontrato mercoledì sera al ristorante Il Cantuccio (davanti al Senato, tanto per non nascondersi) - stia tessendo la tela con i centristi di Casini, con Gianfranco Fini (al quale ha fatto visita anche per sottoporgli l'idea di una sua lista, in caso di voto anticipato, dal nome possibile «Centro Democratico Cristiano»), con pezzi di Pd. Obiettivo? Un «governo di transizione», composto da un centrodestra allargato al Terzo Polo o con tutti dentro, che sia «interlocutore naturale» di quel «soggetto per ora sociale e culturale» che si formerà a Todi dall'incontro tra le associazioni cattoliche di diverse anime.
Pensieri ad alta voce, di chi esclude che «un progetto di questo genere possa passare per mezzucci o escamotage parlamentari, come trabocchetti nel voto segreto...».
Se svolta sarà insomma, giura Pisanu, sarà «alla luce del sole».

Parole che in qualche modo sottoscrive anche Claudio Scajola. L'ex ministro - forte del consenso di un nutrito drappello di parlamentari a lui fedeli - dice chiaro e tondo che «in questo momento c'è da mettere assieme le forze migliori». Non arriva alle estreme conseguenze evocate da Pisanu, Scajola. Ma anche lui non nasconde affatto il lavorio per canalizzare il diffuso scontento di decine di deputati con i quali parla, si confronta, si organizza. Con 16 di loro, mercoledì sera, si è incontrato a cena in un ristorante a pochi passi da Montecitorio. C'erano Paolo Scarpa Bonazza Buora, Berruti, Cicu, Testoni, Giustina Destro, Russo, De Camillis, Tortoli, Antonione, Scandroglio, Cassinelli, Gava, Nicolucci, Abrignani, Lauro, Orsi, alcuni suoi fedelissimi, altri interessati a «discutere». C'erano gli arrabbiati pronti a «rompere subito, ora», che ha dovuto frenare, e quelli cauti perché «senza un approdo certo, dove andiamo? Rischiamo di finire dritti al voto senza uno straccio di partito che ci candidi».

Il giorno dopo la riunione fioccano le ipotesi su quello che sta per succedere: è pronto un documento che chiede un Berlusconi bis e un nuovo governo allargato ai centristi, e «ha almeno 25 firme», il che vorrebbe dire che la sfiducia è cosa fatta; no, forse ci si «limiterà» alla creazione di gruppi autonomi; no, probabilmente si farà un appello accorato perché si rilanci l'economia con un decreto sviluppo sostanzioso e ricco; no, magari basterà un incontro con Berlusconi per trovare un nuovo assetto nel partito che soddisfi tutti.

Lui, Scajola, non scopre le carte: «Documento? Ma no, non c'è ancora niente di scritto. Certo è un'ipotesi, non lo nego... Stiamo discutendo con degli amici di quello che non va, è vero che c'è molto scontento, e siccome non ci sono le sedi per farlo ci incontriamo anche a cena: vogliono attaccarmi per questo?».

E su Alfano: «È stato accolto con entusiasmo, ma ora è il momento di pilotare davvero... Perché il Paese è in assoluta difficoltà, i rischi sono enormi, il disagio nel partito tanto...».
Insomma, la partita è in corso, ma il risultato è ancora molto aperto. Silvio Berlusconi si mostra sicuro: «Claudio non mi tradirà, è sempre stato mio amico». I suoi non ne sono così convinti: «Lui e Pisanu potrebbero davvero essere pronti a staccare la spina - dice un fedelissimo del premier -. Ma che convenienza avrebbero gli altri ad andar loro dietro?». Gli «altri», nei calcoli di via dell'Umiltà, sarebbero «come scajoliani duri e puri una decina di deputati, sui quali stiamo lavorando...», perché «una cosa è portare la gente a cena, altra farla votare contro il governo. E noi non stiamo certo con le mani in mano in queste ore».

È guerra di nervi, insomma. E di numeri. E c'è chi vive come un incubo i prossimi passaggi: il ddl intercettazioni in caso di voto segreto o di fiducia, il Def, il decreto sviluppo: il governo potrebbe andare sotto per un incidente «in qualunque momento», convengono tutti. Ma Scajola assicura che, se accadesse, non sarebbe lui il Bruto: «Qualunque mossa io possa compiere, la farò a viso aperto. Non sono uno che ha paura, io».

Fonte: Corriere della Sera -  Paola Di Caro
07 ottobre 2011 09:58
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11/10/2011 13:08

Formigoni: rischio di «incidenti» parlamentari

Una lettera di Scajola e parte la trattativa

Agende In dubbio l'incontro di oggi tra l'ex ministro, Alemanno e il presidente della Lombardia

 
ROMA - Vertici fissati che traballano fino all'ultimo, incontri che vengono spostati, cene indette e disdette. Mai come in queste ore il clima è stato incerto nell'opposizione interna del Pdl, dove la fronda oscilla, gonfiandosi nei numeri per poi improvvisamente prosciugarsi. Fatto sta che pare evidente una frenata da parte di Claudio Scajola, che non vuole andare alla conta o alla resa dei conti e che avrebbe anche scritto una lettera al premier. Del resto da Silvio Berlusconi stanno arrivando segnali molto incoraggianti, promesse di dialogo e di aperture alle ragioni del disagio, oltre che di riconsiderazioni del ruolo di Scajola. Tanto che si parla di un incontro in tempi molto ravvicinati tra il premier e l'ex ministro dello Sviluppo economico, che sancirebbe il ritrovato dialogo.
Per questo le consultazioni organizzate in questi giorni da Scajola e Pisanu potrebbero essere congelate. Per oggi pomeriggio era previsto un vertice a 4: invitati, il governatore della Lombardia Roberto Formigoni e il sindaco di Roma Gianni Alemanno. Ieri sera voci diffuse in ambienti scajoliani davano in forte dubbio l'incontro. Nell'agenda del presidente lombardo risultava solo la registrazione di Porta a Porta.

