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Secondo voi dove vuole arrivare Fini?

Ultimo Aggiornamento: 08/07/2011 16:53
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25/06/2009 11:30

Re: Re: la costellazione di strategie possibili dei tipini fini
Nikki72, 09/06/2009 21.38:




immaginavo che ci fosse qualcosa sotto, ovviamente Fini & C. non stanno ad aspettare con le mani in mano che Silvio rinunci...





[SM=x44458]

FINI FOR PRESIDENT
– MENTRE SI PARLA DI COMPLOTTI E SUCCESSIONE AL CAV.
IL GIANFRY rappresenta l'Italia a un forum promosso daL “NEMICO” Murdoch E BENEDICE UN NETWORK PER INTERCETTARE LA RABBIA DEI PICCOLI IMPRENDITORI (SCONTENTI DEL CAV.)…


GIANFRANCO FINI - copyright Pizzi
S.F. per "Il Riformista"


Sul Wall Street Journal di ieri, a pagina 20,
c'era una foto di "Mr Gianfranco Fini ".
Il presidente della Camera parlerà al forum Nueva Economia, a Madrid, lunedì 29
, evento sponsorizzato proprio dal quotidiano di Rupert Murdoch.
Tra gli altri relatori che discuteranno di crisi finanziaria, Jean-Claude Trichet, presidente della Banca centrale europea.

Ma se questo riguarda soprattutto il suo profilo internazionale,
la costruzione di una cultura economica di destra (o almeno finiana) passa anche per un convegno che si tiene questa mattina a Frascati.
Fini ha inviato un messaggio che è una benedizione della prima vera iniziativa pubblica di "Valore Impresa", network di imprese e professionisti.
Titolo dell'iniziativa: «L'impresa è un valore», dove si inizierà a costruire l'alternativa al tremontismo di governo.

Nel suo messaggio Fini dirà che le istituzioni devono fare interventi mirati alle piccole e medie imprese, che devono «avere pari opportunità per competere».
È questo il passaggio che identifica l'approccio finiano:
mentre il Governo si è concentrato sull'aiuto alle banche in difficoltà, con i Tremonti bond e la garanzia dei depositi bancari, e delle grandi imprese (commesse, infrastrutture, incentivi alla rottamazione per la Fiat),
le piccole imprese si sono sentite trascurate.

«In Italia fanno notizia i cassintegrati della Fiat o quelli di Alitalia, ma non le migliaia di microimprese che chiudono:
per questo è nata Valore Impresa,
un'iniziativa su stimolo della base, non dall'alto»
,
spiega Gianni Cicero, presidente del «network di imprese e professionisti» nato un anno fa.
L'obiettivo di Valore Impresa è aggregare le aziende troppo piccole per espandersi da sole e fuori dalle associazioni di rappresentanza tradizionali.


20 consorzi, suddivisi per filiera produttiva, per unire le forze e muoversi con più sicurezza a livello nazionale e internazionale.
La "Centrale consortile" viene presentata questa mattina. «Modelli industriali e finanziari da una parte
e il modello cooperativistico dall'altra hanno monopolizzato l'attenzione della politica creando un tavolo che ha fin qui egemonizzato l'economia italiana»,
sostiene Cicero, che però ci tiene a precisare che quello delle Coop rosse non è un modello da contestare.
Ma - almeno un po' - da imitare, tranne che per l'utilizzo dei privilegi fiscali per «fare concorrenza sleale».

A voler dare una lettura più politica dell'evento di oggi, debutto pubblico di Valore Impresa, si può vedere nell'elenco dei partecipanti l'embrione di un network finiano che avrà il compito di sviluppare le idee alla base di «un'economia competitiva ma solidale», dal titolo di un intervento di Fini pubblicato sul webmagazine di Fare Futuro, la fondazione d'area del presidente della Camera.

C'è un economista come Massimo Lo Cicero, politici come Enrico La Loggia, Maurizio Leo e Francesco Aracri, che funzionano anche da sponda politica verso gli ambienti di Claudio Scajola, ministro dello Sviluppo che non ha le stesse idee di Valore Impresa (è più sensibile agli interessi dei grandi gruppi), ma per ora ha rappresentato nel Governo l'unica alternativa culturale all'economia sociale e di mercato di Tremonti.

Poi ci sono la Confapi, un'altra associazione di piccole e medie imprese che comincia a guardare con un certo interesse all'area finiana, e anche la Compagnia delle opere, rappresentata da uno dei membri del consiglio nazionale Nicola Colicchi.

La coincidenza temporale è forse soltanto questo, una coincidenza.
Ma mentre si discute di complotti e di possibili successioni a Berlusconi, Fini rappresenta l'Italia a un forum promosso da Murdoch, che con Berlusconi è in guerra su più fronti (da Sky al Times di Londra).

E cerca di intercettare la rabbia di quella parte di imprenditori e partite Iva, tipici elettori di centrodestra, che tendono ad allontanarsi dal Governo
più questo appoggia le avventure della Fiat e, nel nome del rigore di bilancio tremontiano,
non dà alle piccole imprese le risposte che si aspetterebbero
in vista del peggioramento della crisi dopo l'estate.


Il Riformista [24-06-2009]


[SM=x44499]
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14/07/2009 20:18

“Luchino for president”!
- MONTEZUMA e Corradino Passera: il ticket ideale per mandare a casa “nonno” Silvio
- l’operazione TECNO-POLITICA è complessa ma LE risorse E GLI UOMINI non mancano
- ABETE, MIELI, MENTANA, Mandelson, RIOTTA, imprenditori, SKYTG24, FINI E CASINI COMPRESI
- ECCO IL NUOVO PROGETTO POLITICO DEI "MODERATI ILLUMINATI" (DALLE LAMPADE A QUARZO)




Luigino Abete
ha ripreso a sudare e ieri sera alle 19 era completamente fradicio.
A quell'ora ha consegnato i riconoscimenti per l'ottava edizione del Premio Anima promosso dall'associazione non profit dell'Unione degli Industriali di Roma.
L'evento si è consumato sulla Terrazza Caffarelli, la stessa dove con grande gioia di Ottaviani (il genero di Gianni Letta) il cuoco tedesco Heinz Beck mercoledì scorso ha fatto ingurgitare la carbonara all' "anoressica" Michelle Obama e alle altre first ladies del G8.

