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Mappa della Malavita organizzata nel Lazio

Ultimo Aggiornamento: 17/04/2008 01:05
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17/04/2008 01:05

ROMA CITTÀ APERTA (ALLE MAFIE)
– PICCOLI CRAVATTARI CRESCONO: 'NDRANGHETA E CAMORRA INVESTONO IN IMMOBILI, COMMERCIO E TRAFFICO DI DROGA
– IL DELITTO MORZILLI
- LA MAPPA DELLA MALAVITA ORGANIZZATA NEL LAZIO…



La criminalità nel Lazio
Foto da Sole 24 Ore



Roberto Galullo per “Il Sole 24 Ore”



Quando "er principe de Centocelle", Umbertino, al secolo Umberto Morzilli, il 29 febbraio è stato freddato in Piazza delle Camelie a Roma con quattro colpi di pistola, pochi nella capitale si sono resi subito conto che quell'omicidio aveva un stampo a fuoco: mafia.
Morzilli, ucciso in quel quartiere un tempo periferico – da dove era partito con una carrozzeria ed era finito collezionando Mercedes e Ferrari – era un pregiudicato di calibro.
Non era Pippo Calò, il cassiere di Cosa Nostra, trapiantato a Roma nel 1970, ma neppure er canaro, al secolo Pietro De Negri, spacciatore, che esattamente 20 anni fa torturò e uccise il piccolo boss della Magliana Giancarlo Ricci.

L'omicidio di Morzilli, a distanza di circa due mesi, è però chiaro nella testa del procuratore antimafia Luigi De Ficchy, che ha subito parlato di agguato mafioso maturato in un ambiente sempre più inquinato dalla criminalità. Un ambiente che, grazie alla mala-politica e alla massoneria deviata fa affari, come ai "bei" tempi della P2.

SABBIA E CALCESTRUZZO -
Il cemento era l'ingrediente preferito da Morzilli, un tempo remoto accostato al cassiere della banda della Magliana, Enrico Nicoletti, e nel 2003 arrestato proprio con i figli di Nicoletti, Toni e Massimo, per estorsione e condannato in primo grado a tre anni. L'arresto pone fine alla vita della Toro 91, l'immobiliare detenuta al 50% con la moglie Santa Tota, che faceva affari milionari con l'immobiliarista romano Danilo Coppola sull'asse Roma-Perugia. Il cemento continua a essere nel dna della figlia, Nancy, che con la madre è socia della Apple immobiliare.

Sabbia e calcestruzzo sono il nuovo impasto della mafia de no-antri, della criminalità casereccia allevata a pecorino e cicoria ma svezzata dal latte di Cosa Nostra, camorra e 'ndrangheta in ogni sua mutazione genetica: dalla Capitale a Civitavecchia, da Latina a Frosinone, dall'interno costa al litorale.

Riciclare con il mattone è facile e se si domanda agli investigatori quanti finti business-man ci siano in giro a Roma e nel Lazio rispondono tutti allo stesso modo: «tanti, mi creda, riciclano ed esportano capitali in tutto il mondo, a partire dai paradisi fiscali». Su quegli immobiliaristi-affaristi spregiudicati le Procure e gli investigatori stanno indagando anche se, comprensibilmente, mantengono il massimo riserbo.

Non c'è più dubbio che la mafia a Roma e nel Lazio è diventata maggiorenne sotto la spinta della mala-politica e di boss come Calò e dell'italo-americano Frank "tre dita" Coppola (di casa a Pomezia) e grazie a una specializzazione che non ha eguali in Italia: l'usura. Il cravattaro è diventato un criminale adulto e oggi, giacca e valigetta, fa la spola tra Roma, Piazza Affari a Milano, Reggio Calabria e Palermo o si imbarca su un volo aereo per Bogotà a trattare il prezzo della coca.


Il traffico degli stupefacenti rende – eccome – e assicura facili reinvestimenti in attività apparentemente lecite.
«Una delle nostre maggiori difficoltà – afferma il colonnello della Gdf Salvatore Gibilaro, a capo dello Scico, il Servizio centrale di investigazione sulla criminalità organizzata, a cui si devono molte operazioni di successo, sequestri e confische – è proprio quella di rincorrere i continui e spesso oscuri passaggi societari».

