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Campionato di Calcio Serie A 2021 - 2022. Tutte le partite - Calendario - Commenti.

Ultimo Aggiornamento: 25/05/2022 14:00
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SERIE A 2021/2022 10ª Giornata (10ª di Andata)

26/10/2021
Spezia - Genoa 1-1
Venezia - Salernitana 1-2
Milan - Torino 1-0
27/10/2021
Juventus - Sassuolo 1-2
Sampdoria - Atalanta 1-3
Udinese - Verona 1-1
Cagliari - Roma 1-2
Empoli - Inter 0-2
Lazio - Fiorentina 1-0
24/10/2021
Napoli - Bologna 3-0

Classifica
1) Napoli e Milan punti 28;
3) Inter unti 21;
4) Roma punti 19;
5) Atalanta punti 18;
6) Lazio, Juventus e Fiorentina punti 15;
9) Sassuolo punti 14;
10) Verona, Empoli e Bologna punti 12;
13) Torino e Udinese punti 11;
15) Sampdoria punti 9;
16) Venezia e Spezia punti 8;
18) Genoa e Salernitana punti 7;
20) Cagliari punti 6.

(gazzetta.it)
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Gol, spettacolo e tensioni:
tra Atalanta e Lazio finisce 2-2



Partita equilibrata e aperta, Pedro apre i conti e De Roon
nei secondi finali regala il pareggio alla squadra di Gasperini


Marco Guidi

Tra una squadra che fatica da matti a vincere in casa e un’altra che in trasferta aveva raccolto appena 4 punti sinora, il risultato più logico è il pareggio. Ma in questo 2-2 tra Atalanta e Lazio la parola logica è meglio metterla da parte. Il risultato è più frutto dell’irrazionale, sia in positivo (lo sforzo della Dea nel riprendere una partita che sembrava ormai andata, il cinismo degli ospiti nel sbloccarla nel momento più difficile) che in negativo (la paura che incomprensibilmente abbassa la squadra di Sarri nel finale, gli errori di gestione dei padroni di casa, dettati più che altro dalla frenesia). Fatto sta che dal Gewiss Stadium Atalanta e Lazio escono con un punto a testa che lascia sostanzialmente inalterata la classifica, in attesa degli impegni delle altre.

BOTTA E RISPOSTA — Gasperini deve fare ancora i conti con le assenze. Recuperato Demiral, che prende posto al centro della difesa, dove mancano però Palomino (squalificato), Djimsiti e Toloi (infortunati). De Roon ancora arretrato nella retroguardia a tre, in mediana confermato Koopmeiners, davanti riecco Ilicic con Zapata. Sarri, dal canto suo, sceglie Cataldi e Luis Alberto a centrocampo, mentre in difesa Hysaj e Marusic sono i terzini, con Lazzari in panchina. Canovaccio della partita chiaro sin dai primi minuti, con l’Atalanta molto aggressiva in pressione (De Roon si sgancia dalla difesa per seguire come un’ombra Milinkovic in fase di non possesso), Lazio più compassata nel palleggio, con il solo Immobile alla ricerca della profondità, che però arriva di rado nel primo quarto d’ora. Ritmi gradevoli, anche se le occasioni da gol faticano ad arrivare. Al 10’ sugli sviluppi di un corner Demiral avrebbe la palla buona sulla testa, ma struscia solamente il tentativo. Otto minuti dopo, però, è a sorpresa la Lazio a passare, praticamente alla prima vera sortita offensiva. Cataldi verticalizza per Immobile, Demiral va a vuoto in scivolata, Musso ci mette una pezza, ma sulla respinta Pedro è il più rapido di tutti ad arrivare sulla palla e infilare il vantaggio biancoceleste. Lo 0-1 agita l’Atalanta, che comincia a sbagliare di più tecnicamente, forse perché in preda alla frenesia di raddrizzare una gara che stava conducendo dal punto di vista tattico in avvio. Gli ospiti, invece, continuano nella loro partita di grande attenzione, non concedendo praticamente nulla a Zapata e compagni sino al 45’57”. Fatali alla banda Sarri sono infatti gli ultimi tre secondi del minuto di recupero concesso dall’arbitro Guida. Sul lancio apparentemente innocuo di Lovato, Marusic cicca e innesca Zapata. Acerbi non è tempestivo nel raddoppio e il colombiano è poi bravo a resistere al ritorno un po’ morbido del serbo e a fulminare Reina con un destro terrificante da posizione defilata. E’ il primo tiro in porta dell’Atalanta, ma vale l’1-1 con cui si chiude il primo tempo.

LO SCATTO DI CIRO — La ripresa si apre con una botta da fuori di Freuler, ben controllata da Reina. La risposta laziale arriva subito ed è clamorosa: Cataldi batte velocemente una punizione a metà campo, cogliendo Demiral fuori posizione e mettendo Immobile solo davanti a Musso, che respinge alla grande il sinistro a colpo sicuro del bomber della Nazionale con il ginocchio destro. Il primo cambio della gara è di Gasperini al 14’ del secondo tempo: fuori un abulico Pasalic, dentro Malinovskyi. Otto minuti dopo, dentro anche Muriel e Scalvini per Ilicic e Lovato. Sarri replica con Basic per Luis Alberto. L’Atalanta ora fatica ad alzare il ritmo e la Lazio prende decisamente campo. La conseguenza è la rete dell’1-2 di Immobile al 29’. Tutto nasce dalla palla persa da De Roon a metà e dalla percussione centrale dell’inossidabile Pedro. Palla scaricata a Basic e recapitata poi a meraviglia dall’ex Bordeaux sui piedi di Ciro, libero di insaccare a due passi di Musso. Al 37’ il neo entrato Raul Moro ha sul sinistro la chance per chiudere i conti, ma è ancora Musso a dire di no col piede e a tenere in vita i suoi.

L'URLO DI DE ROON — Una parata fondamentale, perché nel finale la Lazio si abbassa troppo e concede a un’Atalanta stanca, ma infarcita di giocatori offensivi (Gasp chiuderà con Malinovskyi, Zapata, Piccoli e Muriel in campo) di provarci sino all’ultimo respiro. Prima è Muriel dal limite a calciare fuori di poco, poi Malinovskyi col destro dà solo l’illusione del gol, colpendo l’esterno della rete. Nel recupero, però, De Roon su sponda di Demiral trova il bersaglio grosso, dove Reina non può arrivare. E’ il 2-2 che frena il volo dell’Aquila biancoceleste e ridà brio a una Dea che in 6 partite a Bergamo ha raccolto appena 6 punti. Il Gewiss Stadium non è ancora un fortino, ma almeno oggi nemmeno una casa stregata.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Sprofondo Juve: doppio Simeone, Allegri cade anche a Verona

L'uno-due letale dell'argentino arriva nel primo tempo, ai minuti 11 e 14.
I bianconeri rispondono con una traversa di Dybala e il gol della speranza firmato da McKennie al 79'.
Miracolo di Montipò sull'argentino al 90'


Livia Taglioli


Una partenza a razzo del Verona decide la sfida con la Juve: al Bentegodi finisce 2-1, grazie alla doppietta firmata da Simeone all’11’ e al 14’ e al gol della speranza di McKennie al 79’. L’argentino torna alle origini: la sua prima marcatura multipla in A arrivò proprio contro la Juve, nel 2016. Ed ora, a quota 8, è dietro a Immobile nella classifica marcatori (ma con 3 rigori in meno calciati). La Juve, che per la quarta volta di fila non riesce a passare al Bentegodi, incappa nella seconda sconfitta consecutiva, dopo quella rimediata col Sassuolo, quarta della stagione, nonostante i tanti cambi nell’undici titolare. Il Verona, alla quarta vittoria interna consecutiva, sale a quota 15 ed aggancia la Juve in classifica.

CHI GIOCA E CHI NO — Perso De Sciglio col Sassuolo, Chiesa e Ramsey ieri e Rugani oggi (nei piani di Allegri sarebbe partito titolare) per una gastroenterite, ancora assente Kean, Bernardeschi è pronto al rientro in panchina. In campo dunque tornano Bonucci e Chiellini centrali, turno di riposo per Locatelli ed esordio stagionale dal 1’ per Arthur, al fianco di Bentancur, con Dybala e Morata coppia d’attacco. Il Verona dell’ex Igor Tudor deve invece fare a meno di Ilic ma recupera in extremis Casale, subito in campo. Davanti il trio Barak, Simeone e Caprari, a costruire, ma anche pressare alto.

L’UNO-DUE DI SIMONE — Come il primo corner, anche la prima occasione è firmata dal Verona, con Szczesny che si accartoccia su una conclusione di Lazovic. La Juve risponde con un bel suggerimento di Dybala per Morata, che sotto rete prova un tocco di tacco ma Montipò è attento. Così il Verona riparte a tutta velocità, imprimendo un’intensità pazzesca al match. Finché in tre minuti dà la svolta alla partita: all’11’ Arthur inventa uno sciagurato retropassaggio sul quale si avventa Barak, Szczesny respinge e Simeone non perdona, realizzando la sua quinta rete contro la Juve. Al 14’ la replica: Bonucci arretra lasciando metri preziosi a Simeone, che aggiusta la mira e lascia partire un destro a giro vincente da fuori area, uno splendido gol. Col Sassuolo il problema era stato il quarto d’ora finale, col Verona quello iniziale. Dybala fa sponda con Morata e prova la conclusione, a lato. Morata va in profondità, ma è troppo solo. Il Verona continua invece a macinare il suo gioco offensivo e insidioso, costringendo la Juve a continui ripiegamenti difensivi, dettando ritmi e movimenti della partita. La Juve ci prova con Dybala, prima dopo uno scambio con Morata e poi di testa su cross di Alex Sandro, ma senza mai trovare lo specchio. Su un tiro del brasiliano non andrà diversamente, mentre al 44’ sarà la traversa a respingere un sinistro liftato di Dybala. Totale, dopo il doppio svantaggio la Juve prova 5 conclusioni verso Montipò, ma senza mai trovare lo specchio.

