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Sciopero degli immigrati

Ultimo Aggiornamento: 14/01/2010 14:39
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20/11/2009 10:14

La sfida dell'altra Francia

Martedì l'annuncio: un giorno senza di noi. Il paese rischia la paralisi
DOMENICO QUIRICO
PARIGI

Provate francesi! Una giornata senza di noi: senza la bambinaia che tiene a bada i figli raccontando loro le storie dell’Africa o delle Antille, senza la domestica, senza gli spazzini che portano via la vostra immondizia di ricchi, senza i manovali che fanno quello che voi non volete più fare, senza i lavapiatti nei ristoranti, senza i fattorini, gli uomini della sicurezza. E ancora: provate una giornata senza di noi nei McDonalds, nei cinema, nei supermercati, con i posti vuoti, gli incassi ridotti. Perché anche noi consumiamo e mettiamo in movimento l’economia: ventiquattro ore non cambieranno la Francia ma serviranno per accorgersi quanto sia complicato e difficile per la République tirare avanti.

L’iniziativa è originale e potenzialmente micidiale, destinata a suscitare accalorate controversie. Perché coincide polemicamente con il momento in cui il presidente Sarkozy schiaccia di nuovo il pedale dell’identità francese. Si mette in sciopero l’altra Francia, quella che non ha i documenti e quella che ce l’ha ma è come se… Vuole incrociare le braccia e chiudersi in casa la Francia che popola la metropolitana e i treni di banlieue alle cinque del mattino quando non ci salgono ancora quelli che il ministro per l’immigrazione Besson invita ad andare in prefettura per dichiararsi orgogliosi di essere francesi; e che arriva negli uffici dopo le cinque ma per pulire e lucidare. Gli spettacolari argomenti sono branditi in un manifesto, titolo «24 heures sans nous»: basta chiacchiere, basta con i simboli, semplicemente senza di noi il paese non va avanti. Perché ci sono settori interi dell’economia, domestica e non (ad esempio l’edilizia) che occupano ormai quasi soltanto immigrati. E’ il proclama fondatore della belligeranza etnica, quanto basta per smantellare le cartilaginose ipocrisie di un paese che si vanta di saper realizzare l’integrazione.

«L’idea ci è venuta dagli Stati Uniti - spiega Nadir Dendouane uno dei portavoce del comitato organizzatore - nel maggio 2006 un gruppo di ispanici organizzò una protesta analoga. Volevano contestare un progetto di legge che intendeva criminalizzare l’immigrazione clandestina. Hanno detto: ok, ci considerate dei criminali, però senza di noi, questo paese non funziona. Noi ci siamo ispirati a questa giornata durante la quale non sono andati a lavorare, e neanche a consumare, sono rimasti a casa. Ecco: una giornata morta. Tutti quelli che si sentono o sono considerati immigrati, anche se come me sono nati in Francia - e sono in tanti questi francesi che vengono considerati male da un’altra gran parte della popolazione, insieme a tutti quelli che si sentono solidali e coscienti del loro contributo si mobilitino. Il nostro collettivo raduna tutti, bianchi, neri, magrebini, uniti nel rifiuto di essere un capro espiatorio. Settanta anni fa eravate voi italiani a ricevere in faccia del “sale rital”. Oggi è il nero o l’arabo. Ci siamo stufati. Sarà una giornata della dignità». Presentazione martedì prossimo all’assemblea nazionale. Data prevista per lo sciopero, il primo marzo prossimo. Perché è l’anniversario dell’entrata in vigore, nel 2005, del «codice per l’ingresso e il diritto di asilo», detto codice degli stranieri. Il consumo è il motore della crescita, un’idea che Sarkozy trova adorabile, usata come arma contro di lui.

