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INCREDIBILE MA VERO

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Utente Power



13/12/2010 10:11

Un turista a Mogadisco, il primo da vent'anni

Un canadese sbarca in Somalia.
All’aeroporto volevano rispedirlo a casa
CARLA RESCHIA

Una passeggiata sotto scorta nelle vie martoriate del centro, un breve soggiorno al Peace Hotel con vista sulla spiaggia infestata dalle mine, una foto con soldati neri e longilinei che sembrano usciti da un fumetto di Corto Maltese.

Erano vent’anni, forse più, che a Mogadiscio non si vedeva un turista e ha fatto notizia lo straniero in t-shirt rossa «I love Turkey» e zaino in spalla intento a cercare invano dépliant e brochure e curioso delle tracce della colonizzazione italiana. Tanto da finire sui giornali locali come l’ultima follia di una capitale abituata a tutto.

La Somalia non è una meta da «turisti per caso», è in preda a una guerra civile ininterrotta dal 1991, dopo la caduta di Siad Barre. Un susseguirsi di attacchi, invasioni, impossibili missioni di pace che ha reso l’ex colonia italiana uno dei luoghi più pericolosi al mondo. «Viaggiare sicuri», il prudentissimo sito della Farnesina, vi sconsiglia i viaggi «a qualsiasi titolo».

Perciò quando Mike Spencer Bown, canadese, 41 anni, che ai 140 Paesi visitati ha appena aggiunto, con un certo scalpore mediatico, la Somalia, si è presentato sorridente al controllo passaporti lo volevano rimandare indietro subito: «Io però – racconta - mi sono messo a urlare, ho usato tutti gli espedienti che mi venivano in mente, finché l’aereo non è ripartito senza di me». I funzionari dell’Ufficio Immigrazione somalo hanno cercato allora di consegnarlo ai caschi verdi ugandesi delle truppe di pace dell’Unione Africana, ma questi hanno gentilmente declinato. Se a Mogadiscio ci fosse un governo forse non ce l’avrebbe fatta, ma poiché la città è un gigantesco e anarchico duty free dove tra un’epidemia e un’incursione aerea si fanno meravigliosi affari con Internet e le telecomunicazioni, alla fine Mike è passato.

Soggiorno breve ma intenso, trascorso per metà a litigare con doganieri allibiti e per l’altra metà a farsi fotografare al Peace Hotel da un amico conosciuto sul posto, il giornalista Mustafa, in posa con un arsenale che i più di noi hanno visto solo nelle varie edizioni di Rambo. Non è un guerrafondaio Mike, solo un viaggiatore giramondo, ma quella è la specialità locale. Il Paese infatti, informa gli amici virtuali che seguono le sue avventure, è controllato dai fondamentalisti islamici.

La permanenza è stata appena di due giorni - muoversi per il Paese è impossibile e, per quanto a Mike sia parso curioso, manca un ministero del Turismo in grado di suggerire itinerari e monumenti - ma riscaldato dalla genuina sorpresa degli abitanti, increduli di vedere in giro un «turista» invece dei soliti miliziani e dei sempre più rari cooperanti.

A Mike è proprio piaciuto e lo racconta sul suo profilo Facebook, dove è ritratto mentre imbraccia gioiosamente un lanciarazzi e riassume la sua filosofia di vita tra una citazione colta da Sören Kierkegaard – «La vita può essere capita solo a posteriori, prima deve essere vissuta» – e una da Nietzsche: «Quello che non mi uccide, mi fortifica».

La Somalia era da tempo una meta del suo viaggio invernale in Africa iniziato a ottobre, una tappa d’obbligo dopo le chiese rupestri di Lalibela e le steli di Axum nella vicina Etiopia. Gli sarebbe piaciuto anche fare un salto in Eritrea, confida, ma prendere il visto richiedeva un rimpatrio in Canada che gli avrebbe guastato il ritmo dell’avventura.

Perché Mike Spencer Bown, ex agricoltore, ex venditore di bigiotteria, ex importatore di mobili da giardino dall’Indonesia, da qualche tempo ha ridotto i suoi possessi terreni a quello che poteva stare in uno zaino e ha fatto del viaggio perenne il suo nuovo mestiere. Non è che visiti solo Paesi pericolosi, ama spaziare. Da Calgary, in Canada, ai villaggi dei pigmei in Congo, dalla Groenlandia ad Alma Ata, in Kazakhstan, per studiare il russo.

Torneremo forse a sentire parlare di lui: scampato a Mogadiscio medita di andare a dare un’occhiata all’area tribale dei dinka, nel Sud Sudan: «Potrei aiutare a difendere un villaggio da un attacco janjaweed, come in uno di quei vecchi film sulle guerre zulu». Un’altra delle sue citazioni preferite è un adagio zen: «Se le capisci, le cose sono come sono, se non le capisci, sono come sono lo stesso».

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(Voltaire)

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<-- IO -->

I videogiochi non influenzano i bambini. Voglio dire, se Pac Man avesse influenzato la nostra generazione ora staremmo tutti saltando in sale scure, masticando pillole magiche e ascoltando musica elettronica ripetitiva."
(Kristian Wilson, Nintendo Inc., 1989)

Pochi anni dopo nacquero le feste rave, la musica techno e l'ecstasy...

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