Luigino ha fatto il maestro di cerimonie con la solita eloquenza, ma il caldo che soffocava il massiccio vicesindaco Cutrufo, Claudio Bisio e le damazze vestite a sera, lo ha fatto scivolare nell'ingenuità.
A un certo punto infatti ha dichiarato con innocenza che la presidenza del Premio Anima gli era stata proposta durante un periodo di astinenza da poltrone e lui l'aveva accettata di buon grado perché temeva di trovarsi in mezzo a una strada.

Per l'ex-tipografo imprenditore e banchiere, le poltrone rappresentano una ragione di vita, ma in questo momento il suo impegno è proteso a costruire un disegno più ampio e ambizioso che lo vede all'opera in qualità di tessitore.
La tela di ragno che Luigino sta costruendo ruota intorno al progetto di un polo mediatico che rappresenta un tassello fondamentale per tirare la volata all'amico Luchino di Montezemolo.

Il progetto è di vasto respiro e parte dalla convinzione che la lunga stagione di Silvio Berlusconi -prima o poi - dovrà finire.

I segnali non mancano, basta vedere il modo con cui oggi tutti i giornali (italiani e stranieri) hanno archiviato il G8 regalando paginate enormi a quell'alto burocrate di Lamberto Cardia
che con le sue decisioni ha messo in crisi la Consob e ha riportato nelle casse degli editori 50 milioni di pubblicità.

E con estrema malizia Flebuccio De Bortoli pubblica in prima pagina la foto di papi-Silvio e della figlia Barbara che ieri in una clinica di Lugano ha fatto diventare Berlusconi nonno per la quinta volta.

Ecco!, di questo "nonno" la lobby di Luigino e Luchino ritiene che stia per squillare la campanella finale. [SM=x44455]

Per voltare pagina e combattere quello che Gianfranco Fini ha definito ieri con un'orrenda parola "presentismo",
occorre guardare in avanti, sognare e costruire un futuro diverso dove i "moderati illuminati" riescono a occupare il centro del Centro e a rinvigorire la politica con una forte iniezione tecnocratica.

In questa prospettiva il leader di riferimento e l'utilizzatore finale del lavoro di Luigino e dello scarparo marchigiano-lussemburghese Dieguito Della Valle, dovrebbe essere senza alcun dubbio un uomo dotato di carisma
,
un grande comunicatore che abbia capito la lezione e le tecniche di papi-Silvio,
e sia in grado di smuovere con il suo Ego grandioso le folle adoranti del centrodestra e quelle balbettanti del centrosinistra.


L'operazione-immagine "Luchino for president"

ha però bisogno di gambe robuste, cervelli fini e risorse finanziarie.

Le prime mosse sono già state realizzate con il lancio dell'Associazione "ItaliaFutura" che vuole essere un cantiere di ideazione civile, politica ed economica, libero dagli ideologismi e connesso alle migliori competenze nazionali e internazionali.

Intorno a Luchino si sta coagulando un pezzo importante del mondo imprenditoriale.
L'elenco comprende industriali come Anna Maria Artoni, Matteo Colaninno, Carlo Perrone, Garrone, Buzzi, Repetto, Calieri, e l'ex-governatore Illy che non più tardi di ieri sera ha smentito davanti a Lilly Gruber di voler rimettere i piedi nella politica.
E una mano forte gliela darà il socio d'affari Gianni Punzo, l'imprenditore napoletano dell'Interporto, mentre Nerio Alessandri ha già fatto sapere che continuerà a correre sul tapis roulant di Berlusconi.

Per quanto riguarda gli intellettuali l'arruolamento è in corso.
Dentro il think-tank di "ItaliaFutura" si ritrovano già Andrea Romano, Michele Martone e un plotoncino di professori della Luiss guidati da Pierluigi Celli.
Non è molto, ma dietro le quinte Luchino dialoga intensamente con Paolino Mieli, l'ex-direttore-stratega del "Corriere della Sera" che dopo essere precipitato senza paracadute nel gorgo veltroniano, sta cercando di utilizzare la sua mente fertile e civica per una grande rivincita.

Il capitolo più importante rimane tuttavia quello dell'informazione, cioè la tastiera degli strumenti che Luigino Abete si è preso carico di costruire per metterla a disposizione del nuovo progetto politico.
E qui vale la pena di ricostruire la sequenza delle operazioni che finora sono state perseguite.

All'inizio dell'anno Montezemolo pensava di usare il quotidiano "La Stampa" di proprietà della Fiat come motore della sua corsa, ma ha dovuto ripiegare per il veto di Sergio Marpionne e del pallido Yaki che dopo aver dato il suo placet alla liquidazione di Giulio Anselmi non se l'è sentita di schierare il giornale di nuovo contro il governo Berlusconi.
Il giovane Elkann è arrivato a questa decisione non tanto per la sua volontà che è ancora vergine, quanto per i suggerimenti del padre Alain che a quanto si dice è sempre stato sbertucciato da Luchino di Montezemolo e dallo scarparo a pallini, e quindi li detesta.

Il risultato è che "La Stampa" ha scelto come direttore Mario Calabresi, l'ex-giornalista di "Repubblica" al quale è stato detto chiaramente di staccare la spina dal giornale di Eziando Mauro e Carletto De Benedetti e di avere come riferimento la gestione morbida di Gianni Riotta al "Sole 24 Ore".

Riotta è appena tornato da una settimana di vacanza a Santo Domingo e oggi prenderà atto della nomina di Alfonso Dell'Erario alla direzione editoriale del quotidiano di Confindustria.

Fallita l'operazione su "La Stampa", Luchino&Company pensavano di poter mettere le mani su "La7", la tv di TelecomItalia, e di piazzare il fido battutista Enrico Mentana sulla poltrona di direttore.
Anche qui hanno trovato un muro in Franco Bernabè che considera quell'asset "vitale" per le sue strategie e non vuole e non può entrare in rotta di collisione con Palazzo Chigi.
(Anche sul Corriere, malgrado l'ottimo feeling con De Bortoli, Montezemolo sa bene che non può permettersi granché, a parte il cachemire e le Ferrari: Cesare Geronzi detesta lui quanto il compare calzolaio).