MCKENNIE C’È, MA NON BASTA — Nella ripresa il Verona abbassa un po’ il ritmo, la Juve riesce ad alzare il baricentro, le due squadre si affrontano corte e compatte. Ora i padroni di casa aspettano i bianconeri più vicini all’area, la Juve è più mobile, mette maggior pressione offensiva e rende più varie le sue linee d’attacco. Ma la squadra di Allegri non riesce ad andare alla conclusione e tanto meno a rendersi pericolosa. Al 58’ doppio cambio di Allegri: dentro Locatelli e McKennie, per Bentancur e Rabiot. E subito il texano chiama Montipò a una smanacciata non banale. La Juve gestisce con calma e ordine, il Verona perde a tratti il suo furore. Tudor inserisce Ceccherini e Sutalo al posto degli ammoniti Casale e Lazovic, Allegri scambia Arthur e Cuadrado con Bernardeschi e Kulusevski, ma non cambia l’inerzia del match. Ma, come già col Sassuolo, è McKennie a trovare il gol, riaprendo il match al 79’. Tre minuti più tardi Morata dopo una bella discesa scuote l’esterno della rete, mentre il neo entrato Kalinic sfiora il terzo gol per i veneti. La Juve alza i giri nel finale ma il suo forcing non trova gloria, grazie anche a un miracolo di Montipò su un gran sinistro di Dybala al 90’. E per la Juve arriva la quarta sconfitta stagionale.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Il Toro domina e Juric ritrova la vittoria.
La Samp non c'è

Vittoria meritata per i granata, che vanno in gol con Praet, Singo
e Belotti, concedendo pochissimo alla squadra di D'Aversa


Mario Pagliara


L’aveva immaginata esattamente così, Ivan Juric, questa serata: concreta e spettacolare, divertente e vincente. Il Toro torna a correre piegando tre a zero la Sampdoria, e lo fa con un primo tempo più pratico e una ripresa di bel gioco. L’ex Praet, Singo e allo scadere Belotti (100° gol in Serie A) firmano i gol che valgono i tre punti, ma soprattutto il rilancio in classifica dei granata. Troppo poco, invece, per la Sampdoria, esauritasi dopo un primo tempo di diligente contenimento e poi scomparsa dopo l’espulsione nella ripresa di Silva.

BREKALO, POLPACCIO K.O. — Invocava la concretezza, Juric, nella vigilia di questa sfida. E in un primo tempo in cui il Toro, per la prima volta dopo un lungo periodo, smarrisce a tratti la fluidità, ritrova un Toro pratico e che bada al sodo. Quando, però, la partita deve ancora iniziare, il tecnico granata deve fare i conti con un fuoriprogramma che manda all’aria i piani di partenza, perché durante la rifinitura Brekalo accusa un problema muscolare a un polpaccio. L’infortunio del croato rinvia ancora una volta il ritorno dal primo minuto della coppia di fantasisti Brekalo-Praet: il belga è regolarmente in campo da titolare. Dalla panchina Juric richiama Linetty, e in panchina si accomoda Baselli originariamente destinato alla tribuna.

VANTAGGIO FIRMATO DAGLI EX — Discreti i primi venti minuti dei granata, Sampdoria attendista pronta a colpire soprattutto in contropiede con un 3-5-1-1 che vede in Candreva e Quagliarella i due terminali offensivi deputati a far scattare il contropiede. La strategia a D’Aversa riesce, però, solo una volta, al 36’, in un’azione conclusa con un colpo di testa di Thorsby alto sulla traversa. Il Toro ha il merito di partire subito con le marce alte, trova alla prima conclusione il vantaggio con Dennis Praet e dopo amministra senza patemi il vantaggio fino all’intervallo. Lo scatto granata arriva dopo diciassette minuti ed è una produzione tutta firmata dai due ex blucerchiati, Linetty e Praet. Ne nasce un’azione tutta di prima, con il Toro che arriva al gol in quattro passaggi: Linetty chiama Sanabria alla triangolazione, il polacco serve poi l’assist per Praet che anticipa Chabot e piazza l’uno a zero. A cinque minuti dall’intervallo, ancora lungo l’asse Praet-Linetty fiorisce la seconda occasione della squadra di Juric: stavolta l’assist è di Praet, la conclusione è di Linetty. Alta.

SINGO EXPRESS — In avvio di ripresa, Pobega si fa ammonire: era diffidato, salterà la trasferta di sabato in casa del suo ex Spezia. Ma due minuti dopo (è il 7’ della ripresa) si fa perdonare, galoppando palla al piede per 60 metri e offrendo l’assist per l’accorrente Singo, in arrivo a tutta velocità, che batte il colpevole Audero: due a zero per il Toro. Con il doppio vantaggio in tasca, Juric lancia nella mischia Belotti per Sanabria e Vojvoda proprio per Singo. Doppia mossa anche per D’Aversa: Gabbiabini per Quagliarella e Caputo per Ekdal. A questo punto, il Toro si scioglie e comincia a produrre occasioni a raffica: Praet inventa due volte, ma prima Belotti e poi Linetty non inquadrano la porta. Al ventesimo Lukic serve il tris su un piatto d’argento per Vojvoda, che spara a occhi chiusi fuori bersaglio. Al 22’ è notte fonda per la Sampdoria che resta in dieci: rosso diretto a Silva per un presunto vaffa all’arbitro Fourneau. D’Aversa sostituisce subito Bereszynski per Askildsen. Il Toro si scatena, la corsa di Belotti si ferma sul palo (26’) sugli sviluppi di un angolo. Finale poi esagerato: al 90’ viene prima annullato, per fuorigioco, il 3-0 a Simone Verdi, poi il meritato tris lo firma Andrea Belotti, al suo centesimo gol in Serie A. Il Toro può festeggiare una importante vittoria insieme al suo pubblico.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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"Mister doppietta" Correa lancia l'Inter in scia di Milan e Napoli




Dopo le due reti all'esordio contro il Verona,
il Tucu concede il bis in 8' contro l'Udinese.
Nerazzurri al momento a -4 dalla vetta


Luca Taidelli

Mister Doppietta Joaquin Correa trascina l'Inter contro un'Udinese tostissima per un'ora e riporta i campioni d'Italia a 4 punti dalla vetta, aspettando gli impegni di Napoli e Milan contro Salernitana e Roma. Impalpabile a lungo, il Tucu in 8' piazza due grandi giocate. Proprio come il 27 agosto a Verona, quando aveva esordito con due magie entrando nella ripresa. Una preziosa arma in più per Inzaghi in vista della settimana della verità, tra Sheriff e derby. Una buona notizia, come la seconda gara senza prendere gol. Anche grazie a uno Skriniar granitico.

LE SCELTE — Inzaghi cambia sette undicesimi della squadra che mercoledì ha vinto ad Empoli. Ranocchia rileva De Vrij al centro della difesa, Dumfries e Perisic si prendono le fasce, torna Calhanoglu e in attacco si passa da Lautaro-Sanchez a Dzeko-Correa. Gotti conferma Success (impressionante la somiglianza con Kessie) al fianco di Beto e preferisce Jajalo a Walace in mezzo al campo.

PRIMO TEMPO — Esce dai blocchi meglio l’Udinese, che balla tra un 3-4-2-1 e un 5-3-2 in fase difensiva, con gli esterni bassi, Pereyra mezzala destra. Bravi i bianconeri a ripartire sfruttando le fasce, ma anche a fraseggiare sulla trequarti. Il paradosso è che l’Intersi rende pericolosa in contropiede, con Silvestri che al 13' salva su Barella, innescato da Perisic. L'azzurro per la verità ci prova da fuori altre tre volte. Ma il Barella contro tutti non è quello che chiede Inzaghi, con i suoi incapaci di allargare il campo (Dumfries non pervenuto) e quindi destinati a finire centralmente in un imbuto. Anche quando prova ad alzare il ritmo, l'Inter sbatte contro due linee molto compatte, con Becao, Nuytinck e Samir che davanti a Silvestri sbagliano poco o nulla. In una gara così muscolare servirebbe la giocata che spariglia il mazzo. Tipo un lampo di Correa, che invece non trova mai la posizione, o di Calhanoglu, che però si fa notare solo per una diagonale difensiva su Beto e per un corner su cui Ranocchia di testa non trova la porta di poco.

SECONDO TEMPO — Si riparte senza cambi. L'Inter alza il volume della radio, ma nemmeno con il gioco aereo riesce a infastidire le torri bianconere. Walace al 13'rileva Jajalo e il contropiedista Deulofeu quello di Success. Giusto allo scoccare dell'ora però i nerazzurri trovano il doppio colpo di genio che la sblocca e porta a 30 la striscia di partite consecutive in campionato con almeno un gol, iniziata proprio a Udine, alla fine dello scorso girone d'andata. Perisic è bravissimo a liberare con un velo la corsa di Correa, che punta Nuytinck, lo ubriaca e poi fredda Silvestri con il destro nell'angolino.. L'Udinese ora è alle corde, anche perché non riesce più a ripartire. Dzeko e Dumfries sbagliano in modo clamoroso (soprattutto il bosniaco) a tre metri dalla porta, ma Correa vive di sole doppiette e al 23' spolvera ancora la lampada, trovando il sette sull'assist di Dumfries. Inevitabile l'ovazione quando Sanchez ne prende il posto (dentro anche Vidal per Calhanoglu). Oltre al pubblico, ora si diverte anche la squadra di Inzaghi e proprio Vidal sfiora il 3-0. Il problema dei friulani è che alla distanza calano vistosamente centrocampo ed esterni, mentre l'Inter ha gente bionica come Barella, Brozovic e Perisic che viaggia per 90' ad alta tensione. Nel finale l'Inter però si distrae e Handanovic deve volare sul diagonale di Deulofeu per tenere inviolata la propria porta per la seconda gara consecutiva.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Uragano Vlahovic sullo Spezia:
tripletta e la Fiorentina vola



Il serbo incanta con tre reti, la prima delle quali su rigore ma dalla parte opposta alla Fiesole.
E la Viola resta in zona Europa


Giovanni Sardelli

Vlahovic stritola lo Spezia e dopo aver scaraventato tre volte il pallone dietro Provedel se lo porta a casa. Il centravanti è una furia e la squadra segue la sua voglia di gol dominando la gara e portando tre punti in cassa importanti per restare agganciati al treno europeo. Italiano davanti al suo passato recupera Saponara, sceglie Sottil, ed ovviamente punta su Vlahovic.