Saltato con certezza, invece, l'incontro previsto per l'una di oggi, nel quale gli scajoliani dovevano definire gli ultimi dettagli del famoso documento. Testo che doveva essere consegnato personalmente da Scajola ad Angelino Alfano, per un incontro previsto per domani. Tutto sospeso, in attesa di capire se il dialogo potrà riprendere proficuamente. Se Scajola potrebbe aver ritrovato un canale di comunicazione con il premier, Formigoni insiste nelle sue punture e nella sua posizione apertamente critica. Oggi il quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung pubblicherà un'intervista nella quale il governatore prevede che «il Governo italiano ha poche settimane di vita»: «Il lancio di nuove misure per l'economia è una questione di vita o di morte».

Formigoni si rivolge direttamente a Berlusconi: «Caro Silvio, se vuoi arrivare al 2013 la condizione fondamentale è rappresentata dalle misure per l'economia». Senza privatizzazioni e liberalizzazioni, «c'è il rischio implosione: a ogni passaggio c'è il rischio di un incidente parlamentare e quindi di elezioni anticipate». Formigoni spiega che se Berlusconi «non si ricandiderà più, sarà una saggia decisione»: «Il futuro è un partito vero, non di plastica, una squadra di cui voglio far parte». Magari da successore di Berlusconi: «Ipotesi più che remota, ma non escludo di potere fare bene in caso di primarie».

Corriere della Sera - Al. T.
11 ottobre 2011 08:18
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11/10/2011 23:54

Camera, governo battuto Pdl: 'Ora verifica fiducia'
Assenti Tremonti e Scajola.
Pd: dimissioni subito Berlusconi, ora test su comunicazioni politiche


''Il governo e la maggioranza reputano necessario richiedere la fiducia al parlamento. Cio' avverra' sulla base delle comunicazioni politiche che il presidente del consiglio intende rendere in aula'': lo ha affermato Paolo Bonaiuti raggiunto telefonicamente al termine del vertice a palazzo Grazioli.

La Camera ha bocciato l'articolo uno del rendiconto di bilancio. E' finita con un 290 pari. La maggioranza richiesta era di 291 voti.Con 290 voti a favore e 290 contrari l'aula della Camera ha bocciato il primo articolo del rendiconto generale dello Stato.

La maggioranza richiesta era di 291 voti. Dopo il voto, cui ha partecipato il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, dall'opposizione si è applaudito e urlato: 'Dimissioni, dimissioni!'.

Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi era allibito nel vedere il risultato della votazione. E' rimasto per un po' seduto al banco del governo, poi ha scambiato qualche parola con i ministri vicini. Alla fine si è alzato e, senza salutare nessuno dei ministri ma intrattenendosi brevemente con il capogruppo del Pdl, Cicchitto, ha lasciato l'emiciclo, scuotendo vistosamente un foglio che aveva in mano.

L'esame del rendiconto generale dell'amministrazione dello Stato riprenderà domani mattina: è quanto ha deciso il presidente della Camera Gianfranco Fini dopo che è stato bocciato il primo articolo del testo. Inizialmente il presidente della Commissione Bilancio aveva chiesto un rinvio solo di un'ora.

BERLUSCONI: 'PROBLEMA TECNICO RISOLVIBILE' - E' un problema tecnico che si può risolvere. Lo ha detto Silvio Berlusconi riferendosi alla battuta d'arresto del governo sull'art.1 del rendiconto generale dello Stato, nel corso dell'incontro avuto con diversi ministri ed esponenti del Pdl nella sala del governo accanto a Montecitorio, secondo quanto riferito da alcuni presenti.

TREMONTI, NO RAGIONE POLITICA PER VOTO CAMERA - "Nessuna ragione politica, di nessun tipo". Così commenta in una nota il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti dopo il mancato voto alla Camera. L'assenza era dovuta - spiega - al suo impegno al ministero per la Legge di Stabilità.
"A poche ore dalla presentazione della Legge di Stabilità - si legge nella nota del Tesoro - il Ministro Tremonti era al Ministero impegnato con gli uffici di Gabinetto nella valutazione dei dossier relativi a ciascun Ministero. In aula (alla Camera) in rappresentanza del Ministero erano presenti i Sottosegretari. Appena ricevuta notizia dall'Aula il Ministro ha interrotto i lavori e si è recato a Montecitorio. Nessuna ragione politica, di nessun tipo".

BOSSI: CROLLA TUTTO? PER ADESSO NO - "Per adesso non viene giù". Così il leader della Lega Umberto Bossi commenta la possibilità di tenuta del governo. Il governo quindi va avanti? "Per adesso sì" ha aggiunto Bossi senza fare però previsioni sulla possibile durata: "Non lo so, non sono un mago".

BERSANI: 'GOVERNO NON C'E' PIU', PREMIER VADA AL COLLE' - "Un governo bocciato sul consuntivo non può fare l'assestamento di bilancio e senza assestamento il governo non c'é più. Mi aspetto che Berlusconi ora si convinca ad andare al Quirinale". E' la richiesta avanzata da Pier Luigi Bersani dopo che il governo è stato battuto in Aula. "Noi dell'opposizione - afferma Bersani - oggi siamo stati molto abili se guardate l'andamento delle votazioni. Loro hanno dei problemi e se Berlusconi è arrivato in Aula è perché ha sottovalutato i suoi dimostrando di aver perso il polso della sua gente".

PD,BLOCCATA ANCHE LEGGE STABILITA' - Con lo stop arrivato dalla Camera sul Rendiconto "si blocca anche la Legge di Stabilità" che era attesa al consiglio dei ministri di dopodomani. Il ddl Stabilità, come anche il Def, "si fondano su un consuntivo che ora non c'é più", spiega il senatore Giovanni Legnini del Pd.

INCONTRO FINI-ALFANO - Breve incontro, nel corridoio adiacente l'aula di Montecitorio, tra il segretario della Camera, Gianfranco Fini, e il presidente del Pdl, Angelino Alfano. L'incontro è avvenuto dopo che è stato bocciato il primo articolo del rendiconto del bilancio dello Stato.

FINI: 'VOTO HA IMPLICAZIONI POLITICHE' - Il voto dell'aula della Camera con cui è stato bocciato il primo articolo del rendiconto di bilancio dello Stato "ha evidenti implicazioni di carattere politico": lo ha detto il presidente della Camera Gianfranco Fini prima di rinviare a domani mattina l'esame del testo. E' un fatto che non ha precedenti" prosegue Fini nel corso della conferenza dei capigruppo ha commentato quanto accaduto in Aula stabilendo quindi che venisse convocata la Giunta per il Regolamento per decidere se, dopo la bocciatura dell'articolo 1, sia possibile andare avanti".