A questo punto c'è chi parla con insistenza di una manovra di avvicinamento che Montezemolo&Company starebbero facendo per costruire un'alleanza con Rupert Murdoch in modo da avere dalla loro parte la corazzata di Sky (e il Tg di Carelli segue con fervore le piroette del ciuffo di Montezuma).

Da parte sua il "muratore" Luigino Abete è riuscito a fondere le due agenzie Asca e ApCom con l'intento di allargare l'operazione anche all'Agenzia Italia per creare l'anti-Ansa, uno strumento di informazione quotidiana in grado di fronteggiare l'agenzia che si regge sugli aiuti del Governo.

Purtroppo (è notizia di oggi) l'Agi sta per fondersi con Radiocor sotto la benedizione dell'advisor Mediobanca e per Abete il sogno del nuovo "polo informativo" subisce una battuta d'arresto.

Lo stop arriva anche per il momento al disegno di acquistare "Il Riformista", la testata fondata da Antonio Polito nell'ottobre 2002 e ideata da Claudio Velardi, il lobbista che non ha ancora deciso che cosa farà da grande. L'attuale editore, Giampaolo Angelucci, smentisce sul quotidiano "MF" qualsiasi contatto con acquirenti e advisor.

Questo è il quadro delle operazioni che Luigino Abete ha cercato di portare avanti nelle ultime settimane con enorme fatica.
La creazione di una massa critica da mettere a disposizione del nuovo grande comunicatore, Luchino di Montezemolo, è più ardua di quanto si potesse immaginare, ma di frecce nel fodero dei tecnocrati-illuminati ce ne sono altre e sono di grande peso.

La prima porta il nome di Corradino Passera, il banchiere 47enne ex-McKinsey con il quale (così dicono a Milano e a Roma) il 61enne Luchino avrebbe stabilito un forte feeling.
Anche lui, Passera è un uomo dalle ambizioni forti e dall'ego grandioso che si muove molto, si ama moltissimo ma riesce a nascondere più di Luchino la pretesa di adulazione e di servilismo.

Entrambi sono accomunati da una gran voglia di potere che per Passera non si limita soltanto al perimetro di BancaIntesa dove ancora governa "nonno Bazoli", ma arriva a prendere di mira il ministero del Tesoro.
Purtroppo sulla sua strada il bocconiano di Como ha trovato Giulietto Tremonti che lo considera "non affidabile" e che nel Partito sempre più liquido delle Libertà è diventato (insieme alla Lega) l'unico punto fermo di papi-Silvio.

Il feeling tra Corradino e Luchino è venuto alla luce del sole quando entrambi hanno tentato di salvare Paolino Mieli, poi hanno dovuto fare buon viso di fronte al ritorno al "Corriere della Sera" di Flebuccio De Bortoli.
E all'interno di questa "simpatia" che lega i due personaggi ci sono operazioni finanziarie concrete come quelle che hanno portato BancaIntesa dentro la società dei treni di Luchino e del socio napoletano Gianni Punzo.

Sarebbe comunque sbagliato pensare che il ticket Montezemolo-Passera trovi le risorse finanziarie per il nuovo progetto politico dentro la banca di Abramo-Bazoli.
Al presidente della Fiat, che si è sempre distinto per la sua capacità di accumulare piuttosto che di redistribuire, la piattaforma dei quattrini può arrivare dalla rete dei rapporti internazionali che ha con alcuni personaggi sparsi per il mondo.

Tra questi spiccano l'indiano Ratan Tata (partner di Fiat e sponsor delle Ferrari in Formula 1) e il fondo sovrano degli Emirati Arabi che già possiede il 5% di Maranello - ad Abu Dhabi è in costruzione Ferrari City.
Ma non basta, perché il network di relazioni internazionali di Luchino è più largo di quanto si possa immaginare.


i banchieri Zaleski & Bazoli


Uno dei suoi interlocutori privilegiati è ad esempio l'attuale ministro dell'economia inglese, Peter Mandelson, il politico 56enne che Montezemolo ha conosciuto quando era commissario a Bruxelles per il Commercio Estero, spesso ospite della villa di Capri di Luca.



Peter Mandelson


E non bisogna dimenticare infine che il ragazzo dei Parioli è membro dell'International Advisory Board di Citigroup, la banca americana che secondo notizie di oggi (pubblicate proprio dal quotidiano "La Stampa" della Fiat) è in una crisi di liquidità spaventosa.

In conclusione
si può dire che la casta dei tecnocrati-illuminati, protesi a creare il centro del Centro dove vorrebbero spartirsi le poltrone con Fini e Casini, sta muovendo le sue pedine su vari fronti.

Per questi uomini che si ritengono "nuovi" e che hanno individuato nel "giovane" Luchino e in Corradino Passera il ticket ideale per mandare a casa "nonno" Silvio,
l'operazione è complessa ma le risorse non mancano.

Per ambizioni e comportamenti, rappresentano l'equivalente dei sanculotti della Rivoluzione Francese che imposero l'uso dei pantaloni lunghi e delle buone maniere rispetto ai patrioti plebei.
Furono loro a conquistare la Bastiglia il 14 luglio di 220 anni fa.
La ricorrenza si celebra oggi in Francia, ma in Italia dovranno ancora aspettare.
[SM=x44455]


[Modificato da Etrusco 14/07/2009 20:24]
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07/10/2009 21:19

"ITALIA FUTURA" NASCE E GIÀ PENSA AL NUOVO GOVERNO
- LA NUOVA FONDAZIONE DI LUCA CORDERO DI MONTEZEMOLO PIACE A RUTELLI, CASINI E INTERESSA A FINI


Paola Zanca per il "Fatto Quotidiano"


La mobilità sociale contro l'immobilismo del governo. Che c'entra?
Chiedetelo a Luca Cordero di Montezemolo. Oggi pomeriggio lo trovate a Roma, più precisamente a palazzo Colonna, a benedire l'Italia futura.
Berlusconi ha provato a tenerselo buono:
prima la promessa che "non si tirerà indietro" di fronte a nuovi incentivi alla Fiat, poi l'ipotesi di una poltrona al governo. Ma perfino le mura di palazzo Chigi sono troppo strette per due primedonne. Il ministro Calderoli, invece, è andato giù senza perifrasi: "Montezemolo? Ha condotto la Ferrari a risultati da vergognarsi. Lasci perdere le fondazioni e pensi al nostro simbolo rosso, perché diversamente la mobilità sarà pronta anche per lui sia in un campo che nell'altro". Già, la mobilità.