Problemi in difesa per Motta: nel riscaldamento si ferma Hristov, dentro Erlic appena recuperato. L'inizio è equilibrato, Fiorentina in pressione (non asfissiante), Spezia che riparte con molti uomini sapendo di poter colpire. Con il passare dei minuti però il coraggio delle Aquile diminuisce e la Fiorentina avanza. Castrovilli calcia debole dai 15 metri, Vlahovic ci prova di sinistro poi Sottil crea qualche scompiglio a destra prima di calciare secco trovando Provedel pronto alla risposta in balzo. A cinque dal termine entra in scena il Var. Gyasi salta in area con la mano alta, i viola chiedono il rigore che Giua non vede. Chiffi però lo richiama al monitor e dopo oltre due minuti di stop Vlahovic torna a calciare dagli undici metri dopo il rifiuto col Cagliari. Provedel spiazzato e viola in vantaggio.

CENTRAVANTI TOP — All'intervallo Motta rivoluziona la squadra. Dentro Amian, Sala e Colley per Salva Ferrer, Salcedo e Bastoni. La Fiorentina però ha troppa più qualità e l'azione del raddoppio lo testimonia. Straordinario triangolo tra Odriozola e Saponara (di tacco) con lo spagnolo che serve a centro area Vlahovic. Per il serbo piazzare il pallone sul primo palo è uno scherzo ed il Franchi esulta. Il terzino spagnolo è scatenato e poco dopo su assist di Vlahovic sfiora il palo con Provedel che lo travolge in uscita. La Fiorentina, per dirla alla Italiano, gioca come il suo centravanti. Che al 74' trova il terzo gol anticipando tutti sul prelibato assist da destra di Callejon. Esultanza sincera, maglia tolta ed ammonizione subita. Il resto è accademia e Motta dovrà provare a prendere punti la prossima col Torino. A Torino invece, saranno attesi i viola, sponda Juve. Arrivarci con tre punti di vantaggio in classifica era impronosticabile.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Il Genoa gioca, ma non sfonda il
muro del Venezia (e perde Destro)

Buona prova degli uomini di Ballardini, che però non riescono a segnare:
un punto a testa nella sfida salvezza


Filippo Grimaldi


A chi giova questo pareggino? Di sicuro non al Genoa, che perde Destro per infortunio, esce sotto i fischi del suo pubblico e perde un’altra occasione contro un avversario di bassa classifica per ridare ossigeno al suo complicato avvio di stagione e rinvia ancora l’appuntamento con la prima vittoria in campionato al Ferraris.

Il Venezia s’accontenta: strappa un punticino che lo lascia in un limbo pericoloso, ma del resto sceglie sin dall’inizio di limitare i rischi, anche se poi alla fine per paradosso le migliori occasioni della partita sono proprio per gli ospiti. L’ultima, clamorosa, a otto minuti dalla fine, quando Sirigu rimedia a un colpo di testa pericoloso di Caldara e poi Kiyine calcia fuori misura.

Ballardini era di fatto costretto a invertire la rotta: quattro punti fra la sfida di oggi e la trasferta di venerdì a Empoli per blindare la sua panchina e provare a risollevare un Grifone in grande sofferenza. Il Grifone avrebbe potuto e dovuto fare di più. La squadra di Paolo Zanetti (con il suo vice Bertolini in panchina per la squalifica del tecnico) è arrivata a Marassi sulla scia dei veleni per la velenosa sconfitta interna contro la Salernitana, ma poi sul campo ha scelto di fare una gara tutta di contenimento. Se questo era l’obiettivo, l’ha centrato in pieno.

MONOLOGO GENOANO — Ballardini ha proposto Galdames alle spalle della coppia Pandev-Destro, con una mediana a tre guidata da Badelj, ma con Rovella di fatto a dettare il gioco partendo da sinistra. Nel Venezia, privo di Ampadu (squalificato), ha fatto il suo esordio dall’inizio Tessmann, con Okereke e Henry in attacco supportati da Aramu. Buon ritmo sin dalle fasi iniziali: Busio (4’) spreca una buona occasione dal limite dell’area piccola calciando a lato, sulla ripartenza genoana Destro impegna Romero a terra. All’8 ancora decisivo il portiere argentino su Galdames in angolo, poi Rovella direttamente su punizione sfiora il vantaggio (11’). Sino alla mezz’ora è un monologo rossoblù (65% di possesso palla per i padroni di casa a metà gara), con gli ospiti in difficoltà già in fase di costruzione, sfavoriti dal pressing altissimo della squadra di Ballardini, che però paga una giornata poco felice dei suoi attaccanti.

STERILITÀ OFFENSIVA — Il Venezia arriva all’intervallo senza avere mai fatto un tiro in porta, palesando limiti evidenti in fase di costruzione e gestione del pallone, con un atteggiamento poco propositivo. Ma è altrettanto vero che i padroni di casa da parte loro non riescono mai a rendersi davvero pericolosi, perché Destro e Pandev non pungono.
Diverso il discorso nella ripresa. Ballardini inserisce Caicedo al posto di un Pandev poco efficace, mentre Bertolini dà spazio come terzino destro a Ebuehi (fuori Mazzocchi). Destro (5’) manda alto di testa, ma il canovaccio non cambia. Genoa a caccia del gol, Venezia dichiaratamente votato a difendere lo zero a zero. Eppure sono gli ospiti a rendersi pericolosi con Caldara (8’, splendido riflesso di Sirigu), poi Tessmann calcia alle stelle sulla respinta del portiere rossoblù. Ma la peggior notizia della giornata per Ballardini è l’infortunio muscolare di Destro, che lascia il campo al 10’. Ekuban, entrato al suo posto, fallisce a buona opportunità al 17’, ispirato da Criscito. Un contatto in area ospite Haps-Kallon viene valutato regolare dall’arbitro (25’), ma la partita rimane sui binari del primo tempo: pressione Genoa, Venezia in attesa. C’è spazio ancora per una conclusione di Kiyine di poco fuori misura. Troppo poco, però, per dare una scossa alla classifica.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Colpaccio Empoli con Zurkowski.
Il Sassuolo beffato al 92'

Neroverdi avanti con un autogol di Tonelli.
All' 83' Pinamonti pareggia i conti su rigore,
poi l'imbucata vincente del polacco in pieno recupero


Pierfrancesco Archetti


Il Sassuolo assaporava già la terza vittoria consecutiva. Fino all’83’ è avanti 1-0, ma l’Empoli ribalta la partita portando a casa la quarta vittoria in trasferta. Il pareggio di Pinamonti su rigore sembra aver chiuso la contesa, ma al secondo dei tre minuti di recupero Zurkowski punisce duramente i padroni di casa che non meritano la sconfitta, ma sono stati troppo distratti nel finale.

LA FUGA — Il Sassuolo è passato in vantaggio quasi alla fine del primo tempo (43’) per una deviazione di Tonelli su cross di Traoré. All’inizio la squadra di Dionisi è più in difficoltà, lascia due tiri incrociati a Pinamonti e Di Francesco che però non vanno a bersaglio. Quando la pressione iniziale dell’Empoli diminuisce, i neroverdi riescono a stendersi in attacco approfittando anche dei recuperi palla nella propria metà campo, con gli ospiti sbilanciati che lasciano troppo spazio verso la porta.

LE MOSSE — Alessio Dionisi, ex dell’Empoli fischiato dai tifosi toscani, non rischia Boga dall’inizio, mentre in difesa cambia Rogerio con Kyriakopoulos. A sinistra si sistema ancora Raspadori, mentre Traoré completa il trio di centrocampo, ma come Frattesi ha licenza di inserimento. La rete nasce proprio da un’incursione dei due, mentre qualche minuto prima lo stesso Traoré era stato fermato da Vicario. Aurelio Andreazzoli, senza lo squalificato Ricci, manda in campo soltanto quattro titolari della partita di mercoledì contro l’Inter. In difesa tre cambi su quattro: partono dall’inizio Tonelli, Viti e Marchizza per Ismajli, Luperto e Parisi. Torna in attacco Di Francesco dietro a Pinamonti insieme a Henderson.

LA RINCORSA — Nel secondo tempo il Sassuolo ha le occasioni per raddoppiare e chiudere i giochi, ma non le sfrutta. Traoré calcia a lato, Scamacca viene intercettato, Boga impegna Vicario. Un salvataggio di Ferrari su Henderson evita il pari, ma i cambi di Andreazzoli si fanno sentire: Cutrone conquista il rigore (fallo di Chiriches), Zurkowski infila il raddoppio con l’aiuto della traversa e sentenza inappellabile della tecnologia. L’Empoli si conferma squadra da trasferta: in classifica aggancia la Juve e sorpassa il Sassuolo che manca un tris che sembrava già in casa.

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Napoli, tre punti d'oro a Salerno senza Insigne e Osimhen

La squadra di Spalletti vince con una rete di Zielinski nella ripresa.
Espulsi Kastanos e Koulibaly


Maurizio Nicita


A volte si vince così, con una partita sporca. Stavolta non c’è grande bellezza nella squadra di Spalletti, che non riesce a impostare la partita che vorrebbe ma riesce a sistemarla in corsa. La Salernitana esce fra gli applausi perché la prestazione dei padroni di casa è al massimo delle proprie possibilità. Ma la qualità della capolista prevale ed ecco arrivare la decima vittoria per Anguissa e compagni. Non era semplicissimo senza Osimhen e Insigne.

INSIGNE PUNITO DA SPALLETTI — Colantuono dopo lo shock del primo tempo con l’Empoli ha riassettato la Salernitana puntando sulla difesa a quattro, in mediana Schiavone - eroe di Venezia - è preferito a Obi, mentre in attacco c’è sempre la luce Ribery dietro Bonazzoli e Gondo. Tristemente in panchina Simy: doveva essere la sfida fra i centravanti nigeriani invece l’ex Crotone sta andando decisamente male mentre Osimhen si è proprio bloccato per infortunio. E Spalletti punta sul 4-2-3-1 e su Mertens in attacco, anche se la vera sorpresa è il capitano Insigne in panchina, con Lozano che parte titolare. E le parole del tecnico prima della gara lasciano intendere si tratti di problemi disciplinari: "Questione di discorsi interni tra noi, di situazioni da gestire. Non si tratta di essere più forti o meno con Insigne e Osimhen, si tratta di avere caratteristiche differenti. Ma abbiamo le nostre qualità".