Ma sarà difficile mettere in piedi uno sciopero degli immigrati? «No, quelli che hanno un lavoro non andranno a lavorare quelli senza si asterranno dal consumare. Picchiamo dove fa male per sottolineare con forza l’importanza dell’immigrazione. Vogliamo più rispetto, niente altro. Essere francese? Vuol dire vivere in Francia, pagare le tasse in Francia, parlare, leggere e vivere in francese. Cosa di più? Quelli che ci considerano degli immigrati vorebbero che fossimo tutti uguali, mangiare maiale e bere birra e vino. Mettono sempre avanti le loro differenze, però vogliono gli altri francesi uguali a loro. Ci sono dei francesi ebrei, altri cattolici, altri che non credono in Dio, altri che sono musulmani, buddisti, etc… Fino a quando uno paga le tasse e riceve il rispetto dalla République, non vedo cosa si dovrebbe fare di più. Se devo anche schiarirmi la pelle o cantare la Marsigliese per essere più francese, non ci sto! Noi partecipiamo alla vita economica e per me è anche questo essere francese. Io che ho la pelle scura, se mi metto a criticare la Francia, diventa un problema d’integrazione. Invece il bianco può dire tutto quello che gli pare, nessuno gli dirà mai nulla. Questa è la differenza».

Fonte

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I videogiochi non influenzano i bambini. Voglio dire, se Pac Man avesse influenzato la nostra generazione ora staremmo tutti saltando in sale scure, masticando pillole magiche e ascoltando musica elettronica ripetitiva."
(Kristian Wilson, Nintendo Inc., 1989)

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20/11/2009 12:12


E' un'iniziativa assolutamente interessante. [SM=x44458]

Gli auguro una partecipazione massiva, così forse qualcuno potrebbe rendersi conto di quanto servano gli immigrati. [SM=x44462]

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20/11/2009 12:33

Significa che per un giorno i francesi dovranno lavarsi il vetro da soli e fare l'elemosina in chiesa?

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Grazie all'umorismo si può sdrammatizzare ogni cosa.
Voi direte che non è vero, su certe cose non si può ridere... per esempio lo stupro.
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Qui non si fanno distinzioni razziali.
Qui si rispetta gentaglia come negri, ebrei, italiani o messicani!
(Full Metal Jacket-Sergente Hartman)

KEINE GEGESTAENDE AUS DEM FENSTER WERFEN
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14/01/2010 14:39

Aiuto, mi è sparito lo straniero

Che Italia sarebbe senza immigrati: addio badanti, fornai, cuochi e perfino i trans
GIUSEPPE CULICCHIA

Ieri mattina, saranno state le sette, ho deciso di comprarmi un fucile per sparare ai negri. Ma prima avevo voglia di una spremuta d'arancia. Suina o no, la vitamina C non è mai troppa. Solo che in cucina le arance erano finite. «Peru!», ho chiamato. Zero. Ho cercato la domestica peruviana dappertutto, anche nel sottoscala dove la teniamo. Niente. Mi sono chiesto: che Paola le abbia dato un altro giorno di libertà, dopo quello dello scorso anno? Ma mia moglie dormiva. Non volevo disturbarla. Allora ho deciso di far colazione al caffè. Tanto, mi sono detto, devo andare a comprarmi il fucile. E poi il mercato è dietro l'angolo, prendo pure le arance. Così sono sceso.

Al caffè però mi han detto che le arance erano finite. Vabbé, ho risposto, grazie. Fuori del locale non c'era la solita zingara. A forza di elemosine dovrà ancora tornare dalla settimana bianca, ho pensato. Tutti ricchi sfondati, 'sti zingari. Ma ora che mi compro il fucile, mi sono detto, forse posso sparare anche a loro. O si può sparare solo ai negri? Devo informarmi. Quando sono sbucato nella piazza del mercato, ho puntato dritto verso il banco dove si serve mia moglie. Poi però mi sono bloccato. Strano. Il banco non c'era. E neppure il mercato. Tranne per alcune donne che vi si aggiravano perplesse, la piazza era vuota, come fosse domenica. Eppure era martedì. Ho raggiunto l'edicolante. Scusi, ho buttato lì, ma il mercato? Lui si è stretto nelle spalle: che cosa vuole, in questo paese non funziona più niente, pensi che sto ancora aspettando i giornali. Ho guardato meglio l'edicola. In effetti mancavano i quotidiani. Se li starà leggendo il corriere, ho provato a scherzare. E lui: no, il corriere che me li porta è rumeno, preferisce quelli romeni.