FRANCESCHINI: 'MAGGIORANZA FINITA' - "La maggioranza che sostiene il governo non esiste più, né nel Paese né in questa Camera": lo ha detto nell'aula della Camera il capogruppo del Pd, Dario Franceschini, dopo che l'assemblea ha bocciato il primo articolo del rendiconto generale del bilancio dello Stato.

ASSENTI SCAJOLA, BOSSI, SCILIPOTI E MICCICHE' - Claudio Scajola, Umberto Bossi, Domenico Scilipoti e Gianfranco Micciché sono alcuni degli esponenti della maggioranza assenti oggi in aula al momento del voto sull'assestamento di Bilancio 2010. Il ministro Giulio Tremonti era presente fisicamente a Montecitorio anche se risultava in 'missione' e non ha partecipato neanche lui al voto. Mancavano anche altri cinque deputati dei "responsabili" oltre a Scilipoti. Secondo quanto risulta dai tabulati per la Lega Nord mancavano il ministro Bossi e Matteo Bragantini, mentre tra le file del Pdl le assenze ammontavano a 14: Claudio Scajola, Antonio Martino, il sottosegretario Giuseppe Cossiga, Filippo Ascierto, Vincenzo Barba, Elena Centemero, Pietro Franzoso, Marco Martinelli, Giustina Destro Mistrello, Dore Misuraca, Umberto Scapagnini, Piero Testoni, oltre ad Alfonso Papa detenuto attualmente a Poggioreale. Tra Popolo e Territorio, cioé gli ex "responsabili", hanno disertato l'aula Paolo Guzzanti, Pippo Gianni, Andrea Orsini ('scajolianò prestato per formare il nuovo gruppo), Francesco Pionati, Americo Porfidia e Scilipoti. Tra gli iscritti al gruppo misto spiccano i nomi di Gianfranco Micciché, Giancarlo Pittelli e Andrea Ronchi. Oltre a Tremonti risultano in missione i ministri Roberto Maroni e Franco Frattini, nonché i sottosegretari Stefano Saglia e Catia Polidori. Per il Carroccio in missione anche Stefano Stefani.

Fonte: ANSA

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12/10/2011 11:01

sono peggio di s.tommaso... se non vedo non credo...

ma non ci metterei solo la mano, ma tutto il braccio per verificarlo.


Non mi fido affatto della sinistra italiana, per niente proprio!!!
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14/10/2011 10:27

Lo specchio della paura


Lo specchio della paura


Incassando l’ennesima fiducia del Parlamento, sia pur con qualche significativa defezione, Berlusconi potrebbe uscire dalla sindrome del bunker, sbaragliare i fantasmi degli agguati e dei tradimenti, non spacciare l’illusione di un’impossibile stabilità fino al termine naturale della legislatura. E dare a un centrodestra esausto e frastornato, con le elezioni anticipate del 2012, il senso di un futuro politico anche con la fine oramai irreversibile del «berlusconismo».

Potrebbe farlo, anche se è molto improbabile che lo faccia con una maggioranza numerica che non ha più il profilo di una vera e credibile maggioranza politica. Il suo discorso di ieri in Parlamento è stato lo specchio di una paura paralizzante. Vago sui contenuti del decreto per lo sviluppo, per la paura di scontentare qualche fetta o frammento della maggioranza, e in primis il suo ministro dell’Economia da cui lo dividono abissi di diffidenza e di insopportazione.
Elusivo sui malumori che attraversano, con tentazioni frondiste e addirittura con malcelate velleità ribaltoniste, il suo stesso partito.
Minimizzatore, quando ha ridimensionato a mero incidente tecnico (di cui si è personalmente scusato) il disastro del governo sul Rendiconto generale dello Stato.
Il suo unico obiettivo è stato quello di placare gli alleati: Bossi e le turbolenze leghiste, la voracità infida dei Responsabili, i mormoratori del partito.
Non ha detto l’unica cosa che avrebbe riscattato l’atmosfera di agonia interminabile che oramai grava sul suo governo: che il centrodestra è pronto ad affrontare il giudizio degli elettori già nei prossimi mesi, che una stagione politica si è irrevocabilmente conclusa e che da questo indubbio fallimento l’elettorato del centrodestra non ne uscirà per forza di cose orfano, sconfitto, senza casa, senza leader.

Riconoscere l’esaurimento di una stagione politica non avrebbe in sé nulla di umiliante, nel caso in cui la paura della fine non assumesse sfumature apocalittiche. Se invece il terrore di un futuro inesistente fosse domato, se si indicasse un orizzonte temporale breve per nuove elezioni in grado (come in Spagna) di tranquillizzare i mercati e stroncare la speculazione, se ci si concentrasse esclusivamente sui provvedimenti per lo sviluppo (senza prove di forza sulle intercettazioni e sulla lunghezza variabile di prescrizioni e processi), allora un gesto di responsabilità verso l’Italia sarebbe anche un possibile traguardo per i moderati italiani spaesati e disillusi.
L’alternativa è invece il vivacchiare tra ricatti e trappole, annunci di disimpegni, rancori sempre più esplosivi tra i ministri e tra il premier e il suo ministro dell’Economia.
Nell’attesa del prossimo, certo, «incidente» che deprimerà sempre più il popolo del centrodestra e galvanizzerà i propugnatori di spallate dal più che dubbio profilo costituzionale. Una possibile, dignitosa via d’uscita ancora c’è. Ed è l’ultima.

Pierluigi Battista 14 ottobre 2011 07:38

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Non condivido le tue idee, ma darei la vita per vederti sperculeggiare quando le esporrai.
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14/10/2011 19:07

Tra polemiche, defezioni, pezzi che si perdono, la nave del governo prosegue la sua rotta, anche se a fatica.

Ma tanto basta a stampare un ghigno di soddisfazione sulla maschera di Berlusconi.



ed a fargli affermare "A me nessuna alternativa".
Chissà perchè mi ricorda un'altra affermazione simile "Après moi, le déluge!" che però non ha portato molta fortuna a chi l'ha fatta.