PARTENZA AZZURRA — Il Napoli tiene il pallino del gioco con la Salernitana che fatica a uscire anche perché i difensori azzurri non lasciano spazi a Ribery in impostazione. Dopo 7’ spreca una grande occasione Zielinski, bravo nell’inserimento in area per suggerire l’assist a Di Lorenzo, pessimo nella conclusione di sinistro da pochi metri, alto sulla traversa. Poco dopo su un bel cross di Politano è Lozano di testa ad alzare la mira anche lui. Ma la squadra di Spalletti non riesce mai ad alzare il ritmo, la palla gira un po’ lenta e a quel punto i difensori granata fanno un’ottima figura, riuscendo a chiudere tutti gli spazi. Certo la squadra di casa non riesce mai a rendersi pericolosa, ma per le statistiche nel bruttino primo tempo l’unico tiro dallo specchio arriva dopo 38’ con una conclusione di Bonazzoli dalla distanza, che Ospina blocca senza alcun problema. Belec non fa manco quella, di parata, perché gli attaccanti del Napoli non centrano mai i pali.

CAMBI DECISIVI — Dopo un’ora deludente, Spalletti decide due cambi e ci azzecca. Fuori i deludenti Lozano e Mertens, dentro Elmas e Petagna che costruiscono subito l’azione del gol. Il macedone si libera nella tre quarti e con un pallonetto smarca Di Lorenzo che dal fondo mette in mezzo e Petagna di testa colpisce la traversa, scompiglio nella difesa salernitana e la palla schizza su Zielinski che stavolta non sbaglia.

LE ESPULSIONI — Ma ecco che Fabbri diventa protagonista con i cartellini rossi. Prima non vede i tacchetti alti di Kastanos e lo ammonisce, poi richiamato dal Var espelle il cipriota per l’intervento violento su Anguissa. Pochi minuti dopo caccia Koulibaly per una trattenuta su Simy: come chiara occasione da gol. Finale convulso con Ribery che sfiora il pari sulla punizione conseguente e Di Lorenzo decisivo a salvare sulla linea. La Salernitana pressa col cuore ma poca lucidità, il Napoli si difende con carattere ed esulta.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Il Milan non si ferma più:
Ibra e Kessie piegano anche la Roma

Una punizione dello svedese nel primo tempo e un rigore
dell’ivoriano nella ripresa confermano le ambizioni scudetto dei rossoneri.
Di El Shaarawy la rete giallorossa nel finale.
Espulso Hernandez al 22’ del secondo tempo: salterà il derby


Marco Pasotto

Non sappiamo quando – e forse nemmeno se – Pioli pronuncerà mai la parola magica, ma tanto ci pensano i suoi giocatori e ci aggreghiamo senza problemi anche noi: gli ultimi punti di domanda possono tranquillamente evaporare sotto i riflettori dell’Olimpico, questo è a tutti gli effetti un Milan da scudetto e l’ennesima certificazione arriva proprio nello stadio dove il Diavolo ha vinto l’ultimo, dieci anni fa.

CONFERME — Chi attendeva uno scivolone nel primo atto di un trittico terribile, è costretto a ricredersi: dieci vittorie in undici uscite non possono più essere frutto di congiunture favorevoli o di una parentesi particolarmente propizia. Trovare il modo e la forza di prendersi i tre punti sul campo della Roma, diretta concorrente per la Champions (perché questo resta comunque l’obiettivo primario del Diavolo), giocando per oltre mezzo tempo con un uomo in meno, è un diploma di laurea dopo una serie di esami da lode. Mercoledì arriva il Porto per l’ultima chiamata Champions, domenica ci sarà il derby, ma ormai per il Milan gli avversari non fanno più differenza: questa è una squadra consapevole di poter vincere con chiunque. All’Olimpico hanno deciso una punizione di Ibra – prestazione maiuscola – nel primo tempo e un rigore di Kessie nel secondo. La Roma, che prosegue con un desolante mal di big (un punto in quattro incroci), ha accorciato nel finale con El Shaarawy ma non ha avuto la forza e la capacità di riacciuffare il match dopo l’espulsione di Hernandez, arrivata al 22’ della ripresa. La classifica dice ancora quarto posto, ma per sigillarlo a maggio ci sarà da faticare parecchio.

LE SCELTE — Mourinho ha confermato in blocco l’undici che ha vinto a Cagliari. Quindi con Mancini e Ibanez al centro della difesa, l’ex Cristante e Veretout in mediana e il tridente Zaniolo-Pellegrini-Mkhitaryan (vittorioso nel ballottaggio con l’altro ex El Shaarawy, che in vigilia pareva favorito) dietro Abraham. Nel riscaldamento apprensione per Pellegrini, visibilmente infastidito dal ginocchio sinistro: allarme poi rientrato. Pioli invece, un po’ per scelta e un po’ per necessità (sette gli indisponibili), rispetto al Torino ne ha cambiati quattro: Kjaer per Romagnoli, Hernandez per Kalulu, Bennacer per Tonali e Ibra – alla seconda da titolare - per Giroud. Dietro lo svedese il tecnico rossonero ha confermato Krunic, preferendo lasciare in panchina Diaz, al rientro dopo il Covid. Cambiano gli uomini, cambia il valore degli avversari, ma non cambia il Milan nel suo insieme. Una squadra che ha raggiunto una consapevolezza totale della propria forza, cosa che le garantisce una gestione matura in qualsiasi contesto. Anche in casa di una diretta concorrente europea che, soprattutto nei primi minuti, si è buttata in avanti e ha spaventato il Diavolo più di una volta. Solo che a spavento è seguita reazione.

CHE SFIDA SULLA FASCIA — E così ne è venuto fuori un primo tempo decisamente bello. Nessuna speculazione tattica, pochi calcoli e fase offensiva marcatamente aggressiva. Occasioni da una parte e dall’altra, Pellegrini ha fatto venire i brividi due volte a Tatarusanu nel primo quarto d’ora – fuori di poco in entrambe le occasioni – e i primi scorci di gara hanno offerto una Roma più convinta e un Milan più impacciato. Rapporti di forza che sono durati poco perché dopo una decina di minuti i rossoneri si sono sistemati e la Roma ha iniziato a trovare con maggiore difficoltà i corridoi giusti. Bennacer e Kessie si sono occupati a turno di Pellegrini, costringendolo ad arretrare il raggio d’azione, Kjaer ha cancellato Abraham e i giallorossi hanno dimostrato di patire in particolare i movimenti di Saelemaekers e Calabria sul centrosinistra, dove la cerniera Veretout-Mkhitaryan ha faticato a seguire gli avversari. Bellissima la sfida lungo la corsia sinistra del Milan, con Zaniolo e Leao a mettere a dura prova i nervi di Hernandez e Karsdorp. Ibrahimovic, come d’abitudine, è arretrato spesso a gestire palla sulla trequarti, aprendo spazi per un Leao sempre più ispirato. Il Milan è cresciuto con lo scorrere delle lancette e hanno iniziato a piovere occasioni: prima Kessie, poi Leao ha ciabattato da ottima posizione, Ibra ha alzato la mira davanti a Rui Patricio e quindi ha colpito. Leao si è preso una punizione dal limite e Zlatan ha infilato la porta giallorossa con un destro basso e angolato.

LA LEGGEREZZA DI THEO — Era il 26’ e la Roma ha accusato il colpo, perdendo aggressività e lucidità, e agevolando la gestione del Milan. Maresca ha annullato un gol a Leao per fuorigioco di Ibra e anche la ripresa è iniziata con una rete cancellata ai rossoneri – stavolta di Zlatan -, sempre per fuorigioco. Mourinho ha ridisegnato la Roma con la difesa a tre, ma il Milan ha colpito ancora: lungo lancio per Ibra, entrata scomposta di Ibanez e rigore, subito assegnato e poi confermato dopo controllo al monitor. Zlatan ha ceduto cavallerescamente a Kessie: 2-0 e Roma mentalmente a pezzi. Pioli ha tolto lo svedese e inserito Giroud, Mou ha buttato dentro El Shaarawy e Carles Perez, ma la partita ha cambiato faccia al 22’ quando il Milan è rimasto in dieci: fallo intenzionale di Hernandez su Pellegrini, secondo giallo e Diavolo in dieci. Un’espulsione molto pesante anche in ottica derby. Pioli ha inserito Ballo-Touré per Saelemaekers e poi Tonali, Romagnoli e Bakayoko per Leao, Bennacer e Krunic. Una doverosa prudenza, che ovviamente è equivalsa a una sofferenza sempre più opprimente. Nell’ultimo quarto d’ora è stato un assalto totale. Prima Kjaer ha suggellato una prova fantastica salvando su Zaniolo con Tatarusanu battuto, poi il portiere rossonero ha disinnescato Mancini. Al 93’ El Shaarawy ha accorciato le distanze e trasformato gli ultimi tre minuti di recupero in un assedio senza respiro dove il protagonista è stato ancora Tatarusanu, con un volo planato che ha disinnescato il sinistro di Carles Perez.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Il Bologna affossa il Cagliari
con De Silvestri e Arnautovic:
finale avvelenato

Per la squadra di Mazzarri terza sconfitta di fila:
nel recupero espulsione di Caceres, clamorosa occasione di Lykogiannis
e raddoppio degli emiliani prima del raddoppio dell’attaccante


Francesco Velluzzi


Tutti in piedi per il Bologna. Così urlano i tifosi che, felici, fanno festa per i tre punti che proiettano la squadra di Sinisa Mihajlovic insieme al gruppo della Juve a 15 punti. Due a zero al Cagliari, sempre più ultimo (a 6), sempre più solo. Il piano architettato da Walter Mazzarri per portare via un punto dal Dall’Ara dura solo 49 minuti, quando viene colpito al cuore da dottor De Silvestri. Il problema è che non c’è una reazione, solo confusione dalla quale non possono trarre giovamento né Pavoletti, che si sbatte alla morte, nè Joao Pedro. Anzi il finale porta a una vergognosa rissa che porta all’espulsione di Caceres.

