Ritengo doverosa una precisazione quanto alla “cronologia” dei Sacramenti poiché sulla tua sequenza, KuntaKinte77, invece c’è un’evidente incongruenza (o contraddizione). L’ordine iniziale col quale sono elencati è quello riportato dal Catechismo della Chiesa Cattolica; difatti e a ben guardare, essi hanno un’equivalente analogia nella loro consequenzialità:
I SACRAMENTI DELLA INIZIAZIONE CRISTIANA
1. Battesimo
2. Confermazione/Cresima
3. Eucaristia
I SACRAMENTI DI GUARIGIONE
4. Confessione/Penitenza/Riconciliazione
5. Unzione degli infermi
I SACRAMENTI AL SERVIZIO DELLA COMUNIONE
6. Ordinazione
7. Matrimonio
Ad ogni modo, l’ironia spontanea o ricercata benché non intenzionalmente offensiva e forse, per certi versi vivace e anche divertente, diventa sicuramente una pretestuosa istigatrice che alimenta un’altrettanta controversia quando, in questo caso, l’inopportuno umorismo è procurato soprattutto da quanti esulano facilmente dall’attenta valutazione dei singoli Sacramenti. Probabilmente sono considerati un tema antiquato e astruso o troppo impegnativo da affrontare, pertanto marginale rispetto all’immediata frivolezza di una meglio spensierata e spassosa goliardia. Non mi azzarderei poi a rilevare la stonatura di un invadente sarcasmo se prima non considerassi quanto i loro autori rimarchino, quasi con velata forma di vanto meritorio – e non mi riferisco soltanto al tuo -, essere stati partecipi ed impegnati per tanto tempo nell’ambito laico ecclesiastico e quindi dedurre che costoro, molto più saggiamente e maggiormente informati d’altri avulsi, dovrebbero distinguere lo spessore benefico e l’eminente importanza degli effetti sacramentali ottenuti per la loro religiosità individuale e comunitaria.
Sennonché, ad un certo punto, accade per certuni quella condizione inspiegabile ed apparentemente ingiustificata, ovvero che - e questa vorrebbe essere una delle intenzioni essenziali da discutere nel presente 3d, Leonessa73 -, non pochi praticanti si pongono in maniera incompatibile con la Chiesa Cattolica, taluni quasi improvvisamente e in acerrimo contrasto con lei. A questo dissenso iniziale subentra poi una crescente indifferenza verso il cristianesimo in genere, specie nei confronti di un credo imprecisato sul Padreterno, sul Cristo e sulle altre verità della fede cattolica; in particolare nello scorretto rapporto con l’ortodossia dottrinaria del medesimo Maestro, con i Sacramenti da Lui istituiti e mediati dal ministero sacerdotale, col progressivo sospetto a sfavore del Magistero vescovile o d’altre voci autorevoli, e alla fin fine, col successivo netto distacco dall’insieme della stessa Comunità ecclesiale.
Ciò che prevale insomma è una contestazione protesta serrata e oggi parecchio di moda, anche se a volte doverosa e sebbene enigmatica, ma che comunque s’impone al danno della propria Fede la quale – a mio personalissimo parere -, anziché cercata nel costante approfondimento personale e collettivo, è invece diffidata a causa di quell’ipotizzata coercizione di dover accettare a occhi chiusi una “verità” per subirne poi i suoi complicati principi teologici o quei sempre incomprensibili e misteriosi presupposti dogmatici. La Fede è così sottovalutata e spesso alla fine abbandonata con tanta superficialità seppure con motivazioni diverse o addebitando colpe “altrui” che mai, al contrario, si accusano imputabili al proprio modo di obiettare e di fidarsi. In tale senso molti cristiani allora si configurano non più come “praticanti” se non come “ex cattolici” - non si sa bene in chi e in che cosa – ma che nonostante ciò, persistono nel loro contraddittorio dovuto agli immancabili interrogativi richiesti ed anche imposti da quell’innata esigenza/bisogno del religioso il quale accompagna e coinvolge ogni persona semplice e più comune. In fondo restano pur sempre credenti che in ogni caso convivono con la difficoltosa praticità di esprimere la valenza di una fede fattibile sebbene più o meno coscientemente nascosta e bloccata. A meno che gli stessi interessati non diventano ormai volutamente avversi al sacro o si autodefiniscono apertamente atei – e non c’è nulla d’incompatibile in questo.