Fiducia con 316 si', polemiche sui radicali
Bersani: 'Perdono pezzi, il governo morira''
309 la maggioranza richiesta, 301 contro. Napolitano: 'Non eccedere con voto fiducia'

14 ottobre, 18:55

La Camera ha confermato la fiducia al governo. I voti a favore sono stati 316, 301 i contrari. La maggioranza richiesta era di 309 voti. I votanti in tutto sono stati 617. Il risultato è stato accolto da un forte applauso dai deputati di maggioranza.

Cinque deputati radicali hanno partecipato alla votazione sulla fiducia nell'Aula della Camera. I Radicali, gli unici dell'opposizione a rispondere alla prima chiama, hanno votato tutti contro la fiducia.

Né Luciano Sardelli né Santo Versace hanno risposto alla seconda chiama della votazione sulla fiducia in corso nell'Aula della Camera. Claudio Scajola ha votato la fiducia.

Con l'ottenimento di 316 sì al voto di fiducia, il governo si è assicurato la maggioranza assoluta della Camera che conta 630 deputati. Seppur di un solo voto, dunque, l'Esecutivo si è dimostrato autosufficiente. Tanto da rendere ininfluente al fine del raggiungimento del numero legale (strategia portata avanti dalle opposizioni fino ad oltre la metà della seconda chiama) la partecipazione al voto dei radicali che non hanno seguito le indicazioni del loro gruppo di appartenenza (il Pd).

VOTO RADICALI 'TRAINA' NUMERO LEGALE - I radicali sono stati determinanti per la tenuta del numero legale durante il voto di fiducia al governo creando una sorta di ''effetto traino' per quota 315. Il primo deputato radicale che ha votato e' stato Marco Beltrandi, per 298/o. Dopo di lui ci sono stati gli altri voti radicali e 14 della maggioranza.

BERLUSCONI, SVENTATO TRUCCO OPPOSIZIONI - "Avrò la fiducia dopo aver sventato la figuraccia dell'opposizione che ha sbagliato i suoi calcoli mettendo in atto i vecchi trucchi del più bieco parlamentarismo e offrendo una immagine su cui gli italiani rifletteranno". Lo ha detto il premier Silvio Berlusconi. ''Abbiamo sventato l'agguato che hanno tentato di portarci per non farci raggiungere il numero legale, secondo un trucco del piu' bieco vecchio parlamentarismo'' ha ribadito il premier dopo il voto di fiducia, parlando con i giornalisti in Transatlantico.

''Siamo a quota 316 perche' da 318 che eravamo, con 2 dei nostri impediti a venire, siamo a 316'', ha detto il premier in Transatlantico dopo il voto di fiducia.

"Ho un appuntamento, già previsto, con il capo dello Stato dopo il consiglio dei ministri di oggi ma su temi non attinenti", ha detto Berlusconi rispondendo a chi gli chiedeva se salirà al colle dopo il voto.

LANCI UOVA ALLA CAMERA - L'esito della votazione alla Camera é stato accolto con un lancio di uova da parte dei giovani 'indignati' che stanno protestando con un sit-in in piazza Montecitorio. La piazza è superblindata dai mezzi delle forze dell'ordine. I manifestanti urlano 'vergogna' e 'ci vediamo in piazza domani'. Dopo il lancio di uova in piazza Montecitorio, i manifestanti hanno bloccato Via del Corso, all'altezza di via di Pietra. I manifestanti si sono seduti in terra bloccando il traffico, poi sono ripartiti in corteo verso il Palazzo delle Esposizioni. I giovani hanno annunciato che resteranno in presidio sulla scale del Palaexpo dopo aver sfilato per le strade del centro.

BERSANI, GOVERNO MORIRA' DI FIDUCIA - ''Il governo morira' di fiducia e l'alternativa ora e' rafforzata''. Lo dice il segretario del Pd Bersani commentando il voto della Camera.

ALFANO, MAGGIORANZA NUMERICA E POLITICA PIU' FORTE - ''Una fiducia a numeri pieni: abbiamo la maggioranza numerica e politica''. Cosi' il segretario del Pdl Angelino Alfano, dopo il voto di fiducia. Il governo ''esce rafforzato e prosegue nell'attivita' di governo e nelle riforme'', aggiunge. Insomma, la maggioranza e' ''certamente piu' forte''.

CASINI: VOTO PIU' VICINO NOI SIAMO PRONTI, PREMIER ULTIMO MOHICANO - "Noi siamo pronti ad andare al voto". Lo dice il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini secondo il quale, da oggi sono più vicine le elezioni. "Bisogna dare atto al presidente del Consiglio: il suo obiettivo è quello di andare avanti per qualche settimana ed arrivare allo scioglimento delle Camere e al voto nei primi mesi del 2012. Il voto - ha aggiunto - è più vicino". "Quella sulla fiducia è una vittoria scontata ma è una vittoria di Pirro perché nulla lascia presagire che da domani il governo riuscirà a governare". Lo dice il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini che aggiunge: "Berlusconi è l'ultimo dei mohicani, l'unico a credere che 316 voti gli risolvano i problemi".'.

FRANCESCHINI, A OGNI FIDUCIA PERDONO PEZZI - ''E' evidente che ad ogni voto di fiducia perdono pezzi. Noi ci proviamo ogni volta e loro per giorno avevano detto che erano 320, 322... ogni voto di fiducia calano di 1,2,3. Di questo passo non siamo molto lontani''. Cosi' il capogruppo Pd, Dario Franceschini, commenta l'esito del voto di fiducia.

MARONI, ANCHE DA PADANO APPREZZO CABALA SUL 14 - "Pur essendo padano mi piace questa cabala del 14". Così il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, commenta scherzando la coincidenza del numero 14, stesso giorno in cui nel dicembre di un anno fa il governo aveva ottenuto la fiducia dopo lo strappo con Gianfranco Fini. Il governo ora va avanti? "Certo, yes!", risponde allegro il ministro.