Sul tecnico toscano si allungano ombre, anche se il presidente Giulini nel dopo partita si presenta a parlare in sala stampa e sembra voler togliere ogni dubbio sulla posizione dell'allenatore e si "limita" ad alludere a un ritiro (non punitivo) perché la squadra possa far quadrato. La dirigenza del Bologna ottiene invece la risposta che Mihajlovic voleva. Cioè la vittoria. Suggellata nel recupero da Arnautovic, nullo nella prima parte, super incisivo nella seconda.

PRIMO TEMPO — Il Bologna è quello annunciato con capitan Soriano e Musa Barrow alle spalle dell’idolo Arnautovic. Gary Medel governa la difesa a tre al centro e deve lottare con i centimetri e la stazza di Pavoletti. Mazzarri ne recupera tre, ma ne perde in albergo uno: Ceppitelli, colpito dalla lombalgia, non va neppure in panchina. In compenso nel Cagliari che sfoggia per la prima volta in campionato la divisa celeste in omaggio ai suoi uruguaiani c’è Godin, leader della Celeste, al centro della difesa a quattro, c’è Strootman in mezzo al campo e Nandez, altro uruguagio di pregio, a destra per provare a dar fastidio. Ed è proprio il numero 18 a creare più problemi a un Bologna che parte subito all’attacco con spinta e coraggio trascinato dalla curva Bulgarelli (i distinti sono pieni solo al centro) ma che poi non riesce a trovare mai il modo per aggirare il bunker del Cagliari stretto nel suo 4-4-2 con tutti gli uomini a protezione, Godin e Carboni attentissimi su Arnautovic, Nandez che viene a fare spesso il terzino (lamentandosi) per dare una mano a Zappa facendolo inventare quasi un 5-3-2 e Joao Pedro pronto a ripartire. Il problema è che il brasiliano si trova sempre solo in mezzo a tre o quattro quando vuol far uscire il Cagliari dal guscio.

Però è la squadra di Mazzarri che si rende più pericolosa. Con Nandez che calcia debolmente davanti a Skorupski e con Marin che calcia alta, a giro, una punizione favorevole, concessa in seguito a un’altra che Svanberg tocca con il braccio. C’è poco, comunque, nel primo tempo, soprattutto nel Bologna che Mihajlovic vuole vedere vittorioso a ogni costo.

SECONDO TEMPO — E infatti al ritorno in campo bastano 3 minuti e 50 secondi ai rossoblù di casa per sbloccarla: Medel indirizza dal suo centro di gravità, Arnautovic fa la prima cosa bella della partita, un velo che inganna Carboni e lancia de Silvestri. Lollo è bravo a infilarsi, bruciando Lykogiannis e battendo Cragno. Tutti in piedi per il Bologna. La mossa di Mazzarri è inserire Bellanova per Strootman. E Nandez va a fare la mezzala. Ma c’è anche la mossa della disperazione per dar più peso all’attacco: dentro Farias per Deiola e anche Caceres per Carboni. Farias e Nandez diventano due supporti in più per le punte. Una scossa che non arriva se non con qualche spizzata di Pavoletti e un tiro di Marin alto. Anzi è il Bologna a spaventare, prima dell’uscita Barrow serve una gran palla ad Arnautovic e Cragno è bravissimo. Quando entra, Sansone alla prima occasione prende il palo.

Solo nel finale il Cagliari mostra i denti e gli attributi ma nella baraonda di un calcio d’angolo è Caceres a farne le spese. La rissa coinvolge tutti i giocatori, Massa caccia l’uruguaiano che ha scagliato un pallone addosso a un avversario. Da lì il parapiglia. Ma nel convulso finale il Cagliari ha anche la palla del pareggio: la calcia Lykogiannis ma Skorupski con un balzo la manda in angolo. È un recupero infinito (in principio 3 minuti) ma il finale è del Bologna, anzi di Arnautovic che, servito da Sansone (Bellanova scivola) infila Cragno e mette la parola fine.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2021/2022 11ª Giornata (11ª di Andata)

30/10/2021
Atalanta - Lazio 2-2
Verona - Juventus 2-1
Torino - Sampdoria 3-0
31/10/2021
Inter - Udinese 2-0
Fiorentina - Spezia 3-0
Genoa - Venezia 0-0
Sassuolo - Empoli 1-2
alernitana - Napoli 0-1
Roma - Milan 1-2
01/11/2021
Bologna - Cagliari 2-0

Classifica
1) Napoli e Milan punti 31;
3) Inter unti 24;
4) Roma e Atalanta punti 19;
6) Lazio e Fiorentina punti 18;
8) Verona, Juventus, Bologna e Empoli punti 15;
12) Torino e Sassuolo punti 14;
14) Udinese punti 11;
15) Sampdoria e Venezia punti 9;
17) Genoa e Spezia punti 8;
19) Salernitana punti 7;
20) Cagliari punti 6.

(gazzetta.it)
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A Empoli il Genoa si salva all'89'.
Ma la sorte di Ballardini è segnata

Il Grifone si fa rimontare nella ripresa e va sotto ma un gol
del giovane Bianchi (terzo gettone in A) a tempo quasi scaduto potrebbe
non aver salvato la panchina del tecnico


Lorenzo Franculli


Ballardini a un minuto dal '90 era virtualmente esonerato. Ma il pareggio strappato allo scadere grazie al "canterano" Bianchi, al suo terzo gettone in Serie A non basterà comunque a salvare la panchina. Su di lui si staglia l'ombra di Shevchenko. Ma andiamo con ordine. Il Genoa al Castellani si porta in vantaggio con Criscito su rigore, si fa recuperare da Di Francesco, va in svantaggio (gol di Zurkowski) ma trova il pari in extremis con 21enne entrato da pochi minuti. Un finale davvero da brividi. Continua invece il momento no dei toscani nelle gare casalinghe: solo una vittoria (e un pari) nelle sette giocate a Empoli.

IN BILICO — Ballardini arrivava al Castellani già in bilico. E con in tribuna i dirigenti del fondo statunitense 777 Partners che, dopo il closing fissato per il prossimo 15 novembre, diventeranno i nuovi proprietari del Genoa. Il Grifone in campo parte a razzo. Nei primi 9 minuti arriva al tiro tre volte, due con Caicedo e una con Cambiaso. E poi, al 10', Pairetto assegna il rigore al Genoa per un fallo di mano - pochi centimetri dentro l'area - di Fiamozzi. Dal dischetto va lo specialista: Vicario la sfiora, ma Criscito insacca. Per il capitano del Grifone è il quinto gol dagli 11 metri su 5 della stagione, nessuno come lui in Europa (e sono 15 su 17 in totale in Serie A). I toscani sembrano accusare il colpo. La reazione non arriva. E la prima vera occasione (l'unica del primo tempo) la spreca Bandinelli al 30': il suo sinistro da posizione defilata finisce alto. Il Grifone sembra poter controllare la partita. Invece...

ANDREAZZOLI CAMBIA LE CARTE — Nella ripresa, Andreazzoli per dare più peso all'attacco, inserisce Cutrone al posto di Bandinelli. L'ex Milan e Fiorentina inizia a fare a sportellate e a correre e lottare, ma l'Empoli non sfonda. Al 59' il tecnico ne cambia tre, fuori Haas, Stulac e Marchizza, dentro Ricci, Zurkowski e Parisi. E tre minuti dopo i toscani trovano il pari. Pinamonti fa da sponda per Zurkowski che sulla destra pesca Di Francesco. Per l'attaccante è una sorta di rigore in movimento e buca Sirigu. Ma ora in campo c'è tutto un altro Empoli. E al 66' sfiora il vantaggio con un tiro-cross di Henderson che finisce fuori di un soffio. Ballardini cerca di correre ai ripari e sostituisce Sturaro e Rovella per Kallon e Behrami. Ma è l'Empoli a colpire al 71'. Parisi innesca Zurkowski: il suo sinistro da 25 metri s'infila nell'angolino basso, Sirigu non può nulla.

GIOIA BIANCHI — Ma quando tutto sembrava perduto per il Genoa, ecco il gol da chi non ti aspetti. All'89' triangolo Melegoni-Caicedo-Bianchi, che di sinistro calcia di forza e la palla s'infila all'incrocio, imparabile per Vicario. Nessuna squadra ha pareggiato più gare del Grifone nei maggiori 5 campionati europei in corso: sei, tra cui tutte le ultime tre partite. Ma di sicuro la sua squadra non muore mai: è il decimo gol (su 17) realizzato nell'ultimo quarto d'ora.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Un gioiello di Sala lancia lo Spezia:
frenata del Torino.
Ma Orsato...

La squadra di Thiago Motta prevale grazie a un gran tiro da fuori del centrocampista.
Tocco di mano di Bastoni: Orsato controlla al Var ma non dà rigore ai granata


Mario Pagliara


Il golfo dei Poeti rimane indigesto al Toro. Dopo il 4-1 di maggio, i granata escono sconfitti anche in questo pomeriggio, stavolta con il minimo scarto. Lo Spezia vince con merito, dopo un primo tempo equilibrato ed una ripresa nella quale ha aperto il gas dominando atleticamente un Toro apparso molto stanco. Thiago Motta aggiunge tre punti pesantissimi alla sua classifica, mettendo la testa momentaneamente fuori dalla zona pericolo, grazie a un gioiello a metà ripresa di Jacopo Sala, il migliore tra i ventidue in campo. Al triplice fischio Juric è il primo ad uscire dal campo, scuro in volto e con mille pensieri, perché in novanta minuti più recupero il suo Toro non è riuscito mai a centrare la porta di Provedel con un tiro. L’unico pallone arrivato tra le braccia del portiere spezzino è stato al 93’ con un colpo di testa innocuo di Izzo. Per i granata è stato un passo indietro.

CORPO A CORPO — Mentre il sole scalda il pomeriggio di un tiepido sabato spezzino novembrino, in campo la temperatura sale rapidamente. Perché per quarantacinque minuti è tutto un corpo a corpo, un duello quasi rusticano, certo favorito dal terreno di gioco stretto del Picco, ma appare anche una impostazione precisa data da Juric e da Thiago Motta. Partita fisica, dunque, e non c’è allora da meravigliarsi se l’arbitro Orsato deve fischiare ben quindici falli dopo appena dodici minuti. Spezia e Toro se la giocano di forza, senza esclusione di colpi. E lo si capisce già dalle formazioni di partenza. Marcature a uomo per entrambi in tutte le zone del campo: Bremer su Nzola, Djidji su Verde, Maggiore su Lukic, Kovalenko su Praet (a proposito, il belga è regolarmente al suo posto come si era capito ieri pomeriggio dopo la rifinitura), Gyasi su Aina bloccato. Spezia con un insolito 4-1-3-2, granata con il tradizionale 3-4-2-1. Per tutto il primo tempo c’è tanto agonismo ma poco spettacolo.

