L'avventura di un gruppo di ragazzi britannici: auto venduta
e paga nulla, ma "vogliamo contribuire alla democrazia in Iraq"
Vent'anni, pochi soldi e un sogno
"Un giornale libero a Bagdad"
"Baghdad Bulletin", quindicinale, diverrà quotidiano
Nello staff anche reporter giordani e iracheni
di ALESSANDRA RETICO
TREMILA copie stampate al contrario (almeno per come la vediamo noi): pagina uno alla fine dello sfoglio. Anche se costerebbe circa 1 euro e 45 centesimi, viene distribuito gratis e consegnato casa per casa da volenterosi ragazzetti che ricevono in cambio una paga simbolica. Per produrre l'ultimo numero, i dipendenti si sono venduti la macchina: non bastano i finanziamenti di un anonimo mecenate londinese. Ora qualche linea telefonica funziona e le lampadine pure, ma all'inizio le notizie se le andavano a cercare per strada, facendo attenzione agli incroci visto che i pochi semafori esistenti erano tutti spenti. Breve cronaca dell'avventura di un gruppo di ventenni con una passione in cuore: fare un giornale a Bagdad che fosse libero, indipendente, in lingua inglese, per aiutare, come dicono nel loro sito Internet (molto in fieri ma ben fatto:
www.baghdadbulletin.com) "la ricostruzione democratica dell'Iraq post Saddam".
E' questo "Baghdad Bulletin", un quindicinale con l'ambizione di diventare progressivamente un settimanale e infine un quotidiano, che la passione di un manipolo di giovani e giovanissimi britannici - e un americano - hanno deciso di fare nella città dove la stampa e l'informazione, fino a tre mesi fa, era solo ciò che rimaneva dopo una ferrea e non proprio imparziale scrematura da parte della censura del rais.
Con la caduta del regime e l'occupazione angloamericana, in Iraq i rubinetti della parola scritta si sono schiusi dando vita a una vera e propria emorragia di giornalini e gionaletti (si parla di una settantina di pubblicazioni in corso), per lo più fogli legati a partiti e comunità politiche locali. Ma un vero e proprio giornale, sciolto da interessi particolari, no. Non che "Baghdad Bulletin", visto da chi è fatto e prodotto e in che lingua è scritto non sia per natura in qualche modo di parte, è evidente: ma l'idea di fare informazione come la intendiamo in occidente, e cioè libera e autonoma, sì.
Il nobile proposito dei ventenni giornalisti-editori-imprenditori, capitanati da un ex studente di Oxford, Ralph Hassall, 24 anni, è quello di creare un ponte comunicativo tra le truppe angloamericane e gli iracheni, o per lo meno con quella parte elitaria del Paese che conosce l'inglese. A partire da piccole cose: far capire ai soldati angloameriani perché gli iracheni ce l'hanno con loro e, viceversa, far sapere agli iracheni che cosa stanno facendo gli stranieri in casa loro.
Il problema è ora procurarsi la pubblicità per mandare avanti la baracca: "Trovare inserzionisti è più difficile di quanto ci aspettassimo" ha ammesso Mark Gordon-James, 25 anni, business manager del giornale, ex investitore bancario a Londra. Ma le cose, rispetto all'esordio del 9 giugno, sono migliorate: distribuito oltre che in Iraq in Giordania, "Baghdad Bulletin" è ora al terzo numero e prevede anche un supplemento in arabo. Se all'inizio la gente lo guardava con sospetto se non con ostilità, oggi, racconta David Enders, 22 anni, editore, "la gente ferma per strada i ragazzi che lo distribuiscono per aggiudicarsi una copia". Lo staff, dai sei pionieri, si è allargato con l'assunzione di un reporter giordano e uno svariato numero di freelance iracheni. La paga non è magra, è nulla. Ma, si consolano i giornalisti, "per vivere qui bastano meno di due dollari al giorno a persona".
E "le cose miglioreranno con l'arrivo delle multinazionali occidentali", chiosa ottimista Gordon-James. Nell'attesa, a Saadoun Street, si picchietta sui tasti dei pochi computer disponibili in un ufficio che dirlo fatiscente è un complimento. A pochi metri dalla redazione giace minacciosa una bomba inesplosa. Ma è niente, visto che i ragazzi di Oxford si sono temprati coi 50 gradi centigradi che da queste parti prosciugano saliva e buone intenzioni.
(17 luglio 2003)