RADICALI, NOI NON DETERMINANTI NE' PER NUMERO LEGALE NE' PER FIDUCIA - ''I deputati radicali sulla fiducia al Governo Berlusconi hanno votato contro. Lo hanno fatto non appena e' finita una riunione che si e' resa necessaria dopo che, alle 9,30 circa del mattino, Dario Franceschini ci ha comunicato - come se fossimo a sua disposizione - le intenzioni delle opposizioni di tentare di far mancare il numero legale''. Lo scrive in una nota il deputato radicale Maurizio Turco spiegando che dopo aver discusso e' stato deciso di ''partecipare al voto per gli stessi motivi per i quali avevamo partecipato ai lavori d'aula di ieri e cioe' il rispetto delle Istituzioni e della funzione parlamentare. Come sempre, da sempre''. Una decisione presa, aggiunge, ''sapendo anche di correre un rischio: quello di non avere la possibilita' di informare i cittadini, di spiegare i fatti. In relazione alle supposizioni fantasiose che hanno cominciato a circolare - sottolinea Turco - invitiamo a prendere atto che il Presidente constata la presenza o meno del quorum alla fine delle votazioni (e non alla prima chiama)''. Alla fine della seconda chiama i numeri - Presenti e votanti 617, Maggioranza 309, si' 316, no 301 - dimostrano, secondo Turco, che i 5 radicali ''non sono stati in alcun modo determinanti: ne' al raggiungimento del quorum ne' a quello della fiducia. Per chi nella giornata di oggi - conclude - con qualsiasi mezzo dovesse diffondere o rilanciare notizie false e tendenziose preannunciamo il ricorso all'autorita' giudiziaria''

NAPOLITANO RICEVE BERLUSCONI E LETTA - Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha ricevuto nel pomeriggio al Quirinale il Presidente del Consiglio dei Ministri, Silvio Berlusconi, con il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Gianni Letta. Lo rende noto il Quirinale in un comunicato

BERLUSCONI LASCIA QUIRINALE DOPO CIRCA 40 MINUTI - Berlusconi, ha lasciato il Quirinale dopo circa 40 minuti dal suo arrivo.

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27/10/2011 14:41

275 i voti a favore della mozione contro 272 contrari
Camera: maggioranza e governo battuti
L'esecutivo va sotto su una mozione Idv su Iribus. PdL sconfitto poi su una mozione sui risarcimenti stradali.


26 Ottobre 2011
Qui tutto l'articolo del Corsera

Ormai la maggioranza in Parlamento non esiste più: perchè non possono essere presenti sempre in Parlamento a votare tutti i Ministri, ViceMinistri, SottoSegretari, per non parlare di Scilipoti coi suoi importantissimi impegni personali... [SM=x44452]
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27/10/2011 18:21

RIMANE TENSIONE NEL PARTITO DOPO IL VIA LIBERA DELL'UE AL PIANO
PdL, lettera degli scontenti: «Il Premier faccia un passo indietro»
Appello di alcuni parlamentari: per rispettare gli impegni presi con l'Ue bisogna allargare la maggioranza


- Dopo il sì con riserve dell'Europa a Silvio Berlusconi le acque restterebbero comunque agitate nella maggioranza. Almeno stando alle indiscrezioni riportate dall'Ansa, secondo le quali alcuni parlamentari del Pdl stanno lavorando ad una lettera-appello al premier, nella quale si chiede ancora a Berlusconi di fare un passo indietro e allargare la maggioranza, proprio per poter dar corso agli impegni assunti con l'Ue.

Corriere della Sera 27 ottobre 2011 17:56
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27/10/2011 20:55

Re:
Etrusco, 10/27/2011 2:41 PM:

275 i voti a favore della mozione contro 272 contrari
Camera: maggioranza e governo battuti
L'esecutivo va sotto su una mozione Idv su Iribus. PdL sconfitto poi su una mozione sui risarcimenti stradali.

[SM=x44452]



Ma con quali motivazioni e quale coerenza il Governo era contrario alle mozioni di Di Pietro ed altri in favore del mantenimento ed incentivazione dell'unico stabilimento in Italia che produce autobus urbani?

Come si concilia con le fumose intenzioni di "sostenere lo sviluppo"?

E sostenere e potenziare il trasporto pubblico, e le industrie che stanno dietro, non è una logica coerente anche con le politiche ambientali?

Forse il Governo preferisce che si chiuda lo stabilimento e si mettano migliaia di persone prima in cassa integrazione poi in mobilità? E poi ci si riempie la bocca di "paese manufatturiero" e si partecipa tronfi ai G8,10, 20 vantandosi di essere tra i maggiori paesi industrializzati, lasciando chiudere l'unica fabbrica di autobus (e tra poco anche l'unica id automobili)?

Non è ora di passare dalle fumose buone intenzioni a fatti concreti e reali?
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27/10/2011 21:11

Re:
Etrusco, 10/27/2011 2:41 PM:

275 i voti a favore della mozione contro 272 contrari
Camera: maggioranza e governo battuti
L'esecutivo va sotto su una mozione Idv su Iribus. PdL sconfitto poi su una mozione sui risarcimenti stradali.




Anche la mozione sulla quantificazione degli indennizzi per le vittime della strada fa riflettere.

Il governo ha predisposto una nuova tabella di valutazione dei risarcimenti alle vittime della strada, con lo scopo lodevole di uniformare le cifre in tutta Italia, senza lasciarle alla discrezionalità dei singolo tribunali.
Attualmente le somme più alte sono previste dal tribunale di Milano, a cui peraltro si allineano anche molti altri tribunali.
Ma la proposta di legge del governo prevede l'unificazione su scala nazionale ai livelli più bassi, ad esempio "secondo le tabelle fissate dal Governo, un ventenne con invalidità permanente del 90 per cento che oggi ha diritto a ricevere dai 900 mila a un milione e cento mila euro, incasserà invece tra i 500 e i 600 mila euro". Fonte

E tutto questo senza prevedere almeno una corrispondente riduzione dei premi incassati dalla assicurazioni.

Ciliegina sulla torta, "inoltre, dall'esame delle medesime tabelle si ricava una disparità tra l'infortunato uomo e l'infortunata donna, laddove la cifra per ogni punto di invalidità «femminile» è inferiore a quello «maschile»."