LA MANO DI BASTONI — A metà gara sbagliano poco entrambe le squadre, fondamentalmente equivalendosi, la bilancia si sposta sulla conta degli episodi. Tre gli errori che potevano costare caro al Torino: il primo è di Bremer (11’), favorendo una girata di Verde di poco fuori. Il secondo è di Aina (32’): la sua incertezza lancia Nzola, il cui tiro è potente ma non inquadra lo specchio. L’ultimo è di Rincon, a metà primo tempo quando il General sbaglia un controllo ed evita il contropiede dello Spezia con il Toro tutto scoperto con un fallo che gli costa l’ammonizione. Al 29’ c’è l’unico errore da matita rossa dello Spezia, è di Provedel: il portiere sbaglia l’uscita, ma Singo non ne approfitta sparando in curva a portiere battuto e a porta vuota. In mezzo a tanto equilibrio, arriva poi l’episodio che lascia molti dubbi. Cade al 19’, quando da un cross in area di Praet la palla supera Singo e Erlic, battendo sul braccio sinistro largo di Bastoni prima di arrivare a Belotti, la cui conclusione si ferma sulla traversa. Orsato viene richiamato dal Var Nasca a rivedere l’azione al monitor: non dà il rigore, e annulla tutto per la posizione di fuorigioco del Gallo. Rivedendo l’azione, i dubbi restano.

SUPER MILINKOVIC — Quando inizia la ripresa, è lo Spezia a metterci più voglia e intraprendenza. In tre minuti, tra il terzo e il sesto, Nzola vince due volte il corpo a corpo con uno stanco Bremer: nel primo tentativo non inquadra lo specchio, nel secondo c’è bisogno di una super parata di Milinkovic per salvare il Toro. Sotto l’ora di gioco, Juric capisce che è il momento di dare una scossa con i cambi a un Toro sotto tono: dentro Baselli per Rincon, Pjaca per Linetty e Sanabria per Belotti.

IL GIOIELLO DI SALA — Un minuto dopo le sostituzioni, proprio da una palla persa da Pjaca in zona d’attacco, nasce il contropiede dello Spezia che porta al vantaggio dello Spezia. Nzola lavora benissimo sulla fascia destra, aprendo dall’altra parte per Kovalenko, il resto lo fa l’accorrente Sala (è il 13’) con un destro chirurgico che supera Milinkovic (Baselli tenta l’opposizione col corpo). È il gioiello che spezza l’equilibrio di una partita che nella ripresa è salita decisamente di tono. A questo punto il Toro si scuote, e riesce a rendersi pericoloso cinque minuti dopo con una girata di Sanabria nel cuore dell’area, senza fortuna. Al 26’ Thiago Motta toglie Sala, l’eroe di giornata, giocandosi la carta Salcedo. Juric risponde con Zaza (per Singo) sbilanciando nel finale il suo Toro con il 3-4-3 alla ricerca del pari, con Praet sulla destra e il tridente Zaza, Sanabria, Pjaca. Nel finale il Toro ci mette almeno la buona volontà, ma senza nessun pericolo concreto. La festa è in curva Ferrovia.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Juve di corto muso:
magia di Cuadrado al 91’, k.o. i viola in 10

I bianconeri, finale a parte poco aggressivi, rischiano di impattare
contro la Fiorentina con un uomo in meno (rosso a Milenkovic al 73’).
Poi il colombiano si inventa un destro da favola


Livia Taglioli


Per una gara da “bollino rosso” era lecito attendersi una Juve formato-marine. Invece una squadra compassata e ben poco assatanata fino a poco prima del finale infuocato rischia di terminare il match a reti inviolate contro una Fiorentina ridotta in 10 dopo l'espulsione di Milenkovic al 73'. Poi arriva l’invenzione di Cuadrado, un destro da posizione angolatissima deviato da Biraghi, che a tempo scaduto regala alla Juve i sospirati tre punti dopo che le ultime due gare di campionato avevano lasciato a secco la Signora. La Fiorentina fa di più e meglio, anche se la squadra di Italiano a sua volta non brilla per pericolosità. Per la Juve da registrare anche una traversa colpita da Chiesa. All'Allianz Stadium finisce 1-0, e la Juve aggancia in classifica la Fiorentina.

RUGANI IN CAMPO DAL 1’ — Due infortuni e due scelte tecniche alla fine decidono la formazione bianconera: Szczesny causa un colpo al costato, e Chiellini per un fastidio all’adduttore destro nel riscaldamento sono out. Allegri aveva già deciso di dare un turno di riposo a Bonucci, finora il più impiegato, e a Bernardeschi, quindi alla fine giocano Perin, Rugani al fianco di De Ligt, e Rabiot sulla sinistra. La Fiorentina schiera un intraprendente 4-3-3 con Vlahovic fra Callejon e Saponara, mentre deve rinunciare fra gli altri a Dragowski. Un dettaglio non da poco, visto che Terracciano in uno scontro con De Ligt dopo un quarto d’ora si infortuna a un occhio e trascorre la successiva mezz’ora a detta sua senza vederci dall’occhio destro, molto arrossato. Ma resiste, e la Juve non riesce ad approfittarne. I viola giocano alti, pressando e minacciando da vicino Perin. La Juve contiene e riparte ma senza pungere, collezionando al termine dei primi 45’ giusto un paio di conclusioni fuori dallo specchio, nonostante Chiesa giostri alto e McKennie si inserisca con buona puntualità. La Fiorentina sotto rete non fa molto meglio - con Saponara e Callejon che sbagliano mira e Perin che smanaccia in anticipo su Castrovilli - ma mostra una miglior organizzazione, oltre che maggiore intraprendenza. A tempo scaduto un “mani” di Danilo viene valutato dal Var come regolare, e la prima frazione termina sullo 0-0.

CUADRADO MATCH WINNER — La ripresa si apre con Pellegrini in campo al posto di Alex Sandro, ma soprattutto con l’azione più pericolosa della gara fin qui: Morata cerca di domare un pallone in area, Milenkovic tocca forse di mano, lo spagnolo colpisce al volo di sinistro e sfiora la base del palo alla destra di Terracciano. Ma è un fuoco di paglia, poi la gara torna sui binari già visti, con la Fiorentina che imposta e la Juve che intercetta qualche pallone e si riversa in avanti, senza peraltro creare grandi pericoli. Il ritmo cala, la Fiorentina stessa dà priorità al possesso palla, mentre la Juve non trova né il collettivo né l’acuto e la partita si fa di una stagnante mediocrità. All’espulsione del secondo allenatore Daniel Niccolini fa seguito quella di Milenkivic, per doppia ammonizione. E’ il minuto 73’, può essere la svolta. La sfiora Chiesa tre minuti più tardi, colpendo la traversa con un destro di rabbia e potenza. Poi prova a darla Allegri, inserendo Cuadrado al posto di Rabiot, al minuto 79. E ancora una volta l’allenatore avrà ragione, anche se il cambio appare tardivo. Dopo un intervento decisivo di Terracciano su Chiesa, è infatti il colombiano a decidere il match, con un destro da posizione angolatissima deviato da Biraghi. E’ il 91’. Arrivano i tre punti, ma anche la conferma che la Juve ha ancora tantissima strada da percorrere per trasformarsi anche in campionato in una squadra “europea”.

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Troppa Atalanta per il Cagliari:
Pasalic e Zapata firmano il colpo

Tutti i gol nel primo tempo: a segno il croato, Joao Pedro e il colombiano.
Nella ripresa la squadra di Gasp manca più volte il tris


Francesco Velluzzi


Scatto da Champions e altri tre punti in trasferta. L’Atalanta passa a Cagliari (1-2) e legittima la sua posizione. In attesa della sfida della Roma in laguna. Il colpo che conduce a quota 22 è firmato da Pasalic e dall’irresistibile Duvan Zapata che sale a quota 7 centri, come Joao Pedro. Ma al Cagliari di Mazzarri non basta il solito acuto del capitano brasiliano per invertire la rotta e sganciarsi dall’ultimo posto solitario. Ora c’è una nuova sosta. La fiducia nel tecnico, chiamato dopo tre giornate a posto di Leonardo Semplici, stando alle parole del club, non sembra in discussione. Ma c’è una nuova sosta prima della gara esterna con il Sassuolo e bisognerà capire se l’idea Fabio Liverani (dato in tribuna) può essere ‘ultima disperata mossa. Di certo c’è da registrare la sesta sconfitta (quarta di fila) della gestione Mazzarri. Mentre il collega Gasperini fuori casa ha battuto cinque colpi su sei. Così l’Europa dei grandi continua a essere più che possibile.

PARTITA — Il sale lo mette il dg rossoblu Mario Passetti in tv prima del match. Il presidente Tommaso Giulini, assente annunciato ha spedito lui a dire che Mazzarri "da qui a fine anno dovrà valutare col direttore sportivo (Stefano Capozucca) chi merita di stare nel Cagliari. Da qui a gennaio chi non se la sente potrà cambiare squadra". Poi si comincia ed è ancora Walter Mazzarri a stupire. Davanti c’è solo Joao Pedro con Nandez a fare da zanzara ai colossi di Gasperini.C’è pure il ritorno ala difesa a tre con Zappa accanto a Godin e Carboni. Il pimpante Bellanova è titolare, a destra tra i cinque. L’Atalanta mette Malinovskyi e Pasalic insieme a Zapata in uno schieramento che sembra più un 3-4-3 che il classico 3-4-2-1. Ma ai nerazzurri bastano 5’23” per andare in vantaggio con Pasalic. Zapata usa il fisico per smistare, Zappacosta mette dentro in mezzo dove Zappa si dimentica Pasalic che, tutto solo, mette dentro. Gasp cambia e passa a 4 dietro. Posizionando un 4-2-3-1 con Maehle e Zappacosta terzini e De Roon che va a occuparsi di Strootman. Non deve fare gli straordinari perché l’olandese non è certo volante. Godin incappa nel giallo (il terzo stagionale) spendendolo su Maehle e al minuto 25 Cragno deve superarsi su Zapata uscendogli basso incontro. Due minuti dopo il Cagliari pareggia: lancio splendido di Godin, De Roon guarda, Joao supera Demiral e batte Musso. Sette gol del brasiliano, difesa Atalanta a non impeccabile. Il piano di Mazzarri, che poi manda Grassi a scaldarsi, è proprio quello di sorprendere Gasperini con i lanci lunghi facendo scattare Nandez e Joao in velocità. Il Cagliari a gioca così. Però, poi, riprende a tremare: Deiola salva un pericolo, ma al 43’ la Dea rimette la testa avanti perché Zapata è incontenibile. Palla sanguinosa persa da Carboni, Koopmeneirs opera a destra e serve Zapata che si gira su Godin e batte Cragno di sinistro.

