Grande Fidel Castro .....

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Marcuse
10venerdì 1 agosto 2003 13:18
Re: Re:

Scritto da: Iperspammone 30/07/2003 19.57


Allora, uomo politicamente di destra, rispondo che il marxismo o psudo tale ha fallito il suo obiettivo sociale, in quanto nella maggioranza dei casi è stato diretto da dittature più o meno cruente che ne hanno deviato l'idea storica, corso plausibile visto che si trattava di dittature.
Condanni Castro per cosa ? Forse dovresti rivederti un'attimo la storia moderna prima di elencare i motivi visto che non ha mai fucilato "arbitrariamente" se non nel periodo post-rivoluzionario ed anche qua con il beneficio del dubbio.
Non ha abbandonato le idee di solidarietà guevariana per il terzo mondo, ma se non lo sai, è stato isolato in questo dalla politica estera statunitense con dei ricatti economici.
Rinchiuso nella fortezza dorata ? Qua hai ragione, tenendo presente che da sempre sta sfuggendo agli attentati organizzati da "qualcuno".
La coscienza civile o manipolata ?
Solo perchè il Liberia gli Stati Uniti aspettano che la Good Year decida chi dovrà essere il suo prossimo fornitore di gomma prima di far sbarcare i marines in vacanza premio visto che c'è almeno una portaerei ferma di fronte al porto ?



Il Socialismo moderno vive il grosso dilemma Storico dell'organizzazione di uno Stato purtoppo, ancora oggi.
Ma la Società Moderna ,a causa di una Catechiesi organizzata dall'Occidente,vive il grosso dilemma a sua volta dell'approccio con il Socialismo.
La condizione di povertà a Cuba non va analizzata rispetto al regime di vita Americano o Europeo portando il paragone,sarebbe troppo irrispettoso dimostrare compassione per una costruzione economico-sociale diversa come impostazione.Quello che intendo sottolineare però è che Castro non ha conseguito un perfezionamento del dibattito sulla sopravvivenza della Rivoluzione nei tempi moderni,ha lasciato che si autocelebrasse un fenomeno storico che è stato si di grande emancipazione ma ha ostacolato la sua evoluzione rifugiandosi nel dogma della dottrina leninista.
Come tu sai un pregio del Socialismo è proprio quello di abbracciare le istanze sociali sposandole ad un progetto di riforma,ecco,tutto questo a Cuba non avviene da Quarant'anni.
Vuoi perchè l'embargo ha causato non pochi drammi,vuoi anche per un ostracismo pregiudiziale di tutta la politica mondiale,giustifico sono d'accordo.Però non si può non esigere da un capostipe della Lotta come Castro uno sguardo più umano verso la sua gente,anche verso i dissidenti,perchè giustificare il tutto sempre come Ragione di Sicurezza quando esiste una Ragione di vita nelle carceri e nei campi di lavoro??
Il Comunismo Latino a differenza di quello Sovietico aveva proprio questa bella funzione:quella di restituire dignità prima all'individuo e subito dopo allo Stato in un patto antico con tutto il Sud America che ha creduto in Guevara e alla sua idea di solidarietà.
Iperspammone
10venerdì 1 agosto 2003 17:30
Mio caro piccolo filosofo, sono d'accordo con te ma Castro, nelle sua Cuba, non ha fatto altro che difendere quelle conquiste che cosi' faticosamente era riuscito a conquistare cercando di "abbracciare le istanze sociali sposandole ad un progetto di riforma", tenendo presente che l'ostracismo degli USA dall'inizio lo ha gettato nelle braccia delle ex-potenza sovietica, cosa che ha accelerato come ben sai il distacco di Guevara dalla rivoluzione cubana in quanto il "credo dogmatico" imposto da essa male si abbracciava con le sue idee di riforma sociale ed umana.

Per quanto riguarda i dissidenti "imprigionati" nelle prigioni cubane, mi sembra di aver capito che tu non riesca ad afferrare il principio di base secondo il quale,chi vi soggiace sono essenzialmente coloro che, per un motivo o per un altro, sono stati sorpresi a prendere accordi con la potenza imperialistica per antonomasia, quindi con quella stessa potenza che li tiene sotto un embargo oramai quarantennale, cosa che in qualche altro paese democratico verrebbe giustificata come "prevenzione da possibili attentati".
Arcanna Jones
00sabato 26 novembre 2016 10:54


È morto Fidel Castro, leader della rivoluzione di Cuba



Aveva 90 anni, è sopravvissuto a dieci presidenti degli Stati Uniti. La sua vita dalla rivoluzione al disgelo con Washington




AP


Uno storico scatto che riprende Fidel Castro il 12 ottobre 1979 nel suo discorso davanti all’Assemblea generale delle Nazioni Unite



 

 


 





Ultima modifica il 26/11/2016 alle ore 10:53


 

 


L’ex presidente cubano, leader della rivoluzione comunista dell’isola è morto all’età di 90 anni. Lo ha annunciato la tv di stato cubana. 


 


«Oggi, 25 novembre, alle 10:29 della notte è morto il Comandante in Capo della Rivoluzione Cubana Fidel Castro Ruz»: lo scrive il sito web ufficiale Cubadebate. 


 


Il corpo di Fidel Castro sarà cremato nelle prossime ore, ha detto Raul Castro annunciando in tv la morte del fratello. 