I rigurgiti di Calderoli un senso ce l'hanno. Sono almeno cinque anni, da quando era a capo degli industriali , che Montezemolo offre il suo contributo "a chi si candida a guidare il Paese". Confindustria, diceva, "è dentro la politica, ma fuori dai partiti". Un po' come lui adesso. Fuori dai partiti, ma dentro una fondazione. Si chiama Italia Futura e come primo tema ha scelto di affrontare l' annoso dilemma del perché in Italia sono tutti ‘figli di'.

Sul palco, insieme alla relatrice Irene Tinagli - ricercatrice di fama internazionale, fuggita dal Pd di Veltroni dove "non era stata consultata mai" - ci saranno Gianfranco Fini, Enrico Letta e il presidente di Sant'Egidio, Andrea Riccardi. In platea, quel terzo di emiciclo che deve ancora capire che fare.

Fatalità,
la presentazione ufficiale cade nello stesso giorno in cui la Consulta dovrà esprimersi sul lodo Alfano, "la fine dell'era Berlusconi",
come la chiama Il Sole 24ore.

Ma sono le stesse anime del think tank a spiegare come la vedono:
"Berlusconi che esce di scena per via giudiziaria? No, occorre passare per le urne".
Per le urne o per un "un governo del Presidente, che rimetta in piedi l'economia e rassereni il clima".


Lo ha evocato pochi giorni fa Francesco Rutelli. Ci sarà anche lui, pare, a palazzo Colonna.
Che sia questa l'Italia ‘ragionevole' a cui vuole aggrapparsi prima di lasciare i democratici? Senza dar retta al chiacchiericcio, per capire che qualcosa bolle in pentola, basta leggere i giornali. E notare altre fatalità. Se un giorno il segretario dell' Udc Cesa parla del Montezemolo-politico come di "un fatto molto positivo", lui gli risponde su Liberal - quotidiano vicino all'Udc - invocando la svolta della ‘Grande Innovazione'. Per un Fini che parla del ruolo dell'etica in economia sul quotidiano di Confindustria, c'è un suo uomo, Angelo Mellone, che entra nel comitato scientifico di Italia Futura (anche se l'interessato giura che "è solo una casualità").


Se un giovedì su Il Sole 24ore Andrea Romano (che a Italia Futura fa il direttore) si scaglia contro il berlusconismo e "l'inutile revival della retorica anti-élite",
il venerdì Il Giornale - prima ancora di Brunetta - gli risponde con una minaccia.
Berlusconi non ha "alcun senso di inferiorità verso questo piccolo establishment italiano - scrive il quotidiano di famiglia -

Se lo scontro si sposta dalle aule parlamentari ai salotti buoni,
è comprensibile che il governo si attrezzi per combattere la battaglia della sua sopravvivenza".
Più che alla sopravvivenza del Governo, però, ai fedelissimi di Montezemolo (Della Valle, Punzo, la Merloni e altri) interessa soprattutto la sopravvivenza delle loro tasche.

Sono terrorizzati, dicono fonti ben informate, dalla
superficialità con cui l'esecutivo sta affrontando la crisi.


Per questo sentono "il diritto, la voglia e anche il dovere di dare il loro contributo".
Altro che mobilità sociale, quello che conta adesso è far cadere questo Governo immobile.
Rutelli e Casini sono pronti a dargli una mano.
Fini, chissà.



Paola Zanca per il "Fatto Quotidiano" [07-10-2009]


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Non condivido le tue idee, ma darei la vita per vederti sperculeggiare quando le esporrai.
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22/10/2009 12:11

centrodestra / gli scenari

Fini, gelo su Tremonti e il posto fisso
«Il premier? Apprezzo il suo impegno»

Il nodo Regionali:
Lega, la doppia candidatura in Veneto e Piemonte crea problemi. «Galan? Caso delicatissimo»


Gian­franco Fini
(Scudieri Mistrulli)

ROMA - Solo alla politica è consentito trovare la qua­dratura del cerchio e Gian­franco Fini vede Silvio Berlu­sconi impegnato nel tentati­vo di farlo quadrare, «cosa non facile» e tuttavia «neces­saria ».
Non a caso il presiden­te della Camera apprezza il modo in cui il premier «sta cercando di farsi carico delle richieste di tutti, fortemente intenzionato com’è a tenere insieme l’alleanza».
Non è il tempo dei distinguo e dello scontro, semmai quello della collaborazione.
E da ciò che il «cofondatore» del Pdl dice nelle sue conversazioni riser­vate, si intuisce che il passag­gio è complicato.
Perché sono molti i fronti aperti, a partire dalle tensioni che si concentrano sulla poli­tica economica e sul suo mini­stro.

A Fini non è piaciuta la sortita di Giulio Tremonti sul «posto fisso», «forse non si è reso conto degli effetti
che avrebbe determinato, e poi ha voluto lo stesso tenere il punto, ridimensionandone comunque la portata».
Ma non è quello il problema, quanto le divergenze che no­ta nel governo e nella maggio­ranza.
L’ex leader di An rico­nosce che «la linea di conteni­mento della spesa è dettata dal fatto che l’Italia rischia il patatrac. Perciò il ministro non prende per ora in consi­derazione costi aggiuntivi».