Intanto non mi ero ancora tolto la voglia di spremuta. L'unico bar nei paraggi era quello dove non entro mai perché pullula di marocchini, gli stessi che montano i banchi del mercato. Tra l'altro, ho pensato, chissà se si può sparargli anche se non sono negri. Devo informarmi. Sia come sia, per una volta il bar era deserto. Sono entrato. Il barista si girava i pollici. Gli ho chiesto una spremuta d'arance. E lui: le arance sono finite. A quel punto, mi sono rassegnato. Stavo per andare dritto in armeria, quando mi è partito il cellulare. Mia moglie. E la peru?, mi ha chiesto. Volevo domandarlo a te, ho risposto; le hai mica dato un altro giorno di libertà? Macché, ha esclamato lei: ora guardo che non manchi niente in casa. Mancano le arance, volevo dirle, ma lei ha chiuso.

Non ho fatto in tempo a riporre il cellulare che quello è ripartito. Mia madre. Ho sospirato. Rispondo o fingo di non aver sentito? Massì. Olga non si trova più, mi ha ruggito lei nell'orecchio. Ho esitato. Olga? Vuoi dire...la tua nuova badante russa? E lei: chi, se no? Mamma, le ho ricordato, negli ultimi sei mesi ne hai cambiate dodici. Oggi, ha tagliato corto lei, doveva portarmi al ristorante. Trovamene subito un'altra, o mi ci porti tu, così ti ricordi che esisto: e prenota un tavolo, io ora guardo che non mi manchi niente in casa. Ha chiuso anche lei. Per evitare rogne, ho subito chiamato il suo ristorante preferito. Mi spiace, signore, mi ha risposto il direttore di sala, ma oggi siamo chiusi. E' cambiato il turno di riposo settimanale?, ho indagato. No, è che cuochi e sguatteri africani se ne sono andati. E dove?, ho chiesto. Andati, spariti, puff, si è congedato lui.

Mentre riflettevo sul da farsi, mi è venuta fame. Per fortuna, lì accanto c'era una rivendita di pane. Ci sono entrato. Oggi niente pane, mi ha preceduto la proprietaria. Ma come, l'ha già finito?, le ho chiesto. Non me l'hanno consegnato, è sbottata lei, stanotte i panificatori arabi non si sono presentati. Ho girato i tacchi. Alla fine, ho raggiunto l'armeria. Ma il proprietario, anziché aprirla, la stava chiudendo. Quando mi ha visto un po' interdetto, mi ha chiesto: desidera? Un fucile per sparare ai negri, ho risposto. Lui mi ha indicato le vetrine vuote. Capisco, ho sorriso, quando arrivano quelli nuovi? Lui ha scosso il capo. Vede, mi ha spiegato, il fatto è che stanotte i negri se ne sono andati tutti, e di conseguenza le fabbriche di fucili han chiuso; senza contare che mancando i negri sparare ai negri diventa un'utopia. Be', ho borbottato, senza negri diventa un'utopia anche bersi una spremuta. Però, ho aggiunto, devo informarmi: forse si può sparare a zingari, romeni, marocchini. Non l'ha saputo?, mi ha risposto lui, sono spariti anche loro. Peccato, ho detto io. Peccato, ha detto lui. Bei tempi, quelli in cui si poteva sparare ai negri, ho sospirato io. Bei tempi, ha sospirato lui. Ma, gli ho chiesto io, torneranno? Lui ha allargato le braccia: e chi lo sa? Spariamo! Cioè, speriamo!

Con un certo rammarico, mi sono avviato verso casa. E allora ho avuto un bruttissimo presentimento. Col cellulare ho chiamato Pantera, il mio trans preferito. Ma il numero risultava inesistente. Oh, no, ho mormorato. Allora ho provato a chiamare Alì, il mio pusher di fiducia. Ma non era raggiungibile. Solo in quell'istante ho capito il senso di una frase letta su un muro alcuni anni fa: IMMIGRATI, VI PREGO, NON LASCIATEMI SOLO CON GLI ITALIANI.

Fonte

Interessante provocazione. [SM=x44458]

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