vergogna umiliazione disastro LEGGETE come la Chiesa plasma il vostro cervello
Sono veramente indignato
ancora una volta accendo la tele e mi immedesimo in un bambino che a casa da solo si imbatte in certe immagini ai limiti della sopportabilità
Si parla di “iniziazione” riferendosi al meccanismo attraverso il quale il modello televisivo plasma i nostri atteggiamenti nei confronti della realtà.
L’iniziazione alla violenza consiste nell’attribuzione ad altri di pensieri malvagi, nella facilitazione del passaggio all’atto, e nell’identificazione con l’aggressore.
Nel 1990 gli psicologi americani Brad Bushman e Russell Geen hanno dimostrato che i soggetti in seguito all’esposizione a film violenti sono più inclini ad attribuire cattive intenzioni alle persone che incontrano dopo la visione del film. Questo genere di film favorisce un atteggiamento aggressivo nei confronti degli interlocutori ed altera le capacità di giudizio.
Il passaggio all’atto risulta facilitato: guardando immagini violente si impara come si può fare del male ad altri. Infine, l’iniziazione alla violenza viene consolidata da fenomeni d’identificazione. Quanto più il personaggio aggressivo viene dipinto con tratti affascinanti, la scena
è presentata in modo realistico, le sue conseguenze non vengono mostrate ed il comportamento violento viene presentato come giustificato dal senso morale, tanto maggiore è il rischio che una persona ne riproduca il comportamento.
L’esperienza clinica suggerisce, inoltre, che i bambini elaborano ciò che vedono in relazione alla loro personalità ed al contesto familiare. Laddove vi sia un adulto capace di mediare i contenuti televisivi sdrammatizzandoli la risposta emozionale del bambino potrà essere più serena.
In relazione all’interpretazione fisiologica della sensibilità soggettiva alla violenza riferiamo una ricerca su campioni di gemelli con esperienza di servizio di guerra in Vietnam che ha dimostrato la maggiore vulnerabilità allo stress dei soggetti con strutture ippocampiche di minor grandezza (Gilbertson et al., 2002).
A seconda delle caratteristiche dello spettatore e dei fattori sopraccitati l’accumulo di storie e scene violente può portare ad esiti diversi:
Effetto aggressore. Aumento della probabilità di avere un comportamento aggressivo in relazione alla visione di spettacoli violenti.
Spesso bambini problematici trovano nella violenza mostrata in televisione un comportamento capace di soddisfare i loro sentimenti di rivalsa, soprattutto poi se questi comportamenti sono messi in atto da personaggi che costituiscono dei riferimenti per il gruppo in cui essi sono inseriti.
Effetto vittima. La visione di immagini violente può aumentare il timore di restare vittima di violenze.
I bambini possono spaventarsi e sviluppare timori eccessivi nei confronti del mondo, a volte fobie vere e proprie o un’immagine distorta della realtà quotidiana, diventando diffidenti ed insicuri nei confronti della società. Si creano aspettative pessimistiche nei confronti del mondo reale deformato dalla lente televisiva. Le fantasie diventano persecutorie e le pulsioni aggressive si mobilitano per autodifesa.
Tanto più sono piccoli tanto più i bambini hanno difficoltà a cogliere il filo conduttore delle storie: vedono e ricordano sequenze staccate, provviste di carica ansiogena non mitigata da un finale che ridimensioni gli avvenimenti.
Effetto spettatore. L’esposizione alla violenza contribuisce alla sua banalizzazione ed allo sviluppo di una sensibilità affievolita di fronte alla sofferenza patita da una vittima.
In un episodio del cartone animato I Simpson, Bart, il figlio pestifero, dice a Lisa, la sua sorellina più grande, di guardare la violenza in tv altrimenti non può desensibilizzarsi. Ritroviamo in un cartone animato un’ipotesi degli effetti della violenza televisiva sui telespettatori. Il consumo assiduo di violenza televisiva può portare ad un allentamento delle emozioni che la scena violenta suscita in chi guarda. E di conseguenza una maggiore accettazione della violenza nella vita reale.
Effetto divertimento. È il caso in cui la violenza viene vissuta come un passatempo senza cogliere le differenze tra rappresentazione e realtà.
L’aggressività diventa una forma di intrattenimento come nei tornei di wrestling, occasione socialmente ammessa, in cui lo spettatore sperimenta in forma inquadrata da regole questo lato della natura umana.