Per quanto possa apparire paradossale, la strategia deci­sa da Tremonti incide sul la­voro istituzionale di Fini.
L’in­quilino di Montecitorio se n’è reso conto durante un in­contro con i presidenti delle commissioni parlamentari della Camera:
«Se il Parlamen­to non ha argomenti da discu­tere, deriva anche dal fatto che i lavori in commissione spesso vengono bloccati dal Bilancio.
Basta infatti che un provvedimento preveda una sia pur minima copertura eco­nomica e l’ultima parola spet­ta al governo.
E siccome sen­za copertura non va avan­ti... ».
Dal suo scranno sente l’eco che arriva dal Tesoro ­dove chiedono di «pazienta­re » in attesa di sapere quali ef­fetti produrrà lo scudo fiscale sul gettito - e al contempo percepisce l’impazienza di Berlusconi, «che sottolinea sempre come la sua sia la poli­tica del fare, e però non rie­sce a fronteggiare tutte le ri­chieste che vengono dai setto­ri produttivi del Paese».

L’economista Mario Baldas­sarre gli ha fatto pervenire uno studio sulla «politica inerziale» - così viene defini­ta - di Tremonti
, che produr­rebbe una ripresa «troppo lenta» per l’Italia, se è vero che servirebbero sette anni per recuperare la ricchezza perduta con la crisi, che i con­sumi tornerebbero in linea con il 2007 solo nel 2012, che il rapporto debito-pil rientre­rebbe sotto il 3% nel 2015, che intanto la pressione fisca­le resterebbe elevata... «Sarà, ma qual è la ricetta alternati­va?», ha sospirato Fini chiu­dendo il dossier. Gli è chiaro che l’economia resta il tornan­te decisivo, ma rispetto agli anni in cui sedeva al governo è intenzionato a restare un passo indietro.

Da «cofondatore» del PdL è invece impegnato a trovare una soluzione sulle Regiona­li.
Osserva le mosse di Pier Ferdinando Casini, «che da politico avveduto fino al 2012 resterà alla finestra», e scommette che l’Udc «in alcu­ne aree» farà intese con il cen­trodestra.
Per il resto, il patto con il Cavaliere e Umberto Bossi regge, solo dopo un in­contro a tre verrà infatti sciol­to il nodo delle candidature.
Le scelte più «impegnative» riguardano il Nord.
Perché Fi­ni riconosce che nel Setten­trione il Carroccio «ha un for­te consenso popolare», e sa bene che «la Lega è indispen­sabile alla tenuta del gover­no »:
«Ma la doppia candidatu­ra in Veneto e Piemonte di esponenti leghisti crea pro­blemi oggettivi».

Che poi è quanto aveva già detto a Bos­si due settimane fa: «Umber­to, scegli». A parte il fatto che per ora il Senatùr ha scelto di non sce­gliere, è da vedere cosa farà Berlusconi, se e in che modo cioè il capo del Carroccio riu­scirà eventualmente a strap­pare le due candidature, ma­gari allettando il Cavaliere con una contropartita politi­ca.

Nel Pdl c’è comunque da risolvere il «caso Galan».
E poco importa stabilire se ieri Fini ha davvero incontrato il governatore veneto o se ha avuto solo un colloquio tele­fonico.
Il punto è che i vertici del partito dovranno dare ri­sposte ai quesiti che Galan ha ripetuto al presidente della Camera:
«Ho svolto male il mio compito da presidente della Regione? Se non è così, quali sono i motivi per cui do­vrei farmi da parte? E perché devo lasciare io e non Formi­goni?».

Il «cofondatore» parla di un caso «delicatissimo»,
an­che se non crede che Galan la­scerebbe il partito qualora non fosse più candidato, «penso di no, almeno me lo auguro».
Così come si augura che il «caso Campania» ven­ga risolto «con il buonsen­so».
Come per il Lazio, Fini è convinto che «si troverà una soluzione all’interno del parti­to.
E sarà indolore se si ragio­nerà con la logica di selezio­nare il nome migliore, e non in base alla provenienza».
Non è indifferente dinnanzi alla polemica su Nicola Cosen­tino, sulle ombre giudiziarie che si addensano sul sottose­gretario e che rischiano di mi­narne la candidatura in Cam­pania.
«Cosentino è il segreta­rio regionale del Pdl, ed è chiaro che una decisione non può essere presa contro di lui», ha fatto sapere il presi­dente della Camera: «Ma lui deve capire che c’è un proble­ma di opportunità».
Come di­re che sarebbe preferibile se Cosentino facesse un passo indietro, «anche se è chiaro che - visto il suo ruolo - an­drà coinvolto nella scelta».
Ancora una volta politica e giustizia si incrociano.
E so­no giorni feroci di polemiche e veleni. Raccontano che Fini abbia avuto un moto di fasti­dio leggendo sui giornali del­la presunta trattativa tra lo Stato e la mafia, e che dopo aver scorso il decalogo conte­nuto nel «papello», avrebbe commentato: «Manca l’undi­cesima richiesta, il Palermo campione d’Italia...
Sono ri­chieste folli, ammesso che sia vero il documento. Non vor­rei si trattasse dell’ennesima bufala».

E discutendo di giu­stizia con alcuni interlocuto­ri, il ragionamento è precipi­tato sulle riforme.
Ha sorriso quando gli hanno fatto nota­re che - come prima cosa ­Berlusconi vorrebbe riforma­re la par condicio:
«Ma se in Parlamento non ci sono nem­meno i tempi tecnici per mo­dificarla, di che parliamo?».

«Invece i tempi per una ri­forma della Carta costituzio­nale ci sono», ha rilanciato il presidente della Camera.

Per capire le ragioni dei suoi in­terventi pubblici a favore di un’intesa bipartisan sulla ri­scrittura delle regole, basta sbirciare la bozza del libro «Il futuro della libertà»
- edito da Rizzoli - che Fini presente­rà in concomitanza con il ven­tesimo anniversario della ca­duta del Muro di Berlino.
È lì che Fini scrive come «una ri­forma 'a colpi di maggioran­za' servirebbe solo a sancire la divisione del Paese e a rin­focolare le vecchie pulsioni al­la faziosità, che sono purtrop­po un passo costante del co­stume italiano e che riemerge frequentemente».

