L'artista inglese pubblica il nuovo album "Sacred love"
lavora all'autobiografia e si prepara un tour mondiale
Il ritorno di Sting
"Io, Vescovo del Rock"
In vendita da oggi il disco pensato dopo l'11 settembre
di GARY GRAFF
LONDRA - "Sono sempre riuscito a fare esattamente quello che volevo", dichiara Gordon Matthew Sumner, 53 anni, nato a Newcastle, Inghilterra: in arte Sting. Mentre esce il nuovo album Sacred love, il musicista lavora alla biografia. Il nono disco della sua carriera post-Police è nato dopo l'11 settembre 2001 e contiene i contributi di Mary J. Blige e Anoushka Shankar, figlia del virtuoso di sitar Ravi Shankar. L'album affronta in sostanza i temi della vita e della morte ma con una portata stilistica che definisce la visione di Sting e che, afferma l'autore, fa della musica il collante di tutti gli altri suoi sforzi.
All'orizzonte c'è un cavalierato: Sir Sting?
"Mi piacerebbe passare direttamente al titolo di duca, saltando il Sir, diventare subito duca di Newcastle o, che so, Vescovo Rock. Sarebbe bello".
Che cosa si proponeva di realizzare in Sacred Love?
"La genesi dell'album parte dal 12 settembre 2001. Continuavo a chiedermi che senso avesse essere un cantautore in un mondo simile. Sentivo un gran senso di vuoto. L'incertezza fu il seme di questo progetto. Iniziai a riempire gli spazi vuoti con storie in miniatura: relazioni amorose, un po' di musica qua e là. Ma solo verso la conclusione del progetto ho capito che stavo in realtà dipingendo un paesaggio ben più ampio di quanto immaginassi, affrontando temi che andavano ben oltre i legami amorosi".
Lavorando a Sacred love aveva timore di non reggere il confronto con Brand new day?
"Faccio musica per mio piacere personale. Che abbia successo o no non influisce. Non inseguo le mode, faccio un disco per me, per i miei amici, per i musicisti. Se scala le classifiche bene, altrimenti lo farà il prossimo".
C'è qualche brano in particolare che ha dato l'impronta all'album?
"La prima canzone che ho scritto è la prima che appare sul disco, Inside, parla di una persona ferita in amore che si è ritirata in una sorta di tunnel lontano dal dolore, timorosa di poter soffrire ancora. Ma se vuoi essere amato di nuovo devi correre il rischio che l'amore ti devasti, ti distrugga".
Il tema dell'amore è affrontato in maniera non convenzionale.
"Nel pop l'amore è tutto sentimento, violini e cinguettii. Invece può essere davvero un'emozione violenta".
In genere preferisce scrivere i testi prima delle note?
"In verità negli ultimi anni ho cercato di dare prima una struttura musicale al brano, lasciando che la musica mi suggerisse una storia, uno stato d'animo, un personaggio, una piccola soap".
Alcuni brani hanno un timbro più aggressivo, hard rock, rispetto agli ultimi album.
"Credo che dipenda dalla situazione emotiva che vivevo all'epoca. L'11 settembre, la guerra in Afghanistan, il prospettarsi del conflitto in Iraq, l'ansia di quei giorni. Nessuno sapeva a che cosa saremmo andati incontro. Un conflitto nucleare, armi chimiche? L'album è intriso d'angoscia".
Cosa pensa degli avvenimenti iracheni?
"Ho letto un titolo su una testata importante che mi ha fatto andare il sangue alla testa da pacifista quale sono sempre stato: La guerra fa bene all'economia? E' un interrogativo assurdo che mi ha portato a mettere in dubbio l'intera vicenda. Perché l'Iraq? Quali sono i veri interessi in gioco? Non pretendo di conoscere la risposta, ma credo che ci si debba interrogare".
Quando scrive un brano lo sottopone a una sorta di autocensura per non far trasparire troppo di sé?
"Agli esordi un cantautore tende a essere autobiografico, ma con la maturità risulta più semplice mettersi nei panni delle altre persone e vedere il mondo dal loro punto di vista. Come in Never coming home, la storia di una donna che lascia il marito violento per iniziare una nuova vita. Io do voce a entrambi i personaggi".
Sta per partire per il nuovo tour...
"... a gennaio dal Nord America. Non vedo l'ora".
Ci parli di quella storia del tantra...
"E' stato buffissimo. Bob Geldof e io eravamo un po' bevuti e cazzeggiavamo senza pensare che poco più in là c'era un giornalista. La storia del sesso tantrico ha fatto il giro del mondo con una velocità incredibile. Da morir dal ridere. Ma voglio essere più preciso: adesso le ore sono sette, non cinque. Dipende da dove vai a cena ...".