 


Aveva compiuto 90 anni lo scorso 13 agosto, quando era riapparso in pubblico.  


 


 


TUTTA LA VITA DI CASTRO  


Fidel Castro, eroe per la sinistra nel mondo e dittatore sanguinario per i nemici, è stato protagonista di una piccola isola caraibica per quasi sessant’anni, sulla scia della sua tenace battaglia contro la maggior potenza del mondo, gli Stati Uniti. 


 


Nato a il 13 agosto 1926 a Biran, figlio del proprietario terriero spagnolo Angel Castro e della cubana Lina Ruz, ha studiato prima nei collegi La Salle e Dolores di Santiago de Cuba, poi, dal 1941 al 1945, a L’Avana, nella prestigiosa scuola gesuita di Belen, periodo che incide fortemente nella sua formazione culturale, così come in quella del fratello, Raul. 


 


Qualche anno dopo la laurea in legge si candida alle presidenziali, progetto subito frustrato per il golpe del 10 marzo di Fulgencio Batista. La sua risposta è l’assalto alla Caserma della Moncada, il 26 luglio 1953. Per Fidel fu un disastro: i ribelli vennero catturati e 80 di loro fucilati. Catro è condannato a 15 anni di prigione e, nella sua difesa finale, pronuncia il famoso discorso su «La storia mi assolverà», in cui delinea il suo sogno rivoluzionario. Dopo il carcere, amnistiato, va in esilio negli Usa, poi in Messico: è qui che conosce Ernesto Guevara. 


 


Insieme al Che, Raul ed altri 79 volontari, nel’56 sbarca nell’isola a bordo del Granma. Il gruppo, sorpreso dalle truppe di Batista, viene decimato: in 21 riescono a rifugiarsi nella Sierra Maestra. I due anni di guerriglia mettono alle corde il dittatore. Il 1/o gennaio 1959, i barbudos entrano trionfalmente a L’Avana. Castro lo fa qualche giorno dopo. 


 


Fino al trionfo della revolucion, l’isola viveva del commercio con Washington. Dopo la presa del potere di Fidel, il paese divenne un campo di battaglia della guerra fredda. Cuba riesce comunque a resistere al duro embargo americano e ad un attacco militare, quello della Baia dei Porci, organizzato dalla Cia formato da cubani reclutati all’estero. È poi stata al centro della crisi dei missili nel 1962 che ha rischiato di trascinare il mondo in una guerra nucleare mondiale. 


 


Forte di un inossidabile carisma e affascinante capacità oratoria, Fidel è stato per decenni il `nemico numero uno´ di Washington: con il risultato che, mentre accresceva la sua dipendenza dall’Urss, appoggiava i movimenti marxisti e le guerriglie in America Latina ed in Africa, diventando tra i leader del movimento dei Paesi non Allineati. 


 


Nel frattempo, si sposa con Dalia Soto del Valle. Hanno cinque figli: Alexis, Alexander, Alejandro, Antonio e Angel. Il lider maximo, con una vita privata nella quale realtà e mito s’intrecciano, è sopravvissuto a dieci presidenti Usa e - ha più volte ricordato - a 600 attentati. Perfino nel crepuscolo del suo mandato, Fidel e il sistema politico cubano sono riusciti nel bene e nel male a resistere alla disintegrazione socialista e al crollo dell’Urss nel ’91. 


 


Per i cubani, Castro è stato il Comandante, oppure semplicemente Fidel, sul quale sono state costruite tante storie: «non dorme mai», «non scorda nulla», «è capace di penetrarti con lo sguardo e sapere chi sei», «non commette sbagli». Castro ha d’altro lato esibito una devozione per le cifre e dati, nascondendo caratteristiche come il pudore e lo scarso interesse, raro per un cubano, per la musica e il ballo. 


Ha sempre avuto una salute di ferro fino all’improvvisa e grave emorragia all’intestino avuta al rientro di un viaggio dall’Argentina poco prima di compiere 80 anni. 


 


Malato, dopo aver delegato il potere al fratello Raul - prima in modo provvisorio il 31 luglio 2006, poi definitivamente nel febbraio 2008 - ha così cominciato il conto alla rovescia verso la fine di una vita leggendaria. L’era di Fidel si scioglie lentamente, in mezzo a una nuova Cuba ogni volta più `raulista´, tra una serie di riforme economiche e la mano ferma del potere sul fronte politico: di sicuro una transizione, la cui portata è però difficile da capire. 


 


La data chiave della nuova era è il 17 dicembre 2014: quel giorno, a sorpresa e con la mediazione di Bergoglio, L’Avana e Washington annunciano il `disgelo´ bilaterale. Fidel assiste da lontano al `deshielo´, ogni tanto scrive qualcosa ribadendo concetti quali la `sovranità nazionale´ e il `no all’impero´. Ma in sostanza a dettare il ritmo dei cambiamenti ormai è Raul. 


 


Con lunghi periodi di assenza dal pubblico, i limiti al suo mandato Fidel li aveva fissati nel 2003, dirigendosi ai cubani: «Rimarrò con voi, se lo volete, finché avrò la consapevolezza di potere essere utile, se prima non lo decide la stessa natura. Né un un minuto prima né un secondo dopo». 


 


La Stampa (Notizia in aggiornamento) 


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