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La Consulta: "Niente galera obbligatoria per gli stupratori"

Ultimo Aggiornamento: 26/07/2010 15:03
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26/07/2010 15:03

Re: Stalking, la Carfagna alza la voce ma in gioco ci sono le regole del processo
Arjuna, 26/07/2010 11.05:


La sentenza della Corte Costituzionale.

La voce più grossa l’ha fatta il ministro delle pari opportunità Mara Carfagna. Seguita da altre parlamentari (unica encomiabile eccezione la radicale Rita Bernardini ), enfatizzata da giornali di destra e di sinistra. La protesta riguarda una sentenza della Corte costituzionale, che abrogando un articolo della norma sullo stalking, ha dichiarato la non obbligatorietà della custodia cautelare in carcere nei reati di violenza sessuale. Apriti cielo: sostanzialisti/e di tutto il mondo unitevi! In realtà quel che stupisce è che il parlamento possa aver approvato una norma del genere, e anche che negli uffici del ministro Carfagna non ci fosse un giurista in grado di darle qualche buon suggerimento. Perché l’Alta Corte ha individuato ben tre violazioni costituzionali, l’articolo 3 che prevede l’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge, il 13 sulla libertà personale e il 27 sulla funzione della pena.

Non c’è bisogno di essere giuristi per sapere prima di tutto che la Costituzione ( art. 27 ) prevede la presunzione di non colpevolezza prima dei tre gradi di giudizio. E’ quindi un abuso già dire “lo stupratore”, senza aver fatto precedere il sostantivo dall’aggettivo “presunto”. Pretendere poi, per legge, che il magistrato abdichi alla discrezionalità di valutare caso per caso se applicare o meno la custodia cautelare in carcere e, come dicono le parlamentari che hanno criticato la Corte, “sbatta in galera lo stupratore”, vuol dire aver dimenticato ogni criterio di garanzia e diritti della persona. Perché proprio per quel reato dovrebbe essere obbligatoria un’anticipazione di pena? Se non c’è l’obbligo, è probabile che la gran parte dei magistrati disponga comunque la custodia in carcere. Ma lo avrà fatto secondo i criteri del codice di procedura, nel rispetto del dettato costituzionale.

Sarebbe interessante sapere che cosa ne pensa il “moderno”, “europeo” Presidente della Camera sotto la cui direzione d’aula un anno fa è stata approvata la legge, dal momento che in nessun ordinamento anglosassone sarebbe mai pensabile un obbrobrio del genere. L’equivoco è nato dall’equiparazione del reato di violenza sessuale ai reati di mafia, come se –lo fa notare la Corte Costituzionale- un delitto individuale fosse paragonabile a un reato associativo ( ammesso che abbia ancora senso l’esistenza nel nostro ordinamento di questa tipologia di reati ). Grave la mafia, grave lo stupro, è stato il ragionamento. Diamo un segnale, così magari le violenze diminuiranno. Mai l’inasprimento delle pene ha fatto calare i reati, figuriamoci il carcere preventivo.

La verità è che, prima di strillare, occorrerebbe almeno leggerle, le sentenze. La memoria corre a un analogo trambusto suscitato nel 1999 da una sentenza della Corte di cassazione che cancellava la condanna per stupro nei confronti di un istruttore di guida accusato di aver usato violenza a un’allieva. La sentenza passò alla storia come “il fatto dei blue jeans”, la foto di alcune parlamentari (Mussolini, Prestigiacomo, Matranga) protestatarie fece il giro del mondo. Che scandalo, si disse, i giudici hanno assolto lo stupratore con la motivazione che non si può violentare una ragazza che indossa jeans aderenti.

Ovviamente nessuno, o quasi, si era preso la briga di leggerla, la sentenza. Si sa che i processi per stupro, oltre a essere molto delicati sono anche difficili. La gran parte delle volte c’è una parola contro l’altra. Il fatto che la violenza sulle donne ( o sui minori ) sia una piaga spaventosa e inaccettabile nel nostro paese e nel mondo, non può giustificare l’abbandono delle regole, delle procedure, delle garanzie. E i giudici hanno il compito, quando condannano, di essere certi, al di là di ogni ragionevole dubbio, della colpevolezza dell’imputato.

Nel caso dell’istruttore di guida e della ragazza in bluejeans c’era indubbiamente stata una relazione tra i due e molta ambiguità nello svolgimento dei fatti. I giudici avevano dettagliato molto bene la motivazione di quell’assoluzione. Quello dei jeans (la sentenza sosteneva che la ragazza se li era tolti spontaneamente ) era un particolare insignificante e non era assolutamente la base della decisione. Pure lo “scandalo” passò di bocca in bocca e alcune parlamentari corsero a casa a cambiarsi, indossarono i jeans e si fecero fotografare davanti a Montecitorio con grandi cartelli di protesta.
Lo “scandalo” di oggi riguarda la detenzione prima del processo.

Le regole per l’applicazione della custodia cautelare in carcere sono molto chiare nell’articolo 275 del codice di procedura penale e prevedono i tre casi di pericolo di fuga, di ripetizione del reato o di inquinamento delle prove. Non si può quindi pretendere che, in nome dell’allarme sociale destato da una violenza che per le donne significa un trauma perenne, si accantonino le regole, si proceda con superficialità “per dare segnali”. E’ demagogico il segnale dato dal ministro Carfagna sullo stupro tanto quanto quello preteso dal presidente Fini sulla legalità. Come se la giustizia e la legalità non stessero a cuore a tutti. Ma anche le regole dovrebbero stare a cuore a tutti.

Fonte



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"Ai 'natural born killers' corrispondono altrettanti Forrest Gump. Ed anzi, è probabile che uccidano per conto loro".

James Hillman
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