Per fortuna le mozioni Boccia, Evangelisti ed altri hanno per ora bloccato l'iniziativa, e chiedono al governo di allineare le tabelle ai valori più alti, e semmai fare una seria lotta contro le truffe, senza fare ricadere sui cittadini l'ignavia delle assicurazioni.

Ma ci volevano delle mozioni dell'opposizione per questo? A parte le chiacchiere, cosa hanno in testa i parlamentari della maggioranza?
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05/11/2011 20:36

LA MAGGIORANZA

I «fedelissimi» dal Cavaliere
«Sarà dura avere i numeri»

Ma Berlusconi: i «ribelli»? Li rassicurerò, ce la faremo


 
ROMA - Ci stanno provando ad usare gli argomenti istituzionali più convincenti: bisogna resistere, perché un altro governo dopo Berlusconi non esiste, perché dopo c'è solo il voto, perché l'Italia o fa le riforme o muore. Stanno tentando di tranquillizzare gli inquieti, di placare lo scontento di chi ha deciso di dire basta: ricandidature, posti di responsabilità, valorizzazione in ruoli di partito, molto si sta promettendo, assicurando, facendo intuire. In attesa che sia lo stesso Berlusconi a usare tutto il suo peso per riprendersi i deputati (quasi) sfuggiti, contattandoli «uno per uno».

Ma alla fine di un'altra giornata drammatica vissuta tra frenetici incontri e telefonate in via dell'Umiltà, i big del PdL - dal segretario Angelino Alfano al coordinatore Denis Verdini - hanno dovuto prendere atto che ad oggi la situazione «è difficilissima», che i numeri «non sono buoni», che si balla su «pochissimi voti», che «i malpancisti seri sono almeno 15», e che lo smottamento potrebbe arrivare da un momento all'altro. «Potremmo anche farcela a strappare un sì all'ultimo respiro in un voto di fiducia, ma poi come faremmo nella quotidianità a governare?», si sfoga un ministro. E se è vero che martedì, nel voto sul Rendiconto alla Camera, non ci si aspetta che il governo vada sotto - visto che l'opposizione potrebbe limitarsi ad usare tecniche parlamentari (astensione, uscita dall'Aula) che certifichino la perdita di numeri della maggioranza - è sicuro che contro un centrodestra fortemente indebolito partirebbe la mozione di sfiducia già la prossima settimana. È questo il quadro che ieri sera Alfano, Verdini, Gianni Letta, Bonaiuti hanno illustrato al Cavaliere di ritorno da Cannes. Certo, la situazione «non è del tutto perduta», si può ancora «lavorare per riconquistare gli scontenti», ma «sarà dura, Silvio» hanno spiegato i fedelissimi al premier. Che però non si arrende, e manda all'esterno segnali di ottimismo.

Assicura infatti che lo stesso Verdini gli ha dato «garanzie che la situazione si può recuperare». «A parte i 2 che sono andati nell'UDC - la D'Ippolito perché voleva diventare coordinatore in Calabria, e Bonciani - gli altri sono tutte persone della mia squadra della prima ora», ha ragionato il premier con i suoi. «C'è gente magari insoddisfatta, tipo la Bertolini che si vede scavalcare da Catia Polidori (ex FLi) quando si ritiene più brava, ma noi dobbiamo far capire loro che li consideriamo, dobbiamo dargli riconoscimenti, un ruolo...».

Insomma, il mandato del premier ai suoi è non mollare, tentare fino all'ultimo di tenere i voti incerti, riconquistare i quasi persi, ed evitare ogni discorso di possibili dimissioni, almeno fino a quando non diventasse un fatto obbligato: «Per il momento un mio passo indietro non è all'ordine del giorno, perché riteniamo di avere i numeri per andare avanti», è il messaggio affidato ai suoi luogotenenti. Insomma, l'operazione recupero deve proseguire senza sosta, fino all'ultimo minuto. Anche se c'è chi nel partito ormai non crede più sia possibile andare avanti, tanto da cominciare ad esaminare tutte le alternative: un governo Letta, o Schifani, allargato all'Udc se «i centristi ci stessero». Il voto anticipato, tenendo conto però «che una cosa è dirlo e altra andarci al voto: finiremmo malissimo...». E dunque, anche il governo tecnico: c'è «un 5% di possibilità», dicono, che si realizzi. Ma mai dire mai a nulla, in queste ore.

Corriere della Sera - Paola Di Caro
05 novembre 2011 07:26
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06/11/2011 13:37

I NUMERI

Governo, il gruppo dei ribelli è pronto

I 16 deputati decisivi per le sorti di Silvio: ecco chi sono

Governo appeso al pallottoliere, l’incubo di 40 defezioni

 

Nelle loro mani c'è il destino politici di Berlusconi e del suo governo. Sono i malpancisti del centrodestra, per usare un brutto neologismo che ben descrive quanto profondo sia il malessere nei partiti di maggioranza. Alcuni sono già fuori dall’alleanza, altri borderline, altri ancora a carte coperte: deputati a pieno titolo con Berlusconi, ma che dietro le quinte dialogano con il 3°Polo. Se si fa di conto incrociando storie politiche, dichiarazioni e informazioni raccolte in Transatlantico, si scopre che a negare la fiducia al premier sono un numero variabile di onorevoli che arriva fino a 40. Per questo che nell’entourage del Cavaliere il pessimismo sembra avere la meglio. Raccontano che venerdì sera Verdini, che ha fama di ottimista a prova di bomba, abbia detto al Cavaliere: «Abbiamo numeri risicati». E lui ha colto al volo il messaggio: «Capito Denis, la maggioranza non c’è più...».

 

 
Stracquadanio
«Sfiducia? Non esistono solo sì e no»
«Come voterò in caso di fiducia a Berlusconi? Non lo so, la fiducia non è stata ancora posta...». Giorgio Stracquadanio è uno dei 6 dissidenti dell’Hotel Hassler. Berlusconiano di ferro fino a pochi giorni fa, ha firmato la lettera dei dissidenti che chiedono un nuovo Governo. Martedì voterà il rendiconto dello Stato mentre sulla legge di stabilità valuterà «con molta attenzione quale atteggiamento tenere». Sfiducerà il premier? «Non esiste solo il sì e non esiste solo il no».