SECONDO TEMPO — Grassi è il nome nuovo del Cagliari. Al posto di Deiola. La scossa iniziale c’è, ma Bellanova calcia male. Occasione persa, l‘Atalanta riprende a macinare e dopo 10’ c’è l’episodio che farà discutere a lungo. Zappa perde palla, contrasto con Zappacosta che mette dentro, Carboni calcia il pallone e Pasalic va giù. Piccinini indica il dischetto senza esitazioni. Sembra che il 44 sardo scalci il croato. Ma Chiffi, dopo lungo consulto lo manda al Var e la decisione viene revocata. Carboni ha preso prima il pallone. Mazzarri si rasserena e adesso gioca la carta Pavoletti per Strootman che, quando esce, fa l’unico scatto della sua partita. Sardi a quattro. La Dea era ripartita a tre con le modifiche del Gasp: Ilicic per Malinovskyi e Lovato per Koopmeneirs. Lo sloveno incide, con finte, cambi di passo e di piede. Lui e Zapata, con Pasalic dietro sono un pericolo costante e al 31’ Cragno deve superarsi ancora sul tiro di Ilicic. Poi di nuovo su di lui e quindi bloccando a terra un tiro di Duvan. Il Cagliari mette una sola palla sulla testa di Pavoletti ma il livornese spedisce alto. Ha speso tanto la squadra di Mazzarri per star dietro alla Dea, Mazzarri deve provare anche la carta Pereiro (al posto di un buon Bellanova) e pure Farias per Zappa per l’assalto dei quattro minuti di recupero. L’Atalanta avrebbe ancora la chance per i 3-1 ma si piace troppo, non tira al momento giusto e guadagna un angolo per perder tempo. E portare a casa tre punti da Champions.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Shomurodov e Abraham non bastano.
Roma, che tonfo a Venezia. Ma il rigore...

La squadra di Mou dopo essere stata in vantaggio 2-1 si fa riprendere e sorpassare da Aramu e Okereke.
Dubbio il fallo di rigore che ha portato al pareggio fischiato a Cristante, un altro possibile "rigorino"


Fabio Bianchi


Il Venezia apre ufficialmente la crisi della Roma con una vittoria che Rocambole, al secolo Piere Alexis Ponson di Terrail, non avrebbe saputo descrivere meglio. Esplode di gioia il Penzo, esploderà anche lo spogliatoio della Roma, ma di rabbia. Una sola vittoria nelle ultime 7 partite, contro il Cagliari ultimo in classifica. Eppure sembrava avere in mano la partita, invece il Venezia ha pareggiato su rigore e poi affondato la lama in contropiede e legittimato l risultato colpendo due traverse. Grande protagonista Caldara, che sembra rinato (buona tenuta in difesa, gol e rigore procurato) e dall’altra parte Abraham. Lui sì, avrebbe meritato il successo.

PAREGGIO E SORPASSO — Partita da mille occasioni. Il fatto che Caldara si andato in gol al 3’, anticipando Cristante sulla punizione di Aramu, ha acceso subito la gara. La Roma, che Mourinho ha schierato per la prima volta con la difesa a 3 con Pellegrini dietro le punte e El Shaaarwy esterno sinistro, ha pressato subito un Venezia ben disposto in campo ma leggerino nel fisico e nelle intenzioni. Per una ventina di minuti la Roma ha confermato i suoi problemi in fase realizzativa, ma poi si è scatenato Abraham. Ha conquistato un rigore (cancellato dal Var per fuorigioco di Pellegrini), ha colpito un palo con un ottimo diagonale, ha spizzato di testa il cross di Veretout dove Romero in tuffo ha deviato ma Shomurodov è stato pronto a ribattere in rete. E, infine, all’ultimo respiro del primo round, ha difeso da colosso una palla in area contro Ceccaroni, si è girato e ha centrato l’angolino col diagonale. Per mole di gioco, un risultato parziale che ha rispecchiato le forze in campo, anche se il Venezia ha avuto la ghiotta occasione di raddoppiare in ripartenza. Okereke, sull’invito di Ampadu, è sfuggito a Kumbulla, è entrato in area e ha provato il tiro a giro, finito fuori.

IL RIBALTONE — La superiorità tecnica della Roma ha fatto pensare a tutti che nel secondo round sarebbe tracimata. Invece la difesa di Zanetti ha tenuto, mente il Venezia ha cominciato a distendersi in avanti fino a procurarsi il rigore (dubbio, prima c’era un probabile fallo di Kiyine su Ibazez, e il contatto di Caldara-Cristante non sembra tale da giustificare la massima punizione) poi trasformato da Aramu. A quel punto Mourinho si è disposto a 4 togliendo Kumbulla e inserendo Carles Perez. E Zanetti con l’esordio di Modolo, ha risposto schierandosi a 5. Tanta potenza offensiva nei giallorossi, parecchi pericoli dalle parti di un Romero cresciuto nel finale, ma è stato ancora il Venezia a colpire con Okereke che ha sfruttato un gran lancio di Ampadu e stavolta ha bucato Rui Patricio con freddezza. Nell’ultimo quarto d’ora la Roma si è riversata tutta avanti lasciando praterie dove la banda Zanetti ha trovato altre due occasioni colpendo altrettante traverse con Modolo e Henri. Insomma, alla fine la Roma ha pagato il solito difetto: non concretizzare tutte le occasioni che crea. E il Venezia si è sbloccato in zona gol: ha segnato in un sola partita la metà dei gol fatti in tutto il campionato.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Il Bologna vola con Arnautovic:
Samp sempre più giù,
D'Aversa a rischio



Svanberg apre la gara, Thorsby segna il pareggio ma
un'incornata dell'austriaco regala i 3 punti alla squadra di Mihajlovic.
Continua il momento nero per i blucerchiati


Filippo Grimaldi

Festa Bologna con Svanberg e Arnautovic: nono posto in classifica e una vittoria esterna pesantissima,che affonda la Sampdoria al terzo k.o.di fila e in profonda crisi. Ora il club farà inevitabilmente riflessioni sul futuro di D’Aversa, sempre più incerto, perché la reazione del primo tempo non ha prodotto i risultati sperati. Mihajlovic se la gode, e il suo sorriso a fine gara esprimeva tutto il suo orgoglio per la prestazione dei suoi. Rossoblù da record, diciotto punti nelle ultime dodici partite sono un bottino che il Bologna non raccoglieva da quasi vent’anni. La Sampdoria fallisce l’esame, nonostante l’obbligo di muovere la classifica alla luce dei quattro punti nelle precedenti sette gare, frutto di un cammino disastroso con numeri difensivi da primato negativo. D’Aversa, con Quagliarella acciaccato, ha puntato sulla coppia Gabbiadini-Caputo in attacco, con Candreva battitore libero. Un 4-4-2 con l’esterno della Samp che in fase di possesso saliva sulla linea degli attaccanti. Una prova importante e fallita anche per la difesa. Mihajlovic, invece, si è affidato al suo 3-4-2-1 con Soriano-Barrow alle spalle di Arnautovic. Il risultato è stato un bel primo tempo, con tre occasioni nette da rete per parte. In verità la squadra di D’Aversa aveva dato qualche positivo segnale di risveglio. Tutto vano. Il Bologna, invece, fa e disfa, ha felici intuizioni nelle ripartenze in velocità, ma poi rischia di pagare pure qualche errata lettura difensiva. Anche se il fraseggio è di qualità e si nota un buon automatismo degli uomini di Mihajlovic. Con qualche eccesso di agonismo su entrambi i fronti, che si traduce nelle tre ammonizioni prima dell’intervallo.

BOTTA E RISPOSTA — Sino quasi a metà del primo tempo, più Samp che Bologna, salvato da un super Skorupski (9’) sul colpo di testa di Ekdal dopo il corner di Candreva e poi dal palo che Askildsen colpisce dalla distanza. Qui c’è il risveglio rossoblù. Ekdal mura Barrow, poi Audero salva il pari su Arnautovic (che errore, Augello), innescato da Barrow. Gara che va a fiammate: Theate spreca dal limite dell’area piccola, Skorupski, sempre lui, sventa il pericolo su Caputo e alla mezz’ora ancora (di gamba…) su Candreva. Qui gli animi si accendono: giallo per Gabbiadini e Colley, che entrano duro su Svanberg e Arnautovic. Finale da fuochi d’artificio: Yoshida chiude su un diagonale velenoso di Soriano (37’), che trova poi al 46’ Askildsen sulla traiettoria del suo tiro. In mezzo (43’), l’errore fatale ancora di Caputo su un posizionamento errato della difesa ospite. Insomma, partita interessante, ma nessuno sembra riuscire a sbloccarla.