Se da «cofondatore» del Pdl sta collaborando con Ber­lusconi sulle questioni di par­tito, da presidente della Ca­mera si oppone all’intransi­genza del Cavaliere sulle rifor­me, perché - sottolinea nel li­bro - «il cambiamento delle regole riguarda tutti, non so­lo una parte.
Perché la Costi­tuzione segna il perimetro della casa comune degli italia­ni.
Perché è necessario risco­prire il patriottismo costitu­zionale come valore che ce­menta la coesione sociale
non meno che quella politi­ca ».
Quella che servirebbe, se­condo Fini, «è una grande sta­gione costituente».
Roba da quadratura del cerchio.


Fonte: Corriere della Sera - Francesco Verderami
22 ottobre 2009


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30/11/2009 15:52


SCENARI POLITICI

E ci risiamo, Fini dà scacco a Berlusconi
Antonio Fanna

lunedì 30 novembre 2009


Tutti presi dai problemi giudiziari di Silvio Berlusconi, gli osservatori delle cose politiche hanno lasciato in secondo piano le mosse di Gianfranco Fini in questo frangente.
Il cui stile, per la verità, non è cambiato rispetto agli ultimi mesi:
smarcamento su una serie di temi-chiave per il centrodestra (soprattutto quelli relativi all’immigrazione e alla bioetica),
silenzio su altre questioni altrettanto importanti, se non di più.

Il presidente della Camera, per esempio, non ha espresso solidarietà al premier nelle schermaglie contro i PM,
ma si è limitato a una distaccata posizione istituzionale
(processo breve no, riforma più ampia della giustizia sì);
oppure si è opposto a corsie preferenziali
o ipotesi di fiducia sulla legge finanziaria.

La presa di distanza di Fini ormai non fa più notizia.
Quello che manca è una «interpretazione autentica» della sua strategia.

A che cosa punta il co-fondatore del Pdl?

Lui non si esprime. La sua ultima intervista risale addirittura al 10 marzo e non fu concessa a un giornale italiano, ma allo spagnolo El Paìs che la titolò «Non sono il delfino di Berlusconi».
L’apparizione finiana alla festa del Pdl di Milano fu quella di uno straniero in casa sua.
I suoi luogotenenti giocano di sponda ma si guardano bene dallo scoprire le carte del loro leader offrendo chiavi di lettura esplicite.
Finora, alla domanda su dove voglia arrivare Fini, le risposte più accreditate sono tre, non necessariamente in alternativa tra loro.

Primo:
ispirato da Paolo Mieli
, il presidente della Camera vuole costruire un centrodestra opposto a quello targato Berlusconi nella prospettiva di ereditarne i voti e la leadership del partito.
Per questo sta costruendo un’immagine personale autonoma, laicista, istituzionale, gradita a certi settori dell’intellighenzia che però hanno dimostrato (ad esempio nella campagna referendaria sulla fecondazione) di avere scarso appoggio popolare.

Secondo:
Fini punta a far saltare i nervi alla Lega Nord per spezzare l’asse Berlusconi-Bossi.
Il presidente della Camera è convinto che il premier lo scavalchi sistematicamente preferendo il rapporto con il leader leghista,
e intende prendersi il posto che spetta al numero due del partito.
Si spiegherebbe così l’insistenza con cui Fini ritorna sui temi dell’immigrazione, della cittadinanza e del voto agli stranieri, giungendo a sdoganare il turpiloquio davanti a bambini di scuola elementare.
Anche questi sono argomenti cari a una parte dell’intellighenzia ma con scarso «appeal» nell’elettorato del centrodestra.

L’ultimo scenario è più istituzionale.
Giudicando imminente il tramonto dell’era Berlusconi,
Fini si schiera al fianco di Giorgio Napolitano con l’obiettivo di traslocare da Montecitorio a Palazzo Chigi.
Conoscendo infatti la ritrosia del Quirinale all’ipotesi di sciogliere immediatamente le Camere in caso di crisi di governo,
il presidente della Camera diventerebbe il candidato numero uno a guidare un nuovo esecutivo, non necessariamente istituzionale.

Fini scommette sul fatto che Berlusconi non voglia mandare tutto all’aria rompendo con il Colle,
sfasciando il neonato Pdl e trasformando per l’ennesima volta il voto politico in un referendum pro o contro di lui:
un voto che stavolta potrebbe avere esiti imprevedibili.

Qualunque dei tre sia lo scenario più vicino alla strategia di Fini, resta un fatto:
l’inquilino di Montecitorio ha scelto di ballare da solo.
La solitudine di Fini e del suo drappello di fedelissimi è sempre più evidente.
Nessuno pensa più che egli intenda coprire l’ala laicista del Pdl secondo una strategia concordata.
Con il Cavaliere il tempo degli accordi è finito,
l’obiettivo di Fini è costruirgli un’alternativa.




Fonte

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02/12/2009 08:13

Re:
Etrusco, 30/11/2009 15.52:


secondo una strategia concordata.
Con il Cavaliere il tempo degli accordi è finito,
l’obiettivo di Fini è costruirgli un’alternativa.




Fonte

[SM=x44515]



Alternativa..., che bella parola.


_________________

[SM=x44522] IO NON L'HO VOTATO !


58TINO




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58TINO, 02/12/2009 8.13:



Alternativa..., che bella parola.






Già, come si è detto nel "Fuori Onda" di Fini...
il Re Sòla si comporta invece come in una Monarchia Assoluta [SM=x44464]

Quale alternativa?
Sua Impunità, qualora fosse ostacolato da qualcosa o da qualcuno all'interno del suo partito (dall'esterno ormai l'opposizione è inconsistente, nemmeno la stampa lo impensierisce più)
sventolerà la minaccia del ricorso alle urne per togliersi di mezzo chi non lo asseconda acriticamente su tutto quel che gli passa per la testa (strano che nessuno abbia sollevato critiche sulla sua recente visita in Bielorussia!).
Ma non mette in conto che esiste un Presidente della Repubblica che dal ruolo costituzionale che deve onorare vede
il ricorso alle urne solo come estrema ratio.
L'alternativa deve aver il coraggio di trovarla il Parlamento e nessunaltro.
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04/12/2009 16:07

DONNA ASSUNTA ASSUME FINI!
- "dove sta andando Fini? Cosa vuole che le dica non ho mica un’agenzia di viaggi…"
- "Il sud d’Italia è devastato ma si dà ascolto solo a quello che dice Bossi. Gianfranco Non può certo tollerare di essere tra coloro che illudono gli italiani di un benessere che proprio non c’è"
- "An NON doveva farsi fagocitare da Berlusconi. il Pdl non si doveva fare!"
- "ELEZIONI SUBITO"...