 
Nucara
«Deciderò sulla base dei contenuti»
«Di fiducie a Berlusconi ne ho votate anche troppe. Perché mai dovrei votarne un’altra, visto che il presidente del Consiglio non ci ha ancora detto se i repubblicani stanno o no nella maggioranza?». Francesco Nucara è ancora tra color che stan sospesi e non scioglie la riserva. Nell’entourage del premier si confida nella possibilità di recuperarlo. La sua linea ufficiale al momento è questa: «Il Pri si riserverà di votare la fiducia al governo solo sulla base dei contenuti che saranno presentati alle Camere».

 
Pittelli
«Economia, valuterò caso per caso»
Giancarlo Pittelli ha firmato la lettera dei «dissidenti» ma non vuole passare per malpancista. Sul rendiconto dello Stato voterà a favore: «È un atto dovuto». Ma sui provvedimenti economici non scioglie la riserva: «Valuterò volta per volta». Anche se ha lasciato il gruppo del Pdl dice di non avere alcuna acrimonia nei confronti di Berlusconi: «Non ho niente da chiedere, ma non condivido le scelte del partito e chiedo un allargamento della maggioranza». Il voto di fiducia? «Spero non si arrivi a tanto».

 
Antonione
«Cambio vero o nessun appoggio»
«Se non c’è un cambiamento vero, la fiducia non la posso votare. E un cambiamento vero è solo un allargamento della maggioranza. Mi auguro che ci sia una nuova fase e che Berlusconi la guidi invece di subirla». Il premier lo ha chiamato ed è convinto di averlo «recuperato» alla causa del Pdl, ma il leader dei ribelli non gli ha promesso nulla. Il 2 novembre Roberto Antonione aveva detto: «Mai più voterò la fiducia a questo governo». Si dice che Casini gli abbia offerto un posto da ministro.

 
Gava
«Silvio capisca che ci vuole una nuova fase»
Fabio Gava fa parte del nocciolo duro dei dissidenti dell’Hassler. Il 14 ottobre non ha votato la fiducia ed è tra coloro che nelle ultime ore hanno ricevuto la telefonata di Berlusconi. È pronto a votare il rendiconto martedì, o ad astenersi per segnalare il dissenso. Quanto alla legge di stabilità dice: «Voterò i provvedimenti che ci chiede l’Europa solo se saranno sganciati dalla fiducia». Al premier propone: «Chieda il voto sul maxiemendamento impegnandosi a consentire l’apertura di una fase nuova»

 
Sardelli
«Non intendo prolungare quest’agonia»
«Sono pronto a votare la sfiducia costruttiva, se ci sarà». La telefonata da Palazzo Grazioli non gli è arrivata, segno che Luciano Sardelli è nella lista dei non recuperabili. Il 14 ottobre è uscito dalla maggioranza e ora è in costante contatto con Casini. Assieme a Scotti e Milo ha firmato un documento in cui si chiede un nuovo governo. Per lui votare la fiducia a Silvio Berlusconi vorrebbe dire «prolungare l’agonia, del suo governo e del Paese».

 
Mannino
«All’estero non possiamo continuare così»
La sua ultima fiducia Calogero Mannino l’ha votata il 14 dicembre. Da allora l’ex ministro dc è di fatto uscito dalla maggioranza e ha lasciato «decantare la situazione». Adesso dice di essere «pronto a sfiduciare Berlusconi». Il suo cruccio più grande è che l’Italia abbia perso credibilità all’estero. «Nella Prima Repubblica quando andavamo ai vertici europei la signora Thatcher si alzava e andava a salutare Giulio Andreotti. La divaricazione tra Berlusconi e Tremonti sta uccidendo il centrodestra».

 
Versace
«Gli impegni sono stati traditi Ora basta»
Si è messo fuori dalla maggioranza e ha assunto posizioni molto dure. Santo Versace rimprovera a Berlusconi «essere venuto meno agli impegni presi e di non aver saputo affrontare la crisi economica, negandola». Sul rendiconto è orientato ad astenersi. E la fiducia? «Non gliela voto, Berlusconi non se la merita». Più chiaro di così... E se le opposizioni presenteranno una mozione di sfiducia la voterà: «Il governo è già sfiduciato di fatto».

 
Buonfiglio
«Mai più a favore» Poi ci ripensa
Da giorni tutti lo cercano e sembra che l’unico a trovarlo sia stato Berlusconi. Antonio Buonfiglio sembrava una causa persa, di lui si diceva che mai più avrebbe votato una fiducia al governo. E invece sembra che il premier sia riuscito a riportarlo all’ovile. Sarà vero? Lui non conferma e non smentisce. Intanto però l’ex finiano che il 14 ottobre non si è presentato a votare la fiducia ha aderito a Fare Italia, la nuova componente del gruppo misto con Urso, Ronchi e Scalia.

 
Pisacane
«Vado in buca oppure no? Suspense...»
I centristi dicono che Michele Pisacane è pronto a spianare la strada a un governo di larghe intese, ma lui non è convinto. «Questa volta —dichiara l’esponente del Pid—i deputati si devono spogliare della casacca politica e votare per l’Italia». La legge di stabilità? «Se Berlusconi porta in Aula i provvedimenti che l’Europa ci chiede cos’altro possiamo fare?». Ma poi semina dubbi: «La fiducia è così, si può andare in buca, ma anche no. Lasciamo un po’ di suspense...»

 
Cazzola
«Sono leale: non staccherò la spina»
È in dissenso assoluto, il suo malessere nel Pdl è tutto pubblico. Ma Giuliano Cazzola non vuole essere «colui che stacca la spina a Berlusconi», non può «staccare la spina» e «spegnere la luce». È una questione di «lealtà», ma non solo. Il vicepresidente della commissione Lavoro della Camera chiede a Silvio Berlusconi, nel quale ha fortemente creduto, di rassegnarsi alla realtà: «Il presidente del Consiglio deve fare un passo indietro».