Qualche dato può agevolare la lettura dell'emergenza criminalità a Roma e nella regione: in un anno (giugno 2006/luglio 2007) la Direzione distrettuale antimafia (Dda) ha aperto 143 fascicoli: meno delle Procure del Sud ma più di Milano, storicamente infiltrata dalle mafie.

CAPITALE TERRENO DI CONQUISTA - Roma è talmente grande che c'è posto per tutti. In principio fu Cosa Nostra di cui oggi ci sono tracce sempre più labili. A tenere alta la bandiera sono rimasti soprattutto le famiglie Rinzivillo e Cannizzaro, legate al boss catanese Nitto Santapaola. Avendo meno acqua in cui nuotare si sono buttati sugli appalti ma, prima ancora, addirittura nella progettazione dei lavori. Alcune inchieste della magistratura stanno puntando, a monte, sulle talpe nelle amministrazioni pubbliche e, a valle, sui subappalti, sulla fornitura di materiali, sul noleggio di automezzi e sulla cessione di parte di lavori pubblici. Roma sì, ma anche Ostia e il litorale romano, dove le famiglie mafiose fanno a gara per farsi affidare spiagge e lotti, senza badare a atti intimidatori, come quelli verificatisi negli scorsi anni a danno di stabilimenti balneari, cooperative sociali e amministratori pubblici che avevano indetto bandi di gara.

La camorra ha messo ormai radici nella capitale. La polemica di alcuni mesi fa della segretaria dei Radicali, Rita Bernardini, sul riciclaggio dei Casalesi nelle attività commerciali intorno ai Palazzi del potere, non è una boutade ma – piaccia o meno al nuovo Parlamento che sta per nascere – la pura realtà: esercizi pubblici, ristoranti, bar passano di mano rapidamente nel giro di pochi mesi anche decine di volte. Una girandola di prestanomi e società fantasma, dietro le quali ci sono loro: i campani, a partire dai Casalesi.

Ma la camorra a Roma e nel litorale controlla anche case da gioco clandestine, sale bingo, l'installazione dei videopoker negli esercizi pubblici e privati, la gestione delle scommesse illegali sul calcio e sulle corse ippiche negli ippodromi e nelle sale corse.

Spazio a volontà per tutti e allora via libera anche alla 'ndrangheta, la più temuta perché ha capitali spaventosi da reinvestire. E lo fa senza ritegno: nel settore immobiliare, in quello alberghiero, nella ristorazione e nel traffico degli stupefacenti il cui smercio delega spesso ai clan della camorra.

PROVINCIA SOTTO ASSEDIO - La presa di Roma va di pari passo con l'avanzata in provincia. Grandi centri come Nettuno – sciolto per infiltrazioni della cosca calabrese Gallace a fine 2005 e nei cui pressi, ancora pochi mesi fa sono stati arrestati 28 uomini della 'ndrangheta e sequestrati beni per milioni –e meno grandi come Anzio, Ardea, sottoposta ad una speculazione edilizia selvaggia guidata ancora dalla cosca dei Gallace. Sotto il giogo delle mafie anche centri come Albano (non lontana dalla capitale), Lanuvio, Ladispoli, Velletri, Pomezia e Civitavecchia, dove detta legge il clan camorristico Gallo- Cavalieri di Torre Annunziata.

Quel che preoccupa di più è proprio il comune di Civitavecchia, centro di imponenti opere pubbliche: dalla riconversione della centrale termoelettrica dell'Enel al porto, da anni nel mirino di cosche e clan per i cospicui traffici illegali che garantisce (a partire dalla coca). Sotto gli occhi di amministratori e politici che spesso si girano dall'altra parte per non guardare: per paura o collusione.

Roberto Galullo per “Il Sole 24 Ore” - 16 Aprile 2008

















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Non condivido le tue idee, ma darei la vita per vederti sperculeggiare quando le esporrai.
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