Elena G. Polidori per il Quotidiano Nazionale


Il Presidente della Camera Gianfranco Fini e Donna Assunta Almirante





Donna Assunta Almirante, secondo lei, dove sta andando Fini?

"Cosa vuole che le dica _ risponde un po' seccata _ non ho mica un'agenzia di viaggi...di certo, però, qualcosa che gli frulla in testa ce l'ha di sicuro..."

E secondo lei cos'è ?

"Un malessere grave, ritengo. Lo conosco bene, quando fa così è perché ha raggiunto in limite della sopportazione. Le cose, evidentemente, non vanno e lui, in quanto terza carica dello Stato, le dice così, perché non può fare altrimenti..."



Le cose non vanno nel governo?

"Senta, io giro l'Italia in lungo e in largo e la gente ne ha le scatole piene di sentirsi raccontare bugie, che la crisi non c'è, che non ci sono poveri e che l'Italia è un Paese di benessere.
Ma mi facciano il favore! La crisi c'è eccome,
basta guardarsi intorno per vedere gente senza lavoro che non ha di che mangiare. Il sud d'Italia è devastato ma si dà ascolto solo a quello che dice Bossi. Ci credo che poi Gianfranco s'arrabbia e cerca di dire la sua.
Non può certo tollerare di essere tra coloro che illudono gli italiani
di un benessere che proprio non c'è.

Fini, insomma, secondo me si sta rendendo conto che
se il governo continua così poi gli italiani non lo votano più.."


I sondaggi, però, dicono il contrario...
"I sondaggi sono stupidaggini!
Io la sento la gente che è scontenta e non vuole più votare per loro perché sono delusi.
Gianfranco lo ha capito
e sta cercando di frenare a suo modo questa deriva che porta alla sconfitta".


Però, c'era anche lui quando hanno fondato il PdL e le sue regole..

"E infatti ha sbagliato!
AN doveva fare come la Lega, dare a Berlusconi l'appoggio esterno, non farsi fagocitare da Berlusconi.
Io dico sempre quello che penso, così come ero contraria a Fiuggi ho sempre sostenuto che il PdL non si doveva fare, ognuno doveva rimanere con la propria identità perché gli uomini di An sono diversi da quelli di Forza Italia.
Adesso che, però, non c'è più il partito non è semplice pensare anche ad una rottura, anche se l'unica strada che intravedo come possibile è quella delle elezioni"


Davvero?

"Ma certo, ormai Fini e Berlusconi sono dei separati in casa e quanto vuole che possa andare avanti questa situazione?
Il guaio è che credo che stavolta ci sarà un astensionismo ancora più marcato delle altre volte perché la gente è stufa anche di questa legge elettorale che non gli permette di scegliere i propri rappresentanti.
Eppoi questo fare riferimento continuo di Berlusconi ai vecchi schemi della politica..."


Cioè?

"Massì, parla sempre dei comunisti, del pericolo comunista, dei magistrati comunisti...ma dove li vede tutti questi comunisti?

Forse bisogna chiedere alla Sciarelli a Chi l'ha visto per trovarli! [SM=x44457]
Non esistono più nemmeno i fascisti
, quelli di una volta, poi, sono proprio estinti...
e la gente non ne può più di questi discorsi quando non ha i soldi per arrivare a fine mese e rischia di perdere il lavoro.
Questo Gianfranco l'ha capito, Berlusconi no".


Insomma, lei difende Fini su tutto?

"No, non sull'immigrazione e la cittadinanza
,
quella mi sembra una fesseria, perché gli immigrati da noi non ci vogliono stare, vogliono arricchirsi per tornare nel loro Paese.
Ha ragione Maroni su questo, e quindi l'idea di dargli la cittadinanza mi pare senza senso.
Che motivo hanno per rimanere in Italia? Nessuno!
Guardi, se potessi, me ne andrei anche io..."


Elena G. Polidori per il Quotidiano Nazionale
[03-12-2009]
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17/03/2010 21:24

FINI POWER
– TUTTI GLI UOMINI DEL PRESIDENTE
(DELLA CAMERA)
– GIAMENEFREGO SI È COSTRUITO UNA FITTA CATENA DI RAPPORTI COI POTERI FORTI (E MOLTO TERZISTI), NELLA SPERANZA DELL’IMPLOSIONE DEL BERLUSCONISMO
– DA AMATO A MONTEPREZZEMOLO, DA SARMI A GUARGUAGLINI.
MA QUELLO CHE PREOCCUPA DI PIÙ IL BANANA È LA RELAZIONE PARTICOLARE CON TOM MOCKRIDGE DI SKY….


Michele Masneri per "Il Riformista"



il presidente camera gianfranco fini Racconta un osservatore che lo conosce bene che, da quando è presidente della Camera Gianfranco Fini ha cercato di far lievitare i rapporti con la grande impresa. In realtà finora è stato l'interlocutore privilegiato di un mondo terzista che va da Luca di Montezemolo fino ad ambienti del Corriere della Sera, che ne scrutano le intenzioni con molta attenzione.


Il Presidente della Camera GIANFRANCO FINI


Stesso dicasi per il mondo vicino a Giuliano Amato, che ha costruito un buon rapporto con Fini e su quella posizione ha portato un mondo a lui vicino.
Un establishment non berlusconiano fatto un po' di impresa un po' di network intellettuale che confida in Fini nella prospettiva di una implosione del sistema berlusconiano.
Fini ha anche rapporti più strettamente di potere nel sistema economico partecipato dallo stato. Grazie a rapporti consolidati con manager e grand commis.

A cominciare da Massimo Sarmi
, il plenipotenziario di Poste Italiane. Un altro top manager con cui Fini ha buoni rapporti è Pierfrancesco Guarguaglini, numero uno di Finmeccanica. Anche sul fronte energia, Fini può contare su una sponda nella figura di Fulvio Conti, Ad e direttore generale dell'Enel. Così come nei trasporti: qui Fini si giova soprattutto dei rapporti consolidati di uno degli uomini a lui più vicini e cioè il ministro dell'Ambiente Altero Matteoli.



LUCA CORDERO DI MONTEZEMOLO E GIANFRANCO FINI



Un manager molto vicino ad An è poi quello di Marco Zanichelli, ex numero uno di Alitalia per soli due mesi prima della gestione Cimoli, nel 2004. Il nome di Zanichelli è stato fatto recentemente per una possibile promozione a numero uno di Trenitalia nella carambola del totonomine relative alla successione di Guido Bertolaso, quando si pensava che l'attuale capo di Trenitalia Mauro Moretti potesse andare a sostituire l'attuale capo della Protezione Civile.

Sul fronte dell'imprenditoria,
Fini ha scelto di intrattenere una via preferenziale di dialogo con le piccole e medie imprese. Qui può contare sul network di «piccoli», che Adolfo Urso, ministro del Commercio Estero e uomo di osservanza finiana, ha coagulato in un'apprezzata attività di fundraising.

Sul fronte confindustriale,
Fini da quando è presidente della Camera volentieri interviene alle assemblee delle territoriali di viale dell'Astronomia. A partire dall'incontro del giugno scorso con gli industriali di Parma, moderato da Enrico Cisnetto, che con il suo think tank terzista Società Aperta è un altro interlocutore del numero uno di An.



MASSIMO SARMI


GIULIANO AMATO

Ma la «relazione pericolosa», quella che fa più discutere i pochi che ne sono al corrente, è quella che Fini mantiene con il numero uno di Sky Italia Tom Mockridge.
Conosciuto in occasione di una visita istituzionale dei vertici di Sky alla Camera nel 2008 e poi spesso rivisto lontano da occhi indiscreti, è vista con sospetto dall'inner circle di Palazzo Chigi.

Particolarmente in movimento è anche la ragnatela di rapporti di un altro sospettato speciale, il ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Nelle ultime settimane sta raccogliendo i frutti di un attivismo che lo ha portato a rendersi protagonista di partite importanti nel mondo bancario, dalla Banca per il Mezzogiorno alla Cassa Depositi e Prestiti: dove è in arrivo come nuovo amministratore delegato il bresciano Giovanni Gorno Tempini in sostituzione (prima della scadenza naturale) dell'attuale numero uno Giovanni Varazzani.


FULVIO CONTI E SIGNORA

La nomina di Gorno Tempini segna la pace siglata con il nume tutelare di Intesa, Giovanni Bazoli, il quale tenendo conto anche di Tremonti sta ragionando sui pesi delle fondazioni dentro Intesa.


Mauro Moretti

Stabile è dato invece Pier Ferdinando Casini,
titolare di un'intricata rete acquisita di poteri non solo romani.
Anche se i due sottolineano la separatezza dei loro mondi e delle loro azioni, Casini è comunque il genero di Francesco Gaetano Caltagirone, capo di un impero mediatico (Il Messaggero, il Mattino di Napoli, il Gazzettino di Venezia, Leggo)
e fondamentale in alcune partite di primissimo piano: Generali, Mps, Acea.



Adolfo Urso

Michele Masneri per "Il Riformista" [17-03-2010]

_________________


Non condivido le tue idee, ma darei la vita per vederti sperculeggiare quando le esporrai.
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16/10/2010 15:23


GIAN-ELISABETTO CERCA IL SORPASSO...A SINISTRA: [SM=x44455]
Il Presidente della Camera e cucina sfreccia per le strade di Roma su una spider rosso fiammante.
Ma, prima di gridare all'inciucio monteprezzemolato o pensare ad autolavaggi griffati, bisogna spiegare ai berluskini che si tratta solo di una MG A,
bellissima macchina inglese degli anni '50 che vale più o meno 20 mila €.
Insomma non serve chiamare "i segugi". [SM=x44452]
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08/07/2011 16:53

La pochezza di Fini e la finezza di pochi

Indiscrezioni gossip danno Fini in crisi di coppia per scoperte sentimentali legate alla più triste casa del catasto di Montecarlo. Questo giustificherebbe assai la sua assenza e bisognerebbe fargli gli auguri. Certo una cosa ormai è certa: la sue separazioni politiche e personali non hanno generato quei frutti che si attendeva la destra e che ci aspettavamo anche noi che non la votiamo.

Berlusconi decede (meraviglioso Silvio ieri mentre ascoltava ossequioso Scilipoti!) e non è nata una destra laica, liberale, legalitaria. Questo progetto è morto quando Gianfrancuccio ha deciso di entrare nel terzo polo che è chiaramente il contrario di questi tre magici termini.
In quel momento abbiamo scoperto che oltre ad essere un delfino spiaggiato non aveva neanche strategia sui tempi medi. Il 14 dicembre poi abbiamo saputo che era una sega pure in tattica.

È molto triste perché il progetto rimane valido e appena il nano verrà lanciato dal cannone del circo nei cieli del ricordo si aprirà uno spazio enorme. Tonino l’ha intuito alla grande e non vuole presentarsi ai prossimi elettori di destra come quello che odiava Berlusconi. È una cosa saggia che però non avrà esiti perchè quelle praterie a destra le invaderà la Lega. A due condizioni: se riuscirà a sfilarsi in tempo da questa tangentopoli della libertà. E soprattutto se riuscirà a conciliare di nuovo il leghismo Maronita con quello scissionista e a darla a bere ancora una volta che si può mandare l’esercito in val di Susa e difendere nello stesso tempo le valli dal tirannico Stato Italiano. Operazione difficile ma non impossibile, visto il deserto attorno. Alfano e il pdl invece confermeranno quello che sono da anni: un pallido ricordo di politica e democrazia.

Fonte: Il Fatto Quotidiano di Emanuele Fucecchi 8 7 2011
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