 
Stradella
«Il Cavaliere può ancora unire i moderati»
Franco Stradella, piemontese del Pdl, vive ore di profonda riflessione. Vuole tenere fede al «patto con gli elettori» e spera nel miracolo: «Il Paese ha bisogno di una grande riforma liberale». Ma è anche convinto che sia ora di «cambiare qualcosa». Il premier? «Ha fatto cose straordinarie e può farne ancora una. Può essere il padre nobile e riunire i moderati, ultimo atto di amore per la democrazia». Guarda all’Udc? «Ho votato sempre la fiducia... Spero che sul maxiemendamento Berlusconi non la ponga, perché rischia di non averla».

 
Picchi
«La mia scelta? Per ora dico no comment»
«Il voto di fiducia? Su questa domanda non ho alcun commento da fare». Guglielmo Picchi, classe 1973, è un deputato fiorentino del Pdl e dirigente di azienda. Quando Giustina Destro e Roberto Antonione hanno riunito all’Hotel Hassler i ribelli c’era anche lui. Ha ascoltato i ragionamenti dei colleghi e ha detto la sua, ma non ha firmato. Eppure nel 3°Polo sono convinti che il suo riserbo preluda a un passaggio di campo.

 
Gianni
«Giochi aperti Non provate a interpretarmi»
Pippo Gianni, siciliano, è uno degli uomini più vicini al ministro dell’Agricoltura, Saverio Romano. Esponente del Pid, da qualche giorno ha ripreso a dialogare con l’Udc, il partito da cui proviene. Ha forza e voti sul territorio e si dice stia valutando con interesse nuovi scenari. Ha detto: «All’80% non voterò la fiducia a Berlusconi». Ma ieri ha aggiustato il tiro: «Al risanamento e al pareggio di bilancio credo fermamente, qualunque cosa venga detta su di me è una libera interpretazione».

 
Destro
«Rendiconto: sì responsabile o astensione»
Leader dei ribelli dell’Hotel Hassler, il 14 ottobre non votò la fiducia e non esclude di poter sfiduciare il premier. «Sul rendiconto— spiega Giustina Destro — o ci asteniamo o votiamo a favore come atto di responsabilità». E la legge di stabilità? «È un impegno molto forte verso l’Europa e verso l’Italia, ma per realizzare le riforme ci vogliono numeri che Berlusconi non ha. Si chiederanno sacrifici duri e c’è bisogno della condivisione di tutte le forze politiche». Un nuovo governo, insomma.

 
Milo
«D’accordo su un nuovo governo»
Imprenditore di Agerola (Napoli), Antonio Milo è una delle carte coperte della partita finale. Deputato di Noi Sud, è confluito nel gruppo Popolo e Territorio di Silvano Moffa, gli ex «responsabili» che sostengono la maggioranza. Corteggiatissimo dai centristi di Casini, 2 giorni fa si è lasciato convincere dall’amico Luciano Sardelli e ha firmato la lettera con cui l’ex capogruppo dei «responsabili» e il sottosegretario Enzo Scotti chiedono un nuovo governo.

Fonte: Corriere della Sera, Monica Guerzoni 06 novembre 2011 10:47 © RIPRODUZIONE RISERVATA

 

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CENARI DI UNA TRANSIZIONE

La resistenza del Cavaliere

La resistenza del Cavaliere EDITORIALI:
"Quando Berlusconi vinse le prime elezioni lo battezzai per celia «Cavalier Traballa». Stavolta traballa davvero."
 di Giovanni Sartori

Quando Silvio Berlusconi vinse la sua prima elezione, siccome cambiava sempre parere, smentiva, diceva e disdiceva, lo battezzai per celia «Cavalier Traballa». È stata una delle mie peggiori trovate. Il Cavaliere è restato in sella, salvo brevi intermezzi, per diciassette anni e ancora non dà mostra di volersene scendere. Eppure stavolta, come raccontano le cronache politiche di questi giorni, traballa davvero. Ma, se volesse lasciare la presidenza del Consiglio, come dovrebbe fare? Qual è la procedura per liberarsi del fardello del potere? Prima ipotesi: Berlusconi chiede la fiducia in Parlamento, non la ottiene, va subito al Quirinale dal presidente della Repubblica e chiede nuove elezioni. Proprio subito, illico et immediate .

Ma in tal caso dubito che il capo dello Stato gliele conceda. Perché la nostra Costituzione richiede che prima di indire nuove elezioni il presidente della Repubblica debba accertare se nelle due Camere esistano altre possibili maggioranze di governo. Ma sento già le dichiarazioni di stizza di Fabrizio Cicchitto e altri portavoce: ma questo sarebbe un infame «ribaltone»; la nuova maggioranza, se ci fosse, sarebbe costituita da «traditori» della volontà popolare, da venduti.
Spero che il capo dello Stato si infischierà della dottrina del ribaltone (che tra l'altro non esiste in nessun altro ordinamento costituzionale). Dunque non è detto che, caduto Berlusconi, non possa seguire un nuovo governo di «tecnici» (per esempio presieduto da Mario Monti). So bene che per gli onorevoli in carica un governo dei tecnici sarebbe esecrando perché li spoglierebbe (temporaneamente) dei loro emolumenti e privilegi. Ma l'attuale stato di sfascio dei nostri partiti di sinistra non rassicurerebbe né il Paese né il resto del mondo. Perché noi italiani siamo ormai dei «sorvegliati speciali». Berlusconi promette ma non mantiene, dice ma non fa. E «sorvegliati speciali» resteremmo anche se il governo fosse sostenuto dall'alleanza Bersani-Di Pietro-Vendola.

Avevamo detto della prospettiva delle elezioni in tempi ravvicinati. Con l'occasione mi permetterei anche di suggerire al presidente di far cancellare sulla scheda elettorale l'indicazione del premier già bellamente stampata. Se si vuole davvero offrire all'elettorato una scelta seria, allora accanto al nome del candidato devono esistere due caselline per dire «sì» oppure «no».

Si può essere di Destra eppure non volere Berlusconi, o di Sinistra e non volere Vendola.

Questo può sembrare un punto di poco momento, ma invece fonda l'interpretazione presidenzialista e al contempo «direttista» della nostra Costituzione. Meno male che Silvio c'è oppure meno male che non ci sia più?


06 novembre 2011 10:36
[Modificato da Etrusco 06/11/2011 13:44]

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07/11/2011 08:45

sarà arrivata finalmente l'ora che qualcuno si decida a staccare la spina?!?
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