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22/10/2003 23:06 | |
MILANO, 22 ottobre 2003 - Era dal derby di ritorno nelle semifinali della passata edizione, rete di Obafemi Martins, che il Milan non subiva gol in Champions League. A violare la rete di Dida è Andres Mendoza, peruviano, il cui diagonale di esterno sinistro è sufficiente per permettere al Bruges di battere i rossoneri 1-0 (alla prima sconfitta in stagione, se si esclude la Supercoppa italiana d'inizio agosto con la Juventus) e di agganciarli in classifica al secondo posto. Vittoria pesante quella dei belgi perché oltre a essere meritata e a oscurare il futuro di coppa del Milan, permette alla squadra di Sollied di sognare l'exploit, battendo proprio i rossoneri fra due settimane in Belgio.
Carlo Ancelotti non può più fare a meno di Kakà. Di Rui Costa invece sì. La fiducia al brasiliano è una resa incondizionata al suo talento. La decisione di preferire Seedorf al portoghese è l'ennesima tacca sulla tabella del "qualcosa non va" tra il tecnico e il trequartista. Qualcosa non funziona in ogni caso nel Milan del primo tempo. Critica ineccepibile, a partire dai blackout della difesa fino ai limiti dell'attacco. A parte il gol giustamente annullato per fuorigioco a Inzaghi al 9' e un tentativo dello stesso Pippo una manciata di minuti dopo, i rossoneri vivono alla giornata, all'inseguimento di un'idea, di un guizzo. Merito del Bruges, squadra ordinata, di pura mentalità belga: difesa a cinque, centrocampo impenetrabile e una sola punta: Mendoza. Bruges che non si danna poi l'anima per domare i campioni d'Europa. Abili nel chiudere ogni minimo spazio, i belgi affondano con la stessa precisione in contropiede.
Un primo segnale forte e chiaro lo danno al 18' con un bolide di De Cock deviato oltre la traversa da Dida; il conto lo presentano al 33' con una micidiale ripartenza, tre contro due, che mette nelle condizioni Mendoza di infilare Dida. Il cavallo pazzo peruviano non scherza affatto: da solo è una spina nel fianco dolorosa, sufficiente a creare problemi alla difesa rossonera. Il gol subito ha un effetto boomerang. Il Milan, infatti, conduce sì il gioco, ma con un disordine mentale che non produce nulla di buono, tranne qualche cross dalla fasce, per un Inzaghi intrappolato nella marcatura e uno Sheva macchinoso e inconcludente. Di certo non possono bastare un Pirlo a illuminare e un Brocchi a sostituire Gattuso come ci si aspetta da lui. Nemmeno un Kakà, prigioniero a centrocampo, mentre Seedorf infila un errore dopo l'altro.
Ciò che sbalordisce è l'incapacità del Milan di cambiare mentalità nella ripresa. Il Bruges è perfetto. Non sbaglia un colpo in difesa, sfruttando gli arieti e la predisposizione di saper marcare a uomo. I rossoneri attaccano in massa, sfiorano il gol in un paio d'occasioni, ma nel furore, secondo tradizione, la palla non ne vuol sapere di entrare. Non c'è tempo da perdere e Ancelotti corre ai ripari: Rui Costa al posto di Kakà e Serginho che va a rilevare Seedorf. Il nuovo sembra fare la differenza, vedi la splendida deviazione di Verlinden su Rui, ma è questione di piccoli dettagli. Inutile anche l'innesto di Tomasson al posto di Shevchenko. E se Maldini e Pirlo si dannano, gli altri restano a guardare, prigionieri di chissà quale sortilegio, mentre il Bruges compie il suo piccolo capolavoro tattico all'insegna di un calcio pratico ed essenziale: tanto basta per mettere in crisi il Milan alle prese con un assalto finale inconcludente. Ora la strada è in salita. |