CAMBIO DI PASSO — Nella ripresa, Mihajlovic inserisce Skov Olsen per De Silvestri (infortunato), e dopo cento secondi va in vantaggio con una conclusione di Svanberg, tutto solo al centro dell’area, bravo a raccogliere di prima il passaggio di Soriano e a bruciare sul tempo i due centrali sampdoriani. Qui, però, l’errore di posizionamento è anche di Thorsby che non segue lo svedese. Per la Sampdoria è un colpo durissimo anche sul piano psicologico, perché il pubblico rumoreggia, la manovra diventa più prevedibile e, soprattutto, la squadra si allunga. Piovono fischi su Gabbiadini e compagni, la squadra di Mihajlovic blocca le fasce e costringe i blucerchiati ad accentrarsi, trovando così pochi varchi. Ovvio, il gol di vantaggio è un tesoro troppo prezioso per il Bologna, abile a gestire la gara, facendo un proficuo possesso palla contro un avversario in evidente difficoltà, che rivede gli incubi delle ultime partite. Certo, la Samp ci prova. Augello si infila in area e dal vertice sinistro piazza un diagonale che va a lato di un soffio. D’Aversa prova a mettere forze fresche: dentro Torregrossa e Ciervo per Gabbiadini e Askildsen, passando così al 4-3-3 in fase di possesso, con l’ex romanista largo a sinistra, ma tanta frenesia inizialmente non paga. Yoshida s’infila in area rossoblù, ma Skorupski è attento. Caputo perde l’attimo alla mezz’ora, con la difesa del Bologna fuori posizione, ma non succede nulla, finché Thorsby (32’) accompagna in rete una punizione morbida battuta da Candreva su cui salta Yoshida e fa la torre per il compagno. Pari da brividi, e infatti dura poco, perché un minuto dopo Arnautovic servito da Svanberg beffa Augello e batte in porta: 1-2. Nel finale il Bologna prova ad abbassare il ritmo, la partita si scalda, ma il risultato non cambia più. Anzi, al 44’ Arnautovic scappa alla difesa Samp, serve Sansone e Audero quasi a terra respinge in modo prodigioso, lasciando aperta la speranza di una rimonta. No, niente da fare: Theate e Svanberg chiudono ogni varco. Finisce così. Sogno Bologna, che guaio la Sampdoria.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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L’Udinese torna a vincere dopo 8 turni:
Beto decisivo nel 3-2 al Sassuolo

Gara intensa e piacevole: apre Deulofeu dopo 8’,
pareggia Berardi al 15’ e sorpassa Frattesi al 28’ che però
al 39’ devia un tiro di Molina provocando il 2-2.
Nella ripresa, chiude il portoghese al 51’.
Espulso nel finale Makengo per doppia ammonizione


Alex Frosio


La fortuna aiuta gli audaci. Due deviazioni rimettono in carreggiata l’Udinese, che non vinceva dal 12 settembre e che torna al successo sul Sassuolo sfruttando, appunto, due inciampi del pallone: un tiro di Molina che Frattesi corregge e un tiro di Walace che intercettato da Chiriches origina il 3-2.

SPREGIUDICATEZZA — I tremolii della panchina, appena 4 punti nelle ultime 8 giornate, anziché paura infondono coraggio e addirittura spregiudicatezza a Luca Gotti. L’Udinese si schiera con un 4-2-3-1 inedito dal 1’ che ha quattro giocatori avanzati dedicati quasi esclusivamente alla fase offensiva. E il premio è immediato, perché all’8’ i friulani sono già avanti: insolita discesa di Becao nella posizione di ala sinistra, Beto risucchia verso la porta la linea difensiva e Deulofeu taglia verso l’appoggio basso di Becao per deviare facile in rete. Visti i precedenti – zero gol in 4 partite – a questo punto pare difficilissima la risalita del Sassuolo, ma questa gara è molto diversa dalle altre. E il pari arriva subito su gentile regalo di Silvestri: disimpegno sbagliato tra i piedi di Berardi che ringrazia e sbeffeggia ulteriormente il portiere infilandolo sotto le gambe. Gotti perde Arslan, dentro Makengo, e il controllo del pallone, che il Sassuolo amministra con velocità e precisione, anche perché pure i neroverdi non scherzano nella proposta offensiva, allineando il tridente più due invasori. Al 21’ Frattesi libera al tiro Defrel, stoppato da Perez. Al 26’ Berardi colpisce al volo (di destro!), perfetto ma deviato da Nuytinck, sull’angolo successivo Frattesi di testa alza il cross di Traoré. Ma il gol è maturo e arriva al 28’: Traoré manda al cross Rogerio, palla tesa rasoterra perfetta per l’inserimento e il colpo di prima di Frattesi. Il miglior invasore del campionato, eccolo qua: terzo gol in campionato, terzo gol nelle ultime quattro partite. Altro cambio obbligato per Gotti al 35’: Udogie per Samir. E pareggio al 39’, improvviso: conclusione da fuori di Molina, deviazione di Frattesi e Consigli è spiazzato. Poco equilibrio? Sì, ma che spettacolo. Al 43’ il Sassuolo spreca una ripartenza per scelta sbagliata di Traoré e contropiede Udinese: Beto prova a saltare Consigli che lo scippa in uscita.

VIDEO — Il controsorpasso, definitivo, arriva comunque a inizio ripresa e attraverso il casello del Var. Al 6’ un tiro di Walace rimbalza su Chiriches e schizza sul piede di Pereyra, che davanti a Consigli serve Beto libero di infilare a porta vuota. Il guardalinee segnala la posizione irregolare del Tucu, il video lo smentisce: Udinese in vantaggio. Stavolta il Sassuolo non riesce a riprendere il controllo, anche perché l’Udinese resta alta con la linea difensiva, continua ad aggredire e attaccare: Beto prova un paio di volte da fuori, Deulofeu innescato da Makengo alza di poco la mira. Dionisi prova a invertire l’inerzia con i cambi - Henrique per Magnanelli e Scamacca per Traoré – che esasperano ancora di più l’atteggiamento: Defrel passa a sinistra, Raspadori mezzala, Henrique unico costruttore. Ma a parte un paio di colpi a salve di Scamacca, il Sassuolo non si avvicina più alla porta di Silvestri. Il finale per l’Udinese è in 10 per l’espulsione “rapida” di Makengo (due gialli in 5 minuti) ma l’unico pericolo è un colpo di testa di Ferrari, che finisce centravanti-torre, ma Silvestri alza in angolo.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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In casa la Lazio è super: tris alla Salernitana
con Immobile, Pedro e Luis Alberto



Quinto successo in sei gare all’Olimpico per la squadra di Sarri.
Sul 2-0 a inizio ripresa una traversa di Djuric e un palo di Ribery


Stefano Cieri

L’effetto-coppa stavolta non c’è. La Lazio spezza il tabù e per la prima volta in questa stagione riesce a incamerare i tre punti dopo una partita di Europa League. Successo limpido e mai in discussione quello sulla Salernitana, seguita a Roma da 6 mila tifosi appassionati che non hanno mai sesso di incitare la loro squadra. La formazione di Sarri chiude la pratica in mezzora con l’uno-due firmato Immobile-Pedro e poi controlla agevolmente, concedendo qualcosa agli ospiti solo nel primo quarto d’ora della ripresa, per poi chiudere definitivamente i giochi con Luis Alberto. Vittoria importante, perché consente alla Lazio di scavalcare la Roma e restare ad un punto dal quarto posto, ora occupato dalla sola Atalanta. Successo prezioso, però, non solo per la classifica, ma anche perché conferma i progressi nel gioco che la formazione romana aveva già fatto registrare nelle ultime uscite. Per la Salernitana un k.o. con poche attenuanti. Troppo timorosa all’inizio la formazione di Colantuono, eccessivamente preoccupata di contenere la manovra degli avversari. Quando prova a svegliarsi è ormai troppo tardi.

UNO-DUE ALLA MEZZORA — Partita con copione a senso unico sin dalle prime battute. Lazio che tiene palla, manovra, cerca l’imbucata giusta per arrivare nell’area avversaria. E Salernitana che pensa unicamente a chiudere tutti gli spazi. La formazione campana ci riesce abbastanza bene nei primi venti minuti, anche perché la lazio non alza eccessivamente il ritmo. Probabile che si tratti di una scelta ragionata. Le fatiche di coppa sono risultate sempre fatali alla formazione biancoceleste fin qui e i sarriani vogliono evitare di ritrovarsi nella stessa situazione. La formazione di Colantuono forse potrebbe approfittare di questo approccio morbido dei padroni di casa. Ma non lo fa. La squadra campana resta rintanata nella sua metà campo, affidando unicamente a Ribery e ai due attaccanti Simy e Bonazzoli il compito di guastare le feste. ma in tre contro tutti non c’è partita. Superata la prima fase di studio, la Lazio comincia a sgasare un po’ attorno alla mezzora. E tanto basta per andare in vantaggio e poi raddoppiare. La sblocca al 31’ il solito Immobile che deposita in rete di testa dopo un’azione molto bella,impostata da Felipe Anderson, rifinita da Milinkovic per Pedro che di testa serve Immobile per il suo 161° gol con la Lazio. Passano cinque minuti e arriva già il raddoppio. Pasticcio difensivo tra Zortea e Gyomber in fase di costruzione, Pedro arriva come un falco, ruba palla ai difensori e fredda Belec. I biancocelesti a quel punto vanno sul velluto e sfiorano anche la terza rete, con Milinkovic su punizione.

LA CHIUDE LUIS — Salernitana più vivace e intraprendente nella ripresa, ma non basta per riaprire la gara, Anche perché i campani non sono particolarmente fortunati nelle due occasioni più importanti che si creano per dimezzare lo svantaggio. Pochi minuti dopo l’intervallo è il nuovo entrato Djuric a colpire di testa la traversa su assist di Ribery. Più tardi tocca allo stesso francese colpire il palo. I cambi di Colantuono, che sostituisce i due attaccanti (dentro prima Djuric e poi anche Gondo per Simy e Bonazzoli; entreranno poi anche Kechrida, Coulibaly e Veseli) sembrano poter sortire l’effetto sperato. Ma è solo un’impressione. La Lazio, per non correre troppi rischi, abbassa in questa fase il baricentro ed evita guai peggiori. I biancocelesti sono però lesti a rialzare la testa appena ne hanno l’occasione. E il colpo di biliardo di Luis Alberto chiude definitivamente la contesa al minuto 24. C’è tempo solo per tanta accademia (l’arbitro Rapuano giustamente non concederà recupero), per un po’ di cambi (Sarri fa rifiatare Luiz Felipe, Milinkovic, Anderson e Cataldi: entrano Patric, Basic, Leiva e Zaccagni) e un altro palo, questa volta della Lazio: lo colpisce Immobile.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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