Sempre a mio avviso, possono essere ironiche le battute sull’inutilità della “cresima” non sapendo bene a che cosa essa serve o in particolare che senso e relazione ha il peccato originale con quello personale e da quale situazione di male il “battesimo” ci liberi effettivamente; oppure è di cattivo o buon gusto l’irrisione di accreditare il sostegno dell’“unzione degli infermi” per chi si trova in punto di morte, quale viatico a “garanzia” dell’incognita durante il trapasso. Non parliamo poi delle satire sull’utilità delle “indulgenze” prerogative che, se hanno largamente spaccato la Chiesa occidentale durante i secoli XV e XVI, continuano a lasciar spazio ancora oggi alla lacerante polemica e profonda incomprensione da parte dei cristiani e anche di praticanti cattolici. Uguale spirito irriverente e di beffa si potrà notare travisando l’uso improprio della “confessione” per via della fittizia necessità di dover elencare a quattro occhi col sacerdote i propri peccati, prima ed oltre che con se stessi e Dio e, anzitutto con i nostri “offesi”, o del comprendere la primaria offesa arrecata direttamente al Creatore e trasversalmente causata dalle nostre mancanze verso il prossimo.
Bene poi si pone quell’accento esilarante sullo scoglio del legame coniugale cristiano che altro non sarebbe un’altra inibizione e presa in giro di se stessi e di Dio quando si fonda esclusivamente sulle proprie possibilità e valori anziché sull’energia liberatoria dello stesso sacramento del “matrimonio”. Altrettanto vale lo sberleffo indirizzato sull’incoerenza del sacramento dell’”ordine” che col suo assurdo vincolo renderebbe maggiormente irrealizzabile la virilità del celibato, la virtù della castità, la piena coerenza al servizio sacerdotale quando si dirige il proprio interesse soltanto alle buone attitudini e ai meriti umani piuttosto che alla superiorità e alla potenza della Grazia divina.
Infine sono tristi quelli che, militando un tempo da cristiani, riducono ora l’Eucaristia alla grezza burla di un pasto cannibalesco. Ciò è motivo d’indolenza su se stessi piuttosto che causa d’oltraggio per quanti amano la Chiesa e onorano il sommo bene di tutti i suoi Sacramenti. D’altronde, questa di mangiare la carne e bere il sangue di Cristo, è una disputa tanto vecchia quanto è acerbo fin dalla sua nascita lo “scandalo” provocato ai benpensanti di sempre e datato ai tempi del Nazareno quando, dopo il miracolo della moltiplicazione dei pani, promise se stesso come cibo quale nutrimento eterno per la gente affamata e sprovvista. In quell’occasione, infatti, Egli ebbe anche una dura diatriba con gli scribi, gli anziani e i grandi sacerdoti del suo tempo e provocò pure una divisione tra i suoi discepoli.
Così ci riferisce il diletto di Gesù, l’Apostolo Giovanni:
“… Allora i Giudei si misero a discutere tra di loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita… Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: «Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?»… Gesù, conoscendo dentro di sé che i suoi discepoli proprio di questo mormoravano, disse loro: «Questo vi scandalizza?»… Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui.” [Gv 6, 52 – 66]
L’Eucaristia quindi, memoriale della Passione e Morte del Signor Gesù. Presenza odierna del Risorto e annuncio della risurrezione dai morti. È l’adunanza degli uomini, la vicinanza dei lontani, la convergenza dei molti, la comunione con i fratelli. È il pasto attuale dei poveri, il nutrimento degli umili; è il pane e il vino odierno degli ultimi, dei bisognosi, dei reietti, dei peccatori. È quel sale e quel lievito che assapora e sviluppa questa vita; è il solo cibo e l’unica bevanda zampillante per la Vita eterna. È la figura del vero banchetto conviviale al quale tutti sono invitati e rifocillati gratuitamente.
L’Eucaristia, è il fulcro e la ragione per cui la Chiesa Madre è Una e Santa, è Cattolica e Apostolica, è Romana e Paolina, è locale ma pur totale!
È questo e solo questo il Sacramento, il perno e la conseguenza d’ogni altro Sacramento. È il fondamento di tutte le nostre Virtù, per i meriti acquisti a noi dal Crocefisso Risorto,
Egli e solo Lui è la causa della nostra gioia, della nostra pace, della nostra fratellanza.
È questo oggi col nutrirci dell’Eucaristia il nostro adorare in Fede, in Speranza e in Carità il Padre e il Figlio nello Spirito Santo nell’attesa di vedere e godere, come da Sua promessa, Dio faccia a faccia nel suo Regno celeste.
La nostra ribellione e la nostra personale disubbidienza ci hanno riscontrato verso il nostro Creatore un debito singolare che mai possiamo estinguere se l’Onnipotente stesso non interviene a nostro favore donando a tutti gli uomini e senza distinzione, un grande
vantaggio! È la perla inestimabile del primo sacramento: il Battesimo.
Così ci ricorda Paolo di Tarso nella sua famosa lettera ai Romani, infatti,
Dio ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per usare a tutti misericordia. Tale e smisurata è l’onnipotenza del Padre verso l’umano: saper trarre anche dalla disubbidienza e dal beffeggio dell’Uomo altro mezzo per manifestare la Sua straordinaria tenerezza al fine di realizzare pienamente e totalmente il Mistero di Salvezza per la sua immensamente amata creatura.
Figurasi dunque, se vale la pena di sentirsi doloranti dall’eventuale oltraggio di certa amara ironia quando la mente e il cuore contemplano